domenica 29 novembre 2009

Foto Torino e C.T.A

B E L L I S S I M A !!! (2)
Chi si riconosce in queste ?




(Cliccaci sopra per ingrandirla)

Chissà quante ne avete anche Voi di così belle .
Mandatecele .
(Q.d.B.)








martedì 24 novembre 2009

"Panem et circenses".

Il Romano antico che avesse avuto ambizioni di percorrere il cursus honorum non poteva esimersi dall’offrire ai suoi gaudenti e sfaticati concittadini spettacoli ludici per accaparrarsene i voti; si ricorreva agli spettacoli anche per celebrare vittorie militari di una certa rilevanza; e così facevano taluni Imperatori per far dimenticare ai cives che erano diventati “sudditi”.

Anfiteatri, circhi e teatri facevano bella mostra di sé, per soddisfare i raffinati gusti di quel populus che, a differenza dei suoi trucidi discendenti, non si limitava a riempire la curva Nord o quella Sud, bensì dimostrava appassionata competenza.

Man mano che il gagliardo “spirito repubblicano” si afflosciava –vuoi perché le guerre le facevano gli altri, vuoi perché era diventato noioso essere sempre seri- il popolo cominciò a pensare che uno stomaco sufficientemente pieno abbinato a giornate e mesi passati a divertirsi potevano essere, tutto sommato, un accettabile palliativo per la perdita della libertà o per la mancanza di lavoro.

Panem et circenses divenne quindi la panacea di una società totalmente diversa da quella che aveva fatto grande Roma, nonché l’espediente cui era facile ricorrere in caso di difficoltà.

Se per il pane provvedevano i fornai, ai circenses ci pensava una figura mitica nella Roma imperiale: il procurator.

Era, costui, un funzionario che provvedeva a rendere noti il motivo e la durata degli spettacoli o dei munera (con nomi e specializzazione dei gladiatori), eventuali altre “offerte” inserite nel “pacchetto” e connesse con le disponibilità di chi offriva; il tutto, rigorosamente inciso sui muri!

Questo salto nella Roma antica mi è servito per vedere se esistono analogie con quanto stiamo vivendo noi ai nostri giorni.

Oggi, sui muri, si scrivono altre amenità che attengono prevalentemente alla sfera sessuale o a quella sportiva dello scrittore e che, quasi mai, assurgono a livelli di decenza. Oggi, se si vuole lanciare messaggi, fare proseliti, insultare qualcuno, propagandare qualcosa basta ricorrere alla televisione, questa subdola e perfida imbonitrice che si insinua nelle menti di chi ascolta, abbonandogli anche la fatica di leggere.

Forse, non è tanto corretto parlare di panem, anche perché questo nobile alimento che ha provveduto a sfamare l’umanità per millenni è sempre più sostituito da altri che millantano chissà quali virtù dietetiche; io parlerei piuttosto di un qualcosa di immateriale come può essere il continuo ed assillante ricorso alla diffusione di determinate notizie, specie quando queste servono ad alleviare tensioni o a ridimensionare malcontenti o a spostare l’attenzione su cose decisamente più leggere. Se vogliamo, possiamo pure azzardarci a parlare di lavaggio del cervello.

I TG brulicano di “buone notizie” circa la salute della nostra economia, sull’attivismo governativo in ogni settore del Paese, sulla “tenuta” della maggioranza, sul beneficio per tutti della promulgazione di leggi che invece paiono essere solo per pochi intimi, sulla “bontà” delle banche nostrane, sul fatto che usciremo meglio e prima di tutti dalla crisi, sulle sfilate di moda, su......su una miriade di cose che, a forza di essere ripetute, finiscono per convincere lo spettatore generico medio che, alla fin fine, siamo stati proprio fortunati! Persino le batoste della Nazionale di rugby vengono proposte come successi, ancorché morali, nell’ottica del famoso aforisma romanesco :”m’ha menato ma sapessi quante jienò dette!”

Poi arrivano gli spettacoli che non saranno cruenti come quelli antichi ma sono di una pochezza di contenuti da far accapponare la pelle ad un coccodrillo. In un turbinio di “case”, di “isole”, di “amici”, di “domeniche” più o meno buone, di varietà che sono un monumento alla volgarità, alla rissosità ed all’insipienza, il cervello di quello spettatore generico medio (che poi deve essere pure in buona compagnia, stando agli indici di ascolto) è destinato ad un progressivo ed inarrestabile annichilimento che lo porterà al rimbambimento totale.

Non meravigliamoci, quindi, se il popolo italiano si preoccupa solo di telefonini, se ha il più alto grado di ignoranza del mondo civile, se si riempie di debiti per andare in vacanza o per frequentare una palestra o per rifarsi una tetta, se ha i suoi modelli di vita nelle “veline”o nei “calciatori”, se preferisce distruggersi nelle discoteche o nei rav-party.

Sono cambiati o meglio, sono mutati il panem e i circenses ma temo che il risultato sia anche peggiore.

Pensate che dietro tutto questo ci sia un procurator, magari anche due?!

Ciao a tutti,

Ettore.






Il nostro amico Sulmonese , dopo aver letto questo articolo dal Corriere della sera, ci ha richiesto di inserirlo sul blog, per vivacizzare, se mai ce ne fosse bisogno, la discussione.



"Polonia: presentata una legge per mettere al bando tutti i simboli del comunismo
Chiunque li utilizza o ne è in possesso potrebbe rischiare fino a 2 anni di carcere
"


Cosa ne pensate ??



(Q.d.B.)

martedì 17 novembre 2009

C'è ancora una "Una Acies" ???

Pubblichiamo integralmente la lettera di L. Leso, dalla quale Ettore ha preso spunto per "lanciare" la discussione:


Cari Amici e Colleghi
Carabinieri compresi? Ci dovremmo essere anche noi? Vorrei farvi considerare che l'Arma nel 2014 compie due secoli e ancora oggi i suoi ufficiali, prima provenienti dalle fila dell'Esercito, nascono a Modena insieme ai colleghi delle varie armi e servizi appunto dell'Esercito. Sembra, invece, che negli ultimi anni qualcuno di entrambe le istituzioni abbia fatto di tutto per ignorare questa realta' e per sottolineare le differenze e le divisioni. Vi cito solo a titolo di esempio una delle piu' recenti infelici iniziative che, secondo me, vanno in questa direzione. Lo sapevate che il Capocorso non puo' piu' essere un Allievo Ufficiale dei CC, come successo talvolta in passato senza alcuno scandalo. Il motivo, almeno ufficiale, sembra consista nel fatto che, essendo anche l'alfiere della Bandiera dell'Accademia, non potrebbe piu' portare legittimamente il drappo perche' esclusivo dell'Esercito. Come se questo non fosse la Bandiera dell'Istituto e quindi di tutti gli allievi,almeno italiani... Per parte mia sono felicissimo di aderire all'iniziativa, ma sarei ancora piu' contento se potessi constatare la fine di questi distinguo e sentirmi parte di tradizioni condivise. Scusate ma credo che l'Esercito dovrebbe essere fiero di aver inquadrato per tanti tanti anni l'Arma, cosi' come questa dovrebbe essere orgogliosa di avere fatto parte dell'Esercito...Scusate ma credo sia importante per noi tutti ex allievi dell'Accademia affrontare questo argomento per risolverlo insieme una volta per tutte...poi ben venga qualsiasi iniziativa comune.
un saluto caro
Leonardo Leso






A corollario della sua risposta positiva alla richiesta di adesione per la realizzazione di un Monumento all'Esercito italiano, uno dei nostri Carabinieri, Leonardo Leso, fa queste riflessioni, in merito ai problemi di relazione che da sempre caratterizzano i rapporti EI-CC.
Queste riflessioni sono drammaticamente vere perché investono la vita, la passione, l'anima di generazioni di Ufficiali che, per il solo fatto di aver trascorso due anni insieme, hanno stabilito legami di affetto e di stima reciproci che noi tutti abbiamo potuto verificare essere reali, solo un anno fa.
Ed invece sembra che, ora, il CapoCorso di un Corso d'Accademia possa essere solo un Allievo delle Varie Armi perché è l'unico "legittimato" ad essere Alfiere di una Bandiera che è ritenuta "esclusiva" dell'Esercito.

Dove va a finire il significato più sublime di quella ">Acies , una volta “meravigliosa”, che ci ha unito e che ci unisce ancora?
Ettore.



.. e fatto un viso ancor più serio, esclamò : - il 15 d'ottobre 1627 ! Sicuro; è dell'anno passato : grida fresca , son quelle che fan più paura.

Sabato scorso Ettore mi aveva segnalato un editoriale di Sergio Romano, apparso sul Corriere della sera, dal titolo “Riforme piccole (e sbagliate)” chiedendomi un parere tecnico.
Sergio Romano può definirsi un anziano diplomatico conservatore che ama scrivere e che, per esperienza, cultura, acutezza e brillantezza intellettiva, non è mai banale o fazioso.
Per chi non lo avesse letto, in questo editoriale, pubblicato il 14 novembre, egli stigmatizza la carenza delle riforme sulla giustizia emanate dai due governi Berlusconi perché motivate, soprattutto, dal desiderio di risolvere i problemi personali del premier e perché elaborate da avvocati investiti di funzione pubblica ma al servizio privato dello stesso premier.
Ciò non di meno, secondo l’editorialista, l’obbligatorietà dell’azione penale è un alibi per porre alla ribalta procuratori con ambizioni politiche; il Consiglio superiore della magistratura è un parlamento in cui sono rappresentate correnti ideologiche; l’Associazione nazionale magistrati agisce come una lobby per condizionare l’attività del parlamento; la lungaggine dei processi procura danni irreparabili anche all’economia nazionale.
Per questo, sempre a parere di Romano, la riforma della giustizia va fatta prima di qualsiasi altra riforma. Personalmente, non condivido quest’ultima considerazione e cercherò, nella maniera più stringata possibile, di spiegarne i motivi.
E’ vero che il Consiglio superiore è un parlamento ma se si considera che esso dovrebbe avere essenzialmente una funzione di controllo, ritengo giusto che sia così perché in questo modo contiene, in maniera proporzionale, rappresentanti delle varie ideologie liberamente scelte dagli elettori. L’alternativa dovrebbe essere che la nomina venga fatta esclusivamente dai magistrati, con l’assurdo che i controllori sarebbero gli stessi controllati, o da chi governa, con la realizzazione di una fusione fra organo esecutivo e organo giudiziario riscontrabile solo nei paesi comunisti. Il problema non è nella formazione del Consiglio ma nella capacità professionale e caratteriale degli uomini che lo compongono e, purtroppo, nelle pubbliche istituzioni si ha la tendenza a scegliere chi crea meno problemi piuttosto che l’innovatore super attivo capace, anche, di creare problemi .
E’ vero che l’associazione nazionale magistrati è un organo sindacale ma non esistono elementi per poter dire che sino ad ora essa abbia condizionato il Parlamento. Certamente interviene in tutte le norme che la riguardano ma il legislatore e l’esecutivo sono sempre andati avanti per la loro strada senza farsi intimorire. Hanno fatto molto più danni i sindacati di sinistra quando hanno costretto il Parlamento ad emettere le norme dello Statuto dei lavoratori per le quali il dipendente, anche se assenteista incapace, è diventato illicenziabile.
Sulla separazione delle carriere, i miei colleghi penalisti sono molto divisi fra loro ma non lo ritengono un fatto di primaria importanza. Inoltre, il protagonismo dimostrato da molti procuratori, seppure deprecabile e deleterio, non ha portato alla introduzione di processi infondati e l’azione penale si è sempre fondata su consistenti elementi fattuali e di diritto; tutti i processi di tangentopoli e quelli che riguardano le aziende del premier sono partiti da elementi oggettivamente esistenti.
La questione più importate resta, quindi, la lungaggine dei processi che, per la mia esperienza, ritengo determinata dai seguenti fattori:
a) Norme procedurali esistenti;
b) Scarso tempo lavorativo messo a disposizione dei magistrati nelle aule del tribunale;
c) Tendenza, da parte di molti avvocati, a chiedere rinvii.
Chi decide le norme che regolano i processi civili e penali è il legislatore e non la magistratura e le riforme presentate in questi ultimi anni, con particolare riferimento a quelle presentate dal centro destra, sono state contraddittorie e di difficile applicazione. In una situazione simile è facile per chi governa il processo, cioè il giudice, interpretare in maniera del tutto personalistica. Vi porto come esempio la procedura relativa al diritto societario nella quale sono state inserite le cause che i risparmiatori fanno contro le banche. Negli ultimi cinque anni, questa ha subito tre trasformazioni passando da un regime ordinario ad uno straordinario (simile al processo del lavoro) per ritornare, dal luglio scorso, al regime ordinario; il risultato è stato che tutti i processi incardinati a Parma (per la Parmalat) sono favorevoli al risparmiatore perché la lentezza di quell’ufficio ha fatto sì che si applicasse il regime ordinario; in sezioni veloci, come quella di Milano, si è applicato il regime straordinario che, per le preclusioni sui mezzi istruttori, ha avvantaggiato le banche.
Sempre a mio avviso, una riforma procedurale dovrebbe avere come fine principale la regolazione dei termini fra le varie fasi del processo imponendo, coercitivamente, al giudice, quale organo fondamentale, il rispetto di detto termine.. Un processo lungo danneggia sia le parti processuali che le casse dello Stato e la coercibilità a carico del giudice potrebbe consistere nella possibilità reale, per il danneggiato che ne ha interesse, di richiedere un congruo risarcimento. La relativa azione dovrebbe essere sottoposta al giudizio di un giudice speciale operante al di fuori del distretto presso cui lavora il giudice responsabile.
Un iter simile non ha bisogno di grandi riforme istituzionali ma solo di una semplice legge ordinaria e sono i legislatori, non i giudici, che dovrebbero pensarci.
Ho sempre detto che la maggior parte dei giudici che ho professionalmente conosciuto è formata da gente onesta e molto preparata ma non posso negare che tutti passano in tribunale un numero limitatissimo di ore. Dalle h. 14,00 le aule sono pressoché deserte e se si tenessero udienze anche di pomeriggio, i tempi di un processo sarebbero dimezzati. Sotto questo aspetto è più verosimile parlare di lobby perché chi ha la mansione di presidente della sede, e quindi chi ha il potere di disporre e controllare il funzionamento della sede stessa, è un giudice che precedentemente si è sempre comportato alla stessa maniera dei suoi subordinati.
Anche la condotta degli avvocati non è immune da critiche perché spesso e volentieri vengono chiesti rinvii non suffragati da un reale interesse per il cliente e un processo lungo dà la possibilità di emettere parcelle di importo superiore.
A mio avviso, quindi, la riforma della giustizia può essere fatta prendendosi tutto il tempo necessario per partorire norme adeguate ma non deve essere anteposta a problemi molto più seri quali la disoccupazione, il precariato e la corruzione che non è diminuita dopo tangentopoli perché gli effetti di queste sono molto più destabilizzanti di un eventuale processo al nostro premier.
Alla prossima
Francesco

domenica 15 novembre 2009







ahoo !!!




E' mai possibile che non avete nessuna foto scattata alla Scuola di Applicazione e al C.T.A.???

Voi Artiglieri e Trasmettitori sbrigatevi a mandarle perchè dobbiamo iniziare ad impostare l'album a ricordo del 40° della Stelletta .


Guardatevi queste :



I Tassinari

I genieri

Schettino è quello che ce l'ha più lungo !
(Indovinello : Chi è quello che ce l'ha più lungo ?)

(Quelli del Blog)


sabato 14 novembre 2009

Speranza ed illusione.

L’articolo su Obama mi ha portato a leggere altri articoli riportati sull’Occidente con il risultato che, ad un primo impulso di intolleranza, è subentrata una sensazione di estremo disagio. Nel nostro blog ho affrontato questioni inerenti la nostra economia e la nostra società con l’intima convinzione di esprimere concetti formatisi “sul campo” ma devo convenire che ogni valutazione, anche quando si basi su elementi oggettivi, non è mai immune dalle proprie simpatie o antipatie. Ecco il perché del disagio; se tutti quelli che vedono le cose con un’ottica diversa dalla mia provano la stessa repulsione che io ho provato nel leggere quegli articoli, ci potrà mai essere confronto?
Ho quindi provato un po’ di rammarico per aver tacciato di faziosità Gianni Marizza e, con la speranza di riuscire ad eliminare quella negatività non condivisa dalla maggior parte degli italiani che esprimono un voto diverso dal mio, ho messo da parte la figura del premier (maggiore responsabile delle mie interiori intolleranze) e ho cercato di guardare solamente ciò che di positivo ha fatto il governo. Volutamente ho limitato l’analisi alle questioni che toccano il portafoglio degli italiani tralasciando ogni aspetto inerente i principi, la democraticità o le prospettive a medio lungo termine.
La mia speranza ha incominciato a tramutarsi in contentezza quando mi è venuto in mente il provvedimento che ha istituito i Buoni Lavoro perché nessuno aveva mai pensato ad uno strumento simile per combattere il lavoro nero; la legge sui mutui è stata propagandata in maniera diversa dalla realtà ma, in ogni caso, permette al contraente più debole (il cittadino mutuatario) di modificare, a proprio favore, gli accordi iniziali; si spacciano come dati attuali alcuni indici che sono solo previsionali ma l’attuale finanziaria non sembra appesantire la soglia impositiva e il ministro delle finanze sembra avere le idee chiare sul bilancio dello Stato.
Poi ho incominciato a sentire tutti i politici della maggioranza parlare della necessità, “per gli italiani” di ridurre i tempi del processo e della innovativa legge che avrebbero escogitato per assolvere a questo primario bisogno.
Io seguo essenzialmente processi civili ma, al momento, ho tre procedimenti penali per gravi lesioni determinate dal non rispetto della normativa sulla sicurezza. In due di questi, imputati sono piccoli imprenditori che per questioni economiche non avevano rispettato la legge e le relative cause si protraggono da circa due anni per cavilli procedurali da me avanzati. La terza vede come imputato un ufficiale dell’esercito che non ha mai avuto alcun rapporto funzionale con la caserma dove è avvenuto il fatto e la cui causa è stata assegnata ad un giudice preparatissimo e ligio il quale ha ridotto l’istruttoria e la decisione nell’arco di sei mesi.
Con l’innovativo provvedimento della maggioranza i miei due imputati colpevoli saranno prosciolti per estinzione del processo mentre il mio amico ufficiale, assolutamente non responsabile, subirà il processo e rischia una assurda condanna.
In sostanza, allo scopo di proteggere un solo uomo, la maggioranza sta emettendo un provvedimento che premierà tutti coloro che dovranno essere giudicati da uffici giudiziari mal funzionanti.
Ecco che la mia speranza si è tramutata in mera illusione.
Vi abbraccio
Francesco

lunedì 9 novembre 2009

Quel simbolo .

Per non sentire le idiozie che normalmente vengono dette in quindici minuti , durante l’intervallo tra il primo ed il secondo tempo della rocambolesca trasferta ucraina, mi sono messo a fare un giro di canali, giusto per vedere cosa passava il convento.

Mi sono così imbattuto in uno di quei film di Peppone e Don Camillo che avremo visto tra le due e le tremila volte, proprio quando c’era la scena dell’eventuale abbattimento dell’edicola sacra; quando cioè neppure il più “trinariciuto tra i trinariciuti” ha avuto il coraggio di prendere a picconate quei pochi mattoni che si reggevano a malapena in piedi ma che racchiudevano l’immagine sbiadita della Tradizione (non solo quella legata alla Fede, si badi bene), quella a cui anche la più proterva della logiche di partito si dovette inchinare.

Ed allora, è stato naturale fare un parallelismo con la recente sentenza della “Corte europea per i diritti dell’uomo”, quella per intenderci che vorrebbe “imporre” all’Italia il divieto di esporre il Crocefisso nelle aule scolastiche, in nome di un fantomatico “rispetto” di chi non la pensa in quel modo.

Scusatemi: io sarò pure ignorante ma a chi invece la pensa in quel modo chi glielo garantisce il “rispetto”?!

Non credo che agli albori del terzo millennio si possa e si debba ragionare come ai tempi dell’ Inquisizione, però mi sembra che ora le cose si siano ribaltate; ora mi sembra che con questa litania del “rispetto delle minoranze” si stia un tantino esagerando; ora mi sembra che, in nome di un “diritto individuale” (chissà perché non si parla mai di “doveri”?!), si stia permettendo di prendere a picconate i pilastri portanti dell’ identità di un’intera Nazione.

Non mi risulta che nessun popolo possa essere obbligato a dare un colpo di spugna su quello in cui crede o che almeno rispetta per fare piacere ad una percentuale infinitesima che non la pensa nello stesso modo; se così fosse, si ribalterebbero gli stessi principi fondanti di ogni democrazia.

Ma dirò di più: si instaurerebbe una versione moderna di colonialismo, ancor più devastante di quello che è stato mandato in soffitta nell’ultima metà del secondo millennio, in quanto mascherato da ipocrita appiattimento su teoremi che non sono accettati da tutti.

Spiegatemi voi perché si devono esecrare il Conquistadores che cancellarono ogni cultura nelle Americhe centrale e meridionale, o i coloni che fecero altrettanto in quella del Nord, o quanti si adoperarono in tal senso in Africa ed invece accettare un comportamento similare ai nostri giorni; l’unica differenza sta nel metodo: non più a botte di massacri ma con una semplice sentenza.

E’ pur vero che, già da tempo e grazie al nostro atavico provincialismo, abbiamo abdicato a molte forme della nostra cultura e della nostra tradizione; abbiamo mandato in soffitta la cara Befana per sostituirla con un simpatico vecchietto dalla lunga barba bianca che si sposta su una slitta trainata da renne ( come noto, entrambe “tipiche” ed usuali in Italia!); abbiamo seppellito la “melodia” con gli urlacci, tutti rigorosamente non italiano; parliamo per acronimi o con frasi di un’altra lingua, facendo rivoltare nella tomba i Dante ed i Manzoni; scimmiottiamo quello che non siamo né potremmo mai essere (Halloween compreso), come ben ci ha insegnato l’indimenticato Alberto Sordi.

Ma se tutto questo attiene essenzialmente alla sfera del consumismo più becero, quella del Crocefisso è tutt’altra storia, nel senso che si tratta di materia talmente personale, talmente intima, talmente sublimante che nessuna sentenza di nessun tribunale al mondo può togliere ad un popolo che, in quel Simbolo, in qualche misura si riconosce.

Se così non fosse, allora ci resterebbe solo l’amara e terrificante considerazione del Cardinale Bertone: una zucca, una inutile, vuota zucca.

Ciao a tutti, Ettore.

giovedì 5 novembre 2009

Voglia il Cielo scusarci se proviamo a fare del bene, qui in Terra.


I delitti sono proporzionati alla purezza della coscienza, e quello che per certi cuori è appena un errore, per alcune anime candide assume le proporzioni di un delitto (Honoré de Balzac).

Ho scelto volutamente questo aforisma del grande scrittore del Verismo francese non certo per far sfoggio di conoscenza, quanto perché l’affermazione è funzionale al modesto ragionamento che vorrei fare sul significato di “coscienza” , individuale e collettiva, ai nostri giorni ed in determinate aree del Paese.

Lo spunto mi viene da due recenti fatti che definire atrocemente inumani sarebbe solo un pietoso eufemismo: il suonatore ambulante che muore in una stazione ferroviaria ed il camorrista assassinato davanti ad un negozio in pieno giorno.

Entrambi nell’indifferenza più totale della gente, entrambi a Napoli.

Si è trattato di due episodi che mi hanno profondamente colpito, non tanto e non solo perché ritenevo che la pietà fosse ancora un sentimento diffuso nei cuori italici, ma anche perché non pensavo che potesse essere stata sostituita dall’indifferenza più assoluta.

Le grida di quella donna che chiede aiuto per il marito morente e che rimbombano inascoltate sono la testimonianza dello stato di durezza dell’animo di tutti i presenti, i quali, magari, si definiscono pure “brave persone”; così come quella donna che scavalca per ben due volte l’uomo colpito che giace a terra e per la quale riesce difficile trovare aggettivi che possano essere attribuiti al genere umano.

La cosa assume una dimensione ancor più agghiacciante se rapportata allo stereotipo del Napoletano Generico Medio: tutto mare e luna, che chiama i figli piezz’e core, che cadenza il suo tempo sul giorno del miracolo di San Gennaro e che ha elevato a ragion d’essere l’ammore!

Non so cosa mi diranno Giggione e Francesco al riguardo; certo dovranno far riscorso a tutte le loro eccelse doti morali e dialettiche per farmi capire come sia possibile conciliare simili atteggiamenti con quello spirito cristiano che dovrebbe costituire la linea-guida di ogni essere umano.

Giggione afferma – ed a ragione - che “parlare di Dio imbarazza”; ed io gli chiedo: ma di quale “dio” si deve parlare riguardo a quegli esseri così inumani, così lontani cioè da quell’idea di Uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio?

Francesco afferma – anche lui a ragione - che “non ci si deve allontanare né da Dio né dalla realtà terrena”; ed io gli chiedo: nella fattispecie, dove ci potremmo collocare, considerato che Dio non vi è contemplato e che la realtà terrena è orripilante?

In queste poche righe, non ho certo parlato di “delitti” intesi nell’accezione giuridica, quanto piuttosto in quella morale: quella cioè che è governata e regolata dalla “coscienza” cui si riferisce il buon Balzac.

Non ho la presunzione di essere un buon cristiano né, tanto meno, “un’anima candida”: ma di considerami un essere umano, quella sì che ce l’ho, e pure in buona dose.

Un abbraccio, Ettore.

lunedì 2 novembre 2009

Spunti sulla Prigionia di Guerra al Femminile

di Massimo Coltrinari


Nella recente esperienza della missione in Irak, si affacciano all’orizzonte del nostro impegno militare, oltre a tutto quello che può essere operare in un teatro fuori area Nato e su un terreno diverso da quello nazionale, due novità: l’impiego in zona d’operazioni, ancorché a fini di pace, di personale femminile e quindi possibilità che questo personale possa subire una delle conseguenze dell’impiego in un conflitto, ovvero cadere in potere dell’avversario, cioè cadere prigioniero.
(segue .......)

domenica 1 novembre 2009

ALMANACCO STORICO

(Fatti e protagonisti della storia militare nazionale)

Novembre



1. Occupazione di Jamiano (GO), altipiano carsico, 1916 (21° Reggimento Fanteria).
1. Conquista del Veliki Hribach, fronte isontino, 1916 (49a Divisione).
1. Affondamento della corazzata austriaca “Viribus Unitis”, porto di Pola (Croazia), 1918 (Magg.G.N. Raffaele Rossetti, Ten. me. Raffaele Paolucci).
2. Conquista di Capua, Regno delle Due Sicilie, 1860 (Gen. Enrico Morozzo della Rocca).
3. Espugnazione del Dosso Faiti, altipiano carsico, 1916 (Brigata “Toscana”).
4. 3a battaglia dell’Isonzo (fine), fronte isontino, 1915 (Gen. Luigi Cadorna).
4. 9a battaglia dell’Isonzo (fine), fronte isontino, 1916 (Gen. Luigi Cadorna).
4. Battaglia di Vittorio Veneto (fine), I Guerra Mondiale (fine), 1918 (Gen. Armando Diaz).
4. Offensiva di El Alamein (fine), Africa settentrionale, 1942 (Gen. Bernard Montgomery).
5. Assedio di Gaeta (inizio), Regno delle Due Sicilie, 1860 (Gen. Enrico Cialdini).
6. Occupazione del Monte Grappa, 1917 (Unità del XVIII Corpo d’Armata).
6. Conquista della posizione abissina di Gorrahèi (Somalia), 1935 (Colonna Pietro Maletti).
9. 12a battaglia dell’Isonzo o ritirata di Caporetto (fine), 1917 (Gen. Luigi Cadorna).
7. Conquista di Cima Lana, Cadore, 1915 (60° Reggimento Fanteria).
10. 4a battaglia dell’Isonzo (inizio), fronte isontino, 1915 (Gen. Luigi Cadorna).
11. 1a battaglia del Piave o battaglia d’arresto (inizio 1a fase), 1917 (Gen. Armando Diaz).
11. Attacco aeronavale inglese al porto di Taranto, 1940 (Amm. Andrew Cunningham).
14. Difesa del Monte Grappa, 1917 (XVIII Corpo d’Armata e 17a Divisione / IX C.A.).
15. Conquista della Trincea delle Frasche, fronte isontino, 1915 (Brigata “Sassari”).
16. Occupazione della Trincea dei Razzi, fronte isontino, 1915 (Brigata “Sassari”).
18. 2a offensiva inglese in Africa Settentrionale, 1941 (Gen. Alan Cunningham).
22. Difesa del caposaldo di Sidi Omar, Africa Settentrionale, 1941 (16° Reggimento Fanteria).
23. Battaglia del Totensonntag, Africa Settentrionale, 1941 (Unità corazzate dell’Asse).
26. Riconquista di Henni e di Sidi Messri, Tripolitania, 1910 (Gen. Giuseppe De Chaurand).
26. Attacco alle trincee del Monte Merzli, Alto Isonzo, 1915 (8a Divisione).
26. 1a battaglia del Piave o battaglia d’arresto (fine 1a fase), 1917 (Gen. Armando Diaz).
27. Riconquista di Oslavia, fronte isontino, 1915 (11a Divisione).
27. Conquista del Monte Calvario (Podgora), fronte isontino, 1915 (Brigata “Casale”).
27. Scontro navale di Capo Teulada, Canale di Sardegna, 1940 (Amm. Inigo Campioni).
27. Caduta di Gondar (Africa Orientale Italiana), 1941 (Gen. Guglielmo Nasi).