venerdì 11 settembre 2015

Il salotto di Ettore




Nei miei spostamenti lavorativi e non, ascolto sempre “radio uno” e spesso trovo dibattiti interessanti perché parlano di studi, associazioni ed enti sino a quel momento, per me,  sconosciuti. L’altro giorno hanno intervistato un professore universitario di “biotecnica” membro di una associazione (del quale non ricordo il nome e spero che qualcuno di voi la conosca e mi fornisca indicazioni utili per la ricerca) il cui scopo è il prolungamento ad oltranza della vita umana attraverso la rigenerazione dei tessuti e la trasposizione di tutte le attività cerebrali in un cervello artificiale. Detta così può sembrare roba da fantascienza (o da film dell’orrore) destinata a rimanere nell’immaginario di qualche scienziato o scrittore pazzo ma non la pensavano così anche i lettori di Giulio Verne quando leggevano di strane macchine che solcavano i cieli o si inabissavano nei fondali marini? L’aspetto più saliente del dibattito è stato rappresentato da una possibile convergenza, o almeno non contrasto, fra gli effetti della realizzazione di tale teoria e il credo religioso……..in sostanza, vivere per qualche centinaia di anni, anche se in maniera bionica, non negherebbe l’esistenza dell’anima, che in ogni caso prescinde dal corpo, e di una “vita” post mortem.
Io non credo che la nostra generazione possa arrivare a vedere la realizzazione di questo progetto e mi domando sino a che punto esso sia effettivamente utile all’umanità. Come tutti voi, ho vissuto e vivo una vita intensa e per lo più piacevole ma con l’avanzare dell’età ogni tipo di problema diventa un fardello sempre più pesante. Pensate al rapporto con i figli; alcuni avranno avuto problemi di salute, altri di droga, altri di lavoro e, per quasi tutti, oggi viviamo l’abnorme situazione che vede i genitori più ricchi e realizzati dei figli. Pensate al problema con la compagna di una vita; prima era quasi piacevole litigare perché la passione rappresentava un rimedio istantaneo e soddisfacente, ora se non vi fossero interessi comuni ed un profondo reciproco rispetto, la convivenza diventerebbe un onere insopportabile. Pensate ai rapporti comunitari; prima si esternavano i propri contrasti ideologici senza astio personale, oggi, quando si parla direttamente o si accede agli incontri virtuali tipo facebook, si è sommersi da insulti e slogan che ti portano al silenzio e alla chiusura sociale se non (ancor peggio) alla adesione verso stereotipi privi di umanità. Pensate al nostro rapporto con le malattie; prima nulla ci spaventava, oggi il normale decadimento fisico ci ha reso ipocondriaci e certamente non ci aiutano i necrologici che leggiamo con sempre maggior frequenza..
Tutto questo fa parte della nostra attuale vita ma non fraintendetemi, la loro realistica rappresentazione non va considerata come arrendevole constatazione o rinuncia ad una sacrosanta voglia di vivere, sempre e comunque, nel miglior modo possibile. Al contrario, la capacità di poter percepire con sana obiettiva capacità ogni input che ci arriva sia dall’esterno che dal proprio essere, è il miglior deterrente per lenire  gli effetti più negativi che esso ci porta. L’acquisizione di questa capacità rappresenta, dunque, il vero elisir di lunga vita? …. non lo so ma credo con certezza che ci faccia vivere meglio. Il vero problema è come fare ad acquisirla.
Coloro che non sono affetti dal morbo dell’arroganza e della presunzione sanno bene che ogni propria convinzione non è verità assoluta e che, comunque, va sempre confrontata nel contesto in cui si vive. Coloro che non sono affetti da un radicalismo assoluto ed egoistico sanno bene che il racchiudersi in se stessi genera involuzione fisica e morale. E’ il continuo rapporto con gli altri che dà senso a ciò che facciamo. E’ la certezza di essere ascoltati che dà senso alle nostre parole. E’ la certezza di essere accettati e, perché no, amati per quello che siamo che ci fa sentire utili e vivi. Io credo che sia stato questo insieme di pensieri la vera causa per la quale il nostro amico Ettore ha aperto e dato vita al nostro Blog. Non certo desiderio di protagonismo o voglia di leadership ma bisogno di parlare, di sentirsi parte di un mondo al quale ha capito, forse, di farne parte solo dopo il pensionamento. Per lui, per Pierluigi ed Oliviero che con lui vogliono mantenere vivo questo Blog, per me stesso, io ricomincerò ad esternare periodicamente qui i miei pensieri nella convinzione che, anche se non ci saranno risposte, qualcuno dei vecchi compagni di Corso mi avrà ascoltato. Un abbraccione a tutti
Francesco

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