lunedì 9 novembre 2009

Quel simbolo .

Per non sentire le idiozie che normalmente vengono dette in quindici minuti , durante l’intervallo tra il primo ed il secondo tempo della rocambolesca trasferta ucraina, mi sono messo a fare un giro di canali, giusto per vedere cosa passava il convento.

Mi sono così imbattuto in uno di quei film di Peppone e Don Camillo che avremo visto tra le due e le tremila volte, proprio quando c’era la scena dell’eventuale abbattimento dell’edicola sacra; quando cioè neppure il più “trinariciuto tra i trinariciuti” ha avuto il coraggio di prendere a picconate quei pochi mattoni che si reggevano a malapena in piedi ma che racchiudevano l’immagine sbiadita della Tradizione (non solo quella legata alla Fede, si badi bene), quella a cui anche la più proterva della logiche di partito si dovette inchinare.

Ed allora, è stato naturale fare un parallelismo con la recente sentenza della “Corte europea per i diritti dell’uomo”, quella per intenderci che vorrebbe “imporre” all’Italia il divieto di esporre il Crocefisso nelle aule scolastiche, in nome di un fantomatico “rispetto” di chi non la pensa in quel modo.

Scusatemi: io sarò pure ignorante ma a chi invece la pensa in quel modo chi glielo garantisce il “rispetto”?!

Non credo che agli albori del terzo millennio si possa e si debba ragionare come ai tempi dell’ Inquisizione, però mi sembra che ora le cose si siano ribaltate; ora mi sembra che con questa litania del “rispetto delle minoranze” si stia un tantino esagerando; ora mi sembra che, in nome di un “diritto individuale” (chissà perché non si parla mai di “doveri”?!), si stia permettendo di prendere a picconate i pilastri portanti dell’ identità di un’intera Nazione.

Non mi risulta che nessun popolo possa essere obbligato a dare un colpo di spugna su quello in cui crede o che almeno rispetta per fare piacere ad una percentuale infinitesima che non la pensa nello stesso modo; se così fosse, si ribalterebbero gli stessi principi fondanti di ogni democrazia.

Ma dirò di più: si instaurerebbe una versione moderna di colonialismo, ancor più devastante di quello che è stato mandato in soffitta nell’ultima metà del secondo millennio, in quanto mascherato da ipocrita appiattimento su teoremi che non sono accettati da tutti.

Spiegatemi voi perché si devono esecrare il Conquistadores che cancellarono ogni cultura nelle Americhe centrale e meridionale, o i coloni che fecero altrettanto in quella del Nord, o quanti si adoperarono in tal senso in Africa ed invece accettare un comportamento similare ai nostri giorni; l’unica differenza sta nel metodo: non più a botte di massacri ma con una semplice sentenza.

E’ pur vero che, già da tempo e grazie al nostro atavico provincialismo, abbiamo abdicato a molte forme della nostra cultura e della nostra tradizione; abbiamo mandato in soffitta la cara Befana per sostituirla con un simpatico vecchietto dalla lunga barba bianca che si sposta su una slitta trainata da renne ( come noto, entrambe “tipiche” ed usuali in Italia!); abbiamo seppellito la “melodia” con gli urlacci, tutti rigorosamente non italiano; parliamo per acronimi o con frasi di un’altra lingua, facendo rivoltare nella tomba i Dante ed i Manzoni; scimmiottiamo quello che non siamo né potremmo mai essere (Halloween compreso), come ben ci ha insegnato l’indimenticato Alberto Sordi.

Ma se tutto questo attiene essenzialmente alla sfera del consumismo più becero, quella del Crocefisso è tutt’altra storia, nel senso che si tratta di materia talmente personale, talmente intima, talmente sublimante che nessuna sentenza di nessun tribunale al mondo può togliere ad un popolo che, in quel Simbolo, in qualche misura si riconosce.

Se così non fosse, allora ci resterebbe solo l’amara e terrificante considerazione del Cardinale Bertone: una zucca, una inutile, vuota zucca.

Ciao a tutti, Ettore.

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