Come avviene ogni anno, l'ultima domenica d'estate è un giorno di festa per il condominio; il signor Dario, noto agitatore condominiale, organizza un pranzo sui prati con tanto di giochi per adulti e bambini. Già da ferragosto l'agitatore si aggira sui pianerottoli suonando a tutti per fare incetta di tavolini, sedie di plastica, sdraio, ombrelloni, giochi di società. Alle ore 23,45 di un sabato, suona al mio campanello; non ho nulla da offrirgli, solo un vecchio guinzaglio di Teo completo di museruola, che rifiuta sdegnato. Comunque mi offro per organizzare un posto di distribuzione rancio con tanto di tavoli, casse di cottura e bidoni di acqua fresca. Gli consiglio di distribuire a tutti i partecipanti al pic-nic gavette e gavettini al posto dei piatti di plastica, poco pratici in caso di vento, molto probabile a fine estate.
Teo, che si era seduto accanto a me, approva con un prolungato latrato. Ora, dovete sapere che il fidocane è un convinto militarista; partecipa alle manifestazioni sportive ”di corsa con l'Accademia”, presenzia a tutte le parate degli Allievi e nutre una segreta passione per i cavalli della Fabrizi. Il signor Dario mi guarda, buio in volto: ”Ma se io non ho neanche fatto il militare..”. Il turpecane inizia a ringhiare, non può sopportare la presenza di un imboscato e sdegnato rientra nel suo alloggio.
Nei giorni successivi inizia una misteriosa serie di “incidenti” ai danni del renitente: il sellino della bici da corsa è rosicchiato in più punti, lo zerbino di casa inzuppato con un liquido maleodorante, la macchina appena lavata è lordata con fanghiglia d'origine sconosciuta ma dall'odore inequivocabile; un sospetto comincia a far capolino nella mia mente.
Chiamo Teo e senza mezzi termini lo accuso di tutte le malefatte, il perfidocane si sdraia a terra e nasconde il muso tra le zampe (è il suo modo per confessare le colpe lievi), proseguo con tono minaccioso, Teo mi getta le zampacce sulle spalle e guaendo cerca di leccarmi la guancia (è il suo modo per confessare le colpe gravi). A stento trattengo una risata, proseguo la ramanzina minacciando severe punizioni; un umano non può rinunciare ad un minimo di autorità nei confronti del proprio cane.
Per sviare i sospetti inizio a far circolare voci di incursioni notturne da parte di alcuni residenti del vicino condominio, gelosi per la nostra capillare organizzazione; aggiungo anche parole di solidarietà perché colpendo il migliore di tutti noi, il nemico intendeva colpire il condominio. Il signor Dario, pieno d'orgoglio, si affida all'amministratore che si era proposto quale paciere.
Alle ore 5.30 della domenica convenuta parte l'agitatore condominiale col suo caravan; i condomini normali lasciano, invece, il parcheggio alle ore 10 circa. La giornata è limpida, temperata ma non calda; il prato vicino al lago della Ninfa, ai piedi del Cimone, è interamente occupato da tavoli, sedie e condomini in festa. Su tutto garrisce la bandiera della pace, adagiata sulla chioma di un alberello. L'arrivo dell'amministratore è salutato dal coro che intona l'inno del condominio. Durante il pranzo il signor Dario, armato di microfono, legge l'ultima direttiva dell'amministratore lodandone la concretezza e lungimiranza. La mia proposta di indire sul posto una assemblea straordinaria viene ignorata.
I bambini giocano divertiti rincorrendosi in riva al laghetto. Teo, con un rapido colpo di zampa, s'impossessa della bandiera arcobaleno e si allontana abbaiando verso il vicino bosco; è tutta un'armonia quello che si vede, quello che si sente.
Dopo alcune ore un lungo applauso saluta la partenza dell'amministratore, le macchine dei condomini cominciano a rientrare in città; mi guardo intorno alla ricerca del perfidocane non ancora rientrato dalla perlustrazione. Al limitar del bosco attivo sul telefonino, alzando al massimo il volume, un segnale di tromba: ADUNATA!!
Di corsa arriva Teo masticando qualcosa di sconcio che gli pende dal muso, non voglio indagare oltre, rispondo al suo saluto e anche noi ci apprestiamo al rientro. Gli animaletti del bosco, rassicurati, riprendono sereni le loro attività.
Massimo RICCOBALDI
mercoledì 28 ottobre 2015
venerdì 23 ottobre 2015
Biogenitorialità
La
scorsa settimana, Massimo mi ha chiesto di esprimere (tramite Blob) il mio
personale parere su un articolo di Daniela Missaglia (apparso su “il Giornale”
del 15 ottobre 2015) dal titolo “Non lasciamo la famiglia in mano a Sindaci
folli”. Non so se i nostri “magnifici tecnici”, Oliviero e Pierluigi,
riusciranno ad inserire il testo integrale dell’articolo (ce la fanno , ce la fanno : clicca qui per leggere l'articolo !!) il quale, prendendo spunto dal fatto
che De Magistris, in qualità di sindaco, ha permesso la trascrizione, sui
registri dell’anagrafe del Comune di Napoli, di una doppia maternità nei
confronti di un bambino concepito, da una delle due, con l’inseminazione
artificiale, stigmatizza quanto segue: 1) non a caso, queste cose succedono
solo nei Comuni governati dalla sinistra; 2) non esiste alcuna norma di legge che
consente questo; 3) la magistratura ha il dovere vincolante di evitare questo scempio.
Personalmente
ritengo che quanto espresso dalla sig.ra Missaglia sia mera propaganda politica
non suffragata da una analisi obiettiva dei singoli aspetti. Questo genere di
trascrizioni e di riconoscimenti giuridici è, purtroppo, diffuso solo nei paesi
dove il concetto di libertà e di democrazia ha valore sostanziale mentre
è considerato fuori legge nei paesi governati da regimi comunisti. La ragione è
semplice; il regime totalitario (sia esso di destra o di sinistra) si fonda sul
“dogma”, principio imposto ed incontestabile, mentre la democrazia e la libertà
hanno “l’etica” quale punto di riferimento la quale, però, è soggetta a
mutevoli interpretazioni e a sollecitazioni esterne.
Anche
il riferimento alla norme legislative in materia e alla pretesa attività dei
magistrati richiesta dalla giornalista sono privi di rilevanza perché se è vero
che nessuna legge identifica, per lo stesso bambino, due padri o due madri, è altrettanto
vero che, in relazione alla figura del concepito e del minore, l’unico
principio fondamentale certo del nostro ordinamento giuridico è l’assoluta
tutela del figlio con corrispondente fardello obbligazionario per i genitori. E’
la tutela del figlio che assurge ad interesse pubblico e quali mezzi ha il
magistrato per dichiarare che due persone dello stesso sesso non siano capaci
di proteggerlo come due di sesso diverso?!. Inoltre, La doppia figura materna e
paterna, sempre giuridicamente parlando, ha rilevanza solo formale perché allo
status biologico riconosciuto alla madre si contrappone la paternità legittima
(in costanza di matrimonio) o la paternità naturale (riconoscimento spontaneo o
giudiziario al di fuori del matrimonio) e se prima, con gli istituti della
patria potestà e dell’affidamento impostati su un’etica di 50 anni fa, si
riconosceva una diversità sostanziale fra i due genitori, oggi si parla di
genitorialità come di un unicum .
Ad incrementare la confusione in atto è
intervenuta la sentenza con cui il TAR ha rinviato la questione alla
magistratura ordinaria perché, a mio avviso, questa sentenza è da considerarsi
sbagliata nell’interpretazione delle norme sulla competenza giurisdizionale. La
trascrizione sui registri dell’anagrafe è
un atto amministrativo che, se considerato legittimo, determina, in capo
alle due “madri”, gli stessi effetti sostanziali derivanti dagli obblighi che
la legge pone a carico dei genitori in genere. Il giudice ordinario chiamato a
decidere sul rispetto delle norme sul diritto di famiglia sarà, quindi,
legittimato ad emettere provvedimenti sul fatto (il rispetto o meno di questi
obblighi) non sullo status dei soggetti chiamati in causa i quali, per la
trascrizione sui registri dell’anagrafe, sono da considerarsi genitori a tutti
gli effetti. Il giudice ordinario non ha la competenza per poter giudicare
legittima o no la trascrizione delle due madri perché le questioni di
legittimità sugli atti amministrativi competono esclusivamente al giudice
amministrativo.
Sarei
ipocrita se dicessi che considero “normale” l’amore fra due persone dello
stesso sesso o la convivenza senza il matrimonio o la genitorialità senza un
padre ed una madre ma le mie personali convinzioni fanno parte della mia etica
che, tramandata dai nostri genitori, appartiene alla nostra generazione e che,
purtroppo per noi, è diversa da quella oggi in voga. Non possiamo, quindi,
anche per questo genere di cose inveire contro i politici o i magistrati o le
Istituzioni in generale perché essi sono come natanti trascinati da un’onda che
nessun timone può domare. Ciò che invece, a mio parere, bisognerebbe chiedersi
è se questo tipo di richieste viene fatta per quell’amore assolutistico ed
incondizionato che un genitore sente verso un figlio o solo per dimostrare al
mondo che la propria diversità, in realtà, non esiste.
Un
abbraccione a tutti.
Francesco
giovedì 22 ottobre 2015
giovedì 1 ottobre 2015
UN GIORNO, FORSE .....
Charles De Brosses, magistrato, filosofo e
politico francese, scriveva così da Roma nel 1740:
“ La forma di governo è quanto
peggio si possa immaginare: giusto il contrario di quello che Macchiavelli e
Moro avevano immaginato. Figuratevi cosa può essere una popolazione composta
per un terzo di sacerdoti, per un terzo di persone che lavorano poco e per un
terzo di persone che non lavorano affatto. “
Di consistente, gli Stati
Pontifici avevano solo il territorio e la popolazione. Dal Tirreno
all'Adriatico comprendevano il Lazio,l'Umbria, le Marche, la Romagna e parte
dell'Emilia. Si chiamavano Stati appunto perchè uno Stato non c'era.
Millesettecento anni creano una mentalità radicata e immutabile. Un
guazzabuglio di poteri, di inefficienza, di incompetenza caratterizzavano il
regime papalino. Tutto era saldamente in mano a una burocrazia composta da
oltre 53.000 sacerdoti, l'elemento laico faceva capolino solo se rientrava
nella clientela di qualche alto prelato. Una teocrazia rigida, chiusa a tutto
ciò che si presentava come nuovo,soffocava ogni forma di libertà; il
ricorso ad eserciti stranieri per ripristinare il potere temporale del
“discendente” di Pietro era l'ultima pennellata in questo quadro di
sopraffazioni.
I papi Farnese, Borghese,
Barberini Sforza, Odescalchi, ed altri ancora, avevano formato una aristocrazia
concedendo ai loro familiari titoli e blasoni. Tra questa nobiltà “ nera” e il
clero non ci poteva essere competizione; erano legati da vincoli di sangue. Il
Cardinale diventava Principe e, purtroppo, viceversa. La via al papato era
spianata con o senza intervento dello Spirito Santo. Quando un Papa veniva eletto, i suoi
familiari erano iscritti d'autorità nel “Libro d'oro” del patriziato romano e
il giro ricominciava.
A Roma esisteva una forma
caricaturale di borghesia, quella che ancora oggi va sotto il nome di
“generone”; borghesia formata da famiglie che di padre in figlio si
tramandavano alcune professioni come quelle di notai, cancellieri, medici,
anch'essi naturalmente al servizio della chiesa.
In altri Stati italiani il seme
illuminista diede i suoi frutti perchè a concimarlo c'era la borghesia.
Il”generone” romano vi era assolutamente refrattario. Gli unici luoghi in cui
gli ospiti stranieri trovavano accoglienza e la possibilità di presentare le
nuove idee, erano i salotti dei nobili e dei cardinali. Potevano sì parlare, ma
chi li ascoltava era puntellato al sistema e quindi completamente refrattario.
A Roma, la cultura restava strettamente legata al potere, unico datore di
lavoroe fonte di qualsiasi carriera.
L'unico ceto vivo e vero era il
popolino:ignorante, irrequieto, superstizioso e scansafatiche, a volte
sanguinario, ma festaiolo, dotato di un suo sarcasmo mescolato a scetticismo.
Proprio dal popolino venivano
reclutata la polizia, teppisti mal pagati, violenti e ottusi. Di loro dice
Dupaty:”dei briganti privilegiati che fanno guerra a briganti non
privilegiati.”
Il cardinale Lambertini, eletto
papa col nome di Benedetto XIV, definì quello pontificio un regime ”dove il
papa comanda, i cardinali disobbediscono e il popolo fa ciò che vuole”. Questo
sant'uomo fu una delle poche luci in queste tenebre.
Eppure anche in questo pantano,
spiriti illuminati, liberi e forse sognatori riuscirono per cinque mesi a
fondare la Repubblica romana. Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi
sperarono invano di aver dato l'esempio al popolo. Roma, per quel breve periodo, fu luogo
d'incontro e di confronto tra molte figure del Risorgimento, accorse da tutta
Italia tra cui Garibaldi e Mameli.
Fu banco di prova di nuove idee democratiche che sarebbero diventate
realtà in Europa solo un secolo dopo. I cannoni francesi (ecco ancora lo
straniero invocato dal successore di Pietro) misero fine a questo sogno.
Lo Stato pontificio non ha mai
visto di buon occhio, nel corso dei secoli, la formazione di uno Stato
italiano, situazione che avrebbe urtato contro il potere e i privilegi della
corte papalina e dei patrizi romani. Pio IX, dopo Porta Pia, si chiuse in uno
spendido isolamento durato otto anni dopo aver trasformato Re, Governo,
Parlamento e Popolo italiano in una congrega di scomunicati.
L'effetto di tale atteggiamento
pesò moltissimo sulle anime semplici dei fedeli, specie meridionali che ancora
non avevano digerito l'annessione al nuovo Regno. Teniamo conto che il papa da
pochi mesi aveva ottenuto l'approvazione di un dogma sulla sua infallibilità in
materia religiosa e morale. Ma questo distinguo non era certamente colto dal
fedele analfabeta , per lui il papa era infallibile e basta. Certamente è
merito anche suo se fatta l'Italia non sono stati fatti gli Italiani.
L'interferenza della Chiesa sulla
vita nazionale continuera' negli anni successivi, e ancora oggi....
Chissà se un giorno un papa,
magari amante della storia, avrà il coraggio di riconoscere l'azione frenante
della Chiesa sulla nascita del Regno d'Italia, prima, e sulla creazione di una
coscienza nazionale, dopo. E magari chiederne scusa agli Italiani.
Chissà, forse un giorno....
Massimo RICCOBALDI
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