mercoledì 23 ottobre 2013

E ora voglio parlare della destra


 
Con la sua ultima dichiarazione politica, Alfano ha aperto la campagna elettorale rivolgendosi a tutti i componenti di un centro destra moderato perché il futuro non sarà il governo delle larghe intese bensì il governo della grande coalizione di destra. L’auspicio rientra nella dialettica politica e in considerazione anche degli ultimi moti romani i quali, ancora una volta, hanno evidenziato la violenza facinorosa ed ingiustificata di frange comuniste incontrollate, è stato accolto con favore da buona parte degli elettori.

Si sa che gli italiani sono profondamente divisi fra anti comunisti e comunisti e, probabilmente, la divisione nasce dal vecchio contrasto fra fascisti e anti fascisti la cui caratteristica, nel passato come nel presente, è la continua migrazione, da una parte all’altra, dei singoli componenti.

Probabilmente, alla fine degli anni 60 e all’inizio degli anni 70, quando la destra, grazie anche alla nascita di importanti movimenti europeistici, stava acquisendo consensi, l’errore di Almirante fu quello di aprire a frange politiche le quali, più che incarnare l’ideologia economica e sociale della destra, avevano l’obiettivo dichiarato di contrastare il comunismo.

Del senno di poi, però, ne è pieno il mondo e non esiste controprova a quanto sopra affermato tant’è che l’altro grande esponente della destra, Malagodi, che pure è sempre stato coerente con l’ideologia liberale, ha sempre ricevuto consensi minimi. Malagodi fu l’unico esponente politico a rifiutare una coalizione di centro sinistra perché riteneva fondamentale la necessità della libera iniziativa garantita sia rispetto all’intervento dello Stato, sia rispetto alle distorsioni del mercato attraverso una specifica legislazione contro le concentrazioni monopolistiche.

Lo Stato, secondo Malagodi, dovrebbe essere regolatore e non protagonista del mercato.
Per meglio spiegare la mia idea del liberalismo e, quindi, della destra, voglio rifarmi ad una definizione coniata da Nicola Matteucci, ripresa dal “dizionario politico” del 1976: “il liberalismo consiste in una situazione di possibilità per l’uomo di scegliere, esprimere e diffondere i propri valori, sia morali che polirtici, per realizzare se stessi”….realizzare se stessi; pensate alla semplicità e alla grandezza di questo pensiero e di quanto esso sia diverso da quello marxista o nazionalsocialista dove l’uomo è considerato un insignificante ingranaggio dell’apparato burocratico statale.

Noi Cadetti abbiamo provato personalmente cosa significa “realizzare se stessi” attraverso il principio della meritocrazia perché a Modena i migliori erano considerati coloro che meglio avevano compreso lo spirito militare e, conseguentemente, che meglio avrebbero potuto esprimersi nella veste di Ufficiali; e da quello che è successo dopo, tranne forse qualche singola recriminazione, la scelta si è rivelata esatta.
Provate a traslare lo stesso principio all’interno di una comunità che deve auto regolarsi e generare ricchezza per mantenersi. Questa comunità non crescerà mai se non sarà in grado di proteggere e remunerare il lavoro e le capacità personali dando ad ogni singolo cittadino la possibilità di realizzare se stessi.

La protezione, la remunerazione e la realizzazione individuale alle quali faccio riferimento, dovrebbero essere garantiti dallo Stato attraverso la non ingerenza, l’eliminazione dell’apparato burocratico fine a se stesso e il controllo sui monopoli e sulla concorrenza sleale che rappresentano l’antitesi di una economia liberale.
Se vogliamo ricercare all’estero un esempio di liberalismo, possiamo guardare agli Stati Uniti dove la non ingerenza dello Stato nella economia del singolo cittadino è tanto marcata che in una eventuale situazione di default governativa a rimetterci sarebbero stati i dipendenti e gli apparati pubblici ; circostanza questa nemmeno lontanamente ipotizzabile in Italia dove tutte le finanziarie si alimentano sulle tasse e sulle accise.
L’Italia…. guardate con occhio critico l’evoluzione del nostro Stato e ditemi quando e da chi la destra, così intesa, è stata rappresentata.

Dai tempi dei colossi imprenditoriali a partecipazione statale all’ultima operazione Alitalia, riscontriamo miriadi di dimostrazioni di sperpero del pubblico denaro e di ingerenza in un mercato al quale da tempo lo Stato partecipa non per ricavarne utili, bensì per creare sacche elettorali e motivi di corruzione.
La libera concorrenza è stata vanificata da leggi che hanno agevolato questo o quell’imprenditore o ingenerato diseguaglianze fra le imprese alcune delle quali possono fallire e altre no. Il potere sindacale dei lavoratori ha prevaricato i limiti legittimi della ricerca e del mantenimento della dignità umana sino a considerare il datore di lavoro come nemico da combattere e il diritto al riposo come primario rispetto al diritto al lavoro.

In queste condizioni non avremo mai un Paese liberale e continueremo a vivere una comunità apparentemente governata da politici sedicenti “di destra” o “di sinistra” che, in realtà, tutelano se stessi attraverso il mantenimento dell’anarchia economica e sociale.
Un abbraccio a tutti

Francesco     

giovedì 17 ottobre 2013

A chi tocca nun se 'ngrugna!


Quattro, forse cinque giorni fa, commentavo con Oliviero un bell’articolo del Gen. Camporini intitolato “Quel destino già scritto della Libia del dopo Geddafi” e pubblicato su .huffingtonpost.it/

 L’ex Capo di SMD ed ora vice presidente dell’Istituto Affari Internazionali, con competenza e distacco emotivo, analizza il preoccupante fenomeno della migrazione africana verso l’Europa, partendo dall’attuale situazione di caos politico in Libia per arrivare alla conclusione che tale fenomeno potrebbe essere almeno parzialmente ridimenzionato se, nei Paesi di provenienza di quei disperati,  venissero create le condizioni strutturali per indurli a restare.
Non sono certo io quello che ha le competenze per poter contraddire quanto affermato, nelle conclusioni, dal Generale, di cui conservo un sincero ricordo di stima fin dai tempi in cui eravano parigrado a SMD; tuttavia qualche perplessità ce l’ho, soprattutto in merito alle citate conclusioni.

Partiamo dai Paesi provenienza. La gran massa dei migranti proviene dal Corno d’Africa e dalla Siria, mentre si sono notevolmente ridotte le provenienze dai Paesi del Maghreb e poco si sa di quelle dell’estremo Oriente; sarebbe meglio, però, dire che talune provenienze “fanno più rumore”, nel senso che hanno un impatto mediatico maggiore, vuoi per le disgrazie periodiche che le accompagnano, vuoi per le proteste/lamentele che si levano da Lampedusa.
Tra i vari “esperti” a comando –quelli, cioè, che parlano solo quando succede qualcosa e si tracciano le vesti- e tra i cosiddetti “politici”, si fa sempre più alto il grido o l’invocazione “l’Europa deve intervenire”, “non può essere un problema della sola Italia”, “si intervenga nei Paesi d’origine” e così via farneticando.
Io, da semplice osservatore, vorrei porre a questi urlatori della “vergogna” due semplici questioni: ma voi lo sapete cosa significa “intervenire” in quelle terre lontane e disperate? Ma voi avete un’idea, seppur vaga di cosa sia realmente l’Europa?
Alla prima risponderei con la semplice constatazione che quelli sono “Paesi” solo da un punto di vista geografico ed etnico, dove non esiste una struttura statale, un ordinamento, un semplice referente su cui potersi appoggiare per poter iniziare quell’opera di modernizzazione che sono io il primo a riconoscere come fondamentale.
Ma, seppure si potesse dare inizio ad una programmazione “garantita”, è di tutta evidenza che i primi frutti si vedrebbero dopo decenni, durante i quali le condizioni di vita non migliorerebbero se non con molta gradualità e comunque in maniera tale da non eliminare il triste fenomeno della migrazione.
In più, non vanno dimenticati i costi mostruosi che sarebbero necessari e che, con l’aria che tira, non so nemmeno immaginare chi potrebbe sobbarcarseli; inoltre, bisognerebbe anche individuare “chi” dovrebbe gestire il tutto e non mi si venga a dire l’ONU perché i suoi fallimenti (peraltro costosissimi) ne hanno decretato, già da tempo, la totale inutilità.
Alla seconda domanda –quella sull’Europa-, risponderei con un’altra domanda: “ma siete sicuri che in Europa esista una coscienza collettiva capace di indurre “emozioni” condivise quando succedono tragedie simili?”
No, non credo che avrei risposte positive, per il semplice fatto che anche il più illuso o mendace sostenitore di questa tesi dovrebbe arrendersi difronte ad una semplice, inoppugnabile realtà: avremo pure un mercato comune, avremo pure una moneta unica, avremo pure eliminato le frontiere  ma, di sicuro, non abbiamo una coscienza comune.
Ogni Pese ha i suoi, spesso drammatici, problemi, le sue ansie, le sue battaglie contro una quotidianità sempre più difficile e contro un futuro sempre più incerto; ogni Paese ha la sua cultura, le sue tradizioni, il suo approccio ai grandi temi dell’esistenza; ogni Paese ha una sua opinione pubblica cui i rispettivi governanti dovrebbero rispondere; ogni Paese ha……e vogliamo illuderci che si riesca a fare un fronte comune  per arginare un fenomeno che, magari, non viene rappresentato con la medesima drammaticità in tutti quei Paesi?!
A mio avviso, dobbiamo rassegnarci; dobbiamo prendere atto che ciascuno si deve prendere la sua croce e cercare di andare avanti solo con le sue poche forze, confidando su tanta solidarietà (che è gratis e fa fare pure bella figura!), qualche cooperazione dal nome altisonante ma di scarsa efficacia, magari pure qualche elemosina, giusto per salvare la faccia.

Non illudiamoci di poter pretendere di più, per il semplice motivo che la percezione di un dramma o di una tragedia è mostruosamente diversa ai quattro unti cardinali dell’Unione; forse non ci sarà nemmeno cattiveria in tutto questo; forse sarà che la dirompente combinazione di crisi economica e di retaggi millenari non può consentire di meglio.
Un abbraccio,
Ettore.

 

giovedì 10 ottobre 2013

...e io pago!!!


Cari Amici,

come sapete, alcuni parlamentari del centro-sinistra hanno provato, senza successo, a reintrodurre l’IMU sulle prime case con rendita catastale superiore a 750 euro: ma vi pare possibile che questi personaggi che non si vergognano di navigare tra alti compensi, diarie, pensioni d’oro e privilegi, siano sempre alla caccia di quelli che loro considerano “ricchi” e che devono “pagare”. 

Non voglio fare una filippica contro la classe politica e dirigente (sarebbe facile e, purtroppo,  del tutto inutile) ma proporre una conversazione sulla tassazione esistente e prospettata sulla casa.

 Come molti altri cittadini, anch’io ho una casa, una bella casa di cui sono orgoglioso, costruita dopo oltre quaranta anni di lavoro e tuttora gravata da un buon mutuo.

Ho pagato le tasse sempre da dipendente pubblico; ho pagato le tasse per comprare il terreno ed i materiali di costruzione, gli operai ed i tecnici, il Comune per oneri di urbanizzazione di cui non fruisco perche’, essendo la casa in campagna, ho dovuto pagare e molto per l’allacciamento elettrico, per scavare un pozzo per l’acqua e per realizzare una fossa asettica complessa ed in regola con tutte le previsioni di legge.

Adesso ho la casa con una rendita catastale superiore a 750 euro e questi personaggi mi considerano ricco e, quindi su questo bene, devo pagare ancora tasse.

Per me e’ troppo!

Un abbraccio

Renato

 

martedì 8 ottobre 2013

Il diavolo e l'acqua santa

Domenica scorsa, Papa Francesco ha proclamato Beato Rolando Rivi. Il telegiornale lo ha descritto come un giovane seminarista di Reggio Emilia ucciso nell’aprile 1943 dai partigiani ….. comunisti.
Papa Francesco mi era già simpatico ed ora ancora di più.
Sapevo già, dalla lettura dei libri di Pansa e per dirette esperienze familiari, che i partigiani, alla fine della guerra ed anche dopo, nel triangolo della morte emiliano, avevano ucciso molti sacerdoti ma non mi pare di aver saputo che addirittura un seminarista quattordicenne fosse stato ucciso per il solo fatto di portare l’abito talare, come allora si usava.
Chi ha avuto modo e pazienza di leggere altri miei interventi, conosce il particolare interesse che mi coinvolge in quei fatti e così mi sono dato da fare a ricercare ogni possibile notizia. Leggendo poi che gli assassini, rei confessi e condannati, erano stati rimessi in libertà a seguito dell’amnistia voluta dall’allora Ministro di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti detto il “migliore” (credo sia stato il primo della Repubblica ), immediatamente sono avvampato d’ira e di esecrazione per questa palese ingiustizia.
Ovviamente ho incolpato Togliatti e tutti i comunisti per questa nefanda amnistia voluta, a mio parere, per nascondere tutti i delitti compiuti dai partigiani comunisti a cavallo della fine della guerra. E’ sempre stato sostenuto che questa amnistia era stata disposta al fine di giungere al più presto alla pacificazione nazionale ed agiva indiscriminatamente sia per i comunisti che per i fascisti.
Ma, secondo me , non era vero perché la maggior parte dei fascisti (ora coloro che indossarono la divisa del Repubblica Sociale si contano sulla punta delle dita di una sola mano, uno di questi mi pare che in seguito abbia ricevuto il premio Nobel) era già stata giustiziata a furore di popolo. Questo è talmente evidente perché quella amnistia sarebbe stata applicata anche a Mussolini ed i suoi gerarchi, qualora Piazzale Loreto non avesse avuto luogo ……….. ma poi proseguendo nella ricerca ho scoperto cose che per me sono sconvolgenti ed aumentano il mio disprezzo, anche postumo, per la politica ed i suoi rappresentanti .
Togliatti si era limitato a far valere l’amnistia per i delitti, anche di sangue, commessi per motivi “bellici” e politici. La data del provvedimento è il 22 giugno del 1946 ed i delitti interessati erano quelli commessi prima del 18 giugno. E questo conferma il mio pensiero che ne abbiano goduto maggiormente i partigiani ma non esclude che anche una certa parte di fascisti ne abbia potuto fruire. Insomma non ci si poteva spettare di più da uno che aveva promesso per radio due metri di terra russa per ogni soldato dall’Armir.
Ma, proseguendo nella ricerca, sono stato rimasto impietrito dal fatto che, successivamente, i termini per l’amnistia sono stati più volte prorogati e questa volta, ovviamente, a tutto vantaggio di una sola parte. A settembre del 1946, un decreto Luogotenenziale, nel febbraio del 1948, nel 1953 e nel 1966 l’amnistia e l’indulto furono estesi fino a oltre tre anni dalla fine della guerra assicurando l’impunità a tutti gli autori delle stragi e degli efferati delitti che sicuramente dal maggio del ‘45 a quello del 1948 non possono, con tutta la buona volontà, essere attribuiti se non ad una sola parte.
Credo che sicuramente ci saranno stati anche motivi di esclusivo interesse personale che spinsero a commettere reati , ma sicuramente non furono statisticamente prevalenti rispetto all’odio di classe e religioso.
Lascio ai volenterosi riscoprire i nomi dei noti politici democristiani ( o cattocomunisti) che hanno avallato nel tempo queste continuate amnistie prolungandone i termini di scadenza.
Alla fine Peppone non era molto peggio dei suoi avversari, almeno in questa interpretazione del volemose bene e. se lo dico io …….
Grazie per la pazienza.
Un saluto,
Giovanni.