Riportiamo il racconto di Gianfranco Petricca e i commenti "messaggiati" oggi nel Gruppo WhatApp "22 ottobre 1968"
Speriamo che questo intervento, dopo tanta silenziosa assenza, possa essere il primo di molti altri .
A Ettore , siamo certi, farà molto piacere .
(Q.d.B)
Caro Arduino, cari Colleghi,
se non fosse stato sollevato il rammarico per il mancato
ricordo dell'eccidio delle foibe da parte del nostro Corso, non sarei
intervenuto, come intervengo ora, anche se ho molto riflettuto se intervenire o
meno, poiché quello che vi dirò potrebbe essere frainteso o scambiato per
personalismo fine a se stesso.
Non so quanti del nostro corso hanno subito gli effetti
nefasti del trattato di pace che portò alla cessione alla Jugoslavia di TRIESTE
dell'ISTRIA, di ZARA, ecc, ecc, e se tra i Vostri parenti di primo grado vi
siano caduti nelle foibe istriane o caduti per i bombardamenti alleati sulle
città Istriane e Dalmate o per aver scelto la lotta armata come partigiani
sulle isole dalmate ed essere caduti per la liberazione della Patria dalla
dominazione nazi fascista.
Non ne ho mai parlato, perché ho sempre avuto l'impressione
di cercare del pietismo, che non fa parte della cultura e dell'educazione che
ho ricevuto dalla Mia famiglia.
Ebbene nelle mie vene scorre per parte di mamma sangue
italiano si, ma dalmata!
Mio nonno Materno Wlatkovich Ante (Antonio) di ZARA, ricco
proprietario terriero, dottore in agraria, è deceduto poco prima dell'8
settembre 1943 sotto uno dei violentissimi bombardamenti aerei alleati su ZARA,
lasciando la famiglia nella costernazione più assoluta, cioè mia nonna, due
zie, mia mamma (ritornata a ZARA rocambolescamente dall'AOI con nave Giulio
Cesare, ultima nave partita nel dic. 1942 dall'Africa che riportò in Patria i
civili italiani profughi) e che l'8
maggio precedente a ZARA aveva dato alla
luce mia sorella, e mio zio Branco (Franco). Appena dopo l'8 settembre, mia
nonna con le tre figlie e la nipotina
(mia sorella di 5 mesi), grazie alle disponibilità finanziarie della nonna
pagarono un pescatore affinché li portasse in barca a Bari, per sfuggire ai
titini prossimi alla conquista di ZARA. Il mare Adriatico era interdetto in
quanto minato e la loro salvezza fu determinata dalla lungimiranza della nonna
che pagò il benefattore con una somma ingente per ripagarlo dal pericolo che si
stava assumendo. Mio zio Branco invece si aggregò ad un gruppo di partigiani
dalmati e il 3 giugno 1944 sull'isola di Brazza rimase ferito in combattimento
al petto.
Tradotto dagli ustascia in Istria dove per miracolo non
venne infoibato, perché liberato da altri partigiani, morì poi a Sondalo il 9
giugno 1946 in un sanatorio, venendo dichiarato "partigiano caduto per la
guerra di liberazione".
Mia nonna perse tutte le proprietà, case, terreni (del
valore di 50 milioni di lire alla stima
del 1930) e i cospicui beni valutari lasciati in banca. Tutto fu espropriato da
Tito e il sostentamento di mia nonna e delle tre figlie con mia sorellina venne
assicurato dal contante che mia nonna era riuscita a portare con se, fino al
ritorno dalla prigionia di mio padre e dei mariti delle altre due mie zie.
Nessun ente statale aiutò la mia famiglia, nessuna
accoglienza, sostentamento o tutela dei diritti sui beni posseduti e lasciati
precipitosamente con la fuga per non
essere trucidati venne loro assicurato. Eravamo in guerra, ma al termine della
guerra, nessun aiuto, nessuna assistenza venne offerta a mia nonna e agli eredi
legittimi per ritornare in possesso dei beni di mio nonno, Wlatkovich Antonio,
lasciati a ZARA e in Dalmazia, dei cui titoli di proprietà mia nonna riuscì in parte a portare con se nella fuga in mare.
Sofferenze acuite dalla sopraggiunta notizia della morte di
mio zio Franco (porto il suo nome composito con il nome di un cugino deceduto
anche lui appena dopo la fine della guerra, Gianni), giunta solo nel 1947.
Una sequela di petizioni, istanze, domande, richieste, tutte
corredate dai documenti di cittadinanza italiana e delle proprietà indicate
catastalmente e con atti notarili, valsero solo a far morire mia nonna nel 1950
senza vedere uno spiraglio di risarcimento e di giustizia, che avvenne solo
cinque anni dopo la morte della nonna con un risarcimento irrisorio.
I Dalmati, gli Zaratini, i Fiumani, gli Istriani, i
Triestini, tutti cittadini Italiani, furono trattati peggio degli attuali
migranti.
Quale accoglienza, quale aiuto vennero dati loro ?
Vi assicuro nessuno!
La giornata del Ricordo istituita nel 2004 se è da una parte
sicuramente apprezzabile, non lo è quando ad essa non è corrisposta nessuna
azione affinché gli stati nati dalla disgregazione della Jugoslavia, quali la
Slovenia e la Croazia provvedessero, per essere ammesse ad entrare in Europa
con la dignità di Stati di "diritto", alla restituzione dei beni
confiscati agli Italiani delle Terrre Triestine, Istriane e Dalmate. Terre e
città Veneziane, con una italianità pari se non superiore a quella di tante
altre terre della penisola.
Nulla di tutto questo è stato fatto!
Ed oggi quando ho letto la dichiarazione del Presidente
della Repubblica in occasione del Giorno del Ricordo 2017, in cui è riportata
la seguente frase:
"L'Italia, con la sua accoglienza, ha testimoniato con
forza ai propri Concittadini, originari delle terre del "confine
orientale" e vittime delle dure conseguenze del conflitto mondiale, la
solidarietà e la vicinanza alla tragedia che hanno subito.", rimango
scioccato e mi sento offeso e preso in giro.
La frase è demagogica, gli interessati, coloro che hanno
subito le vessazioni della guerra e che hanno dato alla Patria dei morti, non
ci sono più, se va bene ci sono i nipoti che hanno
costruito il loro avvenire nella Repubblica e l'hanno
servita senza remore o rancori e oggi ritengono, come me, un atto dovuto
ricordare quei tragici anni della nostra storia Patria, ma non esaustivo perché
privo di un vero e proprio contenuto
risarcitorio, quando si vedono spendere
migliaia di milioni di euro per l'accoglienza di migranti che non hanno nulla del nostro patrimonio
genetico, culturale e religioso.
Quei cittadini erano Italiani, non migranti qualsiasi,
erano profughi Italiani, fuggiti perché
incombeva su loro la morte certa, non aleatoria; Italiani che avrebbero dovuto
essere difesi, non abbandonati a se stessi, come invece è avvenuto.
E Vi spiego cari colleghi!...sapevate che ZARA è stata la
città italiana più bombardata del secondo conflitto mondiale per volere di
Tito, che voleva annientare le popolazioni italiane e sterminarle per annettersi quella città veneziana ubicata in
posizione strategica sulla costa dalmata?
Cosa hanno fatto tutti i nostri Governi per tutelare gli
italiani di Zara, di Fiume e dell'Istria affinché fosse loro restituita la
dignità del diritto alla restituzione di quanto era stato loro confiscato
illegittimamente da Tito?
Nulla!
Oggi (ieri) l'aver constatato, peraltro, la mancata
citazione nella dichiarazione del Presidente della Repubblica di questa città italiana martoriata, più di
ogni altra, ZARA, mi offende, così come ritengo offenda ogni Italiano che si
senta tale!
Amici a cosa serve ricordare quei terribili fatti, se non si
ricordano tutte, dico tutte, le terre della Patria che non siamo riusciti né a
farci restituire, né ad onorare con una medaglia d'oro al Valor Militare.
Alla Germania è stato concesso di riunificarsi e di non
pagare i danni provocati dalla guerra!...perché Noi non siamo riusciti a farci
restituire le terre Italiane in cui sono state perpetrate criminali pulizie
etniche, come ha sottolineato lo stesso Presidente della Repubblica? Crimini
contro l'umanità che avrebbero imposto di chiedere la restituzione di quelle
terre e la condanna storica del presidente Tito, quale feroce dittatore!
Caro Arduino, non hai capito che non glie ne frega niente a
nessuno di quanto è avvenuto? Con il giorno del ricordo abbiamo messo la testa
sotto la sabbia come un noto animale, ma non abbiamo dato risposte agli
interessati, oggetto degli orrori della 2^ guerra mondiale.
Gli Ebrei hanno preteso una loro terra come risarcimento
della loro persecuzione, da cui è nato lo Stato di Israele.
Noi per la nostra funzione strategica in ambito NATO,
avremmo dovuto reclamare, quanto meno appena dopo il dissolvimento della
Jugoslavia, la restituzione delle nostre terre Istriane, di Fiume e di Zara.
Oggi, di questa giornata del ricordo, tutte le forze
politiche ne fanno solo una bandiera politica per trovare quattro consensi in
più, quando invece i morti di quelle terre, come mio zio Franco, confidavano in
una rinascita dell'Italia e si sono immolati per la difesa dei diritti di
quelle terre Italiane, che oggi sono le vere, nuove terre Italiane irredente, che, però, non
vedranno più sventolare la Nostra Bandiera Bianca, Rossa e Verde. E come
potrebbero diventarlo quando in quelle terre ormai vi vivono pochissimi
Italiani, ormai cittadini Sloveni o Croati che non hanno alcuna forza per
reclamare di tornare ad essere cittadini Italiani. Diversamente, dovrebbero
diventare esuli anche loro!
È il prezzo della pace, e per dirla con le parole del
Presidente della Repubblica è "L'Europa della pace, della democrazia,
della libertà" ma dissento dal condividere che sia anche "del rispetto
delle identità culturali" ugualmente indicate nella dichiarazione del
Presidente (che potrete trovare su internet), poiché le vere identità culturali
di quelle terre sono state violentate dalle pulizie etniche e dalla confisca
dei beni dei cittadini italiani.
Lasciamo riposare in pace i Nostri Morti Triestini,
Istriani, Fiumani e Zaratini, ma non violentiamoli ulteriormente con il falso
Europeismo dove non sappiamo farci rispettare.
Onore a tutti coloro
che, pur dimenticati dallo Stato Italiano, lo hanno continuato ad amare e
servire, ad amare la Patria nata dalle guerre di indipendenza e dalla guerra
della Vittoria da cui il nostro corso ha preso il nome con lo stemma che più la
rappresenta, la Nike di Samotracia.
Scusatemi, non desideravo tediarVi, né criticare il silenzio
di alcuno, poiché io per primo sono stato silente, né suscitare in ciascuno di Voi sentimenti
diversi da quelli di italianità che so quanto alberghino nei
vostri cuori.
Vi abbraccio, grato per la Vostra affettuosa comprensione.
Gianfranco Petricca
Commenta
- PierFranco Faedda:
Gianfranco
carissimo, sono ancora sveglio per altre ragioni e ho letto con attenzione la
storia della tua famiglia che hai voluto condividere con noi. Come sai ho
prestato servizio nell'ex Jugoslavia e per 2 mesi a Zara e Fiume (ora, ahimè,
zadar e rijeka). Quello che dici mi ha colpito tanto ma non sorpreso. Grazie.
Buonanotte
- Fefè Iovino :
Caro
Petricca , ti ho letto con attenzione e ti ringrazio per avermi fatto partecipe
di questi tuoi sentimenti . In questi giorni , ho assistito su Rai Storia al
ricordo di quel periodo martoriato : tante storie tristi simili alla tua . Sono
sempre di piu ' convinto che , la nostra generazione sia stata fortunata : per
non aver subito una guerra e , soprattutto una guerra civile ! Pensa quante
tristezze potrebbero raccontare i nostri padri al riguardo : chi da una parte ,
chi dall'altra . Ciascuno in difesa dei propri ideali e convinzioni ..... tutti
degni di stima !! Si , siamo stati fortunati !!!! Un abbraccio
- Francesco Miredi :
Caro
Gianfranco confesso che il tuo racconto, letto di prima mattina, è stato come
un pugno allo stomaco. Esso raccoglie quanto di peggio ci sia al mondo; dalla
ipocrisia dei politici alla dabbenaggine e malvagità dell essere umano sia
singolarmente che associato nel popolo. È vero noi siamo stati fortunati ma ho
l impressione che dalla storia abbiamo imparato ben poco. Un fraterno
abbraccio
Giovanni Papi :
Io
ho saputo di questa tragedia durante il viaggio di istruzione e me la raccontò
Claudio Magris. Poi più nessuno me ne parlo, solo qualcuno che aveva vissuto lo
fece. Qualche soldato, qualche collega, qualche familiare. A Modena e Torino
non ricordo alcuna lezione di Storia. Nel tempo ho letto tutto quello che
potevo scoprendo, ad esempio, che a ai convogli dei profughi fu impedito di
rifornirsi di acqua dai comunisti alla stazione di Bologna: erano considerati
fascisti. Anche in Patria non furono trattati molto bene!Ho scritto di getto,
scusate eventuali errori. Giovanni Papi
Fefè :
Infatti , nessuno di noi ne
sapeva niente . A scuola ...... neanche un accenno . Era un tabù !! Così come i
crimini perpretati nell'Unione Sovietica negli anni '50. Vogliamo parlare di
.... Katyn ? C'è un bel film al riguardo : Enigma . E , mi pare che lo diano
stasera . su Rai Storia . Mi chiedo quante cose ancora ... dovremo conoscere .
!!! Fefe'
Tutto
questo per evidenziare che forse , al processo di Norimberga ...... mancava
qualcuno sul banco degli imputati .... . Vabbè , finisco così altrimenti questa
chat va oltre lo scopo prefissato .buona domenica a tutti . Fefe '
Arduino Cedaro ;
La lettura dello scritto di Gianfranco ci deve far riflettere. Ma
la memoria non basta se fine a se stessa, serva di monito anche oggi, affinché
odio incomprensioni non degenerino.
Andrea Caso :
Io ero
presente a Trieste il 10 febbraio 2005, alla prima manifestazione pubblica nazionale
che ricordava quella tremenda pagina di storia. Fui invitato a tante
manifestazioni e ed ognuna tornavo in ufficio con tanta tristezza, scoprivo
sempre qyalcosa di nuovo. Gianfranco hai sottolineato tutti i punti che i
familiari raccontavano di quel bruttissimo periodo che vide sofrire anche
Trieste. In piazza Unità ci fu una cerimonia in cui le lacrime erano negli
occhi di tanti. Vidi il Vice Presidente del Consiglio Fini commosso ed ancor di
più il Ministro Tremaglia, ma lo erano anche i rappresentanti delle altre forze
politiche, tra queste Illy e Bordon. Non ne parlo volentieri perchè è veramente
triste pensare cosa hanno fatto gli italiani, come dice Giovanni, al passggio
di quel famoso treno! E quella legge in effetti ha riconosciuto solo il fatto,
ma non ha dato nulla a coloro che sono stati maltrattati! Ciao Gianfranco ti
sono molto vicino.
Credo
che sia necessario aggiungere un altro particolare! La commozione in Piazza
Unità per molti era divuta al fatto che il maggior numero dei presenti erano
italiani fuggiti dagli orrori della ex Jugoslavia tornati a Trieste col
desiderio di riabbracciare la loro Patria.
Erano divisi per gruppi sotto un cartello con il nome della nazione di
provenienza ( Australia, Canada, Argentina ... ) ma tutti salutavano con la
bandiera italiana. Loro erano felici gli altri, compreso io, avevano le lacrime
agli occhi! Tanti italiani felici di ritornare in Patria, la stessa che anni
prima non li aveva accolti!
........ e Gianfranco continua :
Grazie, carissimo Arduino, per avermi voluto chiamare da
Londra ed avermi voluto esternare la Tua vicinanza. Grazie di cuore a Te e a
tutti, dico tutti, i Colleghi di Corso che sono già intervenuti o che
interverranno o che si asterranno da qualsiasi commento poiché so di certo che
alberga nei loro cuori, comunque, una Italianità pura, non suscettibile di
soccombere a compromessi!
È vero, mia mamma e le mie zie non hanno mai voluto parlare
a me, a mia sorella e ai miei cugini di quel periodo oscuro della loro vita. Lo
abbiamo scoperto un po' alla volta e l'ordine era di non proporlo come oggetto
per trovare comprensione, sostegno o commiserazione.
Hanno voluto dimenticarlo per non soffrire inutilmente.
Mia mamma e le mie zie sono tornate nella loro ZARA una sola
volta, per rendere omaggio al loro papà
e lasciare sulla sua tomba un fiore. Tomba di famiglia che per fortuna
non è stata profanata, forse per il cognome croato e che ha permesso anche a me
di rendergli omaggio col saluto Militare, non avendolo potuto mai abbracciare.
Era stato, suo malgrado, ufficiale dell'impero austro ungarico e all'atto del
passaggio di Zara all'Italia con il trattato di Rapallo, firmato il 12 novembre
1920, con il quale l'Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni stabilirono
consensualmente i confini dei due Regni e le rispettive sovranità, nel rispetto
reciproco dei principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli, a
conclusione del processo risorgimentale di unificazione italiana sino al
confine orientale alpino, con l'annessione al Regno d'Italia di Gorizia,
Trieste, Pola e Zara, mia madre mi raccontò che mio nonno fece giurare ai figli
ancora bambini fedeltà al Regno d'Italia.
Il loro amore per l'Italia è stato svenduto definitivamente
con il trattato segreto di Osimo del 10 novembre 1975.
Tutto il resto per me è una rappresentazione di facciata,
priva di un vero contenuto conciliativo!
Arduino ha sollevato un velo su fatti che interessano a pochi,
in un'Italia che è il bel paese
dei maccheroni, non una Nazione dove si tutelano i veri valori della nostra Storia Patria.
Buona domenica a Tutti Gianfranco Petricca