LO SCUDO STELLARE DI OBAMA
Una notizia passata in sottordine, almeno in Italia, è stata l’annunciato cambiamento di visione del Presidente degli Stati Uniti, Barack OBAMA, sul programma di difesa dai missili balistici, noto come “scudo stellare”. C’era da aspettarselo! La decisione è in linea con quanto avvenuto già nella passate amministrazioni che hanno sempre mantenuto un andamento altalenante in merito alla questione.
L’Amministrazione di George W Bush ne aveva dato un’accelerazione senza precedenti, prevedendo uno stanziamento di 53 miliardi di dollari, il più elevato budget del Pentagono, ed aveva avviato nel Febbraio 2007 i negoziati con la Polonia e la Repubblica Ceca per l’installazione di un sistema “Ground Based Midcourse Defence System”, quale punta “avanzata” del sistema difensivo americano in Europa. Il programma americano si fondava sulle basi radar di Fylingdales (UK) e di Thule (Groenlandia, in territorio Danese), su l’installazione di un radar sul territorio Ceco (base di Brdy) e n. 10 intercettori missilistici nella base di Redzikovo (Polonia) nei pressi del Mar Baltico. Ora, le basi in Polonia e nella Repubblica Ceca, non si faranno più, mentre restano operative quelle in UK e Groenlandia.
In realtà, più che in termini prettamente tecnici o “militari”, la differenza è in termini “politici”, specialmente nei confronti della Russia. Infatti, la costruzione delle basi in Europa per la difesa dai missili balistici, al primo posto tra le cosiddette “Armi di Distruzione di Massa” (Weapons of Mass Distruction), aveva lo scopo di difendere sì l’Europa, ma soprattutto gli Stati Uniti, in ossequio al principio della “difesa avanzata”, dai missili intercontinentali provenienti dall’Est (Russia) e dal Medio Oriente (leggasi Iran).
E l’Iran costituisce, al momento, la principale preoccupazione, visto gli avanzamenti sul programma nucleare che si traducono in concreta acquisizione di tecnologie e di “expertise” facilmente riversabili sui programmi militari e sull’ammodernamento delle capacità dei missili balistici “Sharab” nelle varie versioni (lo Sharab 5, in sviluppo, potrebbe superare i 5.000 Km).
Di conseguenza, l’Iran può costituire una seria minaccia sia alle truppe in Teatro d’operazioni sia all’Europa, su cui potrebbe effettuare lanci dimostrativi e/o “terroristici”. L’Iran vuole farsi temere e inviare, allo stesso tempo, un segnale forte ai Paesi dell’area mussulmana.
La Russia, come è noto, non ha mai accettato lo schieramento dello scudo difensivo europeo ai propri confini ed ha minacciato di sospendere il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa e di installare missili nucleari a corto raggio, Iskander, a Kaliningrad ed un radar per disturbare quello previsto nella Repubblica Ceca dal progetto Usa. La marcia indietro di Obama va dunque interpretata come un atto politico, concreto, di buona volontà a riprendere il dialogo con la Russia.
Ma Obama non ha modificato il programma “interno” ovvero in terra americana che, al momento, inalterato. E quando Obama dice: “Per renderla semplice, la nostra nuova architettura in Europa sarà più forte, più intelligente e più rapida per difendere le forze americane e gli Alleati”, vuole dire che la collaborazione con la NATO si rafforzerà e quindi il programma che la NATO ha già avviato, denominato ALTBMD (Active Layered Tactical Ballistic Missile Defence) e diretto proprio alla difesa delle truppe in Teatro oltre che alla stessa Europa, proseguirà con il pieno coinvolgimento delle industrie americane. Quindi, economicamente le industrie americane soffriranno poco per questa “virata”, in quanto il lavoro è assicurato dal programma della NATO, cui ora, ne sono certo, parteciperanno a pieno titolo sia la Polonia sia la Repubblica Ceca, per compensare le perdite anche economiche subite a causa della “virata” improvvisa che ha lasciato i due governi impreparati di fronte all’opinione pubblica interna che aveva fatto fatica a convincersi.
Ma al programma NATO potrebbe partecipare anche la Russia, soddisfacendo così una sua vecchia aspirazione. Se questo dovesse accadere allora la Russia si schiererebbe, di fatto, a fianco degli USA nella battaglia contro l’Iran. Ma questo è uno scenario tutto da verificare. Le diplomazie avranno da lavorare.
V. Di Ventura
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