Giovedì
scorso, alle ore 9.30, avevo udienza presso la sesta sezione civile del Tribunale
di Milano e alle ore 10.00, finita l’udienza, mi è stato chiesto, da un giovane
collega, di accompagnarlo presso la sezione fallimentare per aiutarlo a
rappresentare una complessa situazione giuridica davanti al Presidente di
quella sezione, il giudice Ciampi. Il giudice Ciampi rappresentava esattamente
quel funzionario pubblico preparato ed intransigente da tutti descritto ma,
negli ultimi anni, non era facile discutere con lui perché il suo accentuato
integralismo caratteriale sfociava troppo spesso in una palese intolleranza
verso gli avvocati, specialmente se giovani.
Ho
lasciato la sezione fallimentare ed il tribunale alle ore 10,20 per recarmi ad
Opera, presso la sede di un cliente, e alle ore 12,00 ho ricevuto una concitata
telefonata da mia figlia Cinzia la quale, dopo essersi accertata del mio stato
psico/fisico, mi ha raccontato ciò che era successo un’ora prima. Per dovere di
cronaca e per gratitudine verso i due autori, devo dire che sono stato poi
affettuosamente contattato da Oliviero e dall’Avv. Paola Perani, figlia di
Marco Perani, ma, senza alcuna ombra di dubbio, se avesse potuto, mi avrebbe
chiamato anche Ettore per dirmi: “Ah Francé ma che sta succedendo! .... perché
non scrivi un pezzo su quello che è successo?”. Io gli avrei risposto così.
Carissimo
Ettore, io credo che quello che è successo sia la normale conseguenza delle
convinzioni sulle quali si fonda, oggi, la nostra comunità. Se si fanno propri
e si propagandano messaggi tipo: “la magistratura indirizza la scelta politica
contro la volontà espressa da popolo ……. bisogna farsi giustizia da soli perché
lo Stato non è in grado di garantirla ……. le banche sono protette dai politici
e dalla mafia … nessun politico farà mai gli interessi del popolo …. la
corruzione è la norma …… etc. etc …..” tutti tenderanno sempre ad offuscare la
propria condotta con una coltre composta da accuse rivolte ad altri in quanto
istigatori, e quindi sostanziali autori, di quella condotta.
Conoscendoti,
sono certo che avrai seguito avidamente tutte le trasmissioni televisive che
hanno analizzato il fatto e avrai visto che tutte, a qualsiasi ideologia
partitica appartenessero, si sono soffermate sui sistemi di sicurezza posti in
essere e quindi sulla attività, negligente, della pubblica amministrazione. Io
frequento da decenni molti tribunali e ti garantisco che quello della sicurezza
è un problema che non mi sono mai posto sia perché quel luogo non è diverso da
qualsiasi altro immobile adibito all’esercizio della pubblica amministrazione,
sia perché i contrasti e la dialettica sulle questioni di diritto sono meno
violenti di quelli che, per fare un esempio banale, si riscontrano durante le
assemblee condominiali.
Le
dichiarazioni successive rilasciate dall’assassino e dalla moglie sono fra loro
concordi: “il tribunale è stata la fonte dei miei guai ……. gli avvocati
avrebbero dovuto difendermi meglio …… le banche e i professionisti mi hanno
strozzato” e i media hanno riportato pedestremente queste dichiarazioni senza
che nessuno abbia sentito la necessità di confutarle. Quell’essere è stato
dichiarato fallito perché non pagava i fornitori ed i professionisti e non
restituiva alle banche il denaro che aveva chiesto per portare avanti la sua
impresa di costruzioni. Quell’essere è stato imputato di bancarotta fraudolente
perché prendeva in nero buona parte dei suoi ricavi, non pagava contributi,
evadeva le tasse, distraeva, per interessi propri, denaro che avrebbe dovuto
essere destinato all’esercizio di impresa. Quell’essere era un delinquente e
non esiste alcuna remota giustificazione per quello che ha fatto.
Dopo
il fattaccio si sono accentuati i controlli all’ingresso in tribunale e i
dipendenti stanno chiedendo che tutti coloro che entrano, compresi gli
avvocati, siano trattati allo stesso modo. Ciò significa che se prima almeno un
paio di ore si perdevano nell’attesa di entrare in udienza, oggi si perderanno
almeno altre due ore nell’attesa di entrare in tribunale, con la conseguenza
che aumenteranno i costi per affrontare una causa. Caro Ettore, con la
dovuta differenziazione sull’importanza
sociale del fatto, è un po’ quello che hanno fatto gli interisti quando hanno
detto che hanno perso un campionato per un rigore non dato su un presunto fallo
di Juliano e hanno considerato “normale” la falsificazione di un passaporto per
far giocare, in quella stessa partita, un pseudo campione di nome Recoba. Un
abbraccione.
Francesco
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RispondiEliminaMassimo Gramellini, Vice direttore della “Stampa” ha così commentato i fatti di Milano:
RispondiElimina"Un paranoide condannato per bancarotta fraudolenta compie una strage a palazzo di Giustizia, ammazzando tra gli altri anche un giudice, e immancabilmente salta su qualcuno a denunciare il clima ostile creatosi intorno alla magistratura. Come se ad armare la mano omicida fosse stata la polemica politica sulla responsabilità civile e le ferie dei giudici. Come se quel magistrato fosse stato ucciso in quanto simbolo dell’indipendenza delle toghe e non in quanto bersaglio di una resa dei conti maturata nella testa di un uomo ossessivamente ripiegato sui fattacci suoi. (A cui nessuno aveva pensato di togliere il porto d’armi dopo la condanna: è questo, oltre alle difese colabrodo del tribunale, il vero mistero e il vero scandalo).
Poiché la lista dei morti è completata da un avvocato e da un socio dell’assassino, se ne deve forse dedurre che anche le categorie degli avvocati e dei soci avrebbero diritto di lamentare un atteggiamento persecutorio nei loro confronti? Gherardo Colombo ha sicuramente parlato sotto l’impulso del dolore personale: quel giudice era un ex collega e un amico. E prima di svalutare il lavoro dei magistrati bisogna sempre ricordarsi, come ha fatto Mattarella, che operano in prima linea sulla carne viva del Paese. Ma certe manipolazioni emotive della realtà alimentano il mostro nazionale del vittimismo. Mentre Colombo commentava un fatto di cronaca nera per sottolineare il disagio della magistratura, altri trasformavano il truffatore omicida in un prodotto della crisi economica. E così si perdeva di vista che a uccidere e a morire non erano stati dei simboli, ma degli esseri umani."
Caro Carlo Maria credo di aver espresso un pensiero in linea con quello riportato da Gramellini. Trincerarsi dietro i simboli è una forma di spersonalizzazione che offusca anche la coscienza. La condotta umana, comunque, va vista e giudicata in primis sempre per gli effetti che ha prodotto perchè rappresentano l'unica cosa certa. Un abbraccione
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