Nel pieno rispetto degli accordi intercorsi con l'attuale gestore del
Blog, mi sono impegnato a non inviare più di una Put...pardon, di un Post al
mese.
Si era appena spenta l'ultima nota di Sanremo che da
5 giorni seguivo senza sosta, quando, rimossi i nastrini arcobaleno con i quali
avevo adornato il televisore, decido di agire. Con uno zaino da combattimento
in spalla, adeguate provviste alimentari in una sacca a tracollo, due borracce
colme di vino e grappa, lascio la mia abitazione.
Un tenero abbraccio al cane che mi guarda gonfio
d'orgoglio, in mia assenza è il maschio di casa e sente il peso della
responsabilità; un fugace saluto alla moglie e a Vanessa, che non smettono un
attimo di scrollare il capo, bisbigliando tra loro, e via verso il nuovo destin...
La meta era molto semplice: raggiungere la mia terra
natale con mezzi non convenzionali; lo scopo ancora più semplice: dimostrare a
me stesso che qualcosa del vecchio pattugliatore del 108° Corso d'Ardimento era
ancora vivo in me.
Nulla di speciale, almeno sulla carta. Ma gli Dei si
divertono a gettare all'aria i progetti dei mortali, se non altro per
dimostrare la loro superiorità. In fin dei conti se un oscuro romano, un tale
Giulio Cesare, saliva e scendeva a suo piacimento
da Roma alla Gallia, perchè io non avrei potuto muovermi entro limiti più
ristretti?
Escluso l'impiego dei “freccia rossa”, per questioni
politiche più che economiche, mi incammino sulla via Emilia in direzione di
Reggio.
Trovo quasi subito un camionista che mi accompagna
alle porte di Parma, dove, mio malgrado, mi trovo costretto ad una sosta di
diverse ore; nessuno che proceda in direzione dell'autostrada della Cisa! Come
se la sarebbe cavata Giulio Cesare, col suo”veni, vidi vici”?
Nei pressi
del Parco vicino alla stazione, svuoto la mia tracolla colma di vivande alla
ricerca di un pasto che compensi le mie fatiche, quando un vigile urbano dai
modi decisamente scortesi, mi apostrofa rudemente invitandomi a lasciare libero
quel tratto di marciapiede, riservato agli artisti di strada; inizio a
declamare una delle mie poesie, ma il vigile, forse mal interpretando il
leggero odore di grappa, appena bevuta, mi minaccia con lo sfollagente non
lasciandomi altra scelta.
Mi rifugio su di una panchina del lungofiume, un
posto poco frequentato a quell'ora. Ma anche qui due poliziotti in tenuta
antisommossa, mi allontanano senza tanti riguardi: la zona deve essere
sgomberata perchè tra qualche ora due aderenti a “Forza Nuova” si dovranno
recare al vicino bar per bere un caffe'.
Cerco posto in un ampio parco vicino al centro, ma
ben presto noto che è un'area riservata ai “diversamente residenti”.
Finalmente noto una chiesa che sta aprendo il
portone; barba lunga, occhi rossi, mi avvicino desideroso di un meritato
riposo; mi viene incontro un vecchio domenicano, saio bianco e sorriso paterno:
“figliolo, la colazione tra circa un'oretta..”. Che simpatici i domenicani, non
hanno remore a definirsi “i cani di Dio” con esplicito riferimento alle nobili
qualità dei nostri amici pelosi.
Proprio davanti alla chiesa mi imbatto in un pulman
di pellegrini diretto a La Spezia, finalmente un po' di fortuna. Rosari e lodi
mattutine creano il clima adatto per risvegliare i miei dubbi esistenziali,
solo sopiti: ”Quanti parlamentari sono rimasti in Forza Italia? Il M5S, con la
sua fissa della rete, nasconde una lobby di pescatori? Quanto viene valutata
sul mercato una foto della Boschi ritratta senza sorriso? Se ce ne fosse
bisogno, riusciranno i compagni del PD a ritrovar la falcemartello nascosta
in chissa' quale cantina?”
Finalmente giungo in Liguria, oramai è fatta...o
quasi.
Per giungere alla meta, ricorro ad un mezzaccio di
cui mi vergogno ancora oggi. Salgo a bordo di un pulman di tifosi spezzini
diretti proprio a Chiavari per il derby con l'Entella, la mia amata squadra.
Sentendomi discepolo del Machiavelli, cerco di
crearmi una giustificazione morale, ma non è facile.
Eccomi Tigullio: come ti ricordo, così ti vedo:
profumi indescrivibili nell'aria della sera, voli di rondini che sfiorano le
acque del torrente; su tutto domina l'odore del salmastro.
Nei prati il gracidare della rana lascia il posto al
frinire del grillo; una leggera brezza sale dal mare portando il suono della
risacca.
Lontano, l'abbaiare di un cane si mescola al tenue
rintocco di una campana.
Qui, dopo il tramonto, sulla riva del mare ai piedi
della pineta, ti può capitare di sentire lontano il velato canto delle sirene;
ascolto, mi faccio cullare da questo canto, vecchio come il mondo, prima di
abbandonarmi all'ombra del destino.
MASSIMO.