sabato 19 settembre 2015
Chi non conosce San Giovanni da Capestrano?
Capestrano è un bellissimo borgo che si trova tra L’Aquila e Sulmona nella valle del Tirino. La cittadina è famosa nel mondo per l’antichissima ed enigmatica statua del Guerriero, appunto di Capestrano.
Detto questo, torniamo al nostro argomento.
Scherza con i Fanti e lascia stare i Santi, recita un antico detto popolare, ma quando i Fanti divengono Santi Patroni dei Cappellani Militari e dei Giuristi non si può scherzare neanche con loro!
Il nostro Santo/Fante era nato a Capestrano nel 1386, da un barone tedesco, ma da madre abruzzese, e il biondo incrocio tra il cavaliere tedesco e la fanciulla abruzzese veniva chiamato "Giantudesco". Studente a Perugia, si laureò e divenne ottimo giurista, tanto che Ladislao di Durazzo lo fece governatore di quella città. Ma da Perugia si vedeva, sul fianco del Subasio, la rosea nuvola di Assisi, e Giantudesco, caduto prigioniero, meditò in carcere sulla vanità del mondo, come aveva già fatto il giovane San Francesco.
Non volle perciò tornare alla vita mondana e uscito di carcere si fece legare dalla corda francescana, entrando nell'Ordine, dove San Bernardino propugnava, nel nome di Gesù, la riforma della cosiddetta "osservanza".
Giantudesco entrò in intimità col Santo riformatore. Lo difese apertamente e valorosamente quando, a causa della devozione del Nome di Gesù, il Santo senese venne accusato d'eresia. Anch'egli così prese come emblema il monogramma bernardiniano di Cristo Re e lo portò nelle sue dure battaglie contro gli eretici e contro gl'infedeli. Il Papa lo nominò Inquisitore dei Fraticelli; lo inviò suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti. In Terra Santa promosse l'unione degli Armeni con Roma.
Ovunque c'era da incitare, da guidare e da combattere, Giantudesco alzava la sua bandiera fregiata dal raggiante stemma di Gesù o addirittura una pesante croce di legno, che ancora si conserva all'Aquila, e si gettava nella mischia, con teutonica fermezza e con italico ardore.
Aveva settant'anni, nel 1456, quando si trovò alla battaglia di Belgrado investita dagli Ottomani di Maometto II, che dopo aver conquistato pochi anni prima Bisanzio, dilagavano verso il centro dell’Europa ( vi ricorda qualcosa?) . Entrò nelle schiere dei combattenti, dove era più incerta la sorte delle armi, incitando i cristiani ad avere fede nel nome di Gesù. " Sia avanzando che retrocedendo - gridava- sia colpendo che colpiti, invocate il Nome di Gesù. In Lui solo è salute! ".
Per undici giorni e undici notti non abbandonò mai il campo fino alla disfatta dei Turchi. Ma questa doveva essere la sua ultima fatica di combattente. Il Santo aveva raccolto in Ungheria, paese più esposto in caso di vittoria dei Turchi, ben 5000 cavalieri da impiegare sotto le mura di Belgrado. Tre mesi dopo, il 23 ottobre, Giantudesco moriva a Villaco, nella Schiavonia, consegnando ai suoi fedeli la Croce, emblema di Cristo Re, che egli aveva servito, fino allo stremo delle sue forze.
Esiste una altro Santo che, anche se in tempi misurabili in secoli, ha contribuito alla riconquista della Spagna da parte dei Re Cristiani. Si tratta di Santiago di Compostela che appare come “matamoros” in alcune rappresentazioni iconografiche mentre cavalca a spada sguainata il cavallo bianco.
La Storia soffia sempre sugli stessi luoghi e così le popolazioni, armate o meno, percorrono gli stessi sentieri. Così come altri seguono le stesse rotte nel Mediterraneo.
Altri popoli dell’Europa dell’ Est recentemente hanno seguito le orme degli Unni e delle, fortunatamente solo pianificate, direttrici di attacco delle Divisioni corazzate del Patto di Varsavia.
Anche se soffia sempre negli stessi luoghi, la Storia sembra non insegnare più nulla almeno a chi non vuole sentire!
Giovanni
giovedì 17 settembre 2015
E’ iniziato il nuovo anno scolastico
Ieri sono state riaperte le Scuole e nel breve tragitto fra casa e Studio ho visto rianimarsi tutti gli austeri palazzi adibiti ad Istituti scolastici che normalmente incontro. Dei miei trascorsi ricordo ben poco ma credo che l’infantile curiosità nelle elementari, la spavalda euforia delle medie inferiori e la goliardia adolescenziale dei licei e delle medie superiori, non siano mutate con il tempo e con il ricambio generazionale. La scuola, con l’aiuto sostanziale della famiglia, è fondamentale per la crescita dell’individuo e per lo sviluppo sociale dello Stato in cui si vive e troppo spesso non le si attribuisce l’importanza che dovrebbe avere.
Quest’anno siamo ripartiti con una riforma nuova il cui scopo dovrebbe essere quello di eliminare il precariato ed introdurre una crescita professionale meritocratica dando maggiori deleghe e responsabilità al personale dirigenziale. Credo che disquisire ora sulla bontà o meno di questa riforma sia del tutto inutile perché è stata solo parzialmente avviata e perché i reali effetti saranno visibili nel tempo. Ciò nondimeno, ritengo utile e doveroso giudicare l’atto e le ragioni per i quali il M5S ha chiesto ai presidenti delle regioni di porre la questione di legittimità costituzionale su questa riforma scolastica. Toti ha subito rifiutato l’invito che invece è stato accolto da Emiliano e da Tosi. Non so se Emiliano abbia già depositato il ricorso e quali siano le ragioni addotte ma certamente Tosi lo ha fatto e ha esplicitato molto chiaramente le sue motivazioni in una trasmissione radiofonica (la solita radio 1) andata in onda ieri mattina alle h. 08,30.
Secondo il Presidente Regionale leghista, la neo riforma scolastica rappresenterebbe un abuso perpetrato dall’Esecutivo centrale a danno delle deleghe e dei poteri attribuiti costituzionalmente alle Regioni. Il protrarsi di questo abuso, sempre a detta del Presidente leghista, porterebbe “all’assurda” situazione per la quale si utilizzerebbero gli stessi strumenti didattici sia al sud che al nord senza tener conto delle diverse realtà socio economiche. Inoltre, la mobilità richiesta agli insegnanti porterà, sempre secondo il Presidente leghista, all’allontanamento da ciò che rappresenta oggi l’unico sistema normativo accettabile che è il federalismo leghista.
Non so voi ma io ho colto la continua insana voglia secessionista nelle parole di Tosi e faccio fatica ad immaginare un’Italia con programmi e metodi scolastici diversificati fra le varie Regioni e insegnanti giudicati per il luogo di nascita e/o di residenza. A dire il vero ci aveva già provato la Gelmini a diversificare i licei e gli istituti tecnici dando “diverso peso” al luogo di provenienza ma gli stessi autori di quella riforma ne compresero le lacune e l’abbandonarono ben presto all’oblio. L’Italia, nel bene e nel male, è unica e se è auspicabile un federalismo fiscale benevolo con i meritevoli e punitivo con gli spreconi, non si può colpire le singole individualità creando dei ghetti culturali territoriali. Cosa significa adeguare l’insegnamento alla situazione socio economica delle regioni? dare più importanza agli studi tecnici dove è preponderante l’industria? imporre lo studio delle materie umanistiche dove l’arte è trainante? o inculcare le conoscenze contadine dove l’agricoltura tira?. Il risultato sarebbe la creazione di intellettualoidi (per usare un termine caro a Gino) sfaccendati da una parte e tecnocrati sgrammaticati dall’altra.
Io credo che almeno sino ai licei e agli istituti magistrali e tecnici, la metodologia didattica debba essere univoca in tutte le regioni proprio perché ogni cittadino, se lo vorrà, deve avere la possibilità poi di continuare il proprio cammino universitario o intraprendere la propria carriere lavorativa dove vuole o dove sussiste più offerta. Nell’infanzia e nell’adolescenza, inoltre, si comincia a vedere al di là della propria famiglia e si vive la comunità con un senso di appartenenza che, con la crescita, caratterizzerà ogni rapporto con lo Stato e con le Istituzioni. Crescere con la consapevolezza che la propria base culturale è diversa da quella di un coetaneo residente al nord o al centro o al sud, può alimentare solo un senso di diversità e di distacco dallo Stato e dalle sue Istituzioni.
Forse è proprio questo che vuole la Lega ed è sintomatica la risposta che il suo presedente, Matteo Salvini, ha dato ad un giornalista che gli ha chiesto cosa direbbe a Renzi dopo aver saputo che questi aveva annullato altre visite per seguire la finale di tennis femminile fra Vinci e Pennetta. La sua risposta è stata letteralmente la seguente: “direi Renzi vaffanculo, la partita potevi vedertela in televisione”
Un abbraccione a tutti
Francesco
mercoledì 16 settembre 2015
venerdì 11 settembre 2015
Il salotto di Ettore
Nei
miei spostamenti lavorativi e non, ascolto sempre “radio uno” e spesso trovo
dibattiti interessanti perché parlano di studi, associazioni ed enti sino a
quel momento, per me, sconosciuti.
L’altro giorno hanno intervistato un professore universitario di “biotecnica”
membro di una associazione (del quale non ricordo il nome e spero che qualcuno
di voi la conosca e mi fornisca indicazioni utili per la ricerca) il cui scopo
è il prolungamento ad oltranza della vita umana attraverso la rigenerazione dei
tessuti e la trasposizione di tutte le attività cerebrali in un cervello
artificiale. Detta così può sembrare roba da fantascienza (o da film
dell’orrore) destinata a rimanere nell’immaginario di qualche scienziato o
scrittore pazzo ma non la pensavano così anche i lettori di Giulio Verne quando
leggevano di strane macchine che solcavano i cieli o si inabissavano nei
fondali marini? L’aspetto più saliente del dibattito è stato rappresentato da
una possibile convergenza, o almeno non contrasto, fra gli effetti della
realizzazione di tale teoria e il credo religioso……..in sostanza, vivere per
qualche centinaia di anni, anche se in maniera bionica, non negherebbe
l’esistenza dell’anima, che in ogni caso prescinde dal corpo, e di una “vita”
post mortem.
Io
non credo che la nostra generazione possa arrivare a vedere la realizzazione di
questo progetto e mi domando sino a che punto esso sia effettivamente utile
all’umanità. Come tutti voi, ho vissuto e vivo una vita intensa e per lo più
piacevole ma con l’avanzare dell’età ogni tipo di problema diventa un fardello
sempre più pesante. Pensate al rapporto con i figli; alcuni avranno avuto
problemi di salute, altri di droga, altri di lavoro e, per quasi tutti, oggi
viviamo l’abnorme situazione che vede i genitori più ricchi e realizzati dei
figli. Pensate al problema con la compagna di una vita; prima era quasi
piacevole litigare perché la passione rappresentava un rimedio istantaneo e
soddisfacente, ora se non vi fossero interessi comuni ed un profondo reciproco
rispetto, la convivenza diventerebbe un onere insopportabile. Pensate ai
rapporti comunitari; prima si esternavano i propri contrasti ideologici senza
astio personale, oggi, quando si parla direttamente o si accede agli incontri
virtuali tipo facebook, si è sommersi da insulti e slogan che ti portano al
silenzio e alla chiusura sociale se non (ancor peggio) alla adesione verso
stereotipi privi di umanità. Pensate al nostro rapporto con le malattie; prima
nulla ci spaventava, oggi il normale decadimento fisico ci ha reso ipocondriaci
e certamente non ci aiutano i necrologici che leggiamo con sempre maggior
frequenza..
Tutto
questo fa parte della nostra attuale vita ma non fraintendetemi, la loro
realistica rappresentazione non va considerata come arrendevole constatazione o
rinuncia ad una sacrosanta voglia di vivere, sempre e comunque, nel miglior
modo possibile. Al contrario, la capacità di poter percepire con sana obiettiva
capacità ogni input che ci arriva sia dall’esterno che dal proprio essere, è il
miglior deterrente per lenire gli
effetti più negativi che esso ci porta. L’acquisizione di questa capacità
rappresenta, dunque, il vero elisir di lunga vita? …. non lo so ma credo con
certezza che ci faccia vivere meglio. Il vero problema è come fare ad
acquisirla.
Coloro
che non sono affetti dal morbo dell’arroganza e della presunzione sanno bene
che ogni propria convinzione non è verità assoluta e che, comunque, va sempre
confrontata nel contesto in cui si vive. Coloro che non sono affetti da un
radicalismo assoluto ed egoistico sanno bene che il racchiudersi in se stessi
genera involuzione fisica e morale. E’ il continuo rapporto con gli altri che
dà senso a ciò che facciamo. E’ la certezza di essere ascoltati che dà senso
alle nostre parole. E’ la certezza di essere accettati e, perché no, amati per
quello che siamo che ci fa sentire utili e vivi. Io credo che sia stato questo
insieme di pensieri la vera causa per la quale il nostro amico Ettore ha aperto
e dato vita al nostro Blog. Non certo desiderio di protagonismo o voglia di
leadership ma bisogno di parlare, di sentirsi parte di un mondo al quale ha
capito, forse, di farne parte solo dopo il pensionamento. Per lui, per
Pierluigi ed Oliviero che con lui vogliono mantenere vivo questo Blog, per me
stesso, io ricomincerò ad esternare periodicamente qui i miei pensieri nella
convinzione che, anche se non ci saranno risposte, qualcuno dei vecchi compagni
di Corso mi avrà ascoltato. Un abbraccione a tutti
Francesco
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