martedì 29 settembre 2009

Della gratitudine ovvero le lacrime del coccodrillo.

Ettore e Oliviero avevano auspicato che nel nostro blog si cominciasse a parlare di politica, quella attuale, quella di cui per 40 anni siamo stati abituati (senza rammarico, da parte mia) ad evitare. E va bene, raccolgo l’invito e spero di non disturbare troppo se esprimo il mio pensiero sulle dichiarazioni fatte dal Presidente Napolitano per sottolineare il fattivo ruolo dell’opposizione nelle attività Parlamentari relative alla missione in Afghanistan. Lo stesso Presidente, almeno a quanto riportano i giornali, si e’ anche dilungato ad elogiare il commosso ricordo dei Caduti sempre da parte dell’opposizione ed ha condannato “gli episodi di becera e indegna contestazione ai quali non può essere attribuito alcun peso o rilievo effettivo”. Le parole pronunciate dal Presidente sono più’ che giuste e degne della carica che riveste ma c’è un particolare che forse sfugge, come sempre accade anche ad altri esponenti politici che provengono dalla stessa esperienza storica e di partito : fino a poco più di un anno fa gli autori e i fautori di queste, ed altre, contestazioni becere e indegne non solo occupavano gli scranni del Parlamento ma rivestivano le più alte cariche Istituzionali. Vi ricordate il Presidente della Camera alla parata del 2 giugno con il nastrino dell’arcobaleno all’occhiello? Non solo, ma credo che il Presidente pecchi leggermente di riconoscenza nei confronti di queste forze politiche, divenute extraparlamentari per volontà popolare, perché quando fu eletto, lo fu anche grazie ai voti di questi signori e, se non ricordo male, la coalizione di centro destra non lo votò rendendolo di fatto un Presidente eletto senza quell’ampia convergenza che lo avrebbe protetto dalle eventuali accuse di essere di parte. Eppure il Presidente, come ho gia detto, per decenni ha militato in un partito che aveva lo stesso simbolo di quelli che ancora oggi si esibiscono in quelle scene indegne che siamo abituati a vedere e sentire. Queste forze politiche, ancora alleate con quelle del Parlamento, siedono assieme nei seggi delle varie Provincie, Regioni, Comuni, Municipi, Comunità Montane e chi più ne ha……. ne metta. Non solo: sempre dalle notizie recenti si apprende con sgomento che continuano a ricevere contributi milionari che provengono dalle nostre tasche!!! Ma che ci volete fare! Nel tempo si acquisisce una nuova verginità e ci si dimentica del passato, come quando si giustificava l’intervento sovietico in Ungheria e l’esecuzione di alcuni esponenti politici ritenuti traditori. E’ vero che 50 anni dopo il Presidente ha reso omaggio alle vittime ma oltre ad essere in parte dovuto alla ragion di stato ( che fa, non ci andava in Ungheria?) sembra anche non molto tempestivo. Mi sembra anche di ricordare che la stessa attenzione e considerazione non fu riservata al centro destra quando, all’opposizione, votò a favore dei provvedimenti del Governo Prodi relativi alle missioni all’estero compresa quella in Afghanistan. Con questo non intendo affatto sminuire la figura del Presidente Napolitano alla quale, anche se in quiescenza, assicuro la mia leale obbedienza, e non intendo certo mettere in dubbio la sua autorità ma, che volete, le cariche istituzionali sono rivestite da uomini che hanno la loro storia e sulla quale ritengo sia lecito avere dei pareri anche discordanti.
Concludo con una battuta, tanto per cercare un sorriso, se possibile, e della quale mi scuso in anticipo ed assicuro che non è finalizzata ad offendere alcuno ma è solo un gioco di parole.

Dice il Cavaliere :” Non capisco. Fanno tante storie perché dicono che voglio una ESCORT.
Ed allora che dire del Presidente che ha una CLIO da tanti anni!”

Saluti
Giovanni Papi

domenica 27 settembre 2009

Vito il "contraereo" e.....................

LO SCUDO STELLARE DI OBAMA



Una notizia passata in sottordine, almeno in Italia, è stata l’annunciato cambiamento di visione del Presidente degli Stati Uniti, Barack OBAMA, sul programma di difesa dai missili balistici, noto come “scudo stellare”. C’era da aspettarselo! La decisione è in linea con quanto avvenuto già nella passate amministrazioni che hanno sempre mantenuto un andamento altalenante in merito alla questione.

L’Amministrazione di George W Bush ne aveva dato un’accelerazione senza precedenti, prevedendo uno stanziamento di 53 miliardi di dollari, il più elevato budget del Pentagono, ed aveva avviato nel Febbraio 2007 i negoziati con la Polonia e la Repubblica Ceca per l’installazione di un sistema “Ground Based Midcourse Defence System”, quale punta “avanzata” del sistema difensivo americano in Europa. Il programma americano si fondava sulle basi radar di Fylingdales (UK) e di Thule (Groenlandia, in territorio Danese), su l’installazione di un radar sul territorio Ceco (base di Brdy) e n. 10 intercettori missilistici nella base di Redzikovo (Polonia) nei pressi del Mar Baltico. Ora, le basi in Polonia e nella Repubblica Ceca, non si faranno più, mentre restano operative quelle in UK e Groenlandia.

In realtà, più che in termini prettamente tecnici o “militari”, la differenza è in termini “politici”, specialmente nei confronti della Russia. Infatti, la costruzione delle basi in Europa per la difesa dai missili balistici, al primo posto tra le cosiddette “Armi di Distruzione di Massa” (Weapons of Mass Distruction), aveva lo scopo di difendere sì l’Europa, ma soprattutto gli Stati Uniti, in ossequio al principio della “difesa avanzata”, dai missili intercontinentali provenienti dall’Est (Russia) e dal Medio Oriente (leggasi Iran).
E l’Iran costituisce, al momento, la principale preoccupazione, visto gli avanzamenti sul programma nucleare che si traducono in concreta acquisizione di tecnologie e di “expertise” facilmente riversabili sui programmi militari e sull’ammodernamento delle capacità dei missili balistici “Sharab” nelle varie versioni (lo Sharab 5, in sviluppo, potrebbe superare i 5.000 Km).
Di conseguenza, l’Iran può costituire una seria minaccia sia alle truppe in Teatro d’operazioni sia all’Europa, su cui potrebbe effettuare lanci dimostrativi e/o “terroristici”. L’Iran vuole farsi temere e inviare, allo stesso tempo, un segnale forte ai Paesi dell’area mussulmana.

La Russia, come è noto, non ha mai accettato lo schieramento dello scudo difensivo europeo ai propri confini ed ha minacciato di sospendere il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa e di installare missili nucleari a corto raggio, Iskander, a Kaliningrad ed un radar per disturbare quello previsto nella Repubblica Ceca dal progetto Usa. La marcia indietro di Obama va dunque interpretata come un atto politico, concreto, di buona volontà a riprendere il dialogo con la Russia.

Ma Obama non ha modificato il programma “interno” ovvero in terra americana che, al momento, inalterato. E quando Obama dice: “Per renderla semplice, la nostra nuova architettura in Europa sarà più forte, più intelligente e più rapida per difendere le forze americane e gli Alleati”, vuole dire che la collaborazione con la NATO si rafforzerà e quindi il programma che la NATO ha già avviato, denominato ALTBMD (Active Layered Tactical Ballistic Missile Defence) e diretto proprio alla difesa delle truppe in Teatro oltre che alla stessa Europa, proseguirà con il pieno coinvolgimento delle industrie americane. Quindi, economicamente le industrie americane soffriranno poco per questa “virata”, in quanto il lavoro è assicurato dal programma della NATO, cui ora, ne sono certo, parteciperanno a pieno titolo sia la Polonia sia la Repubblica Ceca, per compensare le perdite anche economiche subite a causa della “virata” improvvisa che ha lasciato i due governi impreparati di fronte all’opinione pubblica interna che aveva fatto fatica a convincersi.
Ma al programma NATO potrebbe partecipare anche la Russia, soddisfacendo così una sua vecchia aspirazione. Se questo dovesse accadere allora la Russia si schiererebbe, di fatto, a fianco degli USA nella battaglia contro l’Iran. Ma questo è uno scenario tutto da verificare. Le diplomazie avranno da lavorare.



V. Di Ventura


giovedì 24 settembre 2009

Dove stà la ragione ??? Parliamone un pò .

Contrariamente alla mia indole, diciamo così, un tantino “irruenta”, ho atteso che sia sui media sia sul nostro Blog si esprimessero opinioni in merito ai tragici eventi che hanno riguardato la nostra presenza in Afghanistan e quanto è avvenuto in collaterale in Italia.
Se devo essere sincero, mi sono sentito molto abbattuto per come è stata condotta la gestione di un problema di portata planetaria, a cominciare al Presidente Obama che, sfortunatamente per lui, si è trovato tra le mani una patata bollente di tali dimensioni, tanto da farlo oscillare tra dichiarazioni di “ferma volontà di vincere” e prese di tempo circa il potenziamento del Contingente USA. E continuare con i nostri cosiddetti politici che danno l’impressione di non sapere nemmeno di cosa si tratta, cavalcando l’onda emotiva del momento, attraverso dichiarazioni ad effetto: dalla necessità di “adeguare” il CMP, a quella di ipotizzare fantomatiche missioni “di appoggio” da parte dei Tornado, a quella di potenziare la linea dei “Lince”, fino a quella di aumentarne la protezione in torretta.
Abbiamo letto le considerazioni sulla totale inutilità di avere un governo che segue gli umori della piazza, quasi come gli Imperatori romani che aspettavano di vedere cosa volesse la folla per girare il pollice in un verso o in un altro: era un contentino che si dava al popolo (già all’epoca bue) per fargli dimenticare tutti i guai che aveva. Se ve la devo dire tutta, le ho proprio a terra perché non riesco a vedere o nessuno riesce a farmi vedere a che gioco si vuole che l’Italia giochi; non credo si possa continuare a stare sempre in mezzo al guado, un giorno facendo proclami bellicosi (sic!) e l’altro vagheggiare addirittura di una “ricetta Italia”, tutta buone intenzioni ed opere pie.
Forse Pino ci andato giù pesante, però è estremamente difficile dargli semplicemente torto, specie se si considera il frenetico immobilismo che caratterizza la nostra politica estera (altro sic!); sicuramente Giggione ha ragione a proposito dei dettami costituzionali e mi sembra strano che in un paese di azzeccagarbugli come il nostro nessuno lo abbia detto: forse perché, dopo, si sarebbero dovute prendere delle decisioni!?
Oltre a questo panorama deprimente, bisogna considerare anche la reazione del “Paese reale” che è andata da una sincera vicinanza core ‘e mamma (a mio avviso però, reazione emotiva estemporanea e, pertanto, limitatissima nel tempo) ad un plateale rifiuto di taluni dirigenti scolastici di partecipare al proclamato “Lutto Nazionale”, espressione questa molto più significativa perché frutto di radicate convinzioni ideologiche; e taccio su quanto affermato da quel “prete di frontiera” cui ricordo che quelli veramente “di frontiera” muoiono in Amazzonia e non se ne stanno comodi all’ombra del Resegone.
Dove sta la ragione allora? Sicuramente non in quello che sta facendo la nostra classe dirigente (di nuovo un altro sic!), così come non in tutto quello che auspica Pino, però......però bisogna che la si finisca con questa avvilente predisposizione a mettere la testa sotto la sabbia aspettando che ‘a nuttata passi; bisogna che la si smetta di presentare come garante dell’unità nazionale il quisling locale, quando non è nemmeno il sindaco di Kabul; bisogna che la si smetta di avere la pretesa di “esportare la democrazia” (lo ha riconosciuto anche Obama), magari in punta di baionetta, laddove non è stampata nemmeno nei vocabolari, figuriamoci nelle coscienze; bisogna che la si smetta di contuare con questi Italiani brava gente, primo perché non lo siamo e secondo perché, semmai lo fossimo, laggiù sembra che non lo sappia nessuno.
Bisogna solamente pensare a vincere, accettando le conseguenze di una guerra vera; se no è più onesto tornare a come quando eravamo sotto “l’ombrello americano”: ci guadagneremmo in dignità e ci risparmieremmo anche altre vittime.
Ettore.

martedì 22 settembre 2009

RIFLESSIONI SULL’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE

“ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…………”

Volevano veramente, i padri costituenti, imporre agli Italiani il divieto giuridico di imbracciare le armi in ogni caso, sempre, comunque e dovunque ? Non lo credo, altrimenti non esisterebbero le Forze Armate.
La guerra per la difesa del territorio nazionale, ad esempio, è certamente lecita. La stessa Costituzione parla di dichiarazione di guerra, di obbligatorietà del servizio militare, di difesa della Patria.

L’Assemblea Costituente era formata da persone che provenivano da un mondo dominato dall’aggressività degli stati, dall’ espansionismo, dal colonialismo, dal nazionalismo più spinto e talvolta fanatico che lo avevano portato all’autodistruzione. E’ da questo tipo di società che volevano salvare l’Italia.
La situazione attuale è molto diversa.
Mentre il concetto classico di difesa della Patria è andato sfumando per l’assenza di un nemico che minacci i nostri confini, le esigenze e le responsabilità legate ai trattati internazionali, alle risoluzioni dell’ONU, agli interessi dell’ Unione Europea e dell’intero Occidente, una maggiore attenzione verso comunità oppresse, si sono sovrapposti alla sola tutela del territorio nazionale estendendo e di molto, il concetto di Patria e di difesa.

Anche il nemico è sostanzialmente mutato e l’Art.11 spesso non si attaglia alla realtà odierna.
La Costituzione parla di “guerra” cioè di controversia tra popoli e Stati ma oggi non sempre il nemico si identifica con uno stato sovrano o con un popolo.
Nei casi Bosnia, Kosovo e Iraq è successo ma il nemico principale del periodo storico in cui viviamo è il terrorismo, un’entità sovranazionale che si estende a pelle di leopardo su territori immensi, non ha confini né ambasciatori né una diplomazia con cui poter trattare. Spesso copre vastissimi interessi economici, si basa sul terrore e sulla mancanza di principi umanitari, non si mostra, non ha divise, si confonde con la popolazione, non ha pietà per donne e bambini, non si ferma davanti a nulla pur di conseguire i propri fini. Irretisce e usa giovani resi fanatici dalla propaganda, dall’ignoranza, dall’indigenza, dall’istigazione all’odio.

In realtà il nuovo nemico da battere ha le stesse caratteristiche delle grandi organizzazioni criminali pur agendo in un contesto assai diverso e impiegando anche armi e tattiche che, in certi ambiti, solo degli eserciti possono contrastare.

Nella fattispecie il termine “guerra” è dunque inadeguato e non ha più il significato che gli dava l’Articolo 11.
La fantasia italica si può sbizzarrire per trovare dei vocaboli che meglio si attaglino alle situazioni operative che stiamo vivendo, certo è che l’espressione “missione di pace” è estremamente fuorviante, quasi irridente quando dall’altra parte c’è chi uccide senza pietà i nostri soldati .

Lo stesso Gandhi, il pacifista per antonomasia, non esclude la violenza se c’è da difendere un debole o un diritto “….Meglio la violenza che la codardia: la non violenza non è servile sottomissione al malvagio.” Non è concepibile quindi che la nostra Costituzione intenda istigare alla viltà, al non intervento assoluto con un atteggiamento ancor più rigido di quello della Chiesa che ammette da sempre e soprattutto da Sant’Agostino in poi, la guerra giusta.

La rilettura dell’ Articolo 11 sembra quindi lasciare lo spazio per interventi dei nostri soldati più incisivi dei pattugliamenti, della distribuzione del latte o della costruzione di scuole.
Fare missioni esclusivamente passive, sarebbe come limitare l’attività delle forze di polizia alla protezione dei minacciati dalla malavita o alla ricostruzione dei negozi fatti saltare dalla mafia bandendo ogni iniziativa per individuare, stanare, arrestare o eliminare i delinquenti.

Questa interpretazione della Costituzione non è certo ispirata da intenti bellicisti e ben si comprende chi teme che il superamento dell’Articolo 11 possa aprire il vaso di Pandora con il rischio di gettare nuovamente l’Italia negli orrori della guerra ma l’Italia repubblicana e libera ha sufficiente maturità e consapevolezza per non ricadere negli errori del passato, d’altra parte solo così ogni ipocrisia verrebbe a cadere.
Infatti va pretesa dai nostri governanti una scelta di campo netta adottata per chiara decisione politica, senza ambiguità umilianti e senza i condizionamenti di un articolo di legge male interpretato, scritto sessant’anni fa in un contesto completamente diverso.

Se si partecipa ad una missione è perché se ne condividono le finalità e bisogna farlo a pieno titolo, rischiando e impegnandoci a fondo secondo le nostre reali possibilità. Ciò significa essere disposti a fare quei sacrifici che oggi altri fanno per noi, a confrontarsi con i consolidati tabù culturali di cui è infarcita la nostra società, in realtà più imbelle che realmente pacifista, ad avere Forze Armate agguerrite e addestrate ad uccidere, bene armate ed equipaggiate, con regole d’ingaggio, Comandanti e mentalità idonei.
In caso contrario non si partecipa e i governi si assumono la piena responsabilità della decisione sia in campo internazionale sia nei confronti dell’opinione pubblica nazionale.
Così facendo la Costituzione tornerebbe ad essere un grande riferimento giuridico e morale e non l’alibi dei pavidi e degli indecisi.
Luigi Chiavarelli




Commenta Pino



Caro Ettore, Caro Luigi
(a proposito delle decisioni importanti che non vengono prese)

Penso che i Governi Italiani, dall'ultimo dopoguerra in poi, di qualsiasi collocazione politica, abbiano sempre avuto in tema di politica estera un atteggiamento che definire opportunista e furbo può suonare come un complimento, quando invece non lo è affatto.
L'unico governo che tirò fuori gli attributi - chiedo scusa alle donne in uniforme – fu quello di Bettino Craxi a Sigonella.
Poi un giorno gli tirarono le monetine e sappiamo tutti come è andata a finire.
Dopo di lui, lo stare sempre in mezzo, pur di non farsi coinvolgere in decisioni e responsabilità importanti, ha continuato ad essere la regola.
L'ultima: scappellamenti a destra e a manca dell'Italia in onore del "Beduino" Libico, pur di far riprendere alla Libia i clandestini che prima partivano da quelle coste con una certa, voluta e calcolata "disattenzione".
Anche in questa occasione abbiamo fatto buon viso e cattivo gioco, pur di ottenere un risultato che sicuramente ci ha penalizzato in dignità e sicuramente in tanti denari, ma che ci ha assicurato (non so fino a quando) un rallentamento dell'.....invasione, quanto meno da quelle zone.
Penso che i Governi Italiani siano così perché noi Italiani, sotto sotto, siamo così, in genere un popolo di furbetti di bassa lega; oltretutto spaccati a metà fra centro destra e centro sinistra con buona pace per gli imbecilli neri e rossi che coprono gli estremi opposti.
In America, dove le percentuali sono pressoché identiche, non funziona cosi: il più accanito dei comunisti, fuori dalla sua casa di legno in Oklahoma, fa sventolare la bandiera a stelle e strisce, non quella ....della pace.
L'America, una democrazia giovane ma vera pur nelle sue infinite contraddizioni.
L'America, dove nordisti e sudisti se ne sono date di santa ragione, ma dove, dopo la riconciliazione, nella stanza ovale, oggi c'e il primo Presidente di colore della loro storia.
L'America, dove chi vince e va al governo della Nazione non viene perennemente e quotidianamente mistificato dalla parte politicamente opposta. Meno che mai da reti televisive e giornalistiche che, come avviene da noi, fanno l'impossibile per ribaltare i risultati di libere elezioni.
Noi Italiani invece abbiamo a mala pena digerito l'unità di Italia (sulle cui origini ho già scritto), ma non ci siamo per niente riconciliati con i fantasmi del nostro recente passato.
Le minoranze degli idioti .... aumentano, pur restando minoranze; i Media impongono da decenni modelli di un abissale appiattimento sociale, culturale e di valori : lo aveva previsto un vate , Pier Paolo Pasolini, molti anni fa, un poeta dolcissimo, che non era di certo un militante di destra.
Siamo quindi, è una delle poche cose di cui sono convinto ( e sono addolorato nel solo dirlo ) , un popolo che ha raggiunto l'apice della sua civiltà con Augusto e Marco Aurelio, e che da millenni rotola sempre di più verso il basso, fino ad identificarsi oggi in un paese tribale, che ha come case , le sue capanne di cemento armato e come stregoni , uomini e qualche donna di raffinata perversione e scaltrezza.
Questo è la consapevole opinione che io ho del mio paese, con tutte le eccezioni grandiose, grandi o piccole, che però hanno sempre e puntualmente confermato la regola.
Tutto questo mio dire per arrivare dove ?
All'articolo 11 della nostra Costituzione, che ci è stato imposto, qualcuno forse non sa , dalle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale e basta.
Nonostante ciò, oggi sono cambiate molte, troppe cose, lo ha detto giustamente Luigi Chiavarelli, e bisognerebbe prima di tutto trovare una convergenza politico istituzionale che io purtroppo non riesco nemmeno ad intravedere. Per poi sedersi attorno a un tavolo e tirare fuori il coraggio di fare un primo passo verso la presa d'atto della logica stringente del momento storico che stiamo vivendo ; basta vie di mezzo , basta scorciatoie di comodo e quant'altro.
Propongo quindi , anche se so bene che non se ne farà niente, che l'articolo 11 della nostra Costituzione sia modificato da così :

"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."

Più o meno a cosi' :

"l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli; l'autorizza, in tutte le forme possibili, sotto appositi mandati ONU, contro il terrorismo internazionale e in tutti gli scenari internazionali, dove le popolazioni locali risultino sotto scacco e sotto la dominazione di sistemi politici o terroristici che ne impediscano la libera crescita ed il libero sviluppo. Consente, laddove possibile, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Promuove e favorisce le organizzazioni internazionali umanitarie rivolte a tale scopo."

Provocatoriamente Vostro
Pino Iacono

sabato 19 settembre 2009

L’OPINIONE

LA STRATEGIA DELLA PECORA CHE SI CREDEVA VOLPE….



Si fosse fatto un sondaggio il 9 giugno 1940, vigilia dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale , i più avrebbero detto sì alle armi , alla gloria, all’impero e all’alleato tedesco che quel giorno appariva invincibile.
Un paio di millenni prima una specie di sondaggio fu fatto in Palestina , la gente scelse di salvare Barabba e non Gesù.
Si facesse oggi un sondaggio , la gente si esprimerebbe a maggioranza per l’abolizione di banche e tasse, salvo poi tornare al baratto e all’economia di pura e stentata sopravvivenza alimentare.
Un sondaggio dice che il 54% degli italiani vuole il ritiro dall’Afghanistan. Il sondaggio dice il vero, è la gente che sbaglia, come, storia alla mano, capita il più delle volte.
Tra il volere immediato della gente e la giustezza della scelta politica ci sono , ci sarebbero , i governi.
Stanno, sarebbero, lì a governare la gente, non per lisciare il pelo ai suoi umori , paure, ignoranza.. Non è un caso che la voglia di sfilarsi da Kabul sia più o meno massiccia ed esplicita tra le forze politiche italiane “più vicine alla gente” e meno all’idea di governo occidentale e liberale: la Lega di Bossi , Di Pietro, la sinistra antagonista , lo stesso Berlusconi .
Tutti uomini e culture per cui governo è : io dico quello che dici tu , tu mi voti, e il resto c’è, non conta.
L’unico motto e valore è : “mi faccio gli affari miei”.
Frase tanto netta quanto sciocca: In Afghanistan gli europei e gli americani ci sono proprio per “farsi i fatti loro”.
L’alternativa in Afghanistan non è andarsene o restare .
L’alternativa vera è tra fuggire o combattere.
La domanda non è se valga la pena di morire a Kabul, è se abbia un senso morire inutilmente oppure tentando di riprendere ai talebani il controllo del “terreno”. Perché, senza conquista del terreno, non c’è neanche conquista delle “menti e dei cuori” e viceversa.
Molta gente non sa che , via la Nato da Kabul, qualcuno dovrà difendere le atomiche pakistane dai talebani, oppure lasciarle nelle loro mani. .
Non si vuol sapere che “tutti a casa” significa , per una via che va da Kabul a Teheran a Tel Aviv, portarsi la guerra in casa:
La gente può non sapere e voler di non sapere.
Alibi ch invece i governi non hanno. Hanno l’obbligo di spiegare, non quello di attendere , che la spiegazione raggiunga e convinca la gente. Esistono proprio per assumersi la responsabilità di decidere e agire per tempo. Con la gente faranno i conti dopo.
Gente che in Italia ha almeno un paio di attenuanti.
La prima : un’informazione melodrammatica e disinformata che racconta la guerra come un luogo dove è “assurdo” morire.
La seconda: nessun governo, né di destra né di sinistra , le ha mai detto la verità.
Nessuno ha mai detto : è guerra ed è pure necessaria.
Dopo i sei morti di Kabul il deficit di verità e di governo si è perfino allargato : premier, ministri, partiti e Parlamento , con l’unica eccezione di Napolitano , stanno facendo una scelta, concepita e trasmessa come astuta.
La scelta è far finta. Finta di tornare ritirando 500 uomini , finta di restare evitando di andare dove il talebano è più fitto. Al capo del governo piace l’ultima formula linguistica : transitino strategy. Traduzione , non dall’inglese ma dal “governese” : strategia della pecora che si credeva volpe.


Mino Fuccillo
Da la “Gazzetta di Modena “ di sabato 19 settembre 2009.


Per noi il Giornalista scrive cose molto interessanti, tu cosa ne pensi ??!??
Ettore e Oliviero


Anche Giovanni Papi ci segnala un articolo interessante.

Il prete sciacallo e il silenzio del Cardinale
Ci sono parole e fatti che indignano i professionisti della protesta. Altri no. Basta che Berlusconi, Brunetta, la Gelmini, Bossi e suo figlio aprano bocca che subito le agenzie battono reazioni allarmate dei vari esponenti dell'opposizione e dell'intellettuale di turno. Di Pietro insegna. Non avendo un lavoro né nulla di interessante da fare, il leader dell'Idv passa la giornate a sfornare pareri non richiesti su tutto e tutti. Ma, dicevamo, a volte non è così. Per esempio ieri non abbiamo sentito o letto condanne e prese di distanza da quegli imbecilli che stanno imbrattando i muri delle nostre città con la scritta «-6» in segno di esultanza per il successo dei talebani nell'attentato di Kabul contro i nostri soldati. Mani anonime, si dirà. Certo, ma la matrice politica è chiara, ed è da cercare nell'area dell'antiberlusconismo radicale alla quale non pochi signori che vediamo ogni sera nei talk-show televisivi strizzano l'occhio. Sono curioso di vedere se oggi la democratica Concita De Gregorio scriverà qualche cosa contro questi mascalzoni sulla sua Unità sempre pronta a dare lezioni di morale. O se Ballarò e Santoro dedicheranno qualche minuto delle loro trasmissioni per smascherare e denunciare gli sciacalli di sinistra.
Ma soprattutto mi colpisce il silenzio del cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, nei confronti di un suo dipendente, don Giorgio de Capitani, parroco a Lecco, diocesi ambrosiana. Questo prete, già noto per le sue violente omelie contro Berlusconi, ieri ha detto e scritto sul suo sito che i parà uccisi a Kabul «sono solo dei mercenari» che non meritano tanta commozione. Oggi, interpellato dal nostro inviato Luca Fazzo, rincara la dose e confida che «su tante cose anche il cardinale Tettamanzi la pensa come me, solo che non può dirlo». Ora, noi non ci permettiamo di mettere becco in casa altrui, sappiamo che nella Chiesa c'è posto per tutti, anche per gli svitati, ma è chiaro che delle due l'una: o oggi, subito, vengono presi provvedimenti tali da impedire a don Giorgio di offendere i nostri morti a nome e per conto di Dio, oppure ha ragione lui e il silenzio del cardinale diventa benedizione e complicità.
Anche perché ieri il Tettamanzi ha ricevuto parole di encomio importanti. Cito testualmente: «Il capo della diocesi milanese è l'unico che ci difende, appoggiando la nostra richiesta di costruire delle moschee. Fino ad ora è stato l'unico ad avere espresso nei nostri confronti parole cristiane e rispettose della costituzione che garantisce a tutte le religioni di avere propri luoghi di culto». A sbilanciarsi in tanto ringraziamento è stato Abdel Hamid Shaari, presidente del centro islamico milanese. Vorremo poter dire altrettanto, e cioè ringraziare il nostro cardinale per aver difeso senza indugio, oltre che i diritti degli islamici, anche quelli dei nostri soldati che non sono mercenari ma che erano a Kabul mandati dal nostro Parlamento, cioè da tutti noi, in pieno rispetto del dettato costituzionale.
Si potrebbe obiettare: don Giorgio è don Giorgio, Tettamanzi è altro. Giusto. Ma senza entrare in questioni ecclesiali, mi sembra ovvio che un fedele quando ascolta il suo parroco sia convinto che questi non parli a titolo personale ma che le sue parole siano ispirate ai sacri testi. E allora non vorremmo che qualche buon cristiano sia convinto che il buon Dio o il suo vicario in terra considerino i nostri soldati gente indegna. Senza contare che tutti i cristiani, e i preti in particolare, debbono obbedienza al proprio vescovo. Speriamo che quest'ultimo abbia tempo e voglia di farsi obbedire.

Alessandro Sallustri
Da "Il Giornale" di domenica 20 settembre 2009.

Interviene anche F. Miredi.

Il mio parere



Concordo con le considerazioni di Mino Fucillo e comprendo lo sfogo di Pino. Il giornalista del “Giornale”, al contrario, ha fatto, come al solito, solo campagna elettorale stigmatizzando il comportamento dei politici contrari al suo gruppo, senza esporsi con un suo pensiero, e dimenticando che il primo a parlare di abbandono è stato Bossi non smentito da Berlusconi .
Le riflessioni di Gigi sulla natura di questa guerra sono sempre state lineari ed articolate e sino a quando i politici, di tutti i colori e schieramenti, non la smetteranno di dire bugie, definendola missione di pace, la gente comune non capirà il perché di tutto questo.
Come diceva Gigi, l’aiuto a quei popoli si sarebbe potuto dare aiutandoli a crescere economicamente e socialmente ma, a mio parere, questo è stato fatto da solo alcuni missionari, non dai governi che non ne avevano alcun interesse.
Oggi siamo in guerra e anche se, sempre a mio parere, non è una guerra giusta, non possiamo tirarci indietro. Il solo parlarne rappresenta un pericolo per i soldati che ancora sono là e per i fragili equilibri esistenti fra il mondo occidentale e quello orientale.
L’abbandono sarebbe visto come un segno di debolezza da parte dei “mercenari” occidentali sconfitti dagli invincibili “soldati di Allah” e il fanatismo mistico farebbe proseliti anche nei ceti moderati che, sin’ora, sono stati a guardare.
Forse, quindi, sarebbe meglio incrementare l’intervento bellico da parte di tutti i paesi impegnati e modificare la politica internazionale nei confronti di Israele. I terroristi fanatici ed i loro sostenitori vanno sconfitti con la forza, dovunque essi si annidino; ai popoli, invece, serve giustizia e le mire espansionistiche israeliane rappresentano il potere e l’arroganza del più forte, cioè la sopraffazione e l’ingiustizia.

Francesco

Mattanza a Kabul

17 settembre 2009
Controcorrente

Tenente Antonio FORTUNATO
Sergente Maggiore Roberto VALENTE
Primo Caporal Maggiore Davide RICCHIUTO
Primo Caporal Maggiore Giandomenico PISTONAMI
Primo Caporal Maggiore Matteo MUREDDU
Primo Caporal Maggiore Massimiliano RANDINO



Piango i nostri caduti e, pur non appartenendo per niente ai possessori materiali e ideologici di bandiere di "pace", mi chiedo se un domani si potrà raccogliere in positivo il senso del sacrificio estremo di queste ed altre vite.
Mi spiego con valutazioni e ragionamenti.
In queste ore concitate, leggo e sento da svariate fonti politiche sull’imprescindibile necessità di cambio di strategia in Afghanistan, finalizzato ad un più efficace contrasto alla sempre più crescente e devastante contrapposizione dei Talebani.
E’ di questa mattina un’intervista in merito di Canale 5 al Comandante del Nostro Contingente in Afghanistan.
Con la Redazione di Canale 5 che o conosce poco come funziona il complesso sistema di interlacciamento fra ISAF, Nato e Governi dei 60 paesi che hanno dislocati i loro militari in quell’area , oppure lo conosce molto bene e si cimenta come suo solito nel fare le domande a trabocchetto per fare dire cose che possano alimentare un teorema politico piuttosto che un altro, ovviamente a totale discapito di chi poi si lascia incastrare .
Bene in ogni caso ha fatto il Comandante del nostro Contingente nel dichiarare seccamente che la Strategia non la fa di certo lui ma che egli stesso e tutti i Nostri fanno parte di una “Missione” , e che solo alle sue disposizioni ci si adegua.

In realtà tuttavia ci sono due aspetti da considerare, che alimentano il sospetto che non ci sarà nessun cambio di strategia, se non forse un incremento delle truppe ISAF, al contrario delle dichiarazioni che il governo sta rilasciando adesso che saranno ridotte a breve.
Primo. Ogni giorno muoiono in Afghanistan militari della Coalizione. Ieri è toccato a 6 dei nostri. Una tragedia immensa in rapporto al numero dei nostri impegnati in zona. Praticamente in percentuale , ieri è come se fossero morti 60-100 Americani.
Quindi , poiché ogni giorno si seppelliscono in vari paesi militari caduti per i vili attentati di questi autentici bastardi, se si dovesse dar seguito al pur terribile impatto emotivo delle rispettive opinioni pubbliche tutte le volte che accadono eventi del genere, non riesco ad immaginare come possa essere solo pensabile di definire strategie, regole e quant’altro.
Secondo. La nostra Costituzione !
Solo se subiamo un attacco, abbiamo possibilità di rispondere al fuoco ; ma non ne possiamo ideare nemmeno uno, perché sarebbe un atto di guerra e la Nostra Costituzione ripudia la guerra.
Analogamente , se subiamo un attentato, come quello di ieri, non siamo autorizzati a replicare o attuare una rappresaglia disincentivante.
Per buona sostanza, nel caso specifico, la nostra Costituzione, quindi non il Governo o gli stessi Comandi Militari, impone ai nostri militari di non fare il loro mestiere, se non quello delle “crocerossine”.
E’ un paradosso ? Secondo me è la realtà nuda e cruda.
Puntualmente poi, tutti noi ci stracciamo le vesti quando uno dei nostri ci rimette la pelle.

Questo è il ragionamento che mi ha fatto esprimere nel modo pessimistico di cui sopra .
E poiché penso che le cose non cambieranno perché in questo paese non esiste un clima politico d’intesa foss’anche parziale su qualsiasi cosa , ne deduco che lo stesso Governo ne prenda atto e che valuti attentamente e al più presto la possibilità di fare armi e bagagli, e far tornare a casa il nostro intero Contingente.

Oltretutto, parlando in generale, abbiamo combattuto nazismo , fascismo e i giapponesi di Hirohito ; se non ci fossero stati 50 milioni di morti fra il 1939 e il 1945, oggi forse ce ne andremo tutti a spasso con il baffetto di Adolph e come mogli, fidanzate e compagne, tutti cloni di Eva Braun.
Quindi bisognava combattere e bisognava vincere .
In Europa ci siamo scannati per secoli e oggi facciamo G7 - G8 ecc. Ci vogliamo tutti un gran bene, vicini vicini, caldi caldi ……
Ai tempi dell'inquisizione, se dicevi o facevi una sola cosa strana , ti arrostivano all'istante. Oggi non mandano al rogo nemmeno mamma Ebe.
Abbiamo fatto le crociate in nome di un Dio di cui ai Papi dell'epoca non gliene fregava assolutamente niente. Oggi la Chiesa ha chiesto scusa.

Ma qua chi dobbiamo combattere, o civilizzare ? Questa gentaglia che si fa saltare in aria per trombarsi per l'eternità 70 vergini nel loro paradiso ?
E allora in nome di quali santi e venerabili principi, nazioni intere hanno seppellito, stanno seppellendo ogni giorno e continueranno a seppellire i loro migliori ragazzi,donne , uomini , persone che non avranno mai un futuro e tutto questo solo perché :

- Le loro donne vengono minacciate di non ricevere cibo e alimenti se si rifiutano di avere rapporti sessuali con i loro maschi comprensivi e liberali ? Lo incoraggia e sostiene lo stesso presidente Karzai !
- La cultura è un reato ?
- Una infermiera non può curare un uomo ?
- Una donna non può indossare pantaloni ?
- Una donna non può farsi vedere in viso e se solo mostra per sbaglio una caviglia, viene lapidata ?
- un'altra ragazza di 19 anni, nel NOSTRO paese viene sgozzata dal padre perché voleva sentirsi libera e se la faceva con un nostro ragazzo Italiano , con la madre che addirittura avalla l'operato del marito ?

Antonio, Roberto, Davide, Giandomenico, Matteo , Massimiliano e tutti gli altri Italiani, Americani, Inglesi, Francesi, Tedeschi , comunque appartenenti ai 60 paesi impegnati solo in quell'area, per che cosa e in nome di che cosa sono morti ?

Non ce ne andiamo per un fatto di orgoglio? Io invece me ne andrei solo per un fatto di orgoglio, perché la cultura della vita continui a prevalere anche in un paese imperfetto come il nostro, ed infine perché questa gente venga scientemente abbandonata a se stessa e ai naturali processi di evoluzione storica, attraverso i quali sono passati tutti i paesi, tutte le nazioni e tutti i continenti che oggi si sentono e si definiscono paesi CIVILI.

Ancora meglio sarebbe la decisione unilaterale di andarcene proprio tutti , lasciando però un MONITO importante : dire a tutti i Leader di questi paesi che vivono da sempre nella cultura della morte e della sopraffazione, una cosa del genere :
" Allora, Sig. Karzai, noi fra x mesi oppure giorni ce ne andiamo tutti e da quel momento in poi saranno solo c....vostri. Attenzione però che al primo attentato che ci combinate in casa nostra, considerate l'intero vostro territorio da cui proviene l’attentatore o gli attentatori trasformato in un "parcheggio" nell'arco delle successive 48 ore". E' tutto chiaro ? "
“Non si riesce ad individuare la provenienza dei terroristi ? Nessun problema : abbiamo l’elenco dei paesi canaglia e ce ne estraiamo uno caso, incominciando dal vostro che è quello che ci ha creato più problemi , dopo l’Iraq”
“In quanto ai campi d’oppio, poiché ne possediamo l’attuale mappatura, ci perdoni se prima di andarcene ci facciamo a tappeto una bella passata al napalm e magari anche una ripassata per sicurezza ; per poi ripetere la stessa operazione tutte le volte che ne nasce uno, magari sconfinando anche in Pakistan”.
Oppure : "Tu Iran, ti vuoi fare la bomba atomica ? E che problema c'è ? Fattene scappare solo mezza nella direzione sbagliata e NOI ti trasformiamo all'istante in un meteorite con direzione di impatto verso il sole !! "

Ho esagerato ?

ONORE AI NOSTRI CADUTI : sono veramente la parte migliore di una Nazione che forse non li merita!

Pino Iacono

lunedì 14 settembre 2009

…… a proposito dell’essere ….

Ecco la prima vera stoccata del presidente nero ….. la sanità per tutti gli americani e non solo per coloro che se la possono permettere; lo diceva dieci anni fa, quando aveva incominciato sul serio a fare politica, e lo ha fatto ora che ha raggiunto il tetto del mondo.
Pensate al coraggio dimostrato da quell’uomo che, in piena regressione, spende i soldi pubblici non per aumentare i consumi, come vorrebbero i grandi imprenditori, ma per curare anche i malati senza soldi e, almeno apparentemente, non dice nemmeno di essere il premier migliore degli ultimi sessanta anni.
Non voglio fare paragoni ma quando affermo che la politica dovrebbe servire elusivamente a far star bene il popolo rispettando la dignità dei singoli, intendo dire che sia capace di fare questo genere di cose.
Da noi si dice che la crisi è superata grazie alle misure che l’attuale maggioranza ha posto in essere ma, pur essendo molto attento alla portata di ogni provvedimento legislativo, non capisco quali siano queste misure e sarei felice se qualcuno me li indicasse. Come è possibile affermare che la crisi è stata superata quando si dichiara che, entro il prossimo anno, aumenteranno di 700.000 unità i disoccupati e che il Pil è in discesa libera!....cosa significa?
Ieri sono tornato da un raduno motociclistico in Carinzia al quale ho partecipato con la mia figlia più piccola Valentina. Valentina ha ventinove anni ed è affetta, da quando ne aveva sedici, dal morbo di Crhon che è una malattia irreversibile e sempre più diffusa fra i giovani. Gli effetti apparenti di questa malattia si limitano a diarree continue ma, in realtà, essa è molto subdola perché, eliminando molte sostanze vitali degli alimenti, porta ripercussioni gravi su tutto il corpo. L’osteoporosi colpisce tutti i malati affetti dal morbo di Crhon; circa il 60% di essi devono essere sottoposti a plurimi interventi chirurgici che riducono la parte bassa dello stomaco; molti, fra i quali mia figlia, hanno seri problemi all’apparato cardiovascolare.
Le spese per curare decentemente questo tipo di malattie e tutte quelle che da essa derivano sono elevate e da quando la valorizzazione dei tikets è stata demandata alle regioni, sono cresciute in maniera esponenziale; oggi mia figlia spende, mensilmente, fra medicine e visite specialistiche, metà del suo stipendio di impiegata bancaria e non può prescindere dal mio aiuto.
Certamente qualcuno penserà agli sprechi della nostra sanità nazionale e alla miriade di italiani che hanno contribuito a questo scempio ma soffermatevi su quelle famiglie che, causa anche la mancanza di lavoro, potrebbero trovarsi nelle condizioni di salute di Valentina e con l’impossibilità di poter pagare le spese che lei ha; quale sarebbe la loro prospettiva di vita?
Scrivo sempre volentieri sul nostro blog perché è come ritrovarsi nella nostra Accademia con quarant’anni in più sulle spalle. Ad essere sincero non ricordo quali fossero, allora, i miei argomenti di conversazione ed ero talmente preso ad attenuare gli effetti dei miei difetti caratteriali che non riuscivo ad alimentare amicizie. Oggi ciascuno di noi, non avendo più bisogno di dimostrare qualcosa, dovrebbe aver raggiunto quella tranquillità interiore che permette un’analisi dei fatti priva di contorni idealistici ed egocentrici …. perchè, quindi, non raccogliamo l’invito di Ettore, ed esprimiamo il nostro punto di vista raccontandoci le esperienze che hanno contribuito a formarlo!.
Le parole fascismo o comunismo, le ideologie dogmatiche ed utopistiche, i ricordi nostalgici di una storia e di un’epoca che non abbiamo vissuto, lasciamoli agli altri e sforziamoci di vedere con i nostri occhi. Certamente due occhi hanno un campo visivo molto limitato ma noi siamo in tanti.
Vi abbraccio
Francesco

lunedì 7 settembre 2009

Orgoglio di appartenenza e voglia di essere.

Gli interventi di Ettore e Giuseppe mi portano a riflettere su due bisogni fondamentali dell’uomo, l’essere e l’appartenere.
Personalmente mi rivedo nel cadetto, descritto da Ettore, fiero di mostrarsi in quella divisa che, ancora oggi, conservo e venero come l’elemento più importante della mia formazione interiore, ma non posso dimenticare che lo status di militare mi costringeva a vivere a Milano con moglie e tre figli a carico e con uno stipendio inferiore a quello di un operaio metalmeccanico al V livello. In quel periodo, oltre all’oggettiva difficoltà di arrivare a fine mese, mi angosciava la paura di poter sopravvivere solo circoscrivendo il mondo, mio e della mia famiglia, all’interno della caserma.
Certo, nessuno mi ha costretto ad un peso così gravoso (solo economicamente) in giovane età, ma ho parlato di me perché ritengo che se, come dice Ettore, gli stipendi oggi siano al di sopra della media, ciò sia da considerarsi un bene anche con il rischio che il vil denaro possa diventare elemento predominante nella scelta della professione.
Tuttavia, se l’uso del borghese non può essere proibito al militare di professione, io lo limiterei moltissimo a chi, come per i cadetti, a quella professione si accinge accettando di vivere un periodo formativo lungo e pesante. Quella divisa, impregnata positivamente di retorica e tradizioni, rappresenta la volontà di rispettare le regole ed i doveri che queste comportano dando sempre il massimo di se stessi; rappresenta il giuramento ad un ideale patriottico non riscontrabile nei coetanei del mondo civile, rappresenta, cioè, un modo di voler essere e non di appartenere. Il colletto stretto, l’incubo della riga ai pantaloni, la pesantezza del kepì e lo spadino, mi ricordavano costantemente la volontarietà della mia scelta e la debolezza fisica e morale che avrei dimostrato se non fossi riuscito a diventare un Ufficiale.
Anche l’intervento di Giuseppe mi porta a considerazioni che nascono dalla personale esperienza di uomo del sud trapiantato in Padania e devo premettere che nessuno dei miei numerosi amici lombardi mi ha mai attribuito pregi o difetti che possano caratterizzare l’appartenenza ad una determinata regione; per loro posso essere testardo, permaloso, presuntuoso, onesto, preparato etc. etc. esattamente come un milanese, bresciano o bergamasco (sono le province che maggiormente frequento) ma mai alcuno si è mai permesso di dire (e credo anche di pensare) che possa essere un mafioso, uno scansafatiche, un assenteista etc. etc..
La disamina storica di Giuseppe, a mio avviso, non è del tutto esatta là dove afferma che il sud ante unione fosse più ricco del nord perché, in realtà, il reddito medio per abitante dei meridionali era molto più basso. L’unica vera differenza consisteva nel fatto che al sud, molto più che al nord, la ricchezza era concentrata nelle mani di pochissimi eletti che amministravano la giustizia a proprio piacimento. Da ottimista, quale sono, quindi, voglio ancora credere a ciò che mi hanno insegnato alle elementari e cioè che i patrioti e martiri per l’unità d’Italia abbiano combattuto per un giusto ideale.
Noi del sud potremmo parlare delle conoscenze filosofiche ereditate dai greci o della spiccata capacità organizzativa derivata dai romani ma non potremmo negare che, negli ultimi cinquant’anni, gli stereotipi inculcatici si basavano sulle raccomandazioni, sulla ricerca del posto statale, sullo sfruttamento delle risorse pubbliche e sul levantinismo puro. E’ vero che le risorse agricole e turistiche del meridione non hanno uguali ma qualcuno mi spieghi perché, in quei posti, le cooperative ed i consorzi non hanno mai funzionato e quando si entra in un albergo non si è mai accolti con un sorriso.
Per migliorare è, quindi, necessario che chi vive al sud la smetta di piangersi addosso elemosinando aiuti dallo Stato e tiri fuori le proprie capacità sfruttando al meglio le risorse naturali che il buon Dio ha loro dato. Ciò non toglie, però, che il sud faccia parte di un’unica nazione e che i meridionali debbano essere trattati esattamente come i settentrionali ma non credo che la Lega voglia questo.
La Lega non ha mai nascosto di volere la secessione e ha sempre fatto, all’inverso, lo stesso ragionamento storico politico rappresentato da Giuseppe; il nord è ricco e laborioso e, attraverso la politica ladrona dei romani, è stato conquistato dai terroni.
Questo modo di ragionare, insieme alla tipologia dei provvedimenti emessi a livello nazionale e, ancor più, a livello regionale sta solo alimentando razzismo e xenofobia. Non si combatte la mafia con le ronde, con il dialetto locale (la grammatica italiana è sempre più sconosciuta), con l’inno di Mameli o, peggio ancora, bestemmiando su un pulpito davanti ad una platea bardata di verde che grida “dagli all’untore”.
A volte l’orgoglio di appartenere ad un gruppo rispondente, apparentemente, alle proprie esigenze, ci porta a dimenticare o, peggio, ad anteporre le basilari esigenze del nostre essere agli ideali del gruppo rischiando, così, di vivere con il continuo dilemma che attanaglia molti degli attuali politici (pensate al povero Fini). “essere o appartenere … questo è il problema!”
Francesco

Ma le FA hanno una “classe dirigente”???

“Riflessioni non tanto a caldo nella ricorrenza di una data infausta"
Quando si intraprende una carriera è logico e naturale che si facciano grandi progetti, che si abbiano grandi aspettative, che si sogni di diventare, un giorno, qualcuno per poter dire la propria e partecipare alle grandi scelte del settore che si è scelto come attività professionale. Anche noi, con tutta la potenza del nostro entusiasmo giovanile, di fronte alle tante incongruenze di cui venivamo man mano a conoscenza, affermavamo con granitica sicurezza: quando toccherà a me, quando sarò abbastanza forte, quando finalmente occuperò il posto giusto...allora sì che le cose cambieranno!
Sono, questi, desideri ed aspirazioni legittimi, non necessariamente legati a propositi carrieristici e tendenti ad aspirare ad entrare a far parte della Classe dirigente della propria professione, in modo da mettere a disposizione il proprio contributo di idee perché quella professione sia sempre dinamica, efficiente, dispensatrice di soddisfazioni ai vari livelli e, soprattutto, adeguata ai tempi. O almeno, così dovrebbe essere!
Ora che ho da tempo appeso in armadio l’Uniforme, mi sono rivisto il film della mia vita da Ufficiale per verificare se quelle aspirazioni giovanili si fossero concretate, non tanto e non solo nella mia persona, quanto nei tanti che ho conosciuto o che ho visto avvicendarsi nei “posti che contano”; prima di fare questo flashback (come amano dire gli snob odierni), ho preso un buon vocabolario della lingua italiana ed ho trovato questa definizione di “classe dirigente”: il gruppo di coloro che detengono il potere..........in genere coloro che influiscono in maniera determinante sulla vita della collettività”.
Ridimensioniamo pure il concetto di “collettività” alle sole Forze Armate e poniamoci questa semplice e quasi banale domanda: ma le Forze Armate c’è l’hanno una Classe dirigente?!
Se dobbiamo stare alla lettera della definizione precedente, direi che è ben difficile parlare di “influenza” quando non si ha o non si è fatto niente per averla o è stato negato un pur minimo “peso” nell’ambito della Società nazionale e, di conseguenza, presso chi governa che dovrebbe dar corpo alle aspirazioni di quella Società; diciamocelo pure con franchezza, ancorché amara: la stragrande maggioranza degli Italiani prende coscienza dell’esistenza di “sue” Forze Armate o perché si ringalluzzisce al passaggio di una fanfara di o perché strabilia alle esibizioni delle Frecce Tricolori o quando deve pianger purtroppo qualche Caduto delle cosiddette “missioni di pace”.
Così stando le cose, sorge spontanea un’altra domanda: chi dovrebbe far sì che questo stato di cose si modifichi o, meglio ancora, si annulli?!
Non vi è dubbio che l’attaccamento alle proprie Forze Armate sia in proporzione diretta con il “sentimento di appartenenza” nazionale che è, a sua volta, diretta conseguenza di un passato più o meno glorioso e che costituisce la spina dorsale dell’orgoglio nazionale: a questo proposito, ahimé, dobbiamo tornare indietro di un paio di millenni per trovare qualcosa di “italico” (non “italiano”) di cui andar fieri!
Ma se può essere naturale (quasi inevitabile) che secoli di invasioni, di umiliazioni e di tradimenti abbiano ridotto al minimo il sentimento nazionale, non altrettanto naturale – né tantomeno inevitabile- appare invece il “limbo” in cui la totalità della classe politica ha relegato le Forze Armate, in termini sia di informazione verso l’esterno sia di potenziamento o, almeno, di dignitoso mantenimento, all’interno.
Purtroppo, invece, la realtà è molto ma molto più deludente; si parla dei “militari” solo in termini di “missioni all’estero” o di operazioni dai nomi non proprio guerreschi come “strade sicure” o “monnezza recuperata”! Non vorrei sbagliarmi, però ho qualche dubbio che la nostra Costituzione (quella che viene evocata anche per la più misera delle questioni di bottega!) assegni alle FA questi compiti; va bene che i “Blocchi” non esistono più, però passare dalla difesa della “Soglia” all’offensiva contro i vucumprà, mi sembra riduttivo, per non dire offensivo.
Inoltre, uno dei rari messaggi che il Paese ha ricevuto a testimonianza che esistono delle FA è stato l’annuncio ministeriale dello storno di un milione di euro dai fondi per la parata “militare” del 2 giugno a beneficio della “ricostruzione in Abruzzo”. Ma cosa può percepire la gente dopo una simile sparata? Che i soldi stanziati per la sfilata erano troppi? Che le FA sono generose, a differenza di quanti si sono pavoneggiati nel corso della stessa parata? Allora, non era meglio abolirla del tutto quella sfilata e devolvere tutti ma proprio tutti gli altri milioni sempre per quel nobile scopo?!
Il fatto è che la “classe politica” è o dovrebbe essere l’espressione della cultura dominante del Paese e, siccome al Paese delle Forze Armate non è che gliene interessi più di tanto (salvo invocarne la presenza laddove altri settori ben più considerati hanno fallito), allora......allora succede che il “popolo” non viene informato (volutamente?), vede solo quello che si vuole far vedere in TV e continua ad ignorare, non tanto quale sia la situazione delle sue FA, ma addirittura quale sia la loro funzione. Almeno una volta c’era la “Leva” ed i najoni erano un insostituibile veicolo di conoscenza (nel bene e nel male) in ogni strato della società; oggi, dalle caserme escono solo “borghesi” con i loro macchinoni ed i loro motoni, pronti a confondersi nella massa, non si sa se per vergogna o per insofferenza dell’Uniforme.
E la nostra pseudo “classe dirigente” cosa fa, cosa ha fatto in tutti questi decenni? Che messaggio ha mandato al Paese per convincerlo del fatto che le FA sono sue, che esistono solo se lui, il Paese, vuole che esistano?
Certamente non è compito delle FA fare spot televisivi su materie di stretta pertinenza politica ; però, se torniamo alla definizione iniziale, i nostri “Vertici” dovrebbero mettere in atto presso i “politici” tutte quelle azioni che “influiscono in maniera determinante” presso la collettività di cui sono i massimi rappresentanti: cioè le Forze Armate stesse!
Prescindiamo un attimo dal diffuso “sospetto” che ci sia un diffuso appiattimento sulle posizioni politiche da parte dei “vertici” e poniamoci queste semplici domande che, chissà, potrebbero farci uscire dal dubbio:
- esiste un foro in cui i “Vertici” si riuniscono, discutono, consigliano il Capo sull’ individuazione dei cardini di una credibile politica delle Forze Armate, da sottoporre all’autorità politica perché la traduca in fatti concreti?
- esiste una strategia per il conseguimento di obiettivi di lungo termine, elaborata sulla base di esigenze reali e non solo su “pruriti” del momento?
- esiste la volontà di rappresentare con fermezza le proprie esigenze, le proprie difficoltà, i propri limiti?
Io sono un tantino pessimista al riguardo e questo mio sentimento è alimentato da un episodio che risale ai primi del 2009 e che, invece, credevo definitivamente sepolto insieme al dogma del’obbedienza “pronta, cieca ed assoluta”. Si dice, infatti, che uno dei “Vertici” (anzi, uno di quelli che vanno per la maggiore!), in occasione di un rapporto abbia minacciato i suoi Comandanti di Brigata di ritenerli personalmente responsabili della...lunghezza delle basette dei loro soldati (solo i maschi però!).
Ma con “Vertici” di cotanta e lungimirante “azione di Comando” ci si potrà mai confrontare, dare dei suggerimenti, impostare un programma? E peggio ancora, che cavolo di messaggio vuoi che mandiamo a politici e cittadini?
Ciao a tutti, Ettore.

sabato 5 settembre 2009

Altra Storia ....... altri vinti.

Ho letto gli ultimi interventi di Giuseppe ed Ettore : colpiscono a fondo . Ho fatto un personale commento a Iacono ed ora mi accingo a scrivere qualcosa su altri vinti che operarono negli stessi luoghi dove 40 anni fa il 150° Corso effettuava il Campo estivo.
Quello che mi ha spinto a scrivere sono alcune parole contenute nei due interventi: Varazze, in quello di Ettore, e vinti, in quello di Giuseppe.
Tutti noi ricordiamo le località di Giovo Ligure e Sassello . Nei dintorni si trovano luoghi come Dego, Millesimo, Cairo Montenotte che cantano ancora la gloria del giovane Generale Napoleone Bonaparte nella Campagna d’Italia. Gli stessi luoghi, a distanza di tempo, sono stati testimoni di avvenimenti anche profondamente diversi ma sempre sfiorati dall’ala della Storia.
Dal luglio del 1944 all’aprile del 1945 la riviera di Ponente e il suo impervio entroterra costituirono il settore affidato alla 3^ Divisione di Fanteria di Marina “San Marco” della R.S.I. Questa Divisione, insieme ad altre tre, fu costituita ed addestrata in Germania a Grafenwohr in strutture ancora utilizzate per esigenze NATO. La Divisione contava circa 15.000 uomini : di questi circa 3.000 erano volontari provenienti dalla X MAS e dai campi di prigionia tedeschi. Gli altri erano coscritti a seguito dei Bandi Graziani. Nell’estate del 1944 gli Stati Maggiori Germanici prevedevano uno sbarco , che poi effettivamente avvenne in Francia sulle coste della Provenza, e, pertanto, anche se l’addestramento non era terminato, destinarono la San Marco a presidio della Riviera di Ponente . Tutti i componenti della Divisione , anche quelli più tiepidi o addirittura contrari, si aspettavano di essere impiegati contro gli Alleati sulla linea Gotica e per loro fu una tremenda notizia quella di essere destinati a presidiare la costa ligure con tutto quello che avrebbe comportato. Il retroterra montuoso ed accidentato era controllato dalle bande partigiane e davanti c’era il mare. La Grande Unità , che comprendeva due Reggimenti di Fanteria di Marina ( 5° e 6°) ed il 3° Reggimento di Artiglieria , fu schierata su un fronte di oltre 100 Km da Savona a Varazze frazionata in reparti di piccola entità e con linee di comunicazione difficili se non impossibili. Questi reparti isolati da un lato subivano le perdite causate dalle azioni dei partigiani e dall’altro erano oggetto di continue diserzioni, anche di unità organiche al completo. Nei luoghi dove noi effettuavamo il campo in Accademia , era di stanza il 5° Rgt. Fino ad aprile del 1945 si succedettero in una tragica sequenza episodi di ferocia da entrambe le parti. Il forte dove noi custodivamo le armi e l’uniforme storica fu teatro di episodi oscuri. Alla fine della guerra nei pressi del monte Beigua (ve lo ricordate nei nostri inquadramenti topografici?) furono rinvenute fosse comuni contenenti i corpi di giovani uomini e donne uccisi con un colpo alla nuca : da quelle parti, sparì una compagnia di marò di circa 200 unità che era stata di stanza a Sassello e zone limitrofe.
Alla fine di aprile 1945 la Divisione si ritirò dalla costa e per ordine superiore si diresse verso Alessandria per poi attraversare il Po. All’inizio del movimento contava circa 10.000 effettivi che entro il 30 aprile cessarono di essere reparti combattenti.
Da quando ho conosciuto questi tragici avvenimenti mi sono spesso chiesto perché noi allievi andavamo a fare il campo proprio a Sassello ? I nostri Comandanti più anziani conoscevano questa storia? Qualcuno di loro c’era già stato?
Quando andammo a fare il viaggio di istruzione , al termine della Scuola di Applicazione, a Trieste il nostro collega Claudio Magris mi raccontò delle Foibe, di cui allora non avevo mai sentito parlare prima. Anche in quella occasione non mi sembra di ricordare che fosse organizzata una sosta per ricordare ed onorare quei morti, ma forse in questo caso mi sbaglio (spero).
Un saluto.
Giovanni Papi

giovedì 3 settembre 2009

La Storia scritta dai vinti.

Lettera aperta di un Terrone trapiantato in “Padania”

Ogni anno ha i suoi tormentoni estivi: questo, la cui estate non è ancora terminata, passerà alla Storia per aver fatto impazzire un povero cristo, che con due Euro se ne è visti recapitare in tasca 147 milioni e, ancor prima, per le innumerevoli esternazioni “leghiste”, fra le quali quelle sulle gabbie salariali, i festeggiamenti per i 150 anni di Unità d’Italia, l’Inno di Mameli piuttosto che il bellissimo “Va Pensiero”, il …..Tricolore,ecc.
Ormai è evidente: da un lato, d’estate i mezzi di informazione devono pur campare, enfatizzando una cosa piuttosto che l'altra; dall’altro, gli ultimi “tormentoni” leghisti hanno lo scopo lapalissiano del gioco “al rialzo”, finalizzato ad ottenere sempre di più da quella Roma ladrona, che paga anche i lauti stipendi dei loro Senatori e Deputati.

Sono campano di origini, padano di residenza da una vita … per “i padani” un invasore… un ladro di stipendi o pensioni del Nord.
La mia opinione, che poi diventa drammatica certezza di fronte alle valutazioni che seguiranno, è che questo movimento politico è iniziato come un fenomeno di folklore, che si è sviluppato negli anni fino a raggiungere numeri discreti …in Parlamento, nei Comuni, nelle Province e nelle Regioni, ma che si basa sull’ignoranza di fondo sia della base che dei suoi capi-popolo……….un’ignoranza arrogante, pretenziosa, egoista e razzista .

Ed è una grave lacuna l’ignoranza per chi fa politica, non foss’altro perché la Storia, quella delle verità oggettive e non di comodo, ha una sua valenza fondamentale nel comprendere l’essenza di un popolo, di una etnia, di intere generazioni.
Quando si approfitta dell’ignoranza della stessa gente, di cui si cavalcano le opinioni vuoi al governo del paese, vuoi all’opposizione, si commette una inadempienza grave, ancor più grave se l’ignoranza proviene addirittura da se stessi.
Quindi per questi Signori, e per quanti non riescono a trovare argomentazioni per contrastarli (se non le “inalberature” del momento messe poi a tacere dalle puntuali smentite e ritrattazioni), vale la seguente Storia, scritta dai vinti … un tabù di cui non si parla mai nei contesti che contano. Un dramma nel dramma !

Verso la fine del 1800, un tal Regio Governo Sabaudo, che si estendeva fino alle pendici del Gran Sasso - per l’esattezza fino alla Rocca di Civitella del Tronto (AP) - pensò di unificare l’Italia che, proprio da Civitella del Tronto fino alla più meridionale delle propaggini siciliane, era governata dai Borboni.
Berlusconi non c’era ancora.
Qual’era la differenza fra questi due Regni?
L’assoluto benessere ed opulenza del Regno delle due Sicilie contro il nulla assoluto del … Nord: una landa desolata di povertà, di indigenza e di fame!
I Borboni detenevano il monopolio assoluto degli scambi commerciali nel Mediterraneo, erano esclusivisti nel know kow e nella produzione di motori marini.
La cosa non era ben vista da Sua Maestà Britannica, che aveva enormi interessi commerciali e non, proprio nello stesso mare … nostrum.
Fu così che i Piemontesi, alleati con i Sardi e finanziati in tutto e per tutto dagli Inglesi … e anche di più, si inventarono la campagna militare che iniziò con un testa di legno (passionale e genuina), di nome Giuseppe Garibaldi, e terminò con la spoliazione dell’intero Centro-Sud di ogni cosa, di ogni risorsa, di ogni ricchezza.
La battaglia di Calatafimi, con i 1.000 di Garibaldi contro le migliaia del potentissimo Esercito Borbonico, terminò con la sconfitta di questi ultimi, non per una sorta di emulazione garibaldina dei 300 Spartani alle Termopili contro i Persiani di Serse, ma semplicemente perché denari inglesi, e tanti anche, finirono nelle tasche di alti Ufficiali, Stati Maggiori e Nobili Borbonici, senza la cui guida i reggimenti di Francesco II di Borbone si sfaldarono come neve al sole.
Accadde questo a Calatafimi, il 15 maggio 1860: nient’altro che questo!
Altra nota storica a margine : tra i famosi "mille", che lo stesso Garibaldi il giorno 5 dicembre 1861 a Torino definí "tutti generalmente di origine pessima e per lo piú ladrona”, sbarcarono in Sicilia, francesi, svizzeri, inglesi, indiani, polacchi, russi e soprattutto ungheresi, tanto che fu costituita una legione ungherese utilizzata per le repressioni piú feroci. Al seguito di questa vera e propria feccia umana, sbarcarono altri 22.000 soldati piemontesi appositamente dichiarati "congedati o disertori".
Garibaldi in ogni caso risalì l’Italia, per entrare da conquistatore in una Napoli indifesa, con Francesco II riparato a Gaeta, e per proseguire a Nord, ma il capo del governo piemontese, tal Camillo Benso di Cavour, conte con barbetta e monocolo, preoccupato di sì tanta intraprendenza, gli mandò incontro Vittorio Emanuele II con l’intero esercito sardo-sabauda.
Da qui lo storico incontro di Teano del 26 ottobre 1861, ove il Re disse un bel “Grazie” a Garibaldi per aver fatto il gioco duro in Sicilia, con la lungimirante valutazione politica di base che se fosse andato tutto bene, il merito se lo sarebbe preso lui, se invece fosse andato male, sarebbe stata solo colpa di quel c…… di Garibaldi !
Questo e niente altro frullò dalla testa del Re con il pizzo, prima e durante la campagna di Sicilia.
Naturalmente, non meno di qualche mese prima, il 20 marzo 1861, dopo un lungo e cruento assedio, cadde anche l’ultimo baluardo del Regno delle due Sicilie, per l’appunto la Rocca di Civitella del Tronto.
Reduci e prigionieri vennero deportati nelle sabaude galere e di loro non si seppe più nulla.
A Garibaldi venne dato il benservito e gli ideatori dell’Unità d’Italia perfezionarono quello che Garibaldi non aveva avuto il tempo di terminare, consolidando il potere acquisito, facendo scempio e strage di migliaia di civili, di oppositori, di intellettuali, ma soprattutto, lo ripeto ancora una volta, portandosi via qualsiasi cosa, fra cui l’anima stessa e l’orgoglio del Centro- Sud della Penisola.

La Storia scritta dai vinti (che è sempre quella vera) quindi ci dice che:
1. paradossalmente, mafia e corruzione furono esportati nel nostro Sud con le ghinee Inglesi e l’avallo politico del Nord;
2. dal 1861 in poi, il Centro-Sud d’Italia fu sfruttato, rannicchiato nell’indigenza, nell’ignoranza e nella povertà, come conseguenza dell’assoluta e primaria scelta politica di comodo della Monarchia, con sede prima a Torino e poi a Roma ... Capitale della riunita Italia, la stessa Roma ladrona che, mi piace ricordarlo ancora, paga stipendi, indennità e trasferte degli Onorevoli leghisti e dei loro portaborse. Sputano da anni nel piatto in cui mangiano e nessuno apre bocca !
3. a guerra finita, infine, nella mancanza ed assenza cronica ed assoluta dello Stato, si crearono gli “antistati” della Mafia, della Camorra, della Ndrangheta e della Sacra Corona Unita : paradossalmente nacquero per proteggere i deboli e le relative famiglie dai briganti e dallo sfruttamento dei latifondisti. Oggi sono holding finanziarie intrecciate a doppia mandata con il sistema politico;
4. da questa terribile e tragica mazzata, il Sud Italia non si è mai più risollevato.

Cos’ha insegnato a me questa storia?
Qualche anno fa entrai in contatto con dei filo-borbonici napoletani, intellettuali di comodo, da cui mi dissociai quasi subito.
Il movimento filo-borbonico e quindi anti-sabaudo (per quello che può valere oggi, ovviamente) sostiene le stesse cose che ho sostenuto io fin’ora; del resto la storia è storia, tuttavia c’è un “ma”.
I filo-borbonici sono un movimento di intellettuali ideologizzati, quasi tutti di estrema sinistra, che amano in maniera particolare piangersi addosso…..lo adorano letteralmente!
Portano avanti da sempre le stesse mie recriminazioni, con la differenza che loro, proprio per essere di estrema sinistra, sanno solo contestare e basta; mentre io, e presumo tanti altri come me, ritengo che all’uomo, inteso non come singolo ma come società, sia data anche la possibilità di scegliere di alzare la schiena, fare il punto della situazione e ripartire da zero, cioè da se stessi, costi quello che costi.
Ce lo hanno insegnato uomini come Falcone e Borsellino, tanti giudici e magistrati di frontiera, giornalisti (penso per esempio a Gianfranco Siani), Ufficiali delle Forze dell’Ordine (penso per esempio a Emanuele Basile), semplici poliziotti e carabinieri, che non erano di certo brianzoli, bergamaschi o veneziani .
Guarda caso poi, i bravi “terroni” , perché ce ne sono stati e ce ne sono tantissimi, dovunque vadano o siano andati, oltre ad adeguarsi al clima, alle usanze e alle regole, hanno dato sempre esempio di intelligenza, capacità, vivacità interiore e fantasia che altri si sognano.

Dove voglio arrivare?
All’auspicio che questo marciume di cui ho parlato fin’ora emerga, per quanto mai in senso vittimistico.
Ci sono dei tabù nel nostro Paese e ce ne sono tanti: c’è stato per decenni il tabù dei profughi istriani , quello dello stragismo, le BR, un fenomeno molto ben organizzato – parere mio - per essere solo Italiano, Ustica, mandanti mai scoperti, esecutori o presunti tali in libertà…per buona condotta o per termine di pena.
Ma c’è anche questo …di tabù, che per certi versi, è ancor più drammatico, non foss’altro perché il non parlarne per tempo nella maniera corretta, ha permesso che un partito politico cavalcasse e continuasse a cavalcare idee strampalate, egoistiche, razziste e sprezzanti.
E voglio arrivare, sì voglio arrivare al fatto che questa penisola si chiama Italia; l’hanno voluta in primis i signori del Nord, l’hanno voluta ed ottenuta un secolo e rotti fa rubando di tutto e massacrando gente inerme. E questo è un dato di fatto.
Noi “terroni” ce ne siamo comunque fatti una ragione; per quanto con grandi difficoltà a scrollarci di dosso tutti i possibili marchi negativi che ci hanno appioppato in un secolo e passa, magari anche a ragione, questa Italia l’abbiamo comunque accettata ed amata; per questa Italia abbiamo combattuto (quanti di noi sono morti per difendere i nostri confini nella I guerra mondiale? E nella II ? Per chiudere con le 4 giornate di Napoli che misero letteralmente in fuga i tedeschi?).
L’Inno Nazionale? Lo ascoltano tutti con rispetto, compresi i contrabbandieri, i camorristi, i topi d’auto e i ladri d’appartamenti, i borseggiatori e i truffatori; tutti !
Ma certi signori del Nord , non sapendo o facendo finta di non sapere quello che hanno combinato i loro avi, continuano a volere, senza aver messo nella minima considerazione che i danni fatti in passato sono tali e tanti che per livellare civiltà e benessere agli standard del Nord, ci vorranno ….generazioni e tempi inimmaginabili.
Questi signori devono reinvestire nel nostro Sud, supportati dai governi pro tempore, tutto quello che ci hanno rubato, non più per restituirci cose ed averi, ma la dignità, il senso civico, il rispetto delle regole e delle leggi, la legalità come principio indissolubile di un qualsiasi tessuto sociale, e soprattutto la riconversione delle capacità produttive alle possibilità effettive del territorio, che sono in prevalenza agricoltura, turismo e servizi. La criminalità organizzata e non vanno represse molto duramente : mai più dovrebbe accadere che quartieri interi insorgano contro polizia e carabinieri quando arrestano il capoclan di turno, quello che per buona sostanza dà da mangiare – nella totale illegalità - allo stesso quartiere in cui vive lui e la sua gente.
La responsabilità storica, morale e politica che ha il Nord del Paese è immensa; il prezzo da pagare? Quello che sia , va pagato fino alla fine. E la gente questo lo deve sapere.

Altro che “gabbie salariali” !
Che la facciano finita, quindi, i sig.ri Leghisti & C.: con il loro modo di dire e di fare non andranno da nessuna parte.
Vogliono tutelare la loro gente? Che lo facciano pure, ma mai senza un Sud Italia “riconvertito” alla pari.
Perché ciò sia, occorre una progettualità politica seria, finalizzazioni, obiettivi sociali ed economici a breve, medio e lungo periodo.
Ci vorrà tutto questo e tanto altro ancora.
Giuseppe Iacono.




Rispondo al commento di Giovanni :


La storia scritta dai Vinti
( del 3 settembre 2009)

Caro Giovanni

Non sono d’accordo con la tua disamina.
Che mi pianga addosso pure io, bhé, sei libero di pensarlo, ma non è così.
Il fatto è che il pesce puzza dalla testa ed è chiaro che se si continuano a mandare denari a "schiovere" nel mezzogiorno, per come stanno le cose ora e soprattutto prima, fra "mamma santissima",Regione, Provincia, Comune e mazzette, se resta qualche briciola è oro colato.
Qui, tanto per non piangersi addosso, occorrono per il Sud Italia statuti e leggi speciali; tutto il SUD Italia va praticamente commissariato e non per poco tempo.
Cosa credevi che pensassi ? di continuare a dare denari a Bassolino e a Rosetta Iervolino ? I Leghisti saranno pure razzisti , ma mica scemi.
Tutti coloro che hanno gestito il potere negli ultimi 20-30 anni, anche se in carica, vanno sospesi e vanno messi sotto inchiesta a fattor comune per il tempo necessario a individuare responsabilità penali, concussioni , connivenze con la criminalità organizzata, corruzione, omissioni di atti di ufficio, falso ideologico, abusi di potere ecc.
Poi ci saranno gli eventuali rinvii a giudizio ; poi i processi e poi le condanne.
Nel frattempo il Sud Italia continuerà a restare commissariato nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni , sotto la supervisione del Ministero degli Interni e, perché no, anche dei Servizi Segreti, con un Super Commissario con carica di Prefetto, che risponde direttamente al Consiglio dei Ministri.
Una dittatura? Per carità, anche se qualcosa andrà certamente corretta per evitare decorrenze dei termini e quant’altro , almeno fino a processo di primo grado concluso. Legge Gozzini? Revocata ! Ci vorrà l’esercito ? E mettiamoci l’esercito, mettiamoci anche i Carabinieri che sono diventati Forza Armata.
Certamente , e qui riconfermo in pieno quello che ho detto nel mio primo intervento , un aiuto spintaneo di quel Nord che ha comunque in passato reso possibile l’attuale situazione ci vuole, sia in termini di risorse e tante, che di impegno effettivo, competenze specifiche comprese.
Che iniziassero per esempio a mandare a Palermo anche magistrati , poliziotti , vigili urbani e finanzieri di Como, Varese, Milano, Bergamo, Brescia, Torino soprattutto, ecc. Idem dicasi per gli Insegnanti,i Presidi, i Dirigenti Sanitari, i Dirigenti dell’Ufficio Imposte Dirette, Ufficio IVA, Catasto, INPDAP, INPS, INAIL, Polizia Tributaria, Prefetture, delle Infrastrutture, della Nettezza Urbana, dei trasporti pubblici…..di qualsiasi cosa.
Che le regole sugli appalti vengano totalmente riviste, ipotizzando per postulato e allo stato attuale, inadempienze e illeciti ad ogni passaggio.
Che le imprese edili siano tutte schedate e certificate e che il fenomeno dei subappalti sparisca completamente. Che gli standard costruttivi siano controllati, seguiti e certificati da professionisti …con la scorta.

Ma qui mi fermo, caro Giovanni.

Era solo per darti un’idea che la storia è una cosa e come risolvere i danni della stessa sono un'altra.
Diversamente hai ragione : ci si piange addosso e basta. Ma non era quello il mio intendimento e mi spiace che tu mi abbia frainteso.

Quindi, hai ragione : non si risolvono problemi di questa portata mandando soldi ( in tal modo lavandosi solo la coscienza) in un ambiente corrotto ed incapace a gestirli.

Come pure , Giovanni, non si mandano cibo o denari in Africa.
Lì non è nemmeno sufficiente insegnare alle popolazioni locali coltivare un campo a mais piuttosto che a cocomeri. Il cibo regalato finisce, i denari mandati se li cuccano i dittatori neri, e contro il know how basta la prima pulizia etnica che qualche bastardo si inventa e addio a manodopera ed attrezzature.
Perché l'Africa e il terzo mondo in genere versano in queste condizioni ?
Perché i signori colonizzatori (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo ecc.) hanno sfruttato per secoli la gente locale e le loro risorse, facendoli star bene anche, per carità, ma schiavizzando le persone e rendendole incapaci di provvedere a se stesse. I colonizzatori si sono arricchiti e ai primi movimenti indipendentisti se ne sono andati, lasciando tutti in un mare di m.......
Ora questi disgraziati, al netto di delinquenti e terroristi, che vengono da noi perché sanno che in galera oggi entrano e domani escono, ce li ritroviamo tutti a Lampedusa, prima in Puglia , contemporaneamente al confine con la Slovenia ecc.
Ce li mandano le organizzazioni criminali, straguadagnandoci e reinvestendo in droga ed armi ?
Ma perché queste persone vogliono andarsene comunque via dalla loro terra ?
Quale destino li attende se restano nel loro paese ?
Chi sono i loro governanti ?
Sono degli statisti di rango, illuministi nel pensiero , nell’etica e nella politica ?
Forniscono loro gli strumenti, la cultura , il supporto e l’assistenza per farli progredire e farli divenire persone civili?

Non trovi, caro Giovanni, una sorta di equipollenza fra quello che sta accadendo in tutti i sud del mondo , Italia compresa ?

Vogliamo andare avanti ? Attenzione però : qui andiamo nel profondo veramente !

Te la ricordi la parabola del Buon Samaritano ?
Quel samaritano (che era considerato peggio di un levita o di un giudeo) lungo la strada che conduceva a Gerico, un giorno, incontrò un viandante derubato, spogliato e massacrato di botte
L’uomo, dice il Vangelo di Luca, lo soccorse, lo ripulì, lo portò in una locanda , lo fece rifocillare , curare e riposare , pagò il conto e se ne andò.
Bene! Un tal Giovanni Franzoni, che non c’entra nulla con la madre del deceduto Samuele Franzoni, negli anni ‘70 era Abate della Basilica di San Paolo in Roma, ed era una delle persone più rappresentative del Cristianesimo subito dopo il Concilio Vaticano II. Scrisse un libro (ne scrisse uno solo) : “La solitudine del Samaritano- una parabola per l’oggi”.
Questo libro non è più in commercio da decenni : la casa editrice è fallita. Sono quindi il fortunato raro possessore di una fotocopia di questo piccolo , ma grande libro. Quindi non potrai verificare quello che sto per dirti : ti devi fidare.
Franzoni fu uno dei pochissimi sacerdoti che negli anni 70 portarono in chiave critica il messaggio evangelico fuori dalle stanze del potere ecclesiastico, rileggendo in controluce quella semplice parabola per cercarvi i principi concreti di una nuova etica della solidarietà, al di fuori e al di sopra dalla carità “codificata” dalla Chiesa.
Provocatoriamente scrive ( te lo sintetizzo a parole mie ) : supponiamo che il Buon Samaritano, il giorno dopo, facendo la stessa strada per Gerico, incontrasse di nuovo un altro viandante derubato e massacrato di botte. Poteva succedere, no? Sicuramente, lo avrebbe soccorso e sostenuto come aveva fatto con l’altro il giorno prima.
E se gli fosse capitata la stessa cosa anche il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, ogni giorno, sempre ?
“Oh, cacchio, avrebbe pensato, ma io non posso andare avanti così, qua prima o poi al posto del viandante ci finisco io !”
Fu allora, prosegue Franzoni nella “provocazione”, che il buon Samaritano pensò di istituire “ La Pia Opera per il soccorso dei rapinati sulla strada di Gerico”, istituzione che potesse sopperire a questo tipo di emergenza ricorrente, senza che il peso ne ricadesse sui pochi malcapitati di buona volontà.
Lui stesso, però, pensò anche un’altra cosa : ma non è che così facendo, io stesso creo un meccanismo perverso, che mentre pone in opera un aiuto per i violentati, simultaneamente incoraggia anche i rapinatori ?
Da una parte essi feriscono e derubano, dall’altra qualcuno pensa a rimuovere gli esiti più repellenti del loro agire, edulcorando la piaga che hanno creato!
Addirittura, non sarebbe stato conveniente per gli stessi ladri, devolvere parte del frutto delle rapine a “finanziare” la “Pia Opera”, integrandola opportunamente con la loro attività?
Che dilemmi, eh ?
Allora, non basta rispondere ai ladroni ( che oggi si chiamano mafia, imprenditori e politici corrotti ecc. ) solo con delle istituzioni di beneficenza, tipo : “Ma si, io ,Stato Italiano, sapete che vi dico ? Che a voi terroni vi ammollo ¼ di finanziaria all’anno, la Lega è contro ma va bene o stesso ; quindi vedete di non rompere e fateci quello che vi pare. Tanto, la mia coscienza è a posto !”

Sai cosa è successo a Giovanni Franzoni , per aver messo solo per iscritto ragionamenti di questo tipo ( ti anticipo solo che il finale del libro è semplicemente “magico” ) ?
Che non ha fatto carriera con porpore e porporine : è stato spretato “a divinis” !

Allora, caro Giovanni, sappi che in questo paese io non ho mai vissuto, ma sopravvissuto.
Le mie emozioni restano confinate solo quando per strada vedo svolazzare un tricolore da qualche balcone, ai funerali dei nostri morti di Nassiriya, all’ascolto del nostro inno nazionale, ad un alza o ammaina bandiera e agli squilli di tromba delle poche caserme che sono rimaste in giro; ai nostri militari impegnati e con grande rischio in Afghanistan, Libano e negli altri teatri internazionali.
Io mi sento orgoglioso di essere Italiano solo grazie a queste sensazioni.
Per il resto mi vergogno di vivere in un paese TRIBALE come questo. Mi fa semplicemente schifo!

Vorrei cambiarlo , vorrei vederlo cambiato, vorrei fare qualcosa per “iniziare” a farlo cambiare. Ma chi sono io , quando nei TG o sui giornali si parla o si legge solo di cronaca nera , e in politica – ogni giorno - si parla o si legge solo di maggioranza e opposizione che si danno addosso, senza che nessuno riesca a capire una mazza su come vanno veramente le cose, sull’economia, su chi strumentalizza e su chi no, su chi apre bocca solo per parlare, su chi ti dice una verità subito smentita o non te la dice per niente , sulle verità di oggi che non sono le stesse di domani : sulla disinformazione martellante , capillare , annichilente , condita dal nulla ?

Un abbraccio, Giovanni , scusami se forse sono andato anche oltre e, in ogni caso, grazie per il riscontro e l’attenzione.

martedì 1 settembre 2009

L'orgoglio di appartenenza.

L’orgoglio di appartenenza .

Forse non tutti sanno (ammesso che gli interessi) che tutti i giorni dedico un’oretta del mio tempo da quiescente a delle salutari chiacchierate telefoniche con Oliviero, oltre logicamente lo scambio di e-mail che non segue regole precise.
Sono chiacchierate a ruota libera, sugli argomenti più vari del nostro Bel Paese, su quello che avviene nel mondo, sullo sport e, logicamente, sull’universo in uniforme: nel 90% dei casi, le nostre opinioni divergono. Fin qui niente di nuovo; è normale che due persone adulte che discutono non potranno mai essere d’accordo su tutto ma, nel nostro caso, la discriminante sta nel fatto che le nostre opinioni si sono formate a seguito di esperienze diverse: la mia, unicamente militare; la sua, diciamo così mista, a prevalenza civile, ma pur sempre marchiata da Mamma Accademia. Questo fatto gli conferisce un indubbio vantaggio, in quanto lui conosce a priori quale è il mio processo ragionativo ed i paletti che lo delimitano e lo condizionano, mentre io non so niente del suo.
Tutta questa bella premessa per introdurre un argomento che, una volta tanto, ci ha trovati concordi: l’orgoglio di appartenenza.
Mi ha raccontato infatti che, nel corso dei suoi frequenti giri in bicicletta in quel di Modena e dintorni, ha notato che le maestranze della Ferrari e della Maserati escono dalle rispettive fabbriche con le loro belle tute piene di marchi e di scritte; gli Allievi dell’Accademia invece escono in borghese e mi ha chiesto: perché?
Già, perché? Forse perché quelle maestranze sono “obbligate”? anche se dubito che sia questa la ragione vista la virulenza sindacale che imperversa da quelle parti; forse perché la Storica è un tantinello scomoda e pure individuabile a chilometri di distanza? forse... E se si trattasse invece solo di orgoglio di indossare e di mostrare la divisa del proprio mondo, meglio ancora se si tratta di un’uniforme?!
Non voglio fare della sterile dietrologia ma sfido chiunque di noi a dichiarare che non è mai arrivato a casa tutto impettito, fiero di mostrare il suo status ed incurante del peso del Kepì, della tortura del colletto di plastica e dell’impaccio dei sottoscarpa; che io sappia, non c’è stato nessuno che “si sia messo in borghese sul treno”; anzi so di persone che sono scese dalla corriera una fermata prima per percorrere per intero la strada principale del paese e “mostrarsi” a tutti con soddisfazione, quasi a dire: “ammirate cosa sono diventato e stupitevene pure!”; perfino quando facevamo la “stagione balneare” a Varazze ci crogiolavamo nella nostra iperscomoda “bianca estiva”.
Eppure non eravamo masochisti, né speravamo più di tanto nel fascino irresistibile dell’uniforme sui cuori femminili che rimanevano ermeticamente chiusi, quando non ostili. Il fatto era che eravamo orgogliosi di far vedere a tutti che lo scavezzacollo di solo qualche mese prima era riuscito a far parte di un mondo tutto sommato di prestigio ed ai più ignoto; che avevamo fatto una scelta importante e vincolante, foriera non certo di facili guadagni; che quella scelta l’avevamo fatta in periodaccio della nostra storia repubblicana quando era più facile millantare come “diritto” la ricerca del proprio tornaconto che sottoporsi a pesanti “doveri”.
Ora, invece, i nostri discendenti escono in quell’orribile borghese “da regolamento”, approfittano del primo pertugio per mettersi più comodi, salgono sulle loro potenti auto o moto fino a confondersi nell’anonimato della massa; anche il Clero può non indossare l’abito talare ma nessun prete rinuncia a farsi riconoscere come tale e mostra con orgoglio il simbolo del suo status: la Croce.
Allora, da vecchio quiescente nostalgico, forse pure con qualche sintomo di arteriosclerosi precoce, mi domando: ma se questi giovani ancora con la bocca sporca di latte non sentono la spinta morale di mostrare al mondo chi sono e cosa rappresentano ma quando arriveranno ai Reparti, quando inizieranno ad essere Comandanti, cosa insegneranno ai loro uomini, quale modello proporranno, quali punti di riferimento etici indicheranno?
Non basta, a mio avviso, intonare l’Inno durante le cerimonie, perché sempre dentro un comparto militare ci si trova e, da fuori, non si percepisce proprio niente: resta tutto in famiglia, insomma! Né tantomeno, mi sembra deontologicamente corretto ragionare solo in termini di “orario di servizio”, come un qualsiasi mezzemaniche dell’apparato pubblico che “tira” ad arrivare alla fine del mese nella maniera più indolore possibile.
Tutto ciò mi fa tornare alla mente talune voci che riportavano un fenomeno che sembra stia prendendo piede nei Reparti con l’avvento del professionismo/volontariato; sembra, infatti, che i Quadri più giovani non rappresentino più per i loro uomini quei “fratelli maggiori” che eravamo o che ci sforzavamo di essere noi. Ora sono, si sentono e sono percepiti nel migliore dei casi come dei primi inter pares, ma solo per motivi disciplinari, considerata l’enorme differenza di esperienza che esiste tra un tenentino ed anche il più giovane dei soldati ma con qualche missione nello zaino.
Ma questa logica differenza potrebbe essere colmata se quei tenentini mostrassero di avere quel qualcosa in più che li farebbe somigliare a dei “comandanti”. Ma come si può avere “qualcosa in più” se ci si veste nella stessa maniera, se al termine dell’orario si è allineati sugli stessi blocchi di partenza, se non si dimostra che essere Ufficiali comporta anche rinunce e sacrifici che non sono richiesti ai sottoposti?!
Sinceramente, spero di sbagliarmi per il bene di quell’Esercito che ho anteposto con convinzione ad ogni esigenza personale; però, ho paura che questi fenomeni siano indicatori di un devastante cambiamento di mentalità: quello di svolgere un lavoro qualsiasi, peraltro molto ben retribuito rispetto a “fuori”, con orari rigidi e licenze lunghe, al modico prezzo di qualche “signorsì” detto di tanto in tanto.
Ettore.