lunedì 14 dicembre 2009

"UNA ACIES" .... parte terza.

Gianni Marizza
Cari Anziani, accolgo volentieri l’invito a contribuire al dibattito sull’argomento “Una Acies” e Vi dico la mia, così come mi viene, mettendo subito in chiaro che sono un tifoso di questo motto e dello spirito che dovrebbe infondere, e che concordo con Adriano quando sostiene che è opportuno guardare al futuro più che al passato.
La prima considerazione è di carattere locale, circoscritta all’ambiente dell’Esercito. Forse non ce ne rendiamo conto in maniera compiuta, ma noi delle Varie Armi abbiamo avuto una gran fortuna a vivere gli anni di Accademia a stretto contatto con i colleghi Carabinieri, e mi auguro che la cosa sia reciproca. In quegli anni si sono creati e consolidati legami (i legami di fraterna amicizia, come dice Ettore) fra gli Allievi delle Varie Armi, dei Servizi -come venivano chiamati allora- e dei Carabinieri che hanno comportato una rete di conoscenze interpersonali ed uno scambio di esperienze che si sono rivelate sempre utili sia all’Esercito che ai Carabinieri. Sotto il motto “Una Acies” abbiamo cominciato ad avvertire un senso di comune appartenenza che poi si è consolidato in un comune sentire. Pertanto, un’altra grande fortuna è che gli Allievi Ufficiali di Esercito e Carabinieri (anche se l’Arma nel frattempo è assurta al rango di Forza Armata) continuino ancora oggi a convivere nello stesso Istituto. Non conoscevo la norma della preclusione agli Allievi Carabinieri di diventare Capicorso, ma ha pienamente ragione Gino a definirla una “colossale sciocchezza”. Comunque sia, crescere alla luce di quel motto può essere foriero di positivi sviluppi anche per le altre Forze Armate italiane, senza polemiche e in modo costruttivo.
E questo mi porta alla seconda considerazione, che amplia un po’ l’orizzonte e abbraccia tutto il campo della Difesa italiana. Sarebbe bello se il motto “Una Acies” ispirasse anche il mondo interforze. Per la verità, nel 1997 avevamo avuto un sussulto di orgoglio interforze, con la legge di riforma dei vertici citata da Suffoletta, un sussulto concettualmente giusto ma in seguito attuato male, con la conseguenza che oggi lo “spirito” interforze è da intendere non nel senso di “ispirazione” ma nel senso di “fantasma” (quanti significati ha la parola “spirito”!).
La riforma interforze avrebbe dovuto creare nuove sinergie, effettuare risparmi, eliminare sprechi, spendere meglio le risorse, razionalizzare le strutture. E invece siamo riusciti solo a creare sempre nuove sovrastrutture, a lottizzare sempre più accuratamente, a svilire gli incarichi, le funzioni e i gradi mettendo i Generali di Divisione dove un tempo bastavano i Colonnelli e impiegando i Generali di Corpo d’Armata dove una volta bastavano quelli di Brigata. Siamo riusciti ad allungare a dismisura la catena di comando mentre, in tempi di Network Centric Warfare le catene di comando, caso mai, dovrebbero accorciarsi. E poi, finché le commissioni di avanzamento non saranno interforze ma resteranno di singola Forza Armata, gli Ufficiali sapranno che la promozione dipenderà dal loro livello di allineamento con le logiche di parte, e lo “spirito interforze” continuerà ad andare a farsi benedire. Insomma l’idea era buona, ma la sua attuazione ha un po’ tradito le aspettative perché la rivoluzione interforze ha aumentato sempre più le dimensioni della testa dello strumento militare atrofizzando nel contempo gli arti. Se ci fossimo ispirati al motto “Una Acies” le cose sarebbero andate meglio, perché quel motto ha validità universale.
E con questo arrivo alla terza considerazione, che amplia ulteriormente l’orizzonte fino ad abbracciare l’intera Europa, che sta cercando, lentamente e confusamente, di assumersi le proprie responsabilità nel campo della difesa. Ma lo fa male, consentendo che 27 Eserciti continuino a vigilare ciascuno sui propri confini nazionali che non esistono più. E lo fa spendendo, sperperando e sprecando le risorse, consentendo la sopravvivenza di strutture inutili, obsolete, superate, duplicate, triplicate e moltiplicate per 27. Anche qui bisognerebbe ispirarsi a “Una Acies”!
E pensare che 15 anni prima che entrassimo in Accademia l’Europa di allora aveva già approvato un trattato che istituiva un solo Esercito europeo, tutti con la stessa bandiera europea, tutti con la medesima uniforme, tutti con le stesse regole (anche reclutamento, stato e avanzamento sarebbero stati comuni e comunitari). Ma è bastato che un parlamento nazionale non ratificasse quell’accordo per farlo tramontare praticamente per sempre, tant’è vero che ancora oggi lo stiamo rincorrendo.
Per quelle Forze Armate europee, non so perché, mi sarebbe piaciuta l’adozione di un certo motto: sì, proprio “Una Acies”.

Gianni Marizza

1 commento:

  1. Caro Marizza, condivido pienamente le tue considerazioni. Purtroppo anzichè dimunuire le spese con la "legge sui vertici" sono aumentate. Ho in mente quanto avviene in politica: Un Parlamento Nazionale,tanti Consigli Regionali, Provinciali, Comunali, Circoscrizionali, di Partito e ancora tanti ... con relative Giunte e Amministratori: ognuno tira l'acqua al proprio mulino e nessuno rinuncia al suo piccolo orticello.
    Saluti Suffoletta

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