sabato 28 marzo 2009
ALMANACCO STORICO APRILE
Fatti e protagonisti della storia militare nazionale.
2. Adozione delle stellette, Roma, 1871 (Gen. Cesare Ricotti Magnani, ministro della Guerra).
2. Riconquista di Cassala, Etiopia, 1896 (Col. Francesco Stevani).
8. Costituzione delle Batterie a Cavallo o “Voloire”, Venaria Reale, Torino, 1831 (Maria Cristina, reggente del Regno di Sardegna).
8. Combattimento del ponte di Goito, Mantova, 1848 (Col. Alessandro della Marmora).
9. Combattimento di Monzambano, Mantova, 1848 (Gen. Mario Broglia di Casalborgone).
10. Liberazione di Alfonsine, Ravenna, Battaglia del Senio, 1945 (Col. Ettore Musco).
11. Occupazione di Valeggio sul Mincio, Verona, 1848 (Gen. Mario Broglia di Casalborgone).
11. Sbarco a Ras el Macabez, Tripolitania, 1912 (Gen. Vincenzo Garioni).
11. Conquista di Lubiana, Slovenia, Fronte giulio, 1941 (Gen. Mario Roatta).
14. Occupazione di Knin, Dalmazia, Fronte di Zara, 1941 (Gen. Emilio Giglioli).
16. Conquista del Passo della Sentinella, Cadore, 1916 (Asp. U. Italo Lunelli).
17. Brillamento della mina del Col di Lana, Cadore, 1916 (S.Ten. Gelasio Gaetani).
17. Occupazione di Cettigne, Montenegro, Fronte albanese, 1941 (Gen. Francesco Zani).
18. Costituzione del Reggimento delle Guardie (ora 1° Reggimento “Granatieri di Sardegna”), Torino, 1659 (Carlo Emanuele II, duca di Savoia).
18. Azione navale sullo stretto dei Dardanelli, Mar Egeo,1912 (Amm. Paolo Thaon di Revel).
21. Liberazione di Bologna, offensiva alleata di primavera, 1945 (Gen. Umberto Utili).
24. Adozione delle mostrine per i Reggimenti di Fanteria, Roma, 1902 (Atto ministeriale n. 90).
26. Conquista di Adria, Rovigo, offensiva alleata di primavera, 1945 (Gen. Clemente Primieri).
28. Occupazione dell’isola di Stampalia, Dodecanneso, 1912 (Amm. Ernesto Presbitero).
29. Invasione della Lomellina, 2a guerra d’indipendenza (inizio), 1859 (Gen. Ferencz Gyulai).
29. Difesa della ridotta dell’Amba Alagi, Abissinia, 1941 (Amedeo d’Aosta, viceré d’Etiopia).
29. Occupazione di Venezia, offensiva alleata di primavera, 1945 (Gen. Giacomo Zanussi).
30. Carica dei Carabinieri a Pastrengo, Verona, 1848 (Magg. Alessandro Negri di Sanfront).
venerdì 27 marzo 2009
Iacono ci propone un Quarantennale della Stelletta "itinerante".
Si parla , o meglio si legge molto dei festeggiamenti del Quarantennale della nostra prima Stelletta in quel di Torino.
Va bene che so' tassinaro e che mi devo adeguare alla voluntas suprema degli "armigeri" , per cui io a Torino ci vengo pure ; ma Tassinari e Carabinieri , (scusate se parlo anche per loro ma si sa bene che i "Neri", essendo sempre usi ad obbedir tacendo, hanno contratto nei secoli fedeli una qualche difficoltà ...espressiva , talché non a caso e spesso , per loro parlano ...le sirene ) , Taxi quindi e CC , compresi e scusate se me ne sono dimenticato Amministratori e Commissari , reclamerebbero una mezza par condicio , reiterando l'evento anche a Roma ( ...e se lo dico io che sto a Verona...).
Oibò ! Come mai tale oscena richiesta ?
Che domande !
"Ragassuoli" , è solo per continuare a festeggiare , rivederci ancora , riconoscersi meglio dopo 40 anni ( io a Modena per esempio non e' che vi abbia riconosciuto tutti ) , e soprattutto per prendere in giro le nostre esistenze , fatte di troppe cose serie e importanti , quando invece di importanti ci siamo solo noi, le nostre famiglie, la nostra salute fisica e spirituale, i nostri valori .....
A Roma quando ?
Quando ci pare , magari e la butto là, a Roma, a Piazza di Siena , il 5 giugno del 2010, in occasione della manifestazione conclusiva dei festeggiamenti per la fondazione dell'Arma dei Carabinieri.
Questo almeno potrebbe essere l'evento clou intorno al quale pianificare un nostro ulteriore incontro.
Perche' in questa circostanza e non in altre ? Chi di noi , che Carabiniere non è , non ha mai desiderato una sola volta nella sua vita poter assistere di persona al Tradizionale Carosello dei CC ?
Si potrebbe quindi unire l'utile ( che e' sempre dilettevole ) al .....dilettevole. Che ne dite ?
Noi "tassinari" potremmo per esempio cogliere l'occasione anche per ritornare in Cecchignola , dove abbiamo frequentato il nostro biennio applicativo ; ed io infine, sempre per esempio , potrei tornare in Piazza Esedra per vedere cosa c'e' oggi al posto di un Night Club dove mi spesi tutto il mio primo stipendio da S.Ten. in una sola unica notte , dopo cinque anni al "bromuro" fra Nunziatella ed Accademia ..ostrega !!
Ecco, ora ho detto la mia prima scemenza, come primo atto di umile partecipazione al blog del nostro corso.
A voi il rilancio, se volete e se vi pare.
Pino ( Giuseppe ) Iacono
Va bene che so' tassinaro e che mi devo adeguare alla voluntas suprema degli "armigeri" , per cui io a Torino ci vengo pure ; ma Tassinari e Carabinieri , (scusate se parlo anche per loro ma si sa bene che i "Neri", essendo sempre usi ad obbedir tacendo, hanno contratto nei secoli fedeli una qualche difficoltà ...espressiva , talché non a caso e spesso , per loro parlano ...le sirene ) , Taxi quindi e CC , compresi e scusate se me ne sono dimenticato Amministratori e Commissari , reclamerebbero una mezza par condicio , reiterando l'evento anche a Roma ( ...e se lo dico io che sto a Verona...).
Oibò ! Come mai tale oscena richiesta ?
Che domande !
"Ragassuoli" , è solo per continuare a festeggiare , rivederci ancora , riconoscersi meglio dopo 40 anni ( io a Modena per esempio non e' che vi abbia riconosciuto tutti ) , e soprattutto per prendere in giro le nostre esistenze , fatte di troppe cose serie e importanti , quando invece di importanti ci siamo solo noi, le nostre famiglie, la nostra salute fisica e spirituale, i nostri valori .....
A Roma quando ?
Quando ci pare , magari e la butto là, a Roma, a Piazza di Siena , il 5 giugno del 2010, in occasione della manifestazione conclusiva dei festeggiamenti per la fondazione dell'Arma dei Carabinieri.
Questo almeno potrebbe essere l'evento clou intorno al quale pianificare un nostro ulteriore incontro.
Perche' in questa circostanza e non in altre ? Chi di noi , che Carabiniere non è , non ha mai desiderato una sola volta nella sua vita poter assistere di persona al Tradizionale Carosello dei CC ?
Si potrebbe quindi unire l'utile ( che e' sempre dilettevole ) al .....dilettevole. Che ne dite ?
Noi "tassinari" potremmo per esempio cogliere l'occasione anche per ritornare in Cecchignola , dove abbiamo frequentato il nostro biennio applicativo ; ed io infine, sempre per esempio , potrei tornare in Piazza Esedra per vedere cosa c'e' oggi al posto di un Night Club dove mi spesi tutto il mio primo stipendio da S.Ten. in una sola unica notte , dopo cinque anni al "bromuro" fra Nunziatella ed Accademia ..ostrega !!
Ecco, ora ho detto la mia prima scemenza, come primo atto di umile partecipazione al blog del nostro corso.
A voi il rilancio, se volete e se vi pare.
Pino ( Giuseppe ) Iacono
giovedì 26 marzo 2009
Crisi di risorse , crisi addestrativa
Ettore e Francesco hanno, giustamente, buttato aceto su di una ferita aperta: la carenza di addestramento, a tutti i livelli.
Purtroppo nulla di nuovo sotto il sole. E’ una lamentela sacrosanta che sento e vivo da quarant’anni, ora più pressante per l’impiego continuo delle nostre unità in operazioni di guerra all’estero (chiamiamole con il loro nome!).
Tuttavia vorrei fare alcune considerazioni.
Non concordo completamente con Ettore quando accenna al senso d’inferiorità che i Comandanti italiani proverebbero durante le missioni all’estero. Io non l’ho mai provato e così i Quadri e i soldati con cui ho operato. Al contrario, sono sempre rientrato in Patria estremamente “carico” per quello che ho visto fare ai nostri soldati e ai nostri Comandanti e dal confronto con gli altri.
In pochi anni abbiamo fatto passi da gigante.
Ricordo la prima missione in Bosnia nel ’96 quando, presi da mille ambasce logistiche, guardavamo con ammirazione l’organizzazione francese, l’imponente apparato logistico americano, il pragmatismo ed efficientismo tutto teutonico, con cui la Germania aveva approntato la sua organizzazione di Comando.
Solo due anni dopo, da Comandante della Brigata “Friuli” / Multinazionale NORD, potei constatare che in molti campi eravamo alla pari, in altri li avevamo superati.
Ma torniamo all’addestramento.
Vi sono alcune specializzazioni molto tecniche, come ad esempio quella dei piloti, che richiedono un addestramento svolto secondo criteri qualitativi e quantitativi ben precisi e non si può andare al di sotto di certi limiti pena l’aumento del rischio in maniera esponenziale e la perdita della capacità operativa. Per soddisfare queste esigenze ci vogliono molti soldi ed è qui, in questi spazi incomprimibili, che le risorse devono essere concentrate.
In altri comparti la situazione è meno drammatica. Per il tipo di missione che stiamo affrontando, è richiesta soprattutto capacità di Fanteria e una buona logistica e sulla prima c’è molto da fare anche in carenza sensibile di risorse, basta avere la mentalità e la volontà giusta.
E qui, purtroppo, casca l’asino perché mentalità e volontà giusta vogliono dire tanta attività fisica, tanta fatica, educazione alla resistenza, alla sofferenza, all’aggressività, fantasia, impegno continuo di quadri e soldati. Vogliono dire studiare, “soppizzare” e valutare ogni più piccolo dettaglio operativo per non lasciare nulla al caso. Fare dell’ardimento, della lotta corpo a corpo a mani libere e con il coltello, del tiro con le armi individuali, della topografia e del primo soccorso, il pane quotidiano; fare un uso intensivo e intelligente dei simulatori, fare zavorrate, sopravvivenza, attività a partiti contrapposti ecc. e tutto questo con continuità. Bisogna creare, insomma, la mentalità di combattimento.
Purtroppo ho la certezza che, fatta eccezione per alcuni reparti, i soliti, questa mentalità è poco diffusa, si appesantiscono pance, sederi e cuori e in questo contesto la carenza di risorse può divenire un comodo paravento.
So bene che questo non è l’optimum, che le esigenze addestrative sono molteplici, molto più variegate e complesse e le mie dichiarazioni possono apparire semplicistiche ma poiché la situazione è quella che è, è inutile piangersi addosso, bisogna fare di necessità virtù.
Non è affatto indispensabile organizzare esercitazioni di complesso o gruppo tattico a fuoco o attività articolate e costose che poi, come ben sapete, rischiano di diventare i famigerati, odiatissimi (spesso solo a parole) “vasetti” (anche se su di essi si sono costruite non poche carriere).
Se in questa situazione di crisi riuscissimo a creare eccellenti combattenti individuali, duri, coraggiosi e preparati, buone squadre e buoni plotoni, già avremmo fatto tantissimo ed avremmo evitato che il nostro Esercito diventi una succursale della Croce Rossa e dei boy-scouts.
Luigi Chiavarelli
-------------------------------------------------------------
Francesco risponde a Gigi.
Ancora sulla crisi e sulle risorse
Se ho ben compreso il pensiero di Luigi, si può dire che il problema non è tanto nella quantità di risorse materiali ma nella capacità di ottimizzare ciò che sia ha a disposizione e questo vale anche in campo civile. A parte il settore dell’alta tecnologia o della chimica, dove la ricerca assurge ad elemento preponderante, la media e piccola impresa possono sperare nella conquista di quote di mercato solo se dotate di “comandanti” capaci di organizzare al meglio il lavoro dei propri collaboratori e di lavorare senza tener conto del limite sindacale.
Purtroppo questa speranza è spesso frustrata dagli interventi dello Stato il quale, agevolando sistematicamente un settore imprenditoriale specifico (le partecipazioni statali ai tempi della “prima repubblica”, le cooperative comuniste o le odierne imprese berlusconiane) vanifica le regole del libero mercato a danno di tutti i cittadini. Prendiamo il settore bancario; qui si può dire, grossolanamente, che l’utile viene generato dalla differenza fra lo spread (il costo del denaro fatto pagare agli utilizzatori) e i costi fissi (struttura e personale). L’immagine necessita di elevati costi fissi che vengono coperti, o nascosti, aumentando, il più possibile, lo spread. Lo spread alto viene però accettato solo dagli utilizzatori più bisognosi e, quindi, a più alto rischio di insolvenza.
Questo giro vizioso è stato indicato come la causa principale dell’attuale crisi mondiale e ieri, durante la trasmissione Domenica In, ho sentito il dott. Confalonieri auspicare l’intervento dello Stato a favore delle banche. Questo è un classico esempio di come coloro che si dichiarano liberali vogliono, in realtà, condizionare il mercato; l’intervento a favore di chi non ha meriti sul campo danneggia coloro che, al contrario, si sono comportati con oculatezza e rappresenta un chiaro atto di concorrenza sleale. Mediolanum, tra l’altro, è una banca che vende i propri prodotti finanziari utilizzando, in gran parte, gli uffici postali ed ha risolto, quindi, il problema dei costi fissi utilizzando una metodologia negata alle sue concorrenti.
Ritornando alle problematiche prettamente militari, credo che ci siano “sacche” di utilizzo di risorse che si potrebbero tranquillamente risparmiare e che, forse, per ottenere ciò che è stato suggerito da Luigi, servirebbe una più pregnante attività di scelta e formazione del personale destinato al comando.
A causa della mia attuale professione, ho ancora contatti con il mondo militare e, a sostegno della mia tesi, riporto due esperienze personali.
La scorsa settimana ho difeso, in una udienza preliminare presso il Tribunale Militare di Verona due giovani caporali in servizio effettivo indagati per “minaccia” ad altro collega. Le Procure ed i Tribunali militari hanno organici decisamente sovradimensionati rispetto alle cause che trattano e, anche per giustificare la loro esistenza, è raro che chiudano un processo senza aver istruito ed eseguito l’iter procedurale sino alla sentenza. In questo caso, però, persino il P. M. aveva chiesto l’archiviazione in quanto, dalle indagini preliminari, risultava evidente l’intento scherzoso ed assolutamente non perseguibile dei due indagati. Il GIP ha rigettato l’istanza di archiviazione e si terrà un processo, che durerà non meno di un anno, per una questione che definire ridicola è un eufemismo. Questo è un esempio di come si spendono male i soldi pubblici e, a mio avviso, bisognerebbe rivedere le norme in materia abolendo il codice penale militare di pace e tutto l’apparato creato per farlo rispettare. Le condotte disciplinarmente rilevanti dovrebbero essere rilevate e giudicate dai vari comandanti di reparto mentre quelle penalmente rilevanti dovrebbero essere di competenza della magistratura ordinaria.
L’altro esempio riguarda l’analisi caratteriale su coloro che sono destinati a divenire comandanti.
Circa cinque anni fa, ho assunto la difesa di un ufficiale dell’esercito (proveniente dai sottufficiali) che era stato denunciato da un subalterno donna per “violenza “ di natura sessuale perpetrata attraverso l’invio di sms. Le indagini preliminari, eseguita attraverso le testimonianze di colleghi e subalterni, avevano rilevato altre condotte penalmente perseguibili e portato alla imputazione per i seguenti reati: violenza, minaccia, insubordinazione, disobbedienza e truffa aggravata; conseguentemente era stato imputato anche il comandante di reggimento per omissione di atti di ufficio. Il mio assistito, considerato sempre eccellente nelle note caratteristiche, era stato solo in pò bacchettone e, fra il primo ed il secondo grado, sono riuscito a farlo assolvere ricevendo anche la gratitudine del povero comandante di reggimento che, per cinque anni, aveva vissuto con l’incubo di una condanna immeritata.
L’accusa del subalterno donna non era partita quando aveva ricevuto i messaggi telefonici ma circa sei mesi dopo ed era scaturita dalla convinzione che le sue non eccellenti note caratteristiche erano state condizionate dal suo diretto comandante di plotone che era il mio assistito.
Durante il processo di primo grado, il subalterno donna vinceva il concorso in Accademia e, qualche mese dopo il suo ingresso, un articolo di un giornale di Modena diceva che un insegnate aveva “molestato” una allieva. All’epoca l’Accademia era comandata da Gibellino e non sono riuscito a sapere se la molestata fosse la stessa accusatrice del mio assistito (saperlo sarebbe servito alla mia difesa) ma se i due soggetti coincidono possiamo tutti prevedere quale sarà il suo comportamento da comandante.
Purtroppo nulla di nuovo sotto il sole. E’ una lamentela sacrosanta che sento e vivo da quarant’anni, ora più pressante per l’impiego continuo delle nostre unità in operazioni di guerra all’estero (chiamiamole con il loro nome!).
Tuttavia vorrei fare alcune considerazioni.
Non concordo completamente con Ettore quando accenna al senso d’inferiorità che i Comandanti italiani proverebbero durante le missioni all’estero. Io non l’ho mai provato e così i Quadri e i soldati con cui ho operato. Al contrario, sono sempre rientrato in Patria estremamente “carico” per quello che ho visto fare ai nostri soldati e ai nostri Comandanti e dal confronto con gli altri.
In pochi anni abbiamo fatto passi da gigante.
Ricordo la prima missione in Bosnia nel ’96 quando, presi da mille ambasce logistiche, guardavamo con ammirazione l’organizzazione francese, l’imponente apparato logistico americano, il pragmatismo ed efficientismo tutto teutonico, con cui la Germania aveva approntato la sua organizzazione di Comando.
Solo due anni dopo, da Comandante della Brigata “Friuli” / Multinazionale NORD, potei constatare che in molti campi eravamo alla pari, in altri li avevamo superati.
Ma torniamo all’addestramento.
Vi sono alcune specializzazioni molto tecniche, come ad esempio quella dei piloti, che richiedono un addestramento svolto secondo criteri qualitativi e quantitativi ben precisi e non si può andare al di sotto di certi limiti pena l’aumento del rischio in maniera esponenziale e la perdita della capacità operativa. Per soddisfare queste esigenze ci vogliono molti soldi ed è qui, in questi spazi incomprimibili, che le risorse devono essere concentrate.
In altri comparti la situazione è meno drammatica. Per il tipo di missione che stiamo affrontando, è richiesta soprattutto capacità di Fanteria e una buona logistica e sulla prima c’è molto da fare anche in carenza sensibile di risorse, basta avere la mentalità e la volontà giusta.
E qui, purtroppo, casca l’asino perché mentalità e volontà giusta vogliono dire tanta attività fisica, tanta fatica, educazione alla resistenza, alla sofferenza, all’aggressività, fantasia, impegno continuo di quadri e soldati. Vogliono dire studiare, “soppizzare” e valutare ogni più piccolo dettaglio operativo per non lasciare nulla al caso. Fare dell’ardimento, della lotta corpo a corpo a mani libere e con il coltello, del tiro con le armi individuali, della topografia e del primo soccorso, il pane quotidiano; fare un uso intensivo e intelligente dei simulatori, fare zavorrate, sopravvivenza, attività a partiti contrapposti ecc. e tutto questo con continuità. Bisogna creare, insomma, la mentalità di combattimento.
Purtroppo ho la certezza che, fatta eccezione per alcuni reparti, i soliti, questa mentalità è poco diffusa, si appesantiscono pance, sederi e cuori e in questo contesto la carenza di risorse può divenire un comodo paravento.
So bene che questo non è l’optimum, che le esigenze addestrative sono molteplici, molto più variegate e complesse e le mie dichiarazioni possono apparire semplicistiche ma poiché la situazione è quella che è, è inutile piangersi addosso, bisogna fare di necessità virtù.
Non è affatto indispensabile organizzare esercitazioni di complesso o gruppo tattico a fuoco o attività articolate e costose che poi, come ben sapete, rischiano di diventare i famigerati, odiatissimi (spesso solo a parole) “vasetti” (anche se su di essi si sono costruite non poche carriere).
Se in questa situazione di crisi riuscissimo a creare eccellenti combattenti individuali, duri, coraggiosi e preparati, buone squadre e buoni plotoni, già avremmo fatto tantissimo ed avremmo evitato che il nostro Esercito diventi una succursale della Croce Rossa e dei boy-scouts.
Luigi Chiavarelli
-------------------------------------------------------------
Francesco risponde a Gigi.
Ancora sulla crisi e sulle risorse
Se ho ben compreso il pensiero di Luigi, si può dire che il problema non è tanto nella quantità di risorse materiali ma nella capacità di ottimizzare ciò che sia ha a disposizione e questo vale anche in campo civile. A parte il settore dell’alta tecnologia o della chimica, dove la ricerca assurge ad elemento preponderante, la media e piccola impresa possono sperare nella conquista di quote di mercato solo se dotate di “comandanti” capaci di organizzare al meglio il lavoro dei propri collaboratori e di lavorare senza tener conto del limite sindacale.
Purtroppo questa speranza è spesso frustrata dagli interventi dello Stato il quale, agevolando sistematicamente un settore imprenditoriale specifico (le partecipazioni statali ai tempi della “prima repubblica”, le cooperative comuniste o le odierne imprese berlusconiane) vanifica le regole del libero mercato a danno di tutti i cittadini. Prendiamo il settore bancario; qui si può dire, grossolanamente, che l’utile viene generato dalla differenza fra lo spread (il costo del denaro fatto pagare agli utilizzatori) e i costi fissi (struttura e personale). L’immagine necessita di elevati costi fissi che vengono coperti, o nascosti, aumentando, il più possibile, lo spread. Lo spread alto viene però accettato solo dagli utilizzatori più bisognosi e, quindi, a più alto rischio di insolvenza.
Questo giro vizioso è stato indicato come la causa principale dell’attuale crisi mondiale e ieri, durante la trasmissione Domenica In, ho sentito il dott. Confalonieri auspicare l’intervento dello Stato a favore delle banche. Questo è un classico esempio di come coloro che si dichiarano liberali vogliono, in realtà, condizionare il mercato; l’intervento a favore di chi non ha meriti sul campo danneggia coloro che, al contrario, si sono comportati con oculatezza e rappresenta un chiaro atto di concorrenza sleale. Mediolanum, tra l’altro, è una banca che vende i propri prodotti finanziari utilizzando, in gran parte, gli uffici postali ed ha risolto, quindi, il problema dei costi fissi utilizzando una metodologia negata alle sue concorrenti.
Ritornando alle problematiche prettamente militari, credo che ci siano “sacche” di utilizzo di risorse che si potrebbero tranquillamente risparmiare e che, forse, per ottenere ciò che è stato suggerito da Luigi, servirebbe una più pregnante attività di scelta e formazione del personale destinato al comando.
A causa della mia attuale professione, ho ancora contatti con il mondo militare e, a sostegno della mia tesi, riporto due esperienze personali.
La scorsa settimana ho difeso, in una udienza preliminare presso il Tribunale Militare di Verona due giovani caporali in servizio effettivo indagati per “minaccia” ad altro collega. Le Procure ed i Tribunali militari hanno organici decisamente sovradimensionati rispetto alle cause che trattano e, anche per giustificare la loro esistenza, è raro che chiudano un processo senza aver istruito ed eseguito l’iter procedurale sino alla sentenza. In questo caso, però, persino il P. M. aveva chiesto l’archiviazione in quanto, dalle indagini preliminari, risultava evidente l’intento scherzoso ed assolutamente non perseguibile dei due indagati. Il GIP ha rigettato l’istanza di archiviazione e si terrà un processo, che durerà non meno di un anno, per una questione che definire ridicola è un eufemismo. Questo è un esempio di come si spendono male i soldi pubblici e, a mio avviso, bisognerebbe rivedere le norme in materia abolendo il codice penale militare di pace e tutto l’apparato creato per farlo rispettare. Le condotte disciplinarmente rilevanti dovrebbero essere rilevate e giudicate dai vari comandanti di reparto mentre quelle penalmente rilevanti dovrebbero essere di competenza della magistratura ordinaria.
L’altro esempio riguarda l’analisi caratteriale su coloro che sono destinati a divenire comandanti.
Circa cinque anni fa, ho assunto la difesa di un ufficiale dell’esercito (proveniente dai sottufficiali) che era stato denunciato da un subalterno donna per “violenza “ di natura sessuale perpetrata attraverso l’invio di sms. Le indagini preliminari, eseguita attraverso le testimonianze di colleghi e subalterni, avevano rilevato altre condotte penalmente perseguibili e portato alla imputazione per i seguenti reati: violenza, minaccia, insubordinazione, disobbedienza e truffa aggravata; conseguentemente era stato imputato anche il comandante di reggimento per omissione di atti di ufficio. Il mio assistito, considerato sempre eccellente nelle note caratteristiche, era stato solo in pò bacchettone e, fra il primo ed il secondo grado, sono riuscito a farlo assolvere ricevendo anche la gratitudine del povero comandante di reggimento che, per cinque anni, aveva vissuto con l’incubo di una condanna immeritata.
L’accusa del subalterno donna non era partita quando aveva ricevuto i messaggi telefonici ma circa sei mesi dopo ed era scaturita dalla convinzione che le sue non eccellenti note caratteristiche erano state condizionate dal suo diretto comandante di plotone che era il mio assistito.
Durante il processo di primo grado, il subalterno donna vinceva il concorso in Accademia e, qualche mese dopo il suo ingresso, un articolo di un giornale di Modena diceva che un insegnate aveva “molestato” una allieva. All’epoca l’Accademia era comandata da Gibellino e non sono riuscito a sapere se la molestata fosse la stessa accusatrice del mio assistito (saperlo sarebbe servito alla mia difesa) ma se i due soggetti coincidono possiamo tutti prevedere quale sarà il suo comportamento da comandante.
mercoledì 18 marzo 2009
Parliamone.......
Ora che la drammatica situazione dell’Esercito (la Marina ed Aeronautica non stanno certo meglio!) è stata spiattellata con cruda chiarezza sulla stampa nazionale (Corriere della Sera del 15 marzo scorso) non penso ci siano più alibi giustificativi di un dato di fatto ineludibile: il “sistema difesa” italiano ha imboccato il sentiero del non-ritorno.
Cercherò di spiegarmi meglio non rimettendo a bollire la solita minestra a base di “i politici non ci ascoltano, se ne fregano”, “i politici si ricordano di noi solo quando serviamo a tamponare altre falle”, “i nostri Capi non fanno niente” e così via piagnucolando e piangendosi addosso. Non lo faccio, perché lo ritengo un metodo che puzza di ipocrisia come il diavolo di zolfo ed è anche un tantino gattopardesco, nel senso che si dà fiato alle lagnanze o si invocano cambiamenti per coprire la nascosta intenzione o speranza che tutto resti come è: una foglia di fico, insomma.
Allora, vorrei analizzare il problema con un approccio diciamo così deontologico, nel senso che il “sentiero” di cui sopra è stato imboccato non tanto e non solo per l’elemosina finanziaria che ci viene elargita, quanto e soprattutto perché l’Esercito (e con lui, Marina ed Aeronautica) ha rinunciato o è stato costretto a rinunciare al perseguimento del suo scopo primario: l’addestramento.
Credo sia un dato acquisito il fatto che esiste una progressione inversa tra l’impiego in Operazioni all’estero e la possibilità di fare un sano addestramento “d’Arma” o di “Specialità”; e questo, non perché la forza da proiettare sia cresciuta in termini quantitativi, bensì perché si è stati obbligati ad impiegare le Unità che garantivano una maggiore affidabilità qualitativa e , cioè: sempre le stesse.
Ed i risultati sono stati a dir poco sconvolgenti; chi doveva essere impiegato non poteva fare il suo addestramento e chi non doveva essere impiegato non lo poteva fare perché le scarse risorse disponibili erano appannaggio dei primi; ergo: stagnazione addestrativa assoluta.
Se un ottimo addestramento è sinonimo di efficienza e di operatività, lo è altrettanto di sicurezza e, per estensione, di motivazione. Chi sa di padroneggiare il proprio ruolo non si perde dietro all’aria fritta: decide ed agisce.
Si sente spesso tra i “reduci” delle Operazioni all’estero (soprattutto nei piani alti della gerarchia) parlare con ammirazione della sicurezza e della capacità decisionale di parigrado degli altri eserciti con cui si opera, arrivando ad invidiarli ed abbandonandosi al solito pianto sul “beati loro, poveri noi”. Un simile atteggiamento, oltre ad essere il retaggio di un provincialismo culturale mai sopito, tradisce l’incapacità di entrare nell’ordine di idee che quei parigrado sono e ci appaiono tanto superiori non per grazia divina ma perché sono “addestrati”, anzi sono stati sempre addestrati in tutti i passaggi della loro carriera. E, siccome sanno, decidono ed agiscono.
Chi è cosciente delle proprie capacità compie azioni che agli occhi dei più (o vogliamo dire dei provinciali?!) appaiono stupefacenti, quando invece sono solo la soluzione di un’equazione a più incognite: addestramento, sicurezza, motivazione. Qualche esempio, nel solo campo militare? Quei quattro gatti della Falange macedone che annientarono moltitudini di Persiani armati; quei tracagnotti dei Romani (cresciuti a fave e pecorino) che presero a schiaffi l’intero modo conosciuto; quei rozzi e feroci pirati che tennero in scacco per secoli (e lo fanno tuttora) le Marine più agguerrite; quel “semplice” Capitano di nome Rommel che, con un battaglione, fece crollare il fronte di un esercito intero; quegli ardimentosi alla Durand de la Penne che si fecero beffe di difese navali poderose. Se poi vogliamo citare anche i “civili”, ci vorrebbe un tomo!
I pochi e più famosi esempi che ho citato, mettono in evidenza un solo dato: quelle imprese furono possibili perché coloro che le compirono -dal Capo all’ultimo gregario- erano addestrati, ci credevano, erano sicuri di sé e sapevano che avrebbero vinto.
Tornando al nostro articolo ispiratore, si legge tra l’altro che i piloti di elicottero (salvo quelli da impiegare in Operazioni) quando riescono ad effettuare la metà delle ore previste per essere dichiarati “operativi” si possono considerare fortunati; in pratica, si annichiliscono preziose e costosissime risorse umane e materiali perché non si è in grado di fare addestramento.
Ma se dai livelli di eccellenza scendiamo a terra, non è che le cose cambino poi più di tanto se è vero che l’artiglieria c/a non spara più nemmeno per una battuta di caccia ai passeri, se è vero che quella terrestre praticamente è costretta a considerare i pezzi come oggetti da museo, se è vero che “il mantenimento dell’operatività” per l’oramai ex Regina delle battaglie sarà garantito dai suoi plotoni, con proiezione futura per le squadre.
A questo punto mi chiedo: ma con un bilancio eufemisticamente definibile ridicolo, se il 78% è assorbito dalle spese per il personale, il 16% dall’investimento e solo un misero 6% dall’esercizio (cioè, quello che produce l’addestramento) ma dove vogliamo andare?! Con chi vogliamo confrontarci?!
E’ amaro ammetterlo ma forse saremo sempre più costretti a continuare ad “invidiare”, a roderci il fegato e.....a piangerci addosso.
Ma di questo ed anche di altro ne parlerò un’altra volta: ora, mi sento troppo giù per farlo.
Ciao Ettore
E Francesco risponde :
La sera, quando sono alla fine del lavoro giornaliero, mi piace aprire il blog e riprendere le nostre chiacchierate. Certamente la fede e le preghiere possono essere una buona soluzione per combattere gli effetti della crisi economica o le devastanti decisioni di chi gestisce lo Stato ma, personalmente, sono convinto che un comportamento cosciente e non egoistico possa avere maggior effetto.
Giorni fa ho ascoltato l’intervento, alla trasmissione radiofonica “Zapping”, di un cittadino che, pur dichiarandosi benestante e con un reddito elevato, plaudiva la proposta di Franceschini di tassare i più ricchi. Il suo ragionamento, apparentemente contrario a propri interessi perché egli rientrava nella fascia di coloro che avrebbero subito una maggiore tassazione, era di una logicità lapalissiana e così si sintetizzava: La fame toglie ogni remora morale e crea fuori legge che rappresentano un pericolo per chi sta bene come me; meglio quindi privarmi di qualcosa e fare in modo che essa colpisca il meno possibile. Questo è un esempio di come si può ragionare con spirito di fratellanza pensando anche alle proprie tasche.
Il Tuo grido di dolore per il modo in cui viene trattato l’esercito è destinato, a mio avviso, a restare nel vuoto perché coloro che possono comprenderlo non fanno campagna elettorale e non saranno mai chiamati a stilare i bilanci pubblici; i massimi vertici di qualsiasi organo pubblico sono scelti da politici e restano in quel posto solo sino a quando non danno loro fastidio.
Ciò non significa che tutto resta immutabile, bisogna sempre sperare nel meglio e noi cittadini abbiamo, a nostro favore, la forza del voto elettorale e il nostro personale modo di vivere ogni aggregato sociale che ci vede coinvolti.
Penso che le soddisfazioni di un militare di carriera siano vissute attraverso ciò che egli realizza nell’ambito di ogni reparto affidatogli, indipendentemente dai mezzi materiali messi a sua disposizione, e sono certo che la maggior parte di Voi ha creato soldati utilizzando, principalmente, l’esempio e il proprio carisma.
Scegliere chi ci dovrà governare è più difficile; ogni volta mi accingo a dare le mie preferenze con la speranza di poter vivere in una società democratica che tuteli la dignità di ogni uomo e dia ricchezza attraverso un libero mercato basato sulla meritocrazia. Sempre, però, le mie speranze svaniscono nel nulla e, attualmente, con il bipartitismo, la situazione, a mio avviso, è peggiorata presentandosi incongruente ed ideologicamente poco credibile.
La destra è diventata una specie di monarchia, con due feudi contrapposti, uno nazionalista e l’altro secessionista, tendenti a tutelare gli interessi imprenditoriali e personali del suo re il quale ringrazia elargendo poltrone a personaggi da avanspettacolo. La sinistra è diventata un miscuglio eterogeneo di demagogia e ipocrisia dove le personali frustrazioni vengono elevate a deliri di verginità ed onesta assoluta. La chiesa, con il suo nuovo rappresentante, ci mette del suo trattando argomenti di fondamentale importanza sociale con il rigore proprio della Santa Inquisizione.
Naturalmente queste considerazioni sono prettamente mie e nascono dalle personali conoscenze e valutazioni sul mondo imprenditoriale e politico ma i dialoghi, fra liberi pensatori, servono anche a capire le altrui posizioni e, magari, a modificare le proprie.
Ti abbraccio
Francesco
Cercherò di spiegarmi meglio non rimettendo a bollire la solita minestra a base di “i politici non ci ascoltano, se ne fregano”, “i politici si ricordano di noi solo quando serviamo a tamponare altre falle”, “i nostri Capi non fanno niente” e così via piagnucolando e piangendosi addosso. Non lo faccio, perché lo ritengo un metodo che puzza di ipocrisia come il diavolo di zolfo ed è anche un tantino gattopardesco, nel senso che si dà fiato alle lagnanze o si invocano cambiamenti per coprire la nascosta intenzione o speranza che tutto resti come è: una foglia di fico, insomma.
Allora, vorrei analizzare il problema con un approccio diciamo così deontologico, nel senso che il “sentiero” di cui sopra è stato imboccato non tanto e non solo per l’elemosina finanziaria che ci viene elargita, quanto e soprattutto perché l’Esercito (e con lui, Marina ed Aeronautica) ha rinunciato o è stato costretto a rinunciare al perseguimento del suo scopo primario: l’addestramento.
Credo sia un dato acquisito il fatto che esiste una progressione inversa tra l’impiego in Operazioni all’estero e la possibilità di fare un sano addestramento “d’Arma” o di “Specialità”; e questo, non perché la forza da proiettare sia cresciuta in termini quantitativi, bensì perché si è stati obbligati ad impiegare le Unità che garantivano una maggiore affidabilità qualitativa e , cioè: sempre le stesse.
Ed i risultati sono stati a dir poco sconvolgenti; chi doveva essere impiegato non poteva fare il suo addestramento e chi non doveva essere impiegato non lo poteva fare perché le scarse risorse disponibili erano appannaggio dei primi; ergo: stagnazione addestrativa assoluta.
Se un ottimo addestramento è sinonimo di efficienza e di operatività, lo è altrettanto di sicurezza e, per estensione, di motivazione. Chi sa di padroneggiare il proprio ruolo non si perde dietro all’aria fritta: decide ed agisce.
Si sente spesso tra i “reduci” delle Operazioni all’estero (soprattutto nei piani alti della gerarchia) parlare con ammirazione della sicurezza e della capacità decisionale di parigrado degli altri eserciti con cui si opera, arrivando ad invidiarli ed abbandonandosi al solito pianto sul “beati loro, poveri noi”. Un simile atteggiamento, oltre ad essere il retaggio di un provincialismo culturale mai sopito, tradisce l’incapacità di entrare nell’ordine di idee che quei parigrado sono e ci appaiono tanto superiori non per grazia divina ma perché sono “addestrati”, anzi sono stati sempre addestrati in tutti i passaggi della loro carriera. E, siccome sanno, decidono ed agiscono.
Chi è cosciente delle proprie capacità compie azioni che agli occhi dei più (o vogliamo dire dei provinciali?!) appaiono stupefacenti, quando invece sono solo la soluzione di un’equazione a più incognite: addestramento, sicurezza, motivazione. Qualche esempio, nel solo campo militare? Quei quattro gatti della Falange macedone che annientarono moltitudini di Persiani armati; quei tracagnotti dei Romani (cresciuti a fave e pecorino) che presero a schiaffi l’intero modo conosciuto; quei rozzi e feroci pirati che tennero in scacco per secoli (e lo fanno tuttora) le Marine più agguerrite; quel “semplice” Capitano di nome Rommel che, con un battaglione, fece crollare il fronte di un esercito intero; quegli ardimentosi alla Durand de la Penne che si fecero beffe di difese navali poderose. Se poi vogliamo citare anche i “civili”, ci vorrebbe un tomo!
I pochi e più famosi esempi che ho citato, mettono in evidenza un solo dato: quelle imprese furono possibili perché coloro che le compirono -dal Capo all’ultimo gregario- erano addestrati, ci credevano, erano sicuri di sé e sapevano che avrebbero vinto.
Tornando al nostro articolo ispiratore, si legge tra l’altro che i piloti di elicottero (salvo quelli da impiegare in Operazioni) quando riescono ad effettuare la metà delle ore previste per essere dichiarati “operativi” si possono considerare fortunati; in pratica, si annichiliscono preziose e costosissime risorse umane e materiali perché non si è in grado di fare addestramento.
Ma se dai livelli di eccellenza scendiamo a terra, non è che le cose cambino poi più di tanto se è vero che l’artiglieria c/a non spara più nemmeno per una battuta di caccia ai passeri, se è vero che quella terrestre praticamente è costretta a considerare i pezzi come oggetti da museo, se è vero che “il mantenimento dell’operatività” per l’oramai ex Regina delle battaglie sarà garantito dai suoi plotoni, con proiezione futura per le squadre.
A questo punto mi chiedo: ma con un bilancio eufemisticamente definibile ridicolo, se il 78% è assorbito dalle spese per il personale, il 16% dall’investimento e solo un misero 6% dall’esercizio (cioè, quello che produce l’addestramento) ma dove vogliamo andare?! Con chi vogliamo confrontarci?!
E’ amaro ammetterlo ma forse saremo sempre più costretti a continuare ad “invidiare”, a roderci il fegato e.....a piangerci addosso.
Ma di questo ed anche di altro ne parlerò un’altra volta: ora, mi sento troppo giù per farlo.
Ciao Ettore
E Francesco risponde :
La sera, quando sono alla fine del lavoro giornaliero, mi piace aprire il blog e riprendere le nostre chiacchierate. Certamente la fede e le preghiere possono essere una buona soluzione per combattere gli effetti della crisi economica o le devastanti decisioni di chi gestisce lo Stato ma, personalmente, sono convinto che un comportamento cosciente e non egoistico possa avere maggior effetto.
Giorni fa ho ascoltato l’intervento, alla trasmissione radiofonica “Zapping”, di un cittadino che, pur dichiarandosi benestante e con un reddito elevato, plaudiva la proposta di Franceschini di tassare i più ricchi. Il suo ragionamento, apparentemente contrario a propri interessi perché egli rientrava nella fascia di coloro che avrebbero subito una maggiore tassazione, era di una logicità lapalissiana e così si sintetizzava: La fame toglie ogni remora morale e crea fuori legge che rappresentano un pericolo per chi sta bene come me; meglio quindi privarmi di qualcosa e fare in modo che essa colpisca il meno possibile. Questo è un esempio di come si può ragionare con spirito di fratellanza pensando anche alle proprie tasche.
Il Tuo grido di dolore per il modo in cui viene trattato l’esercito è destinato, a mio avviso, a restare nel vuoto perché coloro che possono comprenderlo non fanno campagna elettorale e non saranno mai chiamati a stilare i bilanci pubblici; i massimi vertici di qualsiasi organo pubblico sono scelti da politici e restano in quel posto solo sino a quando non danno loro fastidio.
Ciò non significa che tutto resta immutabile, bisogna sempre sperare nel meglio e noi cittadini abbiamo, a nostro favore, la forza del voto elettorale e il nostro personale modo di vivere ogni aggregato sociale che ci vede coinvolti.
Penso che le soddisfazioni di un militare di carriera siano vissute attraverso ciò che egli realizza nell’ambito di ogni reparto affidatogli, indipendentemente dai mezzi materiali messi a sua disposizione, e sono certo che la maggior parte di Voi ha creato soldati utilizzando, principalmente, l’esempio e il proprio carisma.
Scegliere chi ci dovrà governare è più difficile; ogni volta mi accingo a dare le mie preferenze con la speranza di poter vivere in una società democratica che tuteli la dignità di ogni uomo e dia ricchezza attraverso un libero mercato basato sulla meritocrazia. Sempre, però, le mie speranze svaniscono nel nulla e, attualmente, con il bipartitismo, la situazione, a mio avviso, è peggiorata presentandosi incongruente ed ideologicamente poco credibile.
La destra è diventata una specie di monarchia, con due feudi contrapposti, uno nazionalista e l’altro secessionista, tendenti a tutelare gli interessi imprenditoriali e personali del suo re il quale ringrazia elargendo poltrone a personaggi da avanspettacolo. La sinistra è diventata un miscuglio eterogeneo di demagogia e ipocrisia dove le personali frustrazioni vengono elevate a deliri di verginità ed onesta assoluta. La chiesa, con il suo nuovo rappresentante, ci mette del suo trattando argomenti di fondamentale importanza sociale con il rigore proprio della Santa Inquisizione.
Naturalmente queste considerazioni sono prettamente mie e nascono dalle personali conoscenze e valutazioni sul mondo imprenditoriale e politico ma i dialoghi, fra liberi pensatori, servono anche a capire le altrui posizioni e, magari, a modificare le proprie.
Ti abbraccio
Francesco
venerdì 13 marzo 2009
lunedì 9 marzo 2009
Francesco risponde a Ettore e ci pone delle domande.
Caro Ettore (sulla crisi !?!)
Le mie riflessioni sono nate proprio perché il Tuo pensiero su Eluana non ha dato spunto ad alcun commento. Ponendo l’attenzione sul rapporto padre/figlia, a mio avviso, hai espresso un giudizio razionale e scevro da immissioni laiche o clericali; dimostrando, così, di voler pensare con la Tua testa.
Il Blog che Tu e Oliviero avete creato può essere sia un’oasi di ricordi, sia una fucina di idee rappresentate da persone mature che non hanno bisogno di platee ma che possono voler confrontarsi su questioni sociali e personali perché la pregnante comune formazione giovanile è una garanzia di libertà intellettuale.
A ciò aggiungi che la nostra età, se da una parte può limitare le nostre precedenti prestazioni fisiche, ci dà oggi il privilegio di saper superare l’istinto e di analizzare, in maniera ponderata, le nostre e le altrui risposte.
Ritornando al caso Eluana, ammiro il coraggio di suo padre e, probabilmente, se mi fossi trovato al suo posto, mi sarei comportato come lui ma siamo sicuri che Eluana volesse la stessa cosa!?.
L’istinto di conservazione ci lega alla vita anche nei casi più disperati ed è possibile conoscerne la forza solo quando sei personalmente coinvolto. Credo che Eluana, quando era giovane e bella, avesse realmente espresso il desiderio di non voler vivere una vita da vegetale ma nessuno può affermare, con certezza, che questo suo desiderio sia rimasto immutato nel tempo.
Per questo ritengo anche che il testamento biologico sia una “stortura” morale e giuridica. Le disposizioni “a futura memoria” possono valere solo in caso di morte attraverso il formale atto del testamento ma non possono essere considerate libere manifestazioni di volontà quando il soggetto che le ha espresse, pur vivendo, non è in grado di ratificarle al momento della loro applicazione.
In questo caso, a mio avviso, dovrebbero valere le regole in vigore per gli incapaci assoluti i quali sono assistiti da tutori, nella gran parte dei casi rappresentati dai parenti più stretti, controllati da organi giudiziari e penso che il papà di Eluana, con la sua battaglia, abbia voluto chiarire questo principio.
Passando ad altri argomenti, premetto che da juventito sfegatato sarei poco credibile se parlassi dell’inter e mi piacerebbe sentire il parere dei miei compagni di Corso sull’attuale crisi economica. Introduco l’argomento narrando due episodi che mi hanno coinvolto.
Uno dei miei tre figli, che di professione fa il fotografo pubblicitario, in un recente colloquio si è così espresso: “Papà in questo periodo sto lavorando tantissimo ma i clienti non pagano e alle mie rimostranze si trinceano dietro la scusa della crisi. Devo fare così anch’io con i miei fornitori ed i miei assistenti?”
Da molti anni assisto una ultra centenaria impresa lombarda la quale, a causa di crediti di difficile realizzo nei confronti di Enti Pubblici, si è trovata in stato di insolvenza con una esposizione verso il sistema bancario di oltre novanta milioni di euro. Circa sei mesi fa ho avuto una serie di incontri con i vertici delle banche interessate per verificare quale fosse il loro atteggiamento nei confronti del mio cliente e decidere, conseguentemente, la strategia da seguire. Ebbene, pur sapendo che il credito non sarebbe mai divenuto esigibile, la richiesta unanime delle banche è stata quella di mantenerlo e consolidarlo ( in un caso di aumentarlo) ma di non procedere con un concordato o con il fallimento perché questo avrebbe comportato loro una enorme perdita in bilancio.
Il La (inteso come nota musicale) che Tu mi chiedi può essere una riflessione sui seguenti punti:
- Può il mondo imprenditoriale sfruttare a proprio vantaggio una crisi dichiarata ancor prima che manifestata;
- La rappresentazione di una ricchezza apparente e virtuale ci aiuta realmente ad essere più ottimisti e a sconfiggere la crisi attraverso il consumismo;
- Può la ricerca del profitto personale, logica e legittima, di un imprenditore collimare con la ricerca di un benessere diffuso che dovrebbe essere propria di un politico.
Un caro abbraccio
Francesco
Si attendono risposte.
La risposta di Ettore:
Volendo si potrebbe ....... ma .
Il tema suggerito da Francesco non è proprio quello che si definisce “acqua fresca”, nel senso che è terribilmente serio e tale da aver condizionato la vita sociale di milioni e milioni di esseri umani, fin da quando qualcuno si inventò imprenditore e qualcun altro politico.
E, proprio perché l’argomento è serio, bisogna mettersi bene d’accordo sul significato che si vuol dare a collimare. Direi che si può scartare tranquillamente quello di “coincidere, corrispondere esattamente”, non fosse altro perché tale definizione difficilmente sarebbe applicabile, contemporaneamente, all’ambito privato ed a quello pubblico; mentre invece, “concorrere, mirare allo stesso fine” potrebbe attagliarsi meglio a descrivere una convergenza di sforzi verso un obiettivo che soddisfi l’uno e l’altro.
In questa ottica, entra in gioco –e da protagonista assoluto- il patrimonio deontologico di ciascuno dei protagonisti: garanti, l’uno di un’attività pro domo sua, l’altro di quella a favore della res publica.
Sono, queste, attività a prima vista incommensurabili, nel senso che appare estremamente difficile trovare un minimo comun denominatore tra un interesse privato, condizionato dalla continua ricerca del profitto ed a connotati prevalentemente “egoistici”, ed un interesse pubblico che, nell’accezione più pura, dovrebbe essere invece esente da interessi che non siano quelli della continua ricerca del benessere della collettività.
Però, riflettendoci bene, l’imprenditore è vero che si danna l’anima per allargare la propria attività o per inglobarne altre ma questa sua frenesia, producendo ricchezza, si traduce in benessere per i suoi dipendenti ed è monetizzabile in posti di lavoro, tasse con trattenute alla fonte, consumi e tutto quanto concorre a formare la ricchezza nazionale.
Analogo ragionamento si può applicare al politico che, pur beneficiando delle ricadute positive della sua posizione (in termini di voti ma anche di vile danaro, quindi un interesse personale), dovrebbe indirizzare le sue energie e le sue capacità al miglior impiego della ricchezza prodotta dall’imprenditore, in modo tale che l’intera comunità (che lui rappresenta per delega) possa crogiolarsi in un benessere diffuso.
Ho volutamente usato l’indicativo per ipotizzare le azioni dell’imprenditore ed il condizionale per quelle del politico e non per qualunquismo, quanto perché ritengo che l’imprenditore, giocando ”in casa”, abbia meno condizionamenti, meno remore a fare, mentre il politico, dovendo confrontarsi con le regole proprie del suo status, al massimo può proporre di fare.
Ed il punto è, a mio avviso, proprio questo: se il primo ha capacità, fantasia, spregiudicatezza e fortuna, si butta a capofitto in un qualcosa che lui intuisce essere “un buon affare”, non guarda in faccia a nessuno, va avanti fino al raggiungimento dell’obiettivo prefissato; in parole povere: osa e, se gli va bene, trae profitto lui e tutti quelli che da lui dipendono.
Il politico, invece, per la natura stessa del suo status, anche se fosse il più eclettico del mondo non può osare perché lui non è il padrone assoluto delle sue azioni, dei suoi pensieri, della sua individualità; magari, non lo fa per ignavia; magari, vorrebbe e forse potrebbe anche fare; magari, potrebbe essere anche sincero ma......lo steccato all’interno del quale è costretto a muoversi gli impedisce qualsiasi movimento di ampio respiro.
In definitiva, mentre l’imprenditore, se vuole evolversi (cioè, se vuole sempre maggior profitto) deve rischiare in prima persona, il politico non ha nemmeno la possibilità di tentare di evolversi ( e quindi di rischiare) se la logica del suo partito non glielo consente, per cui è portato “galleggiare” in una aurea mediocritas che gli garantisce comunque una posizione di privilegio ma che non gli consente di estrinsecare al meglio le sue presunte potenzialità. A meno che non abbia i cromosomi del capo ma qui entriamo in un altro discorso!
Non so se sono riuscito a rispondere al quesito di Francesco; però, spero di aver fatto capire che, secondo me, un buon imprenditore lo è e lo resta a prescindere dell’esistenza di un buon politico mentre non è assolutamente vero il contrario.
(Ettore)
Le mie riflessioni sono nate proprio perché il Tuo pensiero su Eluana non ha dato spunto ad alcun commento. Ponendo l’attenzione sul rapporto padre/figlia, a mio avviso, hai espresso un giudizio razionale e scevro da immissioni laiche o clericali; dimostrando, così, di voler pensare con la Tua testa.
Il Blog che Tu e Oliviero avete creato può essere sia un’oasi di ricordi, sia una fucina di idee rappresentate da persone mature che non hanno bisogno di platee ma che possono voler confrontarsi su questioni sociali e personali perché la pregnante comune formazione giovanile è una garanzia di libertà intellettuale.
A ciò aggiungi che la nostra età, se da una parte può limitare le nostre precedenti prestazioni fisiche, ci dà oggi il privilegio di saper superare l’istinto e di analizzare, in maniera ponderata, le nostre e le altrui risposte.
Ritornando al caso Eluana, ammiro il coraggio di suo padre e, probabilmente, se mi fossi trovato al suo posto, mi sarei comportato come lui ma siamo sicuri che Eluana volesse la stessa cosa!?.
L’istinto di conservazione ci lega alla vita anche nei casi più disperati ed è possibile conoscerne la forza solo quando sei personalmente coinvolto. Credo che Eluana, quando era giovane e bella, avesse realmente espresso il desiderio di non voler vivere una vita da vegetale ma nessuno può affermare, con certezza, che questo suo desiderio sia rimasto immutato nel tempo.
Per questo ritengo anche che il testamento biologico sia una “stortura” morale e giuridica. Le disposizioni “a futura memoria” possono valere solo in caso di morte attraverso il formale atto del testamento ma non possono essere considerate libere manifestazioni di volontà quando il soggetto che le ha espresse, pur vivendo, non è in grado di ratificarle al momento della loro applicazione.
In questo caso, a mio avviso, dovrebbero valere le regole in vigore per gli incapaci assoluti i quali sono assistiti da tutori, nella gran parte dei casi rappresentati dai parenti più stretti, controllati da organi giudiziari e penso che il papà di Eluana, con la sua battaglia, abbia voluto chiarire questo principio.
Passando ad altri argomenti, premetto che da juventito sfegatato sarei poco credibile se parlassi dell’inter e mi piacerebbe sentire il parere dei miei compagni di Corso sull’attuale crisi economica. Introduco l’argomento narrando due episodi che mi hanno coinvolto.
Uno dei miei tre figli, che di professione fa il fotografo pubblicitario, in un recente colloquio si è così espresso: “Papà in questo periodo sto lavorando tantissimo ma i clienti non pagano e alle mie rimostranze si trinceano dietro la scusa della crisi. Devo fare così anch’io con i miei fornitori ed i miei assistenti?”
Da molti anni assisto una ultra centenaria impresa lombarda la quale, a causa di crediti di difficile realizzo nei confronti di Enti Pubblici, si è trovata in stato di insolvenza con una esposizione verso il sistema bancario di oltre novanta milioni di euro. Circa sei mesi fa ho avuto una serie di incontri con i vertici delle banche interessate per verificare quale fosse il loro atteggiamento nei confronti del mio cliente e decidere, conseguentemente, la strategia da seguire. Ebbene, pur sapendo che il credito non sarebbe mai divenuto esigibile, la richiesta unanime delle banche è stata quella di mantenerlo e consolidarlo ( in un caso di aumentarlo) ma di non procedere con un concordato o con il fallimento perché questo avrebbe comportato loro una enorme perdita in bilancio.
Il La (inteso come nota musicale) che Tu mi chiedi può essere una riflessione sui seguenti punti:
- Può il mondo imprenditoriale sfruttare a proprio vantaggio una crisi dichiarata ancor prima che manifestata;
- La rappresentazione di una ricchezza apparente e virtuale ci aiuta realmente ad essere più ottimisti e a sconfiggere la crisi attraverso il consumismo;
- Può la ricerca del profitto personale, logica e legittima, di un imprenditore collimare con la ricerca di un benessere diffuso che dovrebbe essere propria di un politico.
Un caro abbraccio
Francesco
Si attendono risposte.
La risposta di Ettore:
Volendo si potrebbe ....... ma .
Il tema suggerito da Francesco non è proprio quello che si definisce “acqua fresca”, nel senso che è terribilmente serio e tale da aver condizionato la vita sociale di milioni e milioni di esseri umani, fin da quando qualcuno si inventò imprenditore e qualcun altro politico.
E, proprio perché l’argomento è serio, bisogna mettersi bene d’accordo sul significato che si vuol dare a collimare. Direi che si può scartare tranquillamente quello di “coincidere, corrispondere esattamente”, non fosse altro perché tale definizione difficilmente sarebbe applicabile, contemporaneamente, all’ambito privato ed a quello pubblico; mentre invece, “concorrere, mirare allo stesso fine” potrebbe attagliarsi meglio a descrivere una convergenza di sforzi verso un obiettivo che soddisfi l’uno e l’altro.
In questa ottica, entra in gioco –e da protagonista assoluto- il patrimonio deontologico di ciascuno dei protagonisti: garanti, l’uno di un’attività pro domo sua, l’altro di quella a favore della res publica.
Sono, queste, attività a prima vista incommensurabili, nel senso che appare estremamente difficile trovare un minimo comun denominatore tra un interesse privato, condizionato dalla continua ricerca del profitto ed a connotati prevalentemente “egoistici”, ed un interesse pubblico che, nell’accezione più pura, dovrebbe essere invece esente da interessi che non siano quelli della continua ricerca del benessere della collettività.
Però, riflettendoci bene, l’imprenditore è vero che si danna l’anima per allargare la propria attività o per inglobarne altre ma questa sua frenesia, producendo ricchezza, si traduce in benessere per i suoi dipendenti ed è monetizzabile in posti di lavoro, tasse con trattenute alla fonte, consumi e tutto quanto concorre a formare la ricchezza nazionale.
Analogo ragionamento si può applicare al politico che, pur beneficiando delle ricadute positive della sua posizione (in termini di voti ma anche di vile danaro, quindi un interesse personale), dovrebbe indirizzare le sue energie e le sue capacità al miglior impiego della ricchezza prodotta dall’imprenditore, in modo tale che l’intera comunità (che lui rappresenta per delega) possa crogiolarsi in un benessere diffuso.
Ho volutamente usato l’indicativo per ipotizzare le azioni dell’imprenditore ed il condizionale per quelle del politico e non per qualunquismo, quanto perché ritengo che l’imprenditore, giocando ”in casa”, abbia meno condizionamenti, meno remore a fare, mentre il politico, dovendo confrontarsi con le regole proprie del suo status, al massimo può proporre di fare.
Ed il punto è, a mio avviso, proprio questo: se il primo ha capacità, fantasia, spregiudicatezza e fortuna, si butta a capofitto in un qualcosa che lui intuisce essere “un buon affare”, non guarda in faccia a nessuno, va avanti fino al raggiungimento dell’obiettivo prefissato; in parole povere: osa e, se gli va bene, trae profitto lui e tutti quelli che da lui dipendono.
Il politico, invece, per la natura stessa del suo status, anche se fosse il più eclettico del mondo non può osare perché lui non è il padrone assoluto delle sue azioni, dei suoi pensieri, della sua individualità; magari, non lo fa per ignavia; magari, vorrebbe e forse potrebbe anche fare; magari, potrebbe essere anche sincero ma......lo steccato all’interno del quale è costretto a muoversi gli impedisce qualsiasi movimento di ampio respiro.
In definitiva, mentre l’imprenditore, se vuole evolversi (cioè, se vuole sempre maggior profitto) deve rischiare in prima persona, il politico non ha nemmeno la possibilità di tentare di evolversi ( e quindi di rischiare) se la logica del suo partito non glielo consente, per cui è portato “galleggiare” in una aurea mediocritas che gli garantisce comunque una posizione di privilegio ma che non gli consente di estrinsecare al meglio le sue presunte potenzialità. A meno che non abbia i cromosomi del capo ma qui entriamo in un altro discorso!
Non so se sono riuscito a rispondere al quesito di Francesco; però, spero di aver fatto capire che, secondo me, un buon imprenditore lo è e lo resta a prescindere dell’esistenza di un buon politico mentre non è assolutamente vero il contrario.
(Ettore)
UN ALTRO CASO DI COSCIENZA.
“L’arcivescovo di Olinda e Recife (Brasile), don José Cardoso Sobrinho, ha annunciato la scomunica per i medici che hanno praticato l’aborto alla bambina di 9 anni che aspettava due gemelli dopo essere stata violentata dal patrigno per oltre tre anni. Anche la madre della piccola è stata colpita da scomunica per aver autorizzato l’intervento. Il prelato ha parlato esplicitamente di “duplice omicidio”.”
Ho letto questo “lancio di agenzia” due giorni fa ma la sconvolgente notizia non ha trovato né eco nei TG né spazio su i maggiori quotidiani. Sicuramente gli incliti direttori non la hanno ritenuta appetibile dal raffinato pubblico di ascoltatori o di lettori italiani, impegnato com’è, il pubblico, a seguire le carnacialesche vicende della “casa” o i preparativi milionari per “la fattoria” o le avventure borgatare dei “cesaroni” o tutte le altre offese alla dignità ed all’intelligenza che ci propinano quotidianamente.
Invece io, povero illuso che ancora crede nella supremazia dell’intelligenza su altri apparati del corpo umano normalmente dislocati nella parte basso-centrale, io ci sono rimasto molto male, oserei dire turbato ma turbato profondamente nell’apprendere che in un lontano Paese (da sempre considerato “cattolicissimo”) ci sia stato un essere di sesso maschile che sarebbe una bestemmia chiamare “uomo” che ha violentato e messo incinta una bambina ed anche un “pastore di anime” che abbia adottato provvedimenti di stampo medievale contro coloro che hanno pensato a salvare, in tutti i sensi, la vita di quella disgraziata creatura.
Premetto, che al tempo votai NO al referendum sull’aborto e sono tuttora convinto di aver fatto la scelta giusta.
Ma, ma dinnanzi ad un caso cosi diabolicamente aberrante, mi chiedo se non sia il caso di rifletterci sopra prima di scagliare anatemi come se fossero bruscolini. Qui non stiamo parlando di un vile e deprecabile tentativo di usare l’aborto a mò di “anticoncezionale” a copertura di un “incidente di percorso”. Qui stiamo parlando, purtroppo, di una bambina che in Italia frequenterebbe la quarta elementare e che una bestia ha messo nelle condizioni di diventare madre quando, almeno psicologicamente, non ha ancora reciso completamente il cordone ombelicale con la sua.
Mi domando se quel presule abbia valutato o qualcuno gli abbia prospettato le devastazioni psico-fisiche che deriverebbero a quella bambina in caso di compimento della gravidanza. Senza svelare nessun segreto, io non sono una donna ma mia moglie mi ha parlato della impossibilità per un corpo femminile ancora acerbo di partorire un bambino, figuriamoci due gemelli! Dubita fortemente, mia moglie, della possibilità di sopravvivenza della puerpera; ed allora mi chiedo se questo non dovremmo chiamarlo omicidio!
E poi non credo che sempre quel corpo femminile non ancora “di donna” sia in grado di nutrire altri due esserini fino a garantire loro un sano sviluppo, premessa di un’esistenza serena; e questo come dovremmo definirlo?!
Inoltre, mi riesce difficile immaginare questa madre-bambina che porta al parco i suoi due gemellini nel passeggino quando le sue coetanee, con il passeggino, portano al parco le loro bambole che però loro possono tranquillamente trascurare per farsi magari un giro sull’altalena; come mi riesce difficile immaginarla a casa mentre si divide tra il dovere di fare i compiti e quello ben più impegnativo di far scaldare i biberon e cambiare i pannolini.
A che futuro sarebbe stata condannata questa vittima innocente? Che traumi irreversibili avrebbe subito la sua psiche appena in formazione, peraltro già compromessa dalle pluriennali violenze del patrigno? A chi avrebbe potuto chiedere conto della sua disgrazia?
Un’ultima domanda. Anche il papà di Eleuana e stato definito “assassino” per aver autorizzato un atto di pietà nei confronti della sua infelice figlia; ma allora gli assassini, quelli veri, come dovremmo chiamarli, come dovremmo trattarli?
Ragazzi, confesso la mia incapacità a darmi delle risposte, forse perché la mia molto risicata “sfera spirituale” è troppo lacunosa per aiutarmi.
Se c’è qualcuno in grado di farlo lo ringrazio fin d’ora!
(Ettore)
Commenta Francesco :
Caro Ettore
dopo alcuni giorni di intenso lavoro ho aperto il blog con la speranza di trovare altri interessati alla nostra chiacchierata e non Ti nascondo la delusione nel leggere zero commenti. Tale delusione è però subito svanita nel leggere le Tue considerazioni sulla scomunica brasiliana.
Se una persona che non Ti conosce dovesse esprimere un giudizio sul Tuo carattere guardando i Tuoi baffoni, il Tuo berretto a fesa alta, il modo con cui hai attaccato la “nuova generazione” nella diatriba generata dalla lettera aperta di Giovanni Bernardi, Ti avrebbe classificato come fanno mia moglie, i miei figli e i miei collaboratori quando le mie decisioni non collimano con i loro desideri. “sei il solito militare ottuso e reazionario”. Al contrario, ogni Tuo intervento dimostra una apertura verso gli altri ed una serenità di giudizio che Ti fanno onore.
Penso che le considerazioni, sia di carattere psichico che fisico, sulle conseguenze della mantenuta gravidanza non possano essere confutate e non sono certo frutto di un diverso grado di spiritualità. Anche coloro che frequentano, con costanza e convinzione, la chiesa e i suoi organi sanno che vi è un distinguo fra gli insegnamenti del Cristo e l’attività terrena di coloro che qui lo rappresentano; su questo punto mi piacerebbe sentire i pareri di Antonio Piemontese e Franco Rosa.
Il fatto da analizzare è, quindi, la mancata presa di posizione, da parte del Vaticano e degli organi di informazione, sulla scomunica.
Credo che uno degli attuali aspetti sociali più deleteri sia la paura di essere associati ad un gruppo ( di persone, di idee, di costume etc.) e che questa paura genera, quale effetto, un legamento ad altro gruppo considerato più rispondente ai propri bisogni. In questo caso si crea un sempre maggiore processo di spersonalizzazione per il quale l’ego si identifica con la species sino a rifiutare anche le proprie idee se contrastanti con il gruppo di appartenenza. Nel gruppo dominano le personalità più forti e queste tengono a bada la massa con messaggi sublimali capaci far maturare decisioni senza alcuno sforzo mentale.
Non so per quale fazione politica Tu simpatizzi ma chi legge il Tuo intervento Ti classificherà di sinistra e, se considera la sinistra contraria ai propri interessi, quasi certamente, esprimerà un giudizio negativo o, peggio, rifiuterà ogni considerazione, anche se in cuor suo sa che, al posto della mamma brasiliana, si sarebbe comportato come lei.
Un caro abbraccio
Francesco
Ho letto questo “lancio di agenzia” due giorni fa ma la sconvolgente notizia non ha trovato né eco nei TG né spazio su i maggiori quotidiani. Sicuramente gli incliti direttori non la hanno ritenuta appetibile dal raffinato pubblico di ascoltatori o di lettori italiani, impegnato com’è, il pubblico, a seguire le carnacialesche vicende della “casa” o i preparativi milionari per “la fattoria” o le avventure borgatare dei “cesaroni” o tutte le altre offese alla dignità ed all’intelligenza che ci propinano quotidianamente.
Invece io, povero illuso che ancora crede nella supremazia dell’intelligenza su altri apparati del corpo umano normalmente dislocati nella parte basso-centrale, io ci sono rimasto molto male, oserei dire turbato ma turbato profondamente nell’apprendere che in un lontano Paese (da sempre considerato “cattolicissimo”) ci sia stato un essere di sesso maschile che sarebbe una bestemmia chiamare “uomo” che ha violentato e messo incinta una bambina ed anche un “pastore di anime” che abbia adottato provvedimenti di stampo medievale contro coloro che hanno pensato a salvare, in tutti i sensi, la vita di quella disgraziata creatura.
Premetto, che al tempo votai NO al referendum sull’aborto e sono tuttora convinto di aver fatto la scelta giusta.
Ma, ma dinnanzi ad un caso cosi diabolicamente aberrante, mi chiedo se non sia il caso di rifletterci sopra prima di scagliare anatemi come se fossero bruscolini. Qui non stiamo parlando di un vile e deprecabile tentativo di usare l’aborto a mò di “anticoncezionale” a copertura di un “incidente di percorso”. Qui stiamo parlando, purtroppo, di una bambina che in Italia frequenterebbe la quarta elementare e che una bestia ha messo nelle condizioni di diventare madre quando, almeno psicologicamente, non ha ancora reciso completamente il cordone ombelicale con la sua.
Mi domando se quel presule abbia valutato o qualcuno gli abbia prospettato le devastazioni psico-fisiche che deriverebbero a quella bambina in caso di compimento della gravidanza. Senza svelare nessun segreto, io non sono una donna ma mia moglie mi ha parlato della impossibilità per un corpo femminile ancora acerbo di partorire un bambino, figuriamoci due gemelli! Dubita fortemente, mia moglie, della possibilità di sopravvivenza della puerpera; ed allora mi chiedo se questo non dovremmo chiamarlo omicidio!
E poi non credo che sempre quel corpo femminile non ancora “di donna” sia in grado di nutrire altri due esserini fino a garantire loro un sano sviluppo, premessa di un’esistenza serena; e questo come dovremmo definirlo?!
Inoltre, mi riesce difficile immaginare questa madre-bambina che porta al parco i suoi due gemellini nel passeggino quando le sue coetanee, con il passeggino, portano al parco le loro bambole che però loro possono tranquillamente trascurare per farsi magari un giro sull’altalena; come mi riesce difficile immaginarla a casa mentre si divide tra il dovere di fare i compiti e quello ben più impegnativo di far scaldare i biberon e cambiare i pannolini.
A che futuro sarebbe stata condannata questa vittima innocente? Che traumi irreversibili avrebbe subito la sua psiche appena in formazione, peraltro già compromessa dalle pluriennali violenze del patrigno? A chi avrebbe potuto chiedere conto della sua disgrazia?
Un’ultima domanda. Anche il papà di Eleuana e stato definito “assassino” per aver autorizzato un atto di pietà nei confronti della sua infelice figlia; ma allora gli assassini, quelli veri, come dovremmo chiamarli, come dovremmo trattarli?
Ragazzi, confesso la mia incapacità a darmi delle risposte, forse perché la mia molto risicata “sfera spirituale” è troppo lacunosa per aiutarmi.
Se c’è qualcuno in grado di farlo lo ringrazio fin d’ora!
(Ettore)
Commenta Francesco :
Caro Ettore
dopo alcuni giorni di intenso lavoro ho aperto il blog con la speranza di trovare altri interessati alla nostra chiacchierata e non Ti nascondo la delusione nel leggere zero commenti. Tale delusione è però subito svanita nel leggere le Tue considerazioni sulla scomunica brasiliana.
Se una persona che non Ti conosce dovesse esprimere un giudizio sul Tuo carattere guardando i Tuoi baffoni, il Tuo berretto a fesa alta, il modo con cui hai attaccato la “nuova generazione” nella diatriba generata dalla lettera aperta di Giovanni Bernardi, Ti avrebbe classificato come fanno mia moglie, i miei figli e i miei collaboratori quando le mie decisioni non collimano con i loro desideri. “sei il solito militare ottuso e reazionario”. Al contrario, ogni Tuo intervento dimostra una apertura verso gli altri ed una serenità di giudizio che Ti fanno onore.
Penso che le considerazioni, sia di carattere psichico che fisico, sulle conseguenze della mantenuta gravidanza non possano essere confutate e non sono certo frutto di un diverso grado di spiritualità. Anche coloro che frequentano, con costanza e convinzione, la chiesa e i suoi organi sanno che vi è un distinguo fra gli insegnamenti del Cristo e l’attività terrena di coloro che qui lo rappresentano; su questo punto mi piacerebbe sentire i pareri di Antonio Piemontese e Franco Rosa.
Il fatto da analizzare è, quindi, la mancata presa di posizione, da parte del Vaticano e degli organi di informazione, sulla scomunica.
Credo che uno degli attuali aspetti sociali più deleteri sia la paura di essere associati ad un gruppo ( di persone, di idee, di costume etc.) e che questa paura genera, quale effetto, un legamento ad altro gruppo considerato più rispondente ai propri bisogni. In questo caso si crea un sempre maggiore processo di spersonalizzazione per il quale l’ego si identifica con la species sino a rifiutare anche le proprie idee se contrastanti con il gruppo di appartenenza. Nel gruppo dominano le personalità più forti e queste tengono a bada la massa con messaggi sublimali capaci far maturare decisioni senza alcuno sforzo mentale.
Non so per quale fazione politica Tu simpatizzi ma chi legge il Tuo intervento Ti classificherà di sinistra e, se considera la sinistra contraria ai propri interessi, quasi certamente, esprimerà un giudizio negativo o, peggio, rifiuterà ogni considerazione, anche se in cuor suo sa che, al posto della mamma brasiliana, si sarebbe comportato come lei.
Un caro abbraccio
Francesco
giovedì 5 marzo 2009
Operazione "Pellicano"
Settembre 1991 – Settembre 1992
Il “Pellicano” è arrivato in Albania a bordo della Motonave “Golfo del Sole”, salpata il giorno precedente da Trieste. Ci sono seicento tra Ufficiali, Sottufficiali e militari di truppa del nostro Esercito e le stive sono cariche di autocarri verde-oliva.
E’ il contingente “Pellicano” voluto dal Governo Italiano per avviare gli aiuti umanitari all’Albania.
Al comando del Generale di Brigata Antonio Quintana, deve operare per tre mesi a Durazzo e Valona con compiti di trasporto delle derrate nei punti di distribuzione decisi dalle autorità Albanesi.
Tranne un nucleo di Carabinieri, con compiti di Polizia Militare, i soldati dl Battaglione Logistico di manovra “Carso” del 5° Corpo d’Armata e quelli del Battaglione Logistico della Brigata “Acqui” (partito il 19 settembre da Ancona) sono tutti disarmati: per la prima volta reparti dell’Esercito Italiano sbarcano in un Paese straniero senza armamento e con compiti esclusivamente umanitari.
“Questa è una missione – ha detto il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Goffredo Canino – per la quale siamo addestrati e preparati, perché se siamo preparati per un evento terribile quale è la guerra, a maggior ragione siamo preparati per un’attività che farebbe parte della guerra, ma non lo è. In questo momento in Italia solo l’Esercito è in grado di svolgere operazioni di questo tipo. Lo scopo fondamentale di questa missione è assistere in nome dell’Italia un popolo che si trova in condizioni di disperazione e con il quale abbiamo condiviso secoli di storia”.
………………
I primi saluti al porto e già gli autocarri iniziano il breve viaggio verso la periferia di Durazzo. Pochi chilometri in linea d’aria dal silos del porto e si giunge alla colonia dei pionieri “Qemal Stafa”, un villaggio stile tardo coloniale frequentato fino a pochi mesi prima da bambini in vacanza. I nostri militari de Genio iniziano i lavori di ristrutturazione per adattare il campo alle esigenze del Contingente. Tutta l’area è circondata da muri e filo spinato. All’interno, immersi tra spogli giardini ornati di pini e palme, sorgono una decina di fabbricati.
Ma è anche immediato impegno: i due Centri Logistici di Durazzo e Valona hanno iniziato subito a lavorare: ai porti giungono navi che devono essere subito scaricate: farina, grano, zucchero, olio e tante altre merci che bisogna trasportare con celerità. La popolazione ha urgente bisogno del nostro aiuto, del nostro supporto, della nostra amicizia e del calore umano che possiamo dare loro in cambio di un semplice sorriso.
………………
Corrono così i giorni e i primi mesi, passano l’autunno e l’inverno.
Gli Ufficiali, i sottufficiali ed i militari di truppa sono stati quasi tutti avvicendati: volti nuovi, dialetti e mostrine diverse, ma sempre le stesse emozioni e motivazioni, sotto l’ala del Pellicano.
Il Generale Antonio Quintana cede il comando; al suo posto il sorriso sereno del nuovo Comandante, Generale Carlo Ciacci, accompagna il passaggio dall’inverno ad una tiepida primavera. E’ anche il passaggio dagli aiuti italiani a quelli europei. Come dire, si passa dalla prima emergenza ad un’attività sistematica.
Pian piano cambiano pelle le palazzine del Comando, l’infermeria, la mensa, le officine.
Ed il “Pellicano” è sempre qui. Al mattino tutti impettiti sull’attenti, stretti intorno alle bandiere che vengono issate al centro del campo. Insieme veterani e nuovi. Ognuno vuole raccontare la sua “Albania”, vuole spiegarla.
………………
Il pilota dell’ALE rivive le sue missioni di volo. Nella sua mente si accavallano e si mescolano le sensazioni dei diversi villaggi raggiunti e delle diverse stagioni.
E mentre le bandiere salgono, fissa l’aquila bicipite della bandiera albanese. Lui sa che vuole rappresentare la fierezza e l’aspirazione alla libertà di questo popolo. Lui sa che l’aquila vola alta come il CH-47 che ogni giorno si staglia sui cieli albanesi. Superando le vette più elevate o insinuandosi tra silenziose vallate. Tonnellate di farina, di olio, di zucchero da trasportare nei villaggi più sperduti.
La squadra di “puntores” albanesi ha già caricato i sacchi nel capace ventre dell’elicottero ……”Servosterzo on” ……”Hovering” …..”Controllo SAS” … “Pronti al decollo” ….. si lascia Durazzo, verso il mare: meno di un miglio e si inverte la rotta; sotto per pochi istanti si intravede il campo: il frenetico formicaio di tutti i giorni; un puzzle di oscuro lavoro che ogni volta si ricompone, guidato da una mano discreta ed invisibile.
Dall’alto si può osservare ogni piega dell’Albania. L’immediato entroterra è una vasta piana punteggiata da squadrati casolari e tondeggianti bunkers. Pian piano si guadagna quota ed aspri monti sembrano venirti incontro per inghiottirti tra spogli canaloni. Li percorriamo sempre accompagnati dal vento che pettina quei vergini pendii.
Briza, Krume, Bajran Curri, Tropoja, Currai Eperm. Sono gruppi di case circondate da un’asperrima morfologia.
E’ un salto di epoche: scopri lembi di terra ammantati da un alone surreale in cui sopravvive una civiltà al di fuori di una collocazione temporale
………………
Anziani Sottufficiali capi macchina, giovani conduttori che portano in giro per l’Albania pesanti autocarri, come formiche in processione. Anche loro vedono salire sul pennone l’aquila rossa in campo nero …. E le strade che percorrono, schiacciati sulla terra, sono lo scenario di un interminabile presepe, buono per tutte le stagioni. E intorno sentono risuonare ritmi sincopati, lenti, che contrastano con la potente armonia del motore degli autocarri.
Lungo le strade tortuose, accidentate, rese infide dal ghiaccio o arroventate dal sole, martoriate da buche e ormai prive nei bordi di faggi, querce, abeti sacrificati all’umido inverno che scende dalle Alpi Dinariche, la gente saluta le autocolonne. Sono per lo più vecchi e bambini, attorno ai tronchi degli alberi tagliati, l’anello più debole di una catena umana che lotta per riemergere dal baratro.
………………
Migliaia di ore di volo, milioni di chilometri, centinaia di migliaia di tonnellate di derrate trasportate dal “Pellicano” in tutto questo tempo vengono rivissute ogni mattina all’alzabandiera.
………………
Visi di uomini, donne e bambini affollano i due poliambulatori urbani di Durazzo e Valona dove pediatri, odontoiatri, chirurghi, ortopedici, farmacisti, crocerossine italiani, in simbiosi con i colleghi albanesi, alleviano ogni giorno il dolore delle stimmate, delle piaghe, dovute alla lunga carestia.
Anche qui centinaia di visite mediche, di ricette, di medicinali, di buone parole, di sorrisi bonari, di lacrime nascoste …. Un impegno straordinario che va oltre una macchina organizzativa pur molto efficiente.
………………
Un anno ……
Forse sono solo una goccia nel mare queste migliaia di ore di volo, questi milioni di chilometri, queste innumerevoli visite mediche …. Forse …. Ma e se non ci fosse il “Pellicano”?
Il Pellicano che quest’anno ha avvicendato quasi tutti gli Ufficiali, i Sottufficiali e i militari di truppa … ma ha saputo conservare la sua identità, la sua capacità, la sua unica grande anima identica nel generoso ciglio severo del Generale Quintana, nel sorriso aperto del Generale Ciacci, negli occhi puliti di quei ragazzi di vent’anni che ogni mattina vedono in terra d’Albania il tricolore issarsi sul pennone con la bandiera Albanese al suo fianco e sente lo sciabordio delle onde di un mare lontano soltanto settanta lunghi ed interminabili chilometri dalle sponde di casa: infinite gocce di speranza e di attesa, di paura e di certezza.
(P.F. Faedda)
Francesco ci scrive.........
Riflessioni di un vecchio compagno di corso
Carissimi
Ho lasciato l’esercito alla scadenza della ferma decennale e in considerazione del fatto che in Accademia ero piuttosto introverso (a parte quando rompevo i timpani per la mia voglia di cantare) certamente mi ricorderete in pochi.
Io Vi ricordo tutti e anche se la mia vita professionale m ha portato in un mondo totalmente diverso, ho mantenuto un affetto ed un legame nei confronti del mio Corso che non ha avuto bisogno di frequentazioni per alimentarsi.
Leonardo Modeo, capo corso del 151^ e cugino di mia moglie, dopo aver lasciato l’esercito, mi diceva che noi “fuoriusciti” ci sentiamo come preti spretati ma non credo che questo attributo mi si addica.
Ho avuto la fortuna di poter fare, sempre ed in ogni circostanza, quello che volevo e, avendo raggiunto tutti gli obiettivi prefissi, non ho ripensamenti o rimpianti sulle mie scelte.
Cos’è, quindi, che ti porta a voler rivedere e sentire persone e cose appartenenti ad un mondo tanto lontano nel tempo e tanto diverso da quello in cui vivi?
Se volessimo attingere dalle scienze che analizzano la psiche umana, potremmo attribuirne la responsabilità alla forza ammaliatrice ed ingannevole dei ricordi ma tale assunto franerebbe davanti al limite temporale che ci ha visto uniti in quella avventura; due anni sono una piccola cosa rispetto all’adolescenza e agli anni intercorsi fra la gioventù e la maturità.
Credo quindi che la motivazione sia da attribuire al particolare legame che si instaura tra l’Accademia e i suoi allievi; rapporto unico per la sua peculiarità ed inesistente in qualsiasi altra scuola o istituzione, sia essa pubblica o privata, dove è sempre prevalente la competizione interpersonale.
All’interno di quelle mura noi ci confrontavamo solo con i nostri personali limiti e, rispetto agli altri, avevamo la consapevolezza dell’uguaglianza e dell’equità perché le “raccomandazioni” o l’ipocrisia non attecchivano e coloro che erano considerati i migliori dimostravano con i fatti di avere gli attributi che Lei, mamma Accademia, richiedeva.
Chi ha avuto modo di analizzare i rapporti all’interno di una famiglia avrà riscontrato quanto sia forte e coinvolgente l’unione fra fratelli nei casi in cui, fra di essi, sussiste la convinzione di essere uguali rispetto ai genitori. Al contrario, anche il vincolo di sangue svanisce se si scontra con la frustrazione di essere considerato “diverso”.
L’Accademia, con i suoi principi ed i suoi organi, ci ha adottati nel periodo di maturità e formazione e, virtualmente, ha assunto, nei nostri confronti, tutte le mansioni genitoriali.
Vi considero, quindi, virtuali fratelli e leggo con piacere e curiosità i Vostri ricordi e le Vostre storie che dimostrano quanto mamma Accademia sia stata brava a forgiare i suoi figli con ideali che, a coloro che non l’hanno conosciuta, possono apparire anacronistici.
Mi piacerebbe, però, sentirVi e confrontarmi con Voi anche su questioni che riguardino la nostra vita presente e futura perché sono certo che, al di la delle personali idee politiche, ogni considerazione scaturirà dagli stessi semplici e sani principi che allora avevamo.
RicordateVi che non siamo vecchi e il meglio di noi stessi dobbiamo ancora darlo, magari non alla patria ma certamente a tutti coloro per i quali contiamo qualcosa.
Vi abbraccio
Francesco Miredi
Ettore così risponde :
Sono pienamente d’accordo con la tua analisi , caro Francesco , sul perché i componenti di un Corso - qualsiasi sia stato lo sviluppo della vita di ciascuno - si considerino come facenti parte di una ecclesia, all’interno della quale vigono regole comportamentali e Valori di riferimento difficilmente rapportabili ad analoghe strutture.
Ed il mio accordo è ancor più sentito perché deriva da quanto asserito da un autodefinito fuoriuscito che io invito a nemmeno lontanamente pensare di ritenersi tale, perché chi ha condiviso due anni con altri coetanei nelle stesse gelide camerate, lavandosi con un’acqua più gelida delle camerate, facendo leva sul puro istinto di sopravvivenza per accaparrarsi il “panino delle dieci”, rasentando l’oro olimpico nel diuturno slalom tra i paduli e la “tabella”....ebbene quell’uomo è stato e sarà sempre un componente di tutto rispetto di un Corso: figuriamoci poi se lo è del 150° “Montello”!
Tu ci inviti giustamente, caro Francesco, a “fare quattro chiacchiere” sul presente e, con invidiabile ottimismo, anche sul futuro che non può che essere nostro.
Non so se sia il caso di metterci a parlare delle nostre vite di Ausiliari, anche perché si cadrebbe inevitabilmente nel grande ed inesauribile pozzo dei ricordi, magari cedendo anche alla tentazione di pontificare: ai miei tempi! Personalmente, ho cercato di uscire un tantino dall’ habitat militare, dicendo la mia su due argomenti che ritenevo meritevoli di commento, come la questione della Striscia di Gaza e la triste vicenda di Eleuana; a ben vedere però, non è che abbiano suscitato tanto interesse!
Allora, sarebbe bene che lo stimolo venisse da te che hai vissuto una vita diversa dalla nostra e che sicuramente avrai gestito esperienze non riconducibili a nessuna delle nostre e che, proprio per questo, possono fornire l’appiglio per un confronto di idee, diciamo così, “a partiti contrapposti”, nel senso che si metterebbero a confronto situazioni “bilaterali” e non frutto dello stesso orticello.
Se poi il tuo invito riguarda la discussione su temi di attualità (che possono spaziare dalla situazione internazionale, a quella interna, fino al perché si consente a Mourinho di parlare), penso che ciascuno di noi sia in grado di esprimere valutazioni serene ed oneste su tantissimi argomenti (salvo gli interisti per l’ultimo).
Ciao Vecchio mio e....dacci il la!
(Ettore).
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