Nonostante
gli strascichi del disastro che si è consumato sulle rive del Bosforo facciano ancora
sentire tutto il loro, devastante, peso sul mio sistema neurovegetativo, mi
sforzerò di fare una serena analisi dell’attuale situazione politica italiana.
Non
vi è dubbio che i recenti fatti hanno dato una, speriamo, salutare scossa ad un
sistema anchilosato, autoreferenziale, trasversalmente e colpevolmente
inefficiente; una generazione nuova è riuscita ad aprire una breccia e sta
cercando disperatamente di prendere possesso di quello che c’è aldilà.
Dico
subito che, per me, l’essere “giovani” e magari pure “donne” non è sinonimo automatico
di capacità; non sono, sempre secondo me, l’anagrafe o il sesso la conditio sine qua a che un politico, un
dirigente sia affidabile; certo, l’entusiasmo, la voglia di emergere, l’assenza
di palle al piede di un passato disastroso sono elementi motivazionali
necessari ma, non sempre, sufficienti.
Ciò
detto, una cosa appare subito in tutta la sua evidenza: l’assenza nel
Centrodestra di personaggi con tali caratteristiche.
Mentre,
infatti, nel Centrosinistra sono emersi uomini che sanno quasi “di nuovo” o,
almeno, hanno poche scorie del vecchio, dall’altra parte i volti sono sempre
gli stessi, anche tra coloro che stanno tentando, faticosamente, di liberarsi
dell’ asfissiante cappa di piombo che ha soffocato per decenni ogni possibilità
di rinnovamento.
Io
che “sinistro” non sono mai stato, devo riconoscere che, nonostante
l’imbarazzante e sventurato dilettantismo degli ultimi anni, un certo, ancorché
limitato ricambio c’è pur stato, anche se i “pezzi da 90”, sembravano
inamovibili; dall’altra parte, invece, l’incombente, monocratica, ricattatrice
presenza di un satrapo ha impedito la nascita e la crescita di personaggi che
avrebbero potuto contribuire al rinnovamento del nostro sgangherato sistema
politico-istituzionale.
Entrando
nel merito, mi sento di fare questa analisi.
Renzi
è entrato a gamba tesa ed ha trovato opportunità a schiovere nella palude
parlamentare; come mi rimprovera sempre il buon Oliviero parlando e rosicando
della Signora, diciamo che “gli piace vincere facile”, non fosse altro che per
mancanza di avversari paritetici. Certo, non avrà vita né semplice né facile,
dato che la zavorra ancora esistente continuerà ad avere il suo peso; però e
fatta la tara di una buona dose di logorrea, sembra avere tutte le carte in
regola per poter lasciare qualche segno tangibile: diciamo pure che “di nuovo”
ha molto.
Alfano
sta tentando disperatamente di emanciparsi dalla morsa di un padrone
implacabile ed annichilente (ci aveva, inutilmente, provato con le “primarie”
di qualche mese fa) ma è frenato, secondo me, da due elementi quasi
insuperabili: l’ingombrante permanenza di tanto “vecchiume” –per di più molto
compromesso- intorno a lui e la predisposizione a parlare in “politichese
stretto”, appesantito per di più da un linguaggio forense di sicula ascendenza
democristiana.
Berlusconi
continuerà a sparare le sue fanfaronate, a fare le sue promesse, a cercare di
rimettere assieme i cocci di un giocattolo che lui stesso ha rotto ma non credo
che possa avere un futuro: gli mancano i ricambi e lo condanna l’anagrafe.
Grillo,
con la sua spocchia di unico “unto”, non
lo metto neanche nel novero dei possibili “salvatori”, considerate
l’inconcludenza solo disfattista delle sue “idee” e la pochezza della sua
armata brancaleone che, di quell’inconcludenza, è la sola espressione
possibile.
Salvini
–che pure l’anagrafe allocherebbe tra il “nuovo”- sa di "vecchio" e non è altro che la copia
sbiadita dei forcaioli più duri che puri con cui è cresciuto; continua a ripetere le stesse litanie
e si è fatto rubare pure il palcoscenico dal comico di cui sopra, in quanto a
volgarità ed aria fritta.
Anche
se potrebbe sembrare che non ci azzecchi niente, non si può non citare quella
grande moltitudine, quel guazzabuglio disordinato ed acefalo che, sotto le
sigle più svariate ed improbabili, sta scuotendo il Paese. Nonostante la
ragionevolezza e la giustezza delle rivendicazioni, non credo che abbia un
futuro o, quanto meno, un futuro ordinato, propositivo, concreto; avrebbe
bisogno di un “LUI” che ne raccolga e ne disciplini le istanze, facendole
concretizzare.
Ma,
pur nell’alveo dell’atavica incapacità italiota di produrne di seri, mi e Vi
chiedo: non ne abbiamo già avuti troppi?!
Un
abbraccio,
Ettore.