venerdì 20 dicembre 2013

Riflessioni di un nonno


                                             

 
E' notte, ancora una volta l'insonnia mi è compagna; mi siedo sulla poltrona in sala, piano per non fare rumore; una debole luce notturna rischiara l'ambiente. L'orecchio di Teo, il mio cane, percepisce la mia presenza ma il mio amico non si scompone: è abituato al mio girovagare.

Ad occhi socchiusi lascio la mia mente libera, libera di fantasticare ed affrontare i più svariati problemi.  Quello che dalle sue pieghe affiora questa notte è particolarmente interessante.

Non credo di essermi sempre posto il problema di chi o che cosa abbia sostenuto il mio cammino, la mia fatica di vivere.
L'infanzia l'ho trascorsa nel totale abbandono ai miei genitori; nella pubertà ho sperimentato le prime ribellioni agli insegnamenti avuti e i primi desideri di voler fare da solo.

E' nel periodo adolescenziale, che trovo le prime ricerche di un progetto di vita che mi sostenesse nelle mie scelte: studi, condotta di vita, ricerca di amici sinceri.
Tutto, comunque, ristretto a cose concrete: una carriera in sintonia con le mie idee, la fidanzata prima e la sposa dopo, l'educazione dei figli. Tutte cose meravigliose nelle quali ho creduto e per le quali ho vissuto.

Poi qualcosa è cambiato, l'esistenza non poteva essere solo finalizzata a cose terrene e quindi effimere. Arrivata l'età matura ho capito come tutto abbia un valore relativo: sia i successi che le sconfitte. Si sente prepotentemente come l'uomo sia proiettato oltre, si sperimenta su se stessi questo insaziabile desiderio di cercare ancora, di sperare per continuare a vivere e non morire dentro. Sperare contro ogni speranza che la nostra esistenza non si cancelli con la morte.
Ecco, quindi, questo feroce desiderio di abbandono, di sperimentare ancora la fiducia già conosciuta nell'infanzia quando mi affidavo ciecamente alla volontà dei miei genitori che amavo perché  intuivo che volessero il mio bene.

Desiderio di offrire a Qualcuno tutta la mia vita, tutte le mie esperienze, gli errori, le delusioni, i successi perché nulla di me andasse perduto.
Desiderio di affidarmi a Qualcuno che non ha mai cessato di cercarmi anche se io ho creduto di poter fare a meno di Lui.

Gli occhi si chiudono; guardo Teo che, placido, riposa; vedo il volto della mia nipotina sorridermi dalla foto sulla scrivania...quasi senza accorgermi, si affaccia alla mia mente una preghiera, una delle tante che pensavo d'aver dimenticato. Le mie labbra la sussurrano: prima, quasi per inerzia poi …..
Massimo Riccobaldi.

giovedì 19 dicembre 2013

Q.d.B. augurano....



Realizzato da Giovanni Papi.

domenica 15 dicembre 2013

De juventude


Nonostante gli strascichi del disastro che si è consumato sulle rive del Bosforo facciano ancora sentire tutto il loro, devastante, peso sul mio sistema neurovegetativo, mi sforzerò di fare una serena analisi dell’attuale situazione politica italiana.
Non vi è dubbio che i recenti fatti hanno dato una, speriamo, salutare scossa ad un sistema anchilosato, autoreferenziale, trasversalmente e colpevolmente inefficiente; una generazione nuova è riuscita ad aprire una breccia e sta cercando disperatamente di prendere possesso di quello che c’è aldilà.

Dico subito che, per me, l’essere “giovani” e magari pure “donne” non è sinonimo automatico di capacità; non sono, sempre secondo me, l’anagrafe o il sesso la conditio sine qua a che un politico, un dirigente sia affidabile; certo, l’entusiasmo, la voglia di emergere, l’assenza di palle al piede di un passato disastroso sono elementi motivazionali necessari ma, non sempre, sufficienti.
Ciò detto, una cosa appare subito in tutta la sua evidenza: l’assenza nel Centrodestra di personaggi con tali caratteristiche.

Mentre, infatti, nel Centrosinistra sono emersi uomini che sanno quasi “di nuovo” o, almeno, hanno poche scorie del vecchio, dall’altra parte i volti sono sempre gli stessi, anche tra coloro che stanno tentando, faticosamente, di liberarsi dell’ asfissiante cappa di piombo che ha soffocato per decenni ogni possibilità di rinnovamento.
Io che “sinistro” non sono mai stato, devo riconoscere che, nonostante l’imbarazzante e sventurato dilettantismo degli ultimi anni, un certo, ancorché limitato ricambio c’è pur stato, anche se i “pezzi da 90”, sembravano inamovibili; dall’altra parte, invece, l’incombente, monocratica, ricattatrice presenza di un satrapo ha impedito la nascita e la crescita di personaggi che avrebbero potuto contribuire al rinnovamento del nostro sgangherato sistema politico-istituzionale.

Entrando nel merito, mi sento di fare questa analisi.
Renzi è entrato a gamba tesa ed ha trovato opportunità a schiovere nella palude parlamentare; come mi rimprovera sempre il buon Oliviero parlando e rosicando della Signora, diciamo che “gli piace vincere facile”, non fosse altro che per mancanza di avversari paritetici. Certo, non avrà vita né semplice né facile, dato che la zavorra ancora esistente continuerà ad avere il suo peso; però e fatta la tara di una buona dose di logorrea, sembra avere tutte le carte in regola per poter lasciare qualche segno tangibile: diciamo pure che “di nuovo” ha molto.

Alfano sta tentando disperatamente di emanciparsi dalla morsa di un padrone implacabile ed annichilente (ci aveva, inutilmente, provato con le “primarie” di qualche mese fa) ma è frenato, secondo me, da due elementi quasi insuperabili: l’ingombrante permanenza di tanto “vecchiume” –per di più molto compromesso- intorno a lui e la predisposizione a parlare in “politichese stretto”, appesantito per di più da un linguaggio forense di sicula ascendenza democristiana.
Berlusconi continuerà a sparare le sue fanfaronate, a fare le sue promesse, a cercare di rimettere assieme i cocci di un giocattolo che lui stesso ha rotto ma non credo che possa avere un futuro: gli mancano i ricambi e lo condanna l’anagrafe.

Grillo, con la sua spocchia di unico “unto”,  non lo metto neanche nel novero dei possibili “salvatori”, considerate l’inconcludenza solo disfattista delle sue “idee” e la pochezza della sua armata brancaleone che, di quell’inconcludenza, è la sola espressione possibile.
Salvini –che pure l’anagrafe allocherebbe tra il “nuovo”-  sa di "vecchio" e non è altro che la copia sbiadita dei forcaioli più duri che puri con cui è cresciuto; continua a ripetere le stesse litanie e si è fatto rubare pure il palcoscenico dal comico di cui sopra, in quanto a volgarità ed aria fritta.

Anche se potrebbe sembrare che non ci azzecchi niente, non si può non citare quella grande moltitudine, quel guazzabuglio disordinato ed acefalo che, sotto le sigle più svariate ed improbabili, sta scuotendo il Paese. Nonostante la ragionevolezza e la giustezza delle rivendicazioni, non credo che abbia un futuro o, quanto meno, un futuro ordinato, propositivo, concreto; avrebbe bisogno di un “LUI” che ne raccolga e ne disciplini le istanze, facendole concretizzare.
Ma, pur nell’alveo dell’atavica incapacità italiota di produrne di seri, mi e Vi chiedo: non ne abbiamo già avuti troppi?!

Un abbraccio,
Ettore.

 

martedì 10 dicembre 2013

Intimità profanata


Modena, il cortile di Palazzo Ducale apre al pubblico
Sabato 7, sabato 21 e martedì 24 dicembre, in occasione del periodo natalizio, sarà aperto il passaggio pedonale da piazza Roma a corso Vittorio Emanuele attraverso il Cortile d’Onore del Palazzo Ducale. L’iniziativa, frutto di un accordo tra il Comando della Accademia Militare e il Comune di Modena nell’ambito del progetto di pedonalizzazione di piazza Roma, è volto a favorire l'accessibilità e la frequentazione del Centro Storico. L’apertura, in programma, a carattere sperimentale, verrà attuata dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19 (il 24 dicembre solo la mattina).

Questa notizia, apparsa sulla cronaca cittadina di Modena, mi è stata inviata qualche giorno fa dal buon Oliviero che, nell’occasione, ha fatto ricorso a tutto il Suo vocabolario apologetico per glorificare l’iniziativa, arrivando ad affermare che, quando tutto si sarà concluso, l’intero complesso storico diventerà “uno dei più bei salotti d’Italia”.
Tra le altre cose, sempre il buon Oliviero –in piena trance “salottiera”- metteva in evidenza il fatto che i Modenesi considerano il Palazzo ducale è un po’ la loro “casa” e come, quindi, questa apertura rappresentasse quasi una riappropriazione, anche se in comproprietà e limitata nel tempo e nello spazio,  di un Loro bene.

Questo, in sintesi il pensiero olivierano: io, però, che ho nel cuore Modena solo perché vi è allocato un luogo dove ho trascorso due anni meravigliosi (visto che, da assiduo inquilino della “tabella”, non è che abbia avuto modo di conoscerla), io dicevo non è che sono molto d’accordo e Vi spiego pure perché.
Io, di quel Cortile, sono geloso, perché lì sono custoditi i ricordi più sacri della mia vita; lo considero un po’ come un tabernacolo: un luogo, cioè, cui possono avere accesso solo i sacerdoti di una fede che non è dato da spartire con nessuno, salvo snaturarla nella sue essenza più intima.

Sono geloso perché, lì ed insieme ai miei fratelli di Corso ho urlato a Dio ed al mondo, alzando il braccio destro, il mio Giuramento di fedeltà e d’onore; perché lì ed insieme ai miei fratelli di Corso ho ricevuto – per custodirla e tramandarla- la “stecca”; perché da lì ed insieme ai miei fratelli di Corso ho intrapreso la via che mi portava alla Stelletta: alla vita che avevo scelto.

Sono geloso perché ogni sampietrino, ogni colonna, ogni pilastro di quel Cortile emana l’esaltante aroma di una Tradizione che va accettata e tramandata con tutte le sue liturgie, anche quelle che, agli occhi di un profano, potrebbero sembrare assurde; ma sono liturgie che vanno rispettate in toto, senza discuterle: non credo, infatti, che a nessun “Allievo” verrebbe mai in mente di attraversarLo “in diagonale”!
E poi, diciamoci la verità: questa iniziativa sarà pure “frutto dei tempi”, però a ben guardare, ai nostri di tempi, non è che tutto questo afflato dei Cittadini -sia per il Palazzo che per i Suoi inquilini- fosse così evidente, anzi. Certo, non si può negare a priori una seppur tardiva folgorazione “a Piazza Roma”, però, per me, ha sempre il sapore di una “profanazione” che risponde più a criteri utilitaristici e d’immagine che a vero amore verso l’Istituzione: a pensar male si fa peccato ma……!

Forse, potrei cambiare idea se la sensazione di aver individuato una scorciatoia pedonale o di potersi “fare una vasca”, diciamo così, “culturale”, fosse cancellata da un massiccio contributo per effettuare gli indispensabili lavori di restauro; non vorrei sembrare venale, infatti, ma mi sembra che, se il Palazzo –ancorché un po’ sgarrupatello- è ancora in piedi, il merito non può essere certo attribuito alla Città.
E lasciatemi concludere con una riflessione, amara, anch’essa “frutto dei tempi”. Quanto ho detto deriva dal fatto che io, come le altre migliaia di “ragazzi” che hanno avuto l’onore ed il privilegio di trascorrere due anni in quel luogo, considero il Palazzo la mia “casa”; tra le Sue mura, ho vissuto tutti i giorni sempre insieme alle stese persone, facendo con loro sempre le stesse cose, soffrendo –ma anche gioendo- con loro: chissà se per i nostri successori attuali rappresenta la stessa cosa o, piuttosto un semplice “albergo”?

Un abbraccio,
Ettore.