Si fosse fatto un sondaggio il 9 giugno 1940, vigilia dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale , i più avrebbero detto sì alle armi , alla gloria, all’impero e all’alleato tedesco che quel giorno appariva invincibile.
Un paio di millenni prima una specie di sondaggio fu fatto in Palestina , la gente scelse di salvare Barabba e non Gesù.
Si facesse oggi un sondaggio , la gente si esprimerebbe a maggioranza per l’abolizione di banche e tasse, salvo poi tornare al baratto e all’economia di pura e stentata sopravvivenza alimentare.
Un sondaggio dice che il 54% degli italiani vuole il ritiro dall’Afghanistan. Il sondaggio dice il vero, è la gente che sbaglia, come, storia alla mano, capita il più delle volte.
Tra il volere immediato della gente e la giustezza della scelta politica ci sono , ci sarebbero , i governi.
Stanno, sarebbero, lì a governare la gente, non per lisciare il pelo ai suoi umori , paure, ignoranza.. Non è un caso che la voglia di sfilarsi da Kabul sia più o meno massiccia ed esplicita tra le forze politiche italiane “più vicine alla gente” e meno all’idea di governo occidentale e liberale: la Lega di Bossi , Di Pietro, la sinistra antagonista , lo stesso Berlusconi .
Tutti uomini e culture per cui governo è : io dico quello che dici tu , tu mi voti, e il resto c’è, non conta.
L’unico motto e valore è : “mi faccio gli affari miei”.
Frase tanto netta quanto sciocca: In Afghanistan gli europei e gli americani ci sono proprio per “farsi i fatti loro”.
L’alternativa in Afghanistan non è andarsene o restare .
L’alternativa vera è tra fuggire o combattere.
La domanda non è se valga la pena di morire a Kabul, è se abbia un senso morire inutilmente oppure tentando di riprendere ai talebani il controllo del “terreno”. Perché, senza conquista del terreno, non c’è neanche conquista delle “menti e dei cuori” e viceversa.
Molta gente non sa che , via la Nato da Kabul, qualcuno dovrà difendere le atomiche pakistane dai talebani, oppure lasciarle nelle loro mani. .
Non si vuol sapere che “tutti a casa” significa , per una via che va da Kabul a Teheran a Tel Aviv, portarsi la guerra in casa:
La gente può non sapere e voler di non sapere.
Alibi ch invece i governi non hanno. Hanno l’obbligo di spiegare, non quello di attendere , che la spiegazione raggiunga e convinca la gente. Esistono proprio per assumersi la responsabilità di decidere e agire per tempo. Con la gente faranno i conti dopo.
Gente che in Italia ha almeno un paio di attenuanti.
La prima : un’informazione melodrammatica e disinformata che racconta la guerra come un luogo dove è “assurdo” morire.
La seconda: nessun governo, né di destra né di sinistra , le ha mai detto la verità.
Nessuno ha mai detto : è guerra ed è pure necessaria.
Dopo i sei morti di Kabul il deficit di verità e di governo si è perfino allargato : premier, ministri, partiti e Parlamento , con l’unica eccezione di Napolitano , stanno facendo una scelta, concepita e trasmessa come astuta.
La scelta è far finta. Finta di tornare ritirando 500 uomini , finta di restare evitando di andare dove il talebano è più fitto. Al capo del governo piace l’ultima formula linguistica : transitino strategy. Traduzione , non dall’inglese ma dal “governese” : strategia della pecora che si credeva volpe.
Mino Fuccillo
Da la “Gazzetta di Modena “ di sabato 19 settembre 2009.
Per noi il Giornalista scrive cose molto interessanti, tu cosa ne pensi ??!??
Ettore e Oliviero
Anche Giovanni Papi ci segnala un articolo interessante.
Il prete sciacallo e il silenzio del Cardinale
Ci sono parole e fatti che indignano i professionisti della protesta. Altri no. Basta che Berlusconi, Brunetta, la Gelmini, Bossi e suo figlio aprano bocca che subito le agenzie battono reazioni allarmate dei vari esponenti dell'opposizione e dell'intellettuale di turno. Di Pietro insegna. Non avendo un lavoro né nulla di interessante da fare, il leader dell'Idv passa la giornate a sfornare pareri non richiesti su tutto e tutti. Ma, dicevamo, a volte non è così. Per esempio ieri non abbiamo sentito o letto condanne e prese di distanza da quegli imbecilli che stanno imbrattando i muri delle nostre città con la scritta «-6» in segno di esultanza per il successo dei talebani nell'attentato di Kabul contro i nostri soldati. Mani anonime, si dirà. Certo, ma la matrice politica è chiara, ed è da cercare nell'area dell'antiberlusconismo radicale alla quale non pochi signori che vediamo ogni sera nei talk-show televisivi strizzano l'occhio. Sono curioso di vedere se oggi la democratica Concita De Gregorio scriverà qualche cosa contro questi mascalzoni sulla sua Unità sempre pronta a dare lezioni di morale. O se Ballarò e Santoro dedicheranno qualche minuto delle loro trasmissioni per smascherare e denunciare gli sciacalli di sinistra.Ma soprattutto mi colpisce il silenzio del cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, nei confronti di un suo dipendente, don Giorgio de Capitani, parroco a Lecco, diocesi ambrosiana. Questo prete, già noto per le sue violente omelie contro Berlusconi, ieri ha detto e scritto sul suo sito che i parà uccisi a Kabul «sono solo dei mercenari» che non meritano tanta commozione. Oggi, interpellato dal nostro inviato Luca Fazzo, rincara la dose e confida che «su tante cose anche il cardinale Tettamanzi la pensa come me, solo che non può dirlo». Ora, noi non ci permettiamo di mettere becco in casa altrui, sappiamo che nella Chiesa c'è posto per tutti, anche per gli svitati, ma è chiaro che delle due l'una: o oggi, subito, vengono presi provvedimenti tali da impedire a don Giorgio di offendere i nostri morti a nome e per conto di Dio, oppure ha ragione lui e il silenzio del cardinale diventa benedizione e complicità.
Anche perché ieri il Tettamanzi ha ricevuto parole di encomio importanti. Cito testualmente: «Il capo della diocesi milanese è l'unico che ci difende, appoggiando la nostra richiesta di costruire delle moschee. Fino ad ora è stato l'unico ad avere espresso nei nostri confronti parole cristiane e rispettose della costituzione che garantisce a tutte le religioni di avere propri luoghi di culto». A sbilanciarsi in tanto ringraziamento è stato Abdel Hamid Shaari, presidente del centro islamico milanese. Vorremo poter dire altrettanto, e cioè ringraziare il nostro cardinale per aver difeso senza indugio, oltre che i diritti degli islamici, anche quelli dei nostri soldati che non sono mercenari ma che erano a Kabul mandati dal nostro Parlamento, cioè da tutti noi, in pieno rispetto del dettato costituzionale.
Si potrebbe obiettare: don Giorgio è don Giorgio, Tettamanzi è altro. Giusto. Ma senza entrare in questioni ecclesiali, mi sembra ovvio che un fedele quando ascolta il suo parroco sia convinto che questi non parli a titolo personale ma che le sue parole siano ispirate ai sacri testi. E allora non vorremmo che qualche buon cristiano sia convinto che il buon Dio o il suo vicario in terra considerino i nostri soldati gente indegna. Senza contare che tutti i cristiani, e i preti in particolare, debbono obbedienza al proprio vescovo. Speriamo che quest'ultimo abbia tempo e voglia di farsi obbedire.
Alessandro Sallustri
Da "Il Giornale" di domenica 20 settembre 2009.
Interviene anche F. Miredi.
Il mio parere
Concordo con le considerazioni di Mino Fucillo e comprendo lo sfogo di Pino. Il giornalista del “Giornale”, al contrario, ha fatto, come al solito, solo campagna elettorale stigmatizzando il comportamento dei politici contrari al suo gruppo, senza esporsi con un suo pensiero, e dimenticando che il primo a parlare di abbandono è stato Bossi non smentito da Berlusconi .
Le riflessioni di Gigi sulla natura di questa guerra sono sempre state lineari ed articolate e sino a quando i politici, di tutti i colori e schieramenti, non la smetteranno di dire bugie, definendola missione di pace, la gente comune non capirà il perché di tutto questo.
Come diceva Gigi, l’aiuto a quei popoli si sarebbe potuto dare aiutandoli a crescere economicamente e socialmente ma, a mio parere, questo è stato fatto da solo alcuni missionari, non dai governi che non ne avevano alcun interesse.
Oggi siamo in guerra e anche se, sempre a mio parere, non è una guerra giusta, non possiamo tirarci indietro. Il solo parlarne rappresenta un pericolo per i soldati che ancora sono là e per i fragili equilibri esistenti fra il mondo occidentale e quello orientale.
L’abbandono sarebbe visto come un segno di debolezza da parte dei “mercenari” occidentali sconfitti dagli invincibili “soldati di Allah” e il fanatismo mistico farebbe proseliti anche nei ceti moderati che, sin’ora, sono stati a guardare.
Forse, quindi, sarebbe meglio incrementare l’intervento bellico da parte di tutti i paesi impegnati e modificare la politica internazionale nei confronti di Israele. I terroristi fanatici ed i loro sostenitori vanno sconfitti con la forza, dovunque essi si annidino; ai popoli, invece, serve giustizia e le mire espansionistiche israeliane rappresentano il potere e l’arroganza del più forte, cioè la sopraffazione e l’ingiustizia.
Francesco
Scusa Francesco, ma delle scritte -6 e di quello che ha detto il prete non hai nulla da commentare ?
RispondiEliminaGiovanni Papi
Caro Giovanni
RispondiEliminala scritta - 6 può scaturire solo da quel fanatismo politico che ho sempre rinnegato; commentarlo mi porterebbe sullo stesso piano dell'idiota autore.
Le considerazioni del prete appaiono in netta discordanza con le funzioni pastorali che dovrebbe rivestire e se non sono state stralciate da un discorso più complesso o "interpretate" dal giornalista, sono non condivisibili e di pessimo gusto. Personalmente ritengo che da anni noi occidentali stiamo sfruttando i paesi più deboli ma queste considerazioni sono inutili e nefaste in un contesto dove si piange la morte di sei italiani che facevano solo il loro dovere.
Francesco