lunedì 28 dicembre 2009

L'Iraq dalla A alla Z: un generale italiano nella terra dei due fiumi





Non capita spesso di trascorrere mezzo anno abbondante in Iraq. E’ una cosa che non capita nemmeno a tutti gli irakeni, come ben sanno coloro che hanno scelto, o sono stati costretti a scegliere, la via dell’esilio dalla Mesopotamia. Tantomeno capita spesso di trascorrere mezzo anno abbondante in Iraq proprio nel periodo più cruciale della sua storia moderna, un periodo intensissimo e fondamentale, quello che va dall’estate 2005 alla primavera 2006, caratterizzato dal primo referendum della storia di questo paese, quello sulla sua costituzione, dal processo a Saddam Hussein ormai chiamato a rendere conto dei suoi misfatti davanti ad una corte, dalle elezioni per il parlamento definitivo, dalla distruzione terroristica della cupola d’oro della moschea di Samarra che ha portato l’Iraq sull’orlo della guerra civile, dall’insediarsi del governo definitivo, dal radicarsi ormai irreversibile della democrazia e della stabilità nel paese dei due fiumi, premesse per la sconfitta del terrorismo e per il ritiro delle forze multinazionali.
Il particolare incarico che ho ricoperto mi ha obbligato ad assumere dei rischi ma senza subire mai gravi conseguenze: se gli insorgenti hanno sparato contro il mio elicottero, non lo hanno mai colpito, e la quarantina di razzi e bombe da mortaio cadute su Camp Victory in sei mesi (l’ultimo razzo che ho sentito scoppiare non distante dal mio alloggio è caduto proprio nella mia ultima notte a Bagdad) non si sono mai avvicinati a meno di cento metri dal luogo dove abitavo. Ma quell’incarico mi ha consentito anche di vivere un’esperienza unica, viaggiando in tutto il paese da un estremo all’altro, svolazzando su aerei ed elicotteri di varie nazionalità per un totale di settantaquattro ore, alla media di una mezz’oretta al giorno, visitando luoghi, ripercorrendo avvenimenti e ricordando personaggi di secoli e secoli prima, da Ur a Bagdad, da Babilonia a Gaugamela, da Abramo ad Hammurabi, da Al-Mansur ad Alessandro Magno.
Un’esperienza del genere merita senza dubbio di essere raccontata. Sì, ma come? Ho scelto di raccontare questo periodo storico con un libro che sia tre libri in uno:
-un diario cronologico che parta dall’estate del 2005 e arrivi alla primavera del 2006,
-un manuale/vocabolario, consultabile anche per argomento, in ordine alfabetico, dalla A alla Z,
-un racconto che tratti argomenti non solo a sé stanti bensì anche collegati logicamente fra di loro.
Il tutto simultaneamente, nello stesso volume.
Il risultato non ha la pretesa di essere una collana di argomenti “ora incatenati l'uno all'altro come anelli di una collana, ora rinchiusi l'uno nell'altro come in un sistema di scatole cinesi” come è stato detto dei racconti delle “Mille e una notte”, ma, molto più modestamente, un semplice blocco-note messo in bella copia che –basandosi sui fatti- possa servire al lettore, ma anche a me stesso, per non dimenticare tutti i dettagli che ho imparato a conoscere in Iraq, dalla “A” di quell’“aereo” che mi ha portato qui nel settembre del 2005 fino alla “Z” di quello “ziggurat” che è stata l’ultima cosa che ho visto ripartendo per l’Italia alla fine di marzo del 2006.
Buona lettura.

Giovanni Marizza
28 Dicembre 2009

mercoledì 23 dicembre 2009

Buon Compleanno "BLOG" .




Erano trascorsi esattamente due mesi da quando coloro che erano stati e che erano rimasti gli Allievi di quel Corso meraviglioso si erano incontrati nella loro Casa Madre per festeggiare, da par loro, quaranta anni di fratellanza; avevano prodotto un altro, fantastico Numero Unico per raccogliere volti ed esperienze, ma non avevano un diario che potesse essere il loro foro, il loro “ruolino tascabile”, il loro punto di riferimento per ogni evento che li riguardasse.
Ed allora, il 150° Corso “Montello” poteva aggiungere un’altra perla alla già splendente collana che lo caratterizza e distingue da sempre: la nascita del suo Blog, del suo Diario.
Erano le ore 0945 del 24 dicembre 2008!
Oggi e con tanta soddisfazione, festeggiamo il primo compleanno di questa nostra creatura che abbiamo fermamente voluto, che curiamo come un bene prezioso e di cui siamo morbosamente gelosi.
Era nato gracilino, il nostro “diario”, come si conviene a chi muove i primi passi in un universo sconosciuto e pieno di incognite; ma era nato bene, perché il primo scritto pubblicato era dedicato al nostro Inno, attraverso i ricordi di Giorgio.
Poi si è irrobustito, il nostro “diario”, ha cominciato a muoversi con sempre maggiore disinvoltura, ha accolto i nostri dibattiti su i più svariati argomenti, ha consentito a tutti noi di partecipare ad eventi lieti e tristi; è stato insomma un vero è proprio diario, di quelli cui si affidano i propri pensieri perché li custodisca ad esclusivo beneficio dei suoi figli e padroni.
E le decine di migliaia di visite che, in tutto il mondo, lo hanno onorato sono il riconoscimento più significativo ed esaltante per il Corso intero che, ancora una volta, ha dato tangibile dimostrazione della sua unicità.
Spenta la prima candelina, però, dobbiamo continuare ad alimentarlo con sempre maggiore entusiasmo, perché abbiamo il sacrosanto dovere di farlo crescere sempre più e, soprattutto, l’obbligo morale di fare di tutto perché sopravviva, e pure bene.
Buon compleanno Diario, ti faremo sempre migliore!!!

(Q.d.B)

domenica 20 dicembre 2009



Un altro Natale è arrivato ....


.... un altro Anno è passato ....


Noi ci vogliamo sempre più bene.




Auguri al 150° "Montello"





e....... dal 150° "Montello"









(Q.d.B)


sabato 19 dicembre 2009

Calendesercito 2010


Grazie Carlo

I Tuoi Amici del 150° "Montello"


giovedì 17 dicembre 2009

Scambio di Auguri del 1° pl. - II^ Cp.


Domenica 13 dicembre, al Ristorante "Isola del Pescatore" a S. Severa
si sono incontrati Vladimiro, Umberto, Antonio, Gianpaolo e Signore per scambiarsi gli
Auguri per le prossime Festività .

Formulano a tutti gli Amici del 150° Corso i più affettuosi Auguri di Buone Feste .


Guarda le foto di un precedente incontro .


lunedì 14 dicembre 2009

"UNA ACIES" .... parte terza.

Gianni Marizza
Cari Anziani, accolgo volentieri l’invito a contribuire al dibattito sull’argomento “Una Acies” e Vi dico la mia, così come mi viene, mettendo subito in chiaro che sono un tifoso di questo motto e dello spirito che dovrebbe infondere, e che concordo con Adriano quando sostiene che è opportuno guardare al futuro più che al passato.
La prima considerazione è di carattere locale, circoscritta all’ambiente dell’Esercito. Forse non ce ne rendiamo conto in maniera compiuta, ma noi delle Varie Armi abbiamo avuto una gran fortuna a vivere gli anni di Accademia a stretto contatto con i colleghi Carabinieri, e mi auguro che la cosa sia reciproca. In quegli anni si sono creati e consolidati legami (i legami di fraterna amicizia, come dice Ettore) fra gli Allievi delle Varie Armi, dei Servizi -come venivano chiamati allora- e dei Carabinieri che hanno comportato una rete di conoscenze interpersonali ed uno scambio di esperienze che si sono rivelate sempre utili sia all’Esercito che ai Carabinieri. Sotto il motto “Una Acies” abbiamo cominciato ad avvertire un senso di comune appartenenza che poi si è consolidato in un comune sentire. Pertanto, un’altra grande fortuna è che gli Allievi Ufficiali di Esercito e Carabinieri (anche se l’Arma nel frattempo è assurta al rango di Forza Armata) continuino ancora oggi a convivere nello stesso Istituto. Non conoscevo la norma della preclusione agli Allievi Carabinieri di diventare Capicorso, ma ha pienamente ragione Gino a definirla una “colossale sciocchezza”. Comunque sia, crescere alla luce di quel motto può essere foriero di positivi sviluppi anche per le altre Forze Armate italiane, senza polemiche e in modo costruttivo.
E questo mi porta alla seconda considerazione, che amplia un po’ l’orizzonte e abbraccia tutto il campo della Difesa italiana. Sarebbe bello se il motto “Una Acies” ispirasse anche il mondo interforze. Per la verità, nel 1997 avevamo avuto un sussulto di orgoglio interforze, con la legge di riforma dei vertici citata da Suffoletta, un sussulto concettualmente giusto ma in seguito attuato male, con la conseguenza che oggi lo “spirito” interforze è da intendere non nel senso di “ispirazione” ma nel senso di “fantasma” (quanti significati ha la parola “spirito”!).
La riforma interforze avrebbe dovuto creare nuove sinergie, effettuare risparmi, eliminare sprechi, spendere meglio le risorse, razionalizzare le strutture. E invece siamo riusciti solo a creare sempre nuove sovrastrutture, a lottizzare sempre più accuratamente, a svilire gli incarichi, le funzioni e i gradi mettendo i Generali di Divisione dove un tempo bastavano i Colonnelli e impiegando i Generali di Corpo d’Armata dove una volta bastavano quelli di Brigata. Siamo riusciti ad allungare a dismisura la catena di comando mentre, in tempi di Network Centric Warfare le catene di comando, caso mai, dovrebbero accorciarsi. E poi, finché le commissioni di avanzamento non saranno interforze ma resteranno di singola Forza Armata, gli Ufficiali sapranno che la promozione dipenderà dal loro livello di allineamento con le logiche di parte, e lo “spirito interforze” continuerà ad andare a farsi benedire. Insomma l’idea era buona, ma la sua attuazione ha un po’ tradito le aspettative perché la rivoluzione interforze ha aumentato sempre più le dimensioni della testa dello strumento militare atrofizzando nel contempo gli arti. Se ci fossimo ispirati al motto “Una Acies” le cose sarebbero andate meglio, perché quel motto ha validità universale.
E con questo arrivo alla terza considerazione, che amplia ulteriormente l’orizzonte fino ad abbracciare l’intera Europa, che sta cercando, lentamente e confusamente, di assumersi le proprie responsabilità nel campo della difesa. Ma lo fa male, consentendo che 27 Eserciti continuino a vigilare ciascuno sui propri confini nazionali che non esistono più. E lo fa spendendo, sperperando e sprecando le risorse, consentendo la sopravvivenza di strutture inutili, obsolete, superate, duplicate, triplicate e moltiplicate per 27. Anche qui bisognerebbe ispirarsi a “Una Acies”!
E pensare che 15 anni prima che entrassimo in Accademia l’Europa di allora aveva già approvato un trattato che istituiva un solo Esercito europeo, tutti con la stessa bandiera europea, tutti con la medesima uniforme, tutti con le stesse regole (anche reclutamento, stato e avanzamento sarebbero stati comuni e comunitari). Ma è bastato che un parlamento nazionale non ratificasse quell’accordo per farlo tramontare praticamente per sempre, tant’è vero che ancora oggi lo stiamo rincorrendo.
Per quelle Forze Armate europee, non so perché, mi sarebbe piaciuta l’adozione di un certo motto: sì, proprio “Una Acies”.

Gianni Marizza

venerdì 11 dicembre 2009

Ciao Marco


Ieri sera, alle 2100, in Cagliari, Ospedale Brotzu, è deceduto Marco Maltesi. Combatteva da soli due mesi contro un tumore cerebrale che lo ha tolto alla Famiglia ed a noi.
I funerali saranno celebrati sabato 12 dicembre , alle ore 1530, presso la Basilica di Nostra Signora di Bonaria in Cagliari.
Le espressioni di cordoglio potranno essere inviate alla Famiglia che risiede in VIA TIZIANO VECELLIO , 63 09045 QUARTU S. ELENA ( CA ).

Ho letto la notizia tra quelle di routine del mio lavoro: non mi crederete, Amici cari, ma non sono riuscito, né vi riesco a distanza di qualche ora, a commuovermi o a provare dolore. Che strana sensazione, però, questo senso di vuoto che mi ha attanagliato da quel momento e che, forse, e me lo auguro, mi consentirà, quasi in catarsi, di rendermi umanamente partecipe di una così grande tragedia!
Non è il momento di fare panegirici di Marco, amico buono di tutti, generoso ed altruista, professionista serio, uomo di sani ed integerrimi principi, marito e genitore esemplare.
Nel ricordarLo a Tutti Voi, affido alla mia preghiera la Strada che Egli ha tracciato, invitandoVi a fermarVi per un solo attimo per fare altrettanto; Vi accorgerete che di Lui ognuno, ancorchè non Carabiniere, serberà l’immagine scherzosa di un ventenne sereno, dotato di un senso pratico della vita che Lo portava, sdrammatizzando tutto, a diffondere tranquillità anche nelle più concitate occasioni della vita accademica.
Ora Marco non ha più bisogno degli Uomini; siamo noi a chiederGli di ricordarsi di tutto il 150° e, magari, di esibirsi ancora una volta, se Lassù vi sono delle porte, nella prova della “ Testata” :qualcuno in Accademia sta ancora chiedendosi il perché di talune lesioni nei battenti , vinti dalla “ sardità “ di un meraviglioso, sfortunato Amico.
Ai Familiari sentimenti vivissimi di condivisione del Loro dolore. Il nostro abbraccio sia corale e partecipe al pari dell’affetto che Marco riservava a ciascun appartenente al 150° .

Riposi nella Pace e si ricordi di tutti Noi !

Vi abbraccio, senza lacrime ancora ma con una tristezza che mi pervade sempre più
Carlo Minchiotti

sabato 5 dicembre 2009

"UNA ACIES" ........... parte seconda .




Leonardo Leso ha replicato alle considerazioni espresse sul suo scritto iniziale sull'argomento "Una Acies" con altre e più approfondite valutazioni che denotano e ribadiscono la sua indiscussa e profonda sensibilità in una materia che ci ha accompagnato per tutta la nostra vita professionale.
Dal momento che quanto precisato da Leonardo è decisamente meritevole di ulteriori approfondimenti da parte di tutti, abbiamo deciso di dedicargli un post a se stante, proprio per favorire l'nserimento del maggior numero possibile di commenti.





Caro Suffoletta
intanto ciao. Spero tu stia bene ed altrettanto i tuoi cari. Ti rispondo con un pò di ritardo da New York, dove sono da circa due mesi e dove, salvo contrordini, dovrei restare per un paio di anni. Premesso questo, ti dico subito che proprio il tenore del tuo intervento è la conferma che il problema che intendevo stigmatizzare c’è e come, soprattutto se si parte da presupposti secondo me sbagliati a cominciare da quelli “storici”.
L’Arma dei Carabinieri non è mai stata “onnipotente”, meno che mai adesso: alcuni suoi compiti nel tempo si sono ridotti, altri sono addirittura scomparsi (ad esempio il servizio traduzioni detenuti è passato alla Polizia Penitenziaria, ma anche altri prima esclusivi ora sono condivisi con altre F.P., come gli importanti servizi di polizia giudiziaria). In pari misura sono diminuite e stanno costantemente diminuendo le nostre disponibilità organiche in proporzione alla contrazione delle risorse, all’aumento della popolazione e a quello di altre F.P. Devi considerare che i nostri numeri sono più o meno gli stessi da circa 20 anni e che, dall’unità d’Italia in poi, siamo l’unica forza di polizia presente su tutto il territorio nazionale e, per qualche anno, sia stati anche l’unica in senso assoluto.
Convengo con te che la visibilità mediatica nella cronaca quotidiana da molti può essere considerata un “vantaggio sociale”, ma ciò è riconducibile alle particolari funzioni, non a chi le svolge.
Invece non condivido affatto le tue considerazioni sugli ufficiali dell’Arma che mi sembrano generalizzare in modo arbitrario ed ingiusto un giudizio del tutto personale e soggettivo. In ogni caso credo che tu sappia come me che l’arroganza e l’imbecillità (appunto umane) albergano un pò ovunque in abbondanza, quindi non mi meraviglio che tu possa averle riscontrate anche tra i CC. Il distacco dall’Esercito, per quanto ne so, non è avvenuto per la semplice volontà dei “vertici dell’Arma”. Un provvedimento di tale portata è stato il risultato di un processo lungo e molto travagliato, in cui sono intervenuti diversi fattori funzionali ed organizzativi, ma anche politici e soprattutto economici e finanziari. Un Comandante Generale, Federici, un gran Soldato, me ne parlò addirittura nel 1996, mentre comandavo il 1º Rgt. CC paracadutisti “Tuscania”, come sai allora inquadrato nella “Folgore”. Mi disse che la separazione era da lui considerata quasi inevitabile e, a quel punto, anche auspicabile. La notizia allora mi preoccupò e mi dispiacque. Il provvedimento divenne poi veramente indispensabile l’anno successivo, nel 1997, a seguito dell’approvazione della legge sul riordino degli alti vertici delle F.A. che assegnava il loro comando operativo al Capo di SMD ma, soprattutto, unificava i bilanci delle tre F.A., rendendo quindi inevitabile che i CC – che allora costituivano una parte seppure autonoma del bilancio dell’EI – facessero capo direttamente alla Difesa. Aggiungo infine che sin dal 1989 (anno della caduta del muro e della presunta fine della guerra…) lo SME, probabilmente per motivi di bilancio e appunto “difensivi”, aveva depennato da qualsiasi pianificazione operativa i reparti CC, anche quelli inquadrati nelle proprie G.U. (1º paracadutisti, 7º e 13º CC che assieme ad unità di cavalleria costituivano i GED rispettivamente del 4º e del 5º C.A.). Il cosiddetto “distacco” è poi avvenuto ben 11 anni dopo, nel 2000, su proposta di un altro grande Comandante Generale proveniente dall’Esercito, il Generale Siracusa. Purtroppo il provvedimento fu preceduto e seguito da un corollario di polemiche che, tra l’altro, videro l’allora Capo di SME reagire male ad alcune infelici dichiarazioni della nostra rappresentanza, tanto da fargli dimenticare di emanare anche solo un semplice ordine del giorno per salutare un’Arma che era stata parte importante dell’Esercito per ben 186 anni.

Malgrado questo, dal 2000 ad oggi, di strada insieme ne abbiamo fatta ancora tanta, soprattutto nelle missioni all’estero, ciascuno con le proprie peculiari capacità ed ancora qualche invidiuzza, sempre brillantemente superata sul campo.
I CC – come avrai notato – non hanno sostituito l’Esercito e, anzi, mi sembra sia avvenuto piuttosto il contrario, almeno per il concorso dato dai soldati all’ordine pubblico. L’Esercito, passato in corsa dalla leva ai volontari, non poteva che diminuire in termini numerici, ma è cresciuto enormemente sotto il profilo professionale ed ha ritrovato un proprio ruolo ed un prestigio che aveva ingiustamente ma inevitabilmente perso con il disastroso esito della 2^ GM.
Oggi l’Arma viene alimentata in via quasi esclusiva da personale proveniente dell’Esercito che, a sua volta, può contare su volontari attratti anche dalla prospettiva di continuare la carriera nelle fila dell’Arma, in una simbiosi obbligata che di fatto mantiene e rafforza i legami tra due Istituzioni, a cui fanno capo la difesa e la sicurezza del nostro Paese. La cultura interforze è ormai diventata il presupposto e la condizione imprescindibile di ogni pur minima operazione militare. Perché quindi noi, che abbiamo ancora la fortuna ed il privilegio di nascere insieme come ufficiali dell’Esercito e dei Carabinieri a Modena (tra l’altro con notevoli ed imprescindibili economie per entrambi rispetto ad un’eventuale duplicazione), dovremmo gettare alle ortiche questa grande opportunità e con essa le nostre comuni radici e tradizioni, proprio il collante più forte di ogni compagine militare, in nome del solito distruttivo spirito di bottega?
Noi siamo un Corso che ha un gran nome ed è iniziato nel 1968 in piena controtendenza ideologica. Cerchiamo quindi di continuare ad essere intelligenti, stiamo insieme e trasmettiamo questo valore ai giovani, anche nel ricordo della medaglia d’oro del nostro Corso, Emanuele Basile, e dei molti altri Soldati e Carabinieri che spesso insieme si sono sacrificati in pace e in guerra.
Un abbraccio a te Zuff ed a tutti.
Leonardo

P.S. Ettore carissimo, se mi leggi, non cercare di dare ragione a tutti, si va più d’accordo se prima litighiamo…e quindi non mi rompere le palle con strazianti addii prematuri e nostri accostamenti ad altri che non fanno neanche parte delle Forze Armate….
A parte gli scherzi ti voglio sempre bene
Leonardo

mercoledì 2 dicembre 2009

Vito e Giovanni ci propongono i libri da trovare "sotto l'Albero"

Il flusso dei ricordi riaffiora, come un incanto dell'anima, nelle storie di Vito, che sono la "sua storia". Pennellate di immagini, sentimenti, passioni, scorrono sulle pagine e ci riportano a un mondo che potrebbe apparire lontano, desueto.
In realtà, Di Ventura, ci riporta a una comune origine: una melodia di suoni, sapori, odori, propri di un Sud in cui il mare è vissuto come elemento dominante.
Testimone fedele del passaggio dal mondo di ieri al caotico odierno divenire. E' sorprendente scoprire in ognuno di noi, una storia bagnata di salsedine.

Pagine : 232
Prezzo : 18 €.
Editore : Herald Editore - Via Guido Zanobini 37, 00175 Roma
Tel. 0697279154 - Fax 06 9727919 - www.heraldeditore.it



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Giovanni Marizza:L'Iraq dalla A alla Z.

Prezzo: € 22.50
Numero pagine: 478

http://www.ilfiloonline.it/shop/product_info.php?products_id=3109


(Q.d.B)


Almanacco Storico

Fatti e protagonisti della storia militare nazionale
Dicembre

1. Conquista della ridotta di Santa Maria, Alto Isonzo, 1915 (26° Reggimento Fanteria).
2. 4a battaglia dell’Isonzo (fine), fronte isontino, 1915 (Gen. Luigi Cadorna).
2. Difesa dei capisaldi di Bir el Gobi, Marmarica, 1941 (Unità della Divisione “Savona”).
4. 1a battaglia del Piave o battaglia d’arresto (inizio 2a fase), 1917 (Gen. Armando Diaz).
4. Occupazione dell’oasi di Ain Zara, Tripolitania, 1911 (Gen. Pietro Frugoni).
7. Combattimento dell’Amba Alagi, Abissinia, 1895 (Magg. Pietro Toselli).
8. 1a offensiva italiana in Grecia (fine), 1940 (Gen. Sebastiano Visconti Prasca).
8. Attacco di “maiali” della X Flottiglia MAS contro Gibilterra, 1942 (T.V. Licio Visintini –
Serg. pal. Giovanni Magro
, G.M. Girolamo Varisco – Serg. pal. Dino Varini, S.Ten. A.N. Vittorio Cella – Serg. pal. Salvatore Leone).
8. 1a battaglia di Monte Lungo, Mignano (CE), 1943 (Gen. Vincenzo Dapino).
10. Combattimento di Shebb, Tripolitania interna, 1913 (Ten. Col. Miani).
11. Occupazione dell’oasi di Tagiura, Tripolitania, 1911 (Gen. Pietro Frugoni).
11. Battaglia difensiva del Don (inizio), fronte russo, 1942 (Gen. Italo Gariboldi).
11. a difesa di Werch Mamon, fiume Don, fronte russo, 1942 (Gen. Edoardo Nebbia).
12. Attacco di “maiali” e di “gamma” della X Flottiglia MAS contro Algeri, 1942 (T.V. Giorgio Badessi – S.C. pal. Carlo Pesel, Ten. G.N. Guido Arena – S.C. pal. Ferdinando Cocchi, G.M. Giorgio Reggioli – S.C. pal. Colombo Pamolli e 10 operatori subacquei).
13. Combattimento di Schida, Tripolitania interna, 1913 (Ten. Col. Miani).
14. Costituzione del Corpo di Amministrazione, Torino, 1856.
14. Difesa del Monte Grappa, 1917 (Gen. Nicolis Di Robilant).
14. Attacco di barchini esplosivi della X Flottiglia MAS contro il porto di Bona, Tunisia, 1942 (C.C. Salvatore Todaro, T.V. Corrado Dequal, T.V. Ongarillo Ungarelli e 3 “gamma”).
16. 2a battaglia e conquista di Monte Lungo, Mignano (CE), 1943 (Gen. Vincenzo Dapino).
17. 1a battaglia navale della Sirte, Canale di Sicilia, 1941 (Amm. Angelo Iachino).
18. Resistenza all’Osteria del Lepre, Monte Grappa, 1917 (240° Reggimento Fanteria).
19. Attacco di “maiali” della X Flottiglia MAS contro Alessandria, 1941 (T.V. Luigi Durand de La Penne – C. pal. Emilio Bianchi, Cap. G.N. Antonio Marceglia – S.C. pal. Spartaco Shergat, Cap. A.N. Vincenzo Martellotta – C. pal. Mario Marino).
19. Manovra in ritirata (inizio) dell’8a Armata, fronte russo, 1942 (Gen. Italo Gariboldi).
21. Combattimento di Agordat, Abissinia, 1893 (Col. Giuseppe Arimondi).
24. Combattimento di Maharuga, Tripolitania interna, 1913 (Ten. Col. Miani).
25. 1a battaglia del Piave o battaglia d’arresto (fine 2a fase), 1917 (Gen. Armando Diaz).
25. Battaglia di Natale (inizio), fronte russo, 1941 (Gen. Giovanni Messe).
27. Combattimento di Uadi Derna, Cirenaica, 1911 (Gen. Francesco Del Buono).
30. Battaglia di Natale (fine), fronte russo, 1941 Gen. Giovanni Messe).




Con la pubblicazione della sua dodicesima edizione, l'Almanacco Storico del nostro Blog ha esaurito la sua funzione.
Dobbiamo tutti essere grati ad Alfonso che, con la passione, la competenza, l'umiltà e la dedizione che lo contraddistinguono, ha saputo e voluto regalarci queste belle pagine per non farci dimenticare le date salienti della nostra storia militare.
Grazie ancora, carissimo Alfonso; ma non cullarti troppo sugli allori perché aspettiamo di leggere qualcuno dei tuoi saggi storici!

(Q.d.B.)

domenica 29 novembre 2009

Foto Torino e C.T.A

B E L L I S S I M A !!! (2)
Chi si riconosce in queste ?




(Cliccaci sopra per ingrandirla)

Chissà quante ne avete anche Voi di così belle .
Mandatecele .
(Q.d.B.)








martedì 24 novembre 2009

"Panem et circenses".

Il Romano antico che avesse avuto ambizioni di percorrere il cursus honorum non poteva esimersi dall’offrire ai suoi gaudenti e sfaticati concittadini spettacoli ludici per accaparrarsene i voti; si ricorreva agli spettacoli anche per celebrare vittorie militari di una certa rilevanza; e così facevano taluni Imperatori per far dimenticare ai cives che erano diventati “sudditi”.

Anfiteatri, circhi e teatri facevano bella mostra di sé, per soddisfare i raffinati gusti di quel populus che, a differenza dei suoi trucidi discendenti, non si limitava a riempire la curva Nord o quella Sud, bensì dimostrava appassionata competenza.

Man mano che il gagliardo “spirito repubblicano” si afflosciava –vuoi perché le guerre le facevano gli altri, vuoi perché era diventato noioso essere sempre seri- il popolo cominciò a pensare che uno stomaco sufficientemente pieno abbinato a giornate e mesi passati a divertirsi potevano essere, tutto sommato, un accettabile palliativo per la perdita della libertà o per la mancanza di lavoro.

Panem et circenses divenne quindi la panacea di una società totalmente diversa da quella che aveva fatto grande Roma, nonché l’espediente cui era facile ricorrere in caso di difficoltà.

Se per il pane provvedevano i fornai, ai circenses ci pensava una figura mitica nella Roma imperiale: il procurator.

Era, costui, un funzionario che provvedeva a rendere noti il motivo e la durata degli spettacoli o dei munera (con nomi e specializzazione dei gladiatori), eventuali altre “offerte” inserite nel “pacchetto” e connesse con le disponibilità di chi offriva; il tutto, rigorosamente inciso sui muri!

Questo salto nella Roma antica mi è servito per vedere se esistono analogie con quanto stiamo vivendo noi ai nostri giorni.

Oggi, sui muri, si scrivono altre amenità che attengono prevalentemente alla sfera sessuale o a quella sportiva dello scrittore e che, quasi mai, assurgono a livelli di decenza. Oggi, se si vuole lanciare messaggi, fare proseliti, insultare qualcuno, propagandare qualcosa basta ricorrere alla televisione, questa subdola e perfida imbonitrice che si insinua nelle menti di chi ascolta, abbonandogli anche la fatica di leggere.

Forse, non è tanto corretto parlare di panem, anche perché questo nobile alimento che ha provveduto a sfamare l’umanità per millenni è sempre più sostituito da altri che millantano chissà quali virtù dietetiche; io parlerei piuttosto di un qualcosa di immateriale come può essere il continuo ed assillante ricorso alla diffusione di determinate notizie, specie quando queste servono ad alleviare tensioni o a ridimensionare malcontenti o a spostare l’attenzione su cose decisamente più leggere. Se vogliamo, possiamo pure azzardarci a parlare di lavaggio del cervello.

I TG brulicano di “buone notizie” circa la salute della nostra economia, sull’attivismo governativo in ogni settore del Paese, sulla “tenuta” della maggioranza, sul beneficio per tutti della promulgazione di leggi che invece paiono essere solo per pochi intimi, sulla “bontà” delle banche nostrane, sul fatto che usciremo meglio e prima di tutti dalla crisi, sulle sfilate di moda, su......su una miriade di cose che, a forza di essere ripetute, finiscono per convincere lo spettatore generico medio che, alla fin fine, siamo stati proprio fortunati! Persino le batoste della Nazionale di rugby vengono proposte come successi, ancorché morali, nell’ottica del famoso aforisma romanesco :”m’ha menato ma sapessi quante jienò dette!”

Poi arrivano gli spettacoli che non saranno cruenti come quelli antichi ma sono di una pochezza di contenuti da far accapponare la pelle ad un coccodrillo. In un turbinio di “case”, di “isole”, di “amici”, di “domeniche” più o meno buone, di varietà che sono un monumento alla volgarità, alla rissosità ed all’insipienza, il cervello di quello spettatore generico medio (che poi deve essere pure in buona compagnia, stando agli indici di ascolto) è destinato ad un progressivo ed inarrestabile annichilimento che lo porterà al rimbambimento totale.

Non meravigliamoci, quindi, se il popolo italiano si preoccupa solo di telefonini, se ha il più alto grado di ignoranza del mondo civile, se si riempie di debiti per andare in vacanza o per frequentare una palestra o per rifarsi una tetta, se ha i suoi modelli di vita nelle “veline”o nei “calciatori”, se preferisce distruggersi nelle discoteche o nei rav-party.

Sono cambiati o meglio, sono mutati il panem e i circenses ma temo che il risultato sia anche peggiore.

Pensate che dietro tutto questo ci sia un procurator, magari anche due?!

Ciao a tutti,

Ettore.






Il nostro amico Sulmonese , dopo aver letto questo articolo dal Corriere della sera, ci ha richiesto di inserirlo sul blog, per vivacizzare, se mai ce ne fosse bisogno, la discussione.



"Polonia: presentata una legge per mettere al bando tutti i simboli del comunismo
Chiunque li utilizza o ne è in possesso potrebbe rischiare fino a 2 anni di carcere
"


Cosa ne pensate ??



(Q.d.B.)

martedì 17 novembre 2009

C'è ancora una "Una Acies" ???

Pubblichiamo integralmente la lettera di L. Leso, dalla quale Ettore ha preso spunto per "lanciare" la discussione:


Cari Amici e Colleghi
Carabinieri compresi? Ci dovremmo essere anche noi? Vorrei farvi considerare che l'Arma nel 2014 compie due secoli e ancora oggi i suoi ufficiali, prima provenienti dalle fila dell'Esercito, nascono a Modena insieme ai colleghi delle varie armi e servizi appunto dell'Esercito. Sembra, invece, che negli ultimi anni qualcuno di entrambe le istituzioni abbia fatto di tutto per ignorare questa realta' e per sottolineare le differenze e le divisioni. Vi cito solo a titolo di esempio una delle piu' recenti infelici iniziative che, secondo me, vanno in questa direzione. Lo sapevate che il Capocorso non puo' piu' essere un Allievo Ufficiale dei CC, come successo talvolta in passato senza alcuno scandalo. Il motivo, almeno ufficiale, sembra consista nel fatto che, essendo anche l'alfiere della Bandiera dell'Accademia, non potrebbe piu' portare legittimamente il drappo perche' esclusivo dell'Esercito. Come se questo non fosse la Bandiera dell'Istituto e quindi di tutti gli allievi,almeno italiani... Per parte mia sono felicissimo di aderire all'iniziativa, ma sarei ancora piu' contento se potessi constatare la fine di questi distinguo e sentirmi parte di tradizioni condivise. Scusate ma credo che l'Esercito dovrebbe essere fiero di aver inquadrato per tanti tanti anni l'Arma, cosi' come questa dovrebbe essere orgogliosa di avere fatto parte dell'Esercito...Scusate ma credo sia importante per noi tutti ex allievi dell'Accademia affrontare questo argomento per risolverlo insieme una volta per tutte...poi ben venga qualsiasi iniziativa comune.
un saluto caro
Leonardo Leso






A corollario della sua risposta positiva alla richiesta di adesione per la realizzazione di un Monumento all'Esercito italiano, uno dei nostri Carabinieri, Leonardo Leso, fa queste riflessioni, in merito ai problemi di relazione che da sempre caratterizzano i rapporti EI-CC.
Queste riflessioni sono drammaticamente vere perché investono la vita, la passione, l'anima di generazioni di Ufficiali che, per il solo fatto di aver trascorso due anni insieme, hanno stabilito legami di affetto e di stima reciproci che noi tutti abbiamo potuto verificare essere reali, solo un anno fa.
Ed invece sembra che, ora, il CapoCorso di un Corso d'Accademia possa essere solo un Allievo delle Varie Armi perché è l'unico "legittimato" ad essere Alfiere di una Bandiera che è ritenuta "esclusiva" dell'Esercito.

Dove va a finire il significato più sublime di quella ">Acies , una volta “meravigliosa”, che ci ha unito e che ci unisce ancora?
Ettore.



.. e fatto un viso ancor più serio, esclamò : - il 15 d'ottobre 1627 ! Sicuro; è dell'anno passato : grida fresca , son quelle che fan più paura.

Sabato scorso Ettore mi aveva segnalato un editoriale di Sergio Romano, apparso sul Corriere della sera, dal titolo “Riforme piccole (e sbagliate)” chiedendomi un parere tecnico.
Sergio Romano può definirsi un anziano diplomatico conservatore che ama scrivere e che, per esperienza, cultura, acutezza e brillantezza intellettiva, non è mai banale o fazioso.
Per chi non lo avesse letto, in questo editoriale, pubblicato il 14 novembre, egli stigmatizza la carenza delle riforme sulla giustizia emanate dai due governi Berlusconi perché motivate, soprattutto, dal desiderio di risolvere i problemi personali del premier e perché elaborate da avvocati investiti di funzione pubblica ma al servizio privato dello stesso premier.
Ciò non di meno, secondo l’editorialista, l’obbligatorietà dell’azione penale è un alibi per porre alla ribalta procuratori con ambizioni politiche; il Consiglio superiore della magistratura è un parlamento in cui sono rappresentate correnti ideologiche; l’Associazione nazionale magistrati agisce come una lobby per condizionare l’attività del parlamento; la lungaggine dei processi procura danni irreparabili anche all’economia nazionale.
Per questo, sempre a parere di Romano, la riforma della giustizia va fatta prima di qualsiasi altra riforma. Personalmente, non condivido quest’ultima considerazione e cercherò, nella maniera più stringata possibile, di spiegarne i motivi.
E’ vero che il Consiglio superiore è un parlamento ma se si considera che esso dovrebbe avere essenzialmente una funzione di controllo, ritengo giusto che sia così perché in questo modo contiene, in maniera proporzionale, rappresentanti delle varie ideologie liberamente scelte dagli elettori. L’alternativa dovrebbe essere che la nomina venga fatta esclusivamente dai magistrati, con l’assurdo che i controllori sarebbero gli stessi controllati, o da chi governa, con la realizzazione di una fusione fra organo esecutivo e organo giudiziario riscontrabile solo nei paesi comunisti. Il problema non è nella formazione del Consiglio ma nella capacità professionale e caratteriale degli uomini che lo compongono e, purtroppo, nelle pubbliche istituzioni si ha la tendenza a scegliere chi crea meno problemi piuttosto che l’innovatore super attivo capace, anche, di creare problemi .
E’ vero che l’associazione nazionale magistrati è un organo sindacale ma non esistono elementi per poter dire che sino ad ora essa abbia condizionato il Parlamento. Certamente interviene in tutte le norme che la riguardano ma il legislatore e l’esecutivo sono sempre andati avanti per la loro strada senza farsi intimorire. Hanno fatto molto più danni i sindacati di sinistra quando hanno costretto il Parlamento ad emettere le norme dello Statuto dei lavoratori per le quali il dipendente, anche se assenteista incapace, è diventato illicenziabile.
Sulla separazione delle carriere, i miei colleghi penalisti sono molto divisi fra loro ma non lo ritengono un fatto di primaria importanza. Inoltre, il protagonismo dimostrato da molti procuratori, seppure deprecabile e deleterio, non ha portato alla introduzione di processi infondati e l’azione penale si è sempre fondata su consistenti elementi fattuali e di diritto; tutti i processi di tangentopoli e quelli che riguardano le aziende del premier sono partiti da elementi oggettivamente esistenti.
La questione più importate resta, quindi, la lungaggine dei processi che, per la mia esperienza, ritengo determinata dai seguenti fattori:
a) Norme procedurali esistenti;
b) Scarso tempo lavorativo messo a disposizione dei magistrati nelle aule del tribunale;
c) Tendenza, da parte di molti avvocati, a chiedere rinvii.
Chi decide le norme che regolano i processi civili e penali è il legislatore e non la magistratura e le riforme presentate in questi ultimi anni, con particolare riferimento a quelle presentate dal centro destra, sono state contraddittorie e di difficile applicazione. In una situazione simile è facile per chi governa il processo, cioè il giudice, interpretare in maniera del tutto personalistica. Vi porto come esempio la procedura relativa al diritto societario nella quale sono state inserite le cause che i risparmiatori fanno contro le banche. Negli ultimi cinque anni, questa ha subito tre trasformazioni passando da un regime ordinario ad uno straordinario (simile al processo del lavoro) per ritornare, dal luglio scorso, al regime ordinario; il risultato è stato che tutti i processi incardinati a Parma (per la Parmalat) sono favorevoli al risparmiatore perché la lentezza di quell’ufficio ha fatto sì che si applicasse il regime ordinario; in sezioni veloci, come quella di Milano, si è applicato il regime straordinario che, per le preclusioni sui mezzi istruttori, ha avvantaggiato le banche.
Sempre a mio avviso, una riforma procedurale dovrebbe avere come fine principale la regolazione dei termini fra le varie fasi del processo imponendo, coercitivamente, al giudice, quale organo fondamentale, il rispetto di detto termine.. Un processo lungo danneggia sia le parti processuali che le casse dello Stato e la coercibilità a carico del giudice potrebbe consistere nella possibilità reale, per il danneggiato che ne ha interesse, di richiedere un congruo risarcimento. La relativa azione dovrebbe essere sottoposta al giudizio di un giudice speciale operante al di fuori del distretto presso cui lavora il giudice responsabile.
Un iter simile non ha bisogno di grandi riforme istituzionali ma solo di una semplice legge ordinaria e sono i legislatori, non i giudici, che dovrebbero pensarci.
Ho sempre detto che la maggior parte dei giudici che ho professionalmente conosciuto è formata da gente onesta e molto preparata ma non posso negare che tutti passano in tribunale un numero limitatissimo di ore. Dalle h. 14,00 le aule sono pressoché deserte e se si tenessero udienze anche di pomeriggio, i tempi di un processo sarebbero dimezzati. Sotto questo aspetto è più verosimile parlare di lobby perché chi ha la mansione di presidente della sede, e quindi chi ha il potere di disporre e controllare il funzionamento della sede stessa, è un giudice che precedentemente si è sempre comportato alla stessa maniera dei suoi subordinati.
Anche la condotta degli avvocati non è immune da critiche perché spesso e volentieri vengono chiesti rinvii non suffragati da un reale interesse per il cliente e un processo lungo dà la possibilità di emettere parcelle di importo superiore.
A mio avviso, quindi, la riforma della giustizia può essere fatta prendendosi tutto il tempo necessario per partorire norme adeguate ma non deve essere anteposta a problemi molto più seri quali la disoccupazione, il precariato e la corruzione che non è diminuita dopo tangentopoli perché gli effetti di queste sono molto più destabilizzanti di un eventuale processo al nostro premier.
Alla prossima
Francesco

domenica 15 novembre 2009







ahoo !!!




E' mai possibile che non avete nessuna foto scattata alla Scuola di Applicazione e al C.T.A.???

Voi Artiglieri e Trasmettitori sbrigatevi a mandarle perchè dobbiamo iniziare ad impostare l'album a ricordo del 40° della Stelletta .


Guardatevi queste :



I Tassinari

I genieri

Schettino è quello che ce l'ha più lungo !
(Indovinello : Chi è quello che ce l'ha più lungo ?)

(Quelli del Blog)


sabato 14 novembre 2009

Speranza ed illusione.

L’articolo su Obama mi ha portato a leggere altri articoli riportati sull’Occidente con il risultato che, ad un primo impulso di intolleranza, è subentrata una sensazione di estremo disagio. Nel nostro blog ho affrontato questioni inerenti la nostra economia e la nostra società con l’intima convinzione di esprimere concetti formatisi “sul campo” ma devo convenire che ogni valutazione, anche quando si basi su elementi oggettivi, non è mai immune dalle proprie simpatie o antipatie. Ecco il perché del disagio; se tutti quelli che vedono le cose con un’ottica diversa dalla mia provano la stessa repulsione che io ho provato nel leggere quegli articoli, ci potrà mai essere confronto?
Ho quindi provato un po’ di rammarico per aver tacciato di faziosità Gianni Marizza e, con la speranza di riuscire ad eliminare quella negatività non condivisa dalla maggior parte degli italiani che esprimono un voto diverso dal mio, ho messo da parte la figura del premier (maggiore responsabile delle mie interiori intolleranze) e ho cercato di guardare solamente ciò che di positivo ha fatto il governo. Volutamente ho limitato l’analisi alle questioni che toccano il portafoglio degli italiani tralasciando ogni aspetto inerente i principi, la democraticità o le prospettive a medio lungo termine.
La mia speranza ha incominciato a tramutarsi in contentezza quando mi è venuto in mente il provvedimento che ha istituito i Buoni Lavoro perché nessuno aveva mai pensato ad uno strumento simile per combattere il lavoro nero; la legge sui mutui è stata propagandata in maniera diversa dalla realtà ma, in ogni caso, permette al contraente più debole (il cittadino mutuatario) di modificare, a proprio favore, gli accordi iniziali; si spacciano come dati attuali alcuni indici che sono solo previsionali ma l’attuale finanziaria non sembra appesantire la soglia impositiva e il ministro delle finanze sembra avere le idee chiare sul bilancio dello Stato.
Poi ho incominciato a sentire tutti i politici della maggioranza parlare della necessità, “per gli italiani” di ridurre i tempi del processo e della innovativa legge che avrebbero escogitato per assolvere a questo primario bisogno.
Io seguo essenzialmente processi civili ma, al momento, ho tre procedimenti penali per gravi lesioni determinate dal non rispetto della normativa sulla sicurezza. In due di questi, imputati sono piccoli imprenditori che per questioni economiche non avevano rispettato la legge e le relative cause si protraggono da circa due anni per cavilli procedurali da me avanzati. La terza vede come imputato un ufficiale dell’esercito che non ha mai avuto alcun rapporto funzionale con la caserma dove è avvenuto il fatto e la cui causa è stata assegnata ad un giudice preparatissimo e ligio il quale ha ridotto l’istruttoria e la decisione nell’arco di sei mesi.
Con l’innovativo provvedimento della maggioranza i miei due imputati colpevoli saranno prosciolti per estinzione del processo mentre il mio amico ufficiale, assolutamente non responsabile, subirà il processo e rischia una assurda condanna.
In sostanza, allo scopo di proteggere un solo uomo, la maggioranza sta emettendo un provvedimento che premierà tutti coloro che dovranno essere giudicati da uffici giudiziari mal funzionanti.
Ecco che la mia speranza si è tramutata in mera illusione.
Vi abbraccio
Francesco

lunedì 9 novembre 2009

Quel simbolo .

Per non sentire le idiozie che normalmente vengono dette in quindici minuti , durante l’intervallo tra il primo ed il secondo tempo della rocambolesca trasferta ucraina, mi sono messo a fare un giro di canali, giusto per vedere cosa passava il convento.

Mi sono così imbattuto in uno di quei film di Peppone e Don Camillo che avremo visto tra le due e le tremila volte, proprio quando c’era la scena dell’eventuale abbattimento dell’edicola sacra; quando cioè neppure il più “trinariciuto tra i trinariciuti” ha avuto il coraggio di prendere a picconate quei pochi mattoni che si reggevano a malapena in piedi ma che racchiudevano l’immagine sbiadita della Tradizione (non solo quella legata alla Fede, si badi bene), quella a cui anche la più proterva della logiche di partito si dovette inchinare.

Ed allora, è stato naturale fare un parallelismo con la recente sentenza della “Corte europea per i diritti dell’uomo”, quella per intenderci che vorrebbe “imporre” all’Italia il divieto di esporre il Crocefisso nelle aule scolastiche, in nome di un fantomatico “rispetto” di chi non la pensa in quel modo.

Scusatemi: io sarò pure ignorante ma a chi invece la pensa in quel modo chi glielo garantisce il “rispetto”?!

Non credo che agli albori del terzo millennio si possa e si debba ragionare come ai tempi dell’ Inquisizione, però mi sembra che ora le cose si siano ribaltate; ora mi sembra che con questa litania del “rispetto delle minoranze” si stia un tantino esagerando; ora mi sembra che, in nome di un “diritto individuale” (chissà perché non si parla mai di “doveri”?!), si stia permettendo di prendere a picconate i pilastri portanti dell’ identità di un’intera Nazione.

Non mi risulta che nessun popolo possa essere obbligato a dare un colpo di spugna su quello in cui crede o che almeno rispetta per fare piacere ad una percentuale infinitesima che non la pensa nello stesso modo; se così fosse, si ribalterebbero gli stessi principi fondanti di ogni democrazia.

Ma dirò di più: si instaurerebbe una versione moderna di colonialismo, ancor più devastante di quello che è stato mandato in soffitta nell’ultima metà del secondo millennio, in quanto mascherato da ipocrita appiattimento su teoremi che non sono accettati da tutti.

Spiegatemi voi perché si devono esecrare il Conquistadores che cancellarono ogni cultura nelle Americhe centrale e meridionale, o i coloni che fecero altrettanto in quella del Nord, o quanti si adoperarono in tal senso in Africa ed invece accettare un comportamento similare ai nostri giorni; l’unica differenza sta nel metodo: non più a botte di massacri ma con una semplice sentenza.

E’ pur vero che, già da tempo e grazie al nostro atavico provincialismo, abbiamo abdicato a molte forme della nostra cultura e della nostra tradizione; abbiamo mandato in soffitta la cara Befana per sostituirla con un simpatico vecchietto dalla lunga barba bianca che si sposta su una slitta trainata da renne ( come noto, entrambe “tipiche” ed usuali in Italia!); abbiamo seppellito la “melodia” con gli urlacci, tutti rigorosamente non italiano; parliamo per acronimi o con frasi di un’altra lingua, facendo rivoltare nella tomba i Dante ed i Manzoni; scimmiottiamo quello che non siamo né potremmo mai essere (Halloween compreso), come ben ci ha insegnato l’indimenticato Alberto Sordi.

Ma se tutto questo attiene essenzialmente alla sfera del consumismo più becero, quella del Crocefisso è tutt’altra storia, nel senso che si tratta di materia talmente personale, talmente intima, talmente sublimante che nessuna sentenza di nessun tribunale al mondo può togliere ad un popolo che, in quel Simbolo, in qualche misura si riconosce.

Se così non fosse, allora ci resterebbe solo l’amara e terrificante considerazione del Cardinale Bertone: una zucca, una inutile, vuota zucca.

Ciao a tutti, Ettore.

giovedì 5 novembre 2009

Voglia il Cielo scusarci se proviamo a fare del bene, qui in Terra.


I delitti sono proporzionati alla purezza della coscienza, e quello che per certi cuori è appena un errore, per alcune anime candide assume le proporzioni di un delitto (Honoré de Balzac).

Ho scelto volutamente questo aforisma del grande scrittore del Verismo francese non certo per far sfoggio di conoscenza, quanto perché l’affermazione è funzionale al modesto ragionamento che vorrei fare sul significato di “coscienza” , individuale e collettiva, ai nostri giorni ed in determinate aree del Paese.

Lo spunto mi viene da due recenti fatti che definire atrocemente inumani sarebbe solo un pietoso eufemismo: il suonatore ambulante che muore in una stazione ferroviaria ed il camorrista assassinato davanti ad un negozio in pieno giorno.

Entrambi nell’indifferenza più totale della gente, entrambi a Napoli.

Si è trattato di due episodi che mi hanno profondamente colpito, non tanto e non solo perché ritenevo che la pietà fosse ancora un sentimento diffuso nei cuori italici, ma anche perché non pensavo che potesse essere stata sostituita dall’indifferenza più assoluta.

Le grida di quella donna che chiede aiuto per il marito morente e che rimbombano inascoltate sono la testimonianza dello stato di durezza dell’animo di tutti i presenti, i quali, magari, si definiscono pure “brave persone”; così come quella donna che scavalca per ben due volte l’uomo colpito che giace a terra e per la quale riesce difficile trovare aggettivi che possano essere attribuiti al genere umano.

La cosa assume una dimensione ancor più agghiacciante se rapportata allo stereotipo del Napoletano Generico Medio: tutto mare e luna, che chiama i figli piezz’e core, che cadenza il suo tempo sul giorno del miracolo di San Gennaro e che ha elevato a ragion d’essere l’ammore!

Non so cosa mi diranno Giggione e Francesco al riguardo; certo dovranno far riscorso a tutte le loro eccelse doti morali e dialettiche per farmi capire come sia possibile conciliare simili atteggiamenti con quello spirito cristiano che dovrebbe costituire la linea-guida di ogni essere umano.

Giggione afferma – ed a ragione - che “parlare di Dio imbarazza”; ed io gli chiedo: ma di quale “dio” si deve parlare riguardo a quegli esseri così inumani, così lontani cioè da quell’idea di Uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio?

Francesco afferma – anche lui a ragione - che “non ci si deve allontanare né da Dio né dalla realtà terrena”; ed io gli chiedo: nella fattispecie, dove ci potremmo collocare, considerato che Dio non vi è contemplato e che la realtà terrena è orripilante?

In queste poche righe, non ho certo parlato di “delitti” intesi nell’accezione giuridica, quanto piuttosto in quella morale: quella cioè che è governata e regolata dalla “coscienza” cui si riferisce il buon Balzac.

Non ho la presunzione di essere un buon cristiano né, tanto meno, “un’anima candida”: ma di considerami un essere umano, quella sì che ce l’ho, e pure in buona dose.

Un abbraccio, Ettore.

lunedì 2 novembre 2009

Spunti sulla Prigionia di Guerra al Femminile

di Massimo Coltrinari


Nella recente esperienza della missione in Irak, si affacciano all’orizzonte del nostro impegno militare, oltre a tutto quello che può essere operare in un teatro fuori area Nato e su un terreno diverso da quello nazionale, due novità: l’impiego in zona d’operazioni, ancorché a fini di pace, di personale femminile e quindi possibilità che questo personale possa subire una delle conseguenze dell’impiego in un conflitto, ovvero cadere in potere dell’avversario, cioè cadere prigioniero.
(segue .......)

domenica 1 novembre 2009

ALMANACCO STORICO

(Fatti e protagonisti della storia militare nazionale)

Novembre



1. Occupazione di Jamiano (GO), altipiano carsico, 1916 (21° Reggimento Fanteria).
1. Conquista del Veliki Hribach, fronte isontino, 1916 (49a Divisione).
1. Affondamento della corazzata austriaca “Viribus Unitis”, porto di Pola (Croazia), 1918 (Magg.G.N. Raffaele Rossetti, Ten. me. Raffaele Paolucci).
2. Conquista di Capua, Regno delle Due Sicilie, 1860 (Gen. Enrico Morozzo della Rocca).
3. Espugnazione del Dosso Faiti, altipiano carsico, 1916 (Brigata “Toscana”).
4. 3a battaglia dell’Isonzo (fine), fronte isontino, 1915 (Gen. Luigi Cadorna).
4. 9a battaglia dell’Isonzo (fine), fronte isontino, 1916 (Gen. Luigi Cadorna).
4. Battaglia di Vittorio Veneto (fine), I Guerra Mondiale (fine), 1918 (Gen. Armando Diaz).
4. Offensiva di El Alamein (fine), Africa settentrionale, 1942 (Gen. Bernard Montgomery).
5. Assedio di Gaeta (inizio), Regno delle Due Sicilie, 1860 (Gen. Enrico Cialdini).
6. Occupazione del Monte Grappa, 1917 (Unità del XVIII Corpo d’Armata).
6. Conquista della posizione abissina di Gorrahèi (Somalia), 1935 (Colonna Pietro Maletti).
9. 12a battaglia dell’Isonzo o ritirata di Caporetto (fine), 1917 (Gen. Luigi Cadorna).
7. Conquista di Cima Lana, Cadore, 1915 (60° Reggimento Fanteria).
10. 4a battaglia dell’Isonzo (inizio), fronte isontino, 1915 (Gen. Luigi Cadorna).
11. 1a battaglia del Piave o battaglia d’arresto (inizio 1a fase), 1917 (Gen. Armando Diaz).
11. Attacco aeronavale inglese al porto di Taranto, 1940 (Amm. Andrew Cunningham).
14. Difesa del Monte Grappa, 1917 (XVIII Corpo d’Armata e 17a Divisione / IX C.A.).
15. Conquista della Trincea delle Frasche, fronte isontino, 1915 (Brigata “Sassari”).
16. Occupazione della Trincea dei Razzi, fronte isontino, 1915 (Brigata “Sassari”).
18. 2a offensiva inglese in Africa Settentrionale, 1941 (Gen. Alan Cunningham).
22. Difesa del caposaldo di Sidi Omar, Africa Settentrionale, 1941 (16° Reggimento Fanteria).
23. Battaglia del Totensonntag, Africa Settentrionale, 1941 (Unità corazzate dell’Asse).
26. Riconquista di Henni e di Sidi Messri, Tripolitania, 1910 (Gen. Giuseppe De Chaurand).
26. Attacco alle trincee del Monte Merzli, Alto Isonzo, 1915 (8a Divisione).
26. 1a battaglia del Piave o battaglia d’arresto (fine 1a fase), 1917 (Gen. Armando Diaz).
27. Riconquista di Oslavia, fronte isontino, 1915 (11a Divisione).
27. Conquista del Monte Calvario (Podgora), fronte isontino, 1915 (Brigata “Casale”).
27. Scontro navale di Capo Teulada, Canale di Sardegna, 1940 (Amm. Inigo Campioni).
27. Caduta di Gondar (Africa Orientale Italiana), 1941 (Gen. Guglielmo Nasi).


martedì 27 ottobre 2009

"E’ una sofferenza estrema ." A chi …..???????

E così anche l’ultimo mito che resisteva in questo sciagurato Paese è impietosamente caduto: da un paio di giorni, nessuno si può più arrogare il diritto di autoproclamarsi senza macchia e senza peccato! In Italia non esistono più “migliori”, in nessuna parte: adesso siamo o meglio, sono tutti allo stesso livello, peraltro molto infimo. Non voglio maramaldeggiare, però i recenti fatti che hanno visto come protagonista una figura politica di spicco sono sintomatici dello spregio con cui i cosiddetti politici nostrani interpretano il ruolo che è stato loro conferito. E non mi riferisco ai gusti sessuali (io, comunque, resto un acerrimo sostenitore della insostituibilità di quel capolavoro della natura, così magistralmente reso evidente da Gustave Courbet ne l’Origine du monde) e nemmeno al fatto che venisse usata l’auto di servizio per scopi non certo “istituzionali”; mi riferisco alla totale mancanza di dignità personale e di rispetto nei confronti di quanti lo avevano votato, non presentando le sue immediate dimissioni da una carica che lui stesso aveva sputtanato con tanta disinvolta faciloneria. E poi, la comparsa dell’immancabile “certificato medico”, questa onnipresente panacea italiota che monda ogni furberia e che condanna all’inefficienza perpetua la pubblica amministrazione. Sì, un “governatore” ha avuto lo stesso comportamento di un travet qualsiasi, preso a piacere ma con la differenza che quest’ultimo, quando gli va bene , guadagna 1000 €. al mese; certo che ora il ministro Brunetta dovrà quantomeno rivedere la sua lodevole battaglia contro i “fannulloni”!

Ragazzi : qui c’è qualcosa che non quadra!

Come lascia poco spazio alla quadratura etica della politica locale l’ondata di nefandezze che sta risalendo lungo lo Stivale e che, per il momento, si è fermata sulla “Linea gotica”: è un tsunami di porcherie che sta travolgendo le oramai “ex” isole felici governate dagli anche loro “ex” paladini della questione morale. Anche in questo caso, non voglio farne una questione di parte, dal momento che sono assolutamente certo che, mutatae mutandis, non si troverebbe niente di meglio. Anche in queste vicende, ravviso quell’approccio di spregio di cui sopra, ad ulteriore dimostrazione che nell’oramai anche lui “ex” Bel Paese la funzione o la carica pubblica vengono intese - e quindi utilizzate - come un “orticello privato” da cui trarre il massimo beneficio personale. Non sono tanto ingenuo da pensare che dovrebbero essere tutti cherubini, pienamente soddisfatti del salario d’onore; però, porca miseria, ci dovrà pur essere un limite inferiore, al di sotto del quale si precipita nella delinquenza più abietta?!

Ditemi voi, Ragazzi, se in Italia c’è un qualcosa di cui poter andar fieri, a parte la Signora logicamente?

A me, semplice elettore-contribuente, non basta avere il “miglior presidente da 150 anni in qua”, né mi basta sentirmi ripetere che l’Italia ”uscirà meglio e prima dalla crisi economica”, né mi basta sperare che la “libertà di stampa” è garantita al massimo. Io vorrei sapere, invece, perché la sanità pubblica è una voragine senza fine; perché i trasporti sono di poco più efficienti (ma non sempre) di quelli del secolo scorso; perché un terzo del territorio non è controllato dallo Stato; perché la magistratura è quella che è; perché le Forze Armate sono ridotte in uno stato di mera sopravvivenza; perché sono sempre gli stessi ad aggiudicarsi gli appalti pubblici; perché non si riesce a fare nemmeno la più piccola delle riforme, da tutti sbandierate come “indilazionabili”; perché non c’è corrispondenza tra i balzelli pagati ed i servizi ricevuti; perché abbiamo annichilito la ricerca; perché non esiste meritocrazia; perché il debito pubblico continua ad aumentare (io non sarei nemmeno in grado di scriverlo in cifre!); perché.....

Ragazzi: ancora una volta, c’è qualcosa, anzi molto che non quadra!

Chi mi conosce sa bene che il bicchiere lo vedo sempre mezzo pieno, quasi da passare per un inguaribile sognatore. Però, credetemi, di fronte a questo sfascio sistematico e prolungato, portato da ogni parte ed a tutti il livelli, anche la mia vena ottimistica comincia a vacillare.

C’è qualcuno che può darmi una mano a riprendermi?!

Grazie, Ettore.

sabato 24 ottobre 2009

23 ottobre, "ANNIVERSARIO DELLA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN".

Ettore mi ha incaricato di commemorare la “Folgore” nel giorno della sua festa. Cadere nella retorica è facilissimo soprattutto su un argomento ormai trattato sotto ogni punto di vista, perciò voglio commemorarla riportando il racconto che, tanti anni fa, mi fece un reduce della battaglia e con una poesia composta da un altro reduce, che unisce idealmente i caduti di ieri a quelli di oggi.
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Il vecchio, seduto sullo sgabello, sorrideva ma con un velo di tristezza nello sguardo. Il basco amaranto, portato sulla nuca come quello verde della sua giovinezza, spiccava sui capelli candidi. Il viso emaciato e scavato dalla vita e dal tempo testimoniava un’ esistenza non facile. I giovani Paracadutisti erano accosciati intorno a lui con gli occhi spalancati in un silenzio fatto di rispetto e ammirazione. Iniziò a raccontare.

“Erano circa le 23 quando il Tenente venne strisciando nella nostra buca. Preparatevi, tra mezz’ora si esce in pattuglia. Abbiamo il compito di osservare, riferire e contrastare le pattuglie inglesi. Solo armamento leggero. Pugnale, tre bombe a mano e cinque caricatori a testa. Soliti segnali per l’ uscita e il rientro. Appuntamento alle 11e mezzo al varco nord. Non disse altro e strisciò via nella notte come un fantasma.
Un’ora dopo tutti e sei eravamo già ben oltre i varchi, appostati dietro una duna. La notte era chiara e fredda, infinite stelle tremolavano nel cielo terso, il silenzio assoluto e sembrava impossibile che decine di migliaia di persone fossero rintanate tutte intorno. Trattenevamo il respiro con gli occhi fuori dalle orbite per cogliere il minimo movimento.
Dopo un’ora circa già pensavamo al rientro quando sentimmo un sordo brontolio, uno sferragliare sommesso che ogni tanto si arrestava per poi riprendere, sempre più vicino. Dopo pochi minuti apparve una cingoletta inglese. Sola, incredibile, senza scorta di fanteria. Forse erano guarda fili che si erano persi. Il Tenente col pugno chiuso fece il segnale di attacco. Lanciammo tutti insieme le bombe a mano e nel gran caos da esse generato ci slanciammo urlando sulla cingoletta sparando come forsennati mentre due camerati restavano a terra a guardarci le spalle. In pochi secondi tutto finì. Due inglesi morti.
Mentre il Tenente cercava eventuali documenti io ed un mio amico cercavamo qualcosa da mangiare e trovammo una specie di cassetta. No, incredibile, non era una cassetta ma una piccola ghiacciaia. L’aprimmo lentamente, con grande attenzione e reverenza, come fosse qualcosa di sacro. Ebbene, non ci crederete, dentro c’era un’anguria, ghiacciata. Restammo inebetiti a guardarla. Un urlaccio del Tenente ci richiamò alla realtà. Arraffammo l’anguria, spezzammo la lastra di ghiaccio con le baionette e ce ne riempimmo le tasche poi via di corsa.
Dopo circa un chilometro ci fermammo ansanti in una buca. Distribuimmo i pezzi di ghiaccio e con estrema attenzione dividemmo l’anguria in sei pezzi. Era squisita, dolce, fresca, zuccherosa, talmente buona che mi veniva da piangere. Eravamo tutti eccitati e ci prese una risarella come degli scemi. Poi calò il silenzio e la tristezza. Scorgevo il bianco degli occhi dei miei compagni. Sapevo cosa pensavano. Pensavano all’unica scatoletta di carne che avevano mangiato in due giorni, all’acqua razionata fetida di benzina e pensavano all’anguria ghiacciata. Tutti capimmo che quella guerra, ormai, l’ avremmo persa”.



Guarda il video : Onore ai Caduti.



La madre del soldato


Attende la madre
notizie del figlio
lontano alla guerra,
al sole cocente
di arida terra.
Sottile un’angoscia
la tiene e fa velo
al suo orgoglio.
Che il figlio combatta
scendendo dal cielo.

Gli tesse una maglia
seguendo la traccia
di un corpo
che ben ricordan le braccia.

Ed ecco che accanto,
improvviso,
si siede un soldato silente
e bianco nel viso.
E’ sporco e terroso
di sabbia giallastra,
la divisa è sbiancata
da un sole impietoso.
Egli tiene sugli occhi
calato il berretto
sì come celata.

Conosce la mamma
quelle ali al colletto,
conosce lo stemma
davanti al berretto.
Glielo alza sul capo

con gesto inatteso.
Nel mezzo alla fronte del figlio
c’è come un sigillo
di sangue rappreso.

“Mamma” lui dice
(gli parlano gli occhi)
“bisogna che tanto
ma tanto coraggio
tu abbia.
Io debbo tornare laggiù,
fra i compagni
rimasti là sotto
la sabbia”
E sparisce.

Inghiotte la madre
un groppo
di lacrime amare.
Intanto,
con mani di pietra
comincia a disfare.

(S.Ten. Idalberto Chiappini- 187° rgt. Divisione “Folgore”)

FOLGORE !


Giggione Chiavarelli