Quattro,
forse cinque giorni fa, commentavo con Oliviero un bell’articolo del Gen.
Camporini intitolato “Quel destino già scritto della Libia del dopo Geddafi” e
pubblicato su .huffingtonpost.it/
L’ex Capo di SMD ed ora vice presidente
dell’Istituto Affari Internazionali, con competenza e distacco emotivo,
analizza il preoccupante fenomeno della migrazione africana verso l’Europa,
partendo dall’attuale situazione di caos politico in Libia per arrivare alla
conclusione che tale fenomeno potrebbe essere almeno parzialmente
ridimenzionato se, nei Paesi di provenienza di quei disperati, venissero create le condizioni strutturali
per indurli a restare.
Non
sono certo io quello che ha le competenze per poter contraddire quanto
affermato, nelle conclusioni, dal Generale, di cui conservo un sincero ricordo
di stima fin dai tempi in cui eravano parigrado a SMD; tuttavia qualche
perplessità ce l’ho, soprattutto in merito alle citate conclusioni.
Partiamo dai Paesi provenienza. La gran massa dei migranti proviene dal Corno d’Africa e dalla Siria, mentre si sono notevolmente ridotte le provenienze dai Paesi del Maghreb e poco si sa di quelle dell’estremo Oriente; sarebbe meglio, però, dire che talune provenienze “fanno più rumore”, nel senso che hanno un impatto mediatico maggiore, vuoi per le disgrazie periodiche che le accompagnano, vuoi per le proteste/lamentele che si levano da Lampedusa.
Tra i vari “esperti” a comando –quelli, cioè, che parlano solo quando succede qualcosa e si tracciano le vesti- e tra i cosiddetti “politici”, si fa sempre più alto il grido o l’invocazione “l’Europa deve intervenire”, “non può essere un problema della sola Italia”, “si intervenga nei Paesi d’origine” e così via farneticando.
Io, da semplice osservatore, vorrei porre a questi urlatori della “vergogna” due semplici questioni: ma voi lo sapete cosa significa “intervenire” in quelle terre lontane e disperate? Ma voi avete un’idea, seppur vaga di cosa sia realmente l’Europa?
Alla prima risponderei con la semplice constatazione che quelli sono “Paesi” solo da un punto di vista geografico ed etnico, dove non esiste una struttura statale, un ordinamento, un semplice referente su cui potersi appoggiare per poter iniziare quell’opera di modernizzazione che sono io il primo a riconoscere come fondamentale.
Ma, seppure si potesse dare inizio ad una programmazione “garantita”, è di tutta evidenza che i primi frutti si vedrebbero dopo decenni, durante i quali le condizioni di vita non migliorerebbero se non con molta gradualità e comunque in maniera tale da non eliminare il triste fenomeno della migrazione.
In più, non vanno dimenticati i costi mostruosi che sarebbero necessari e che, con l’aria che tira, non so nemmeno immaginare chi potrebbe sobbarcarseli; inoltre, bisognerebbe anche individuare “chi” dovrebbe gestire il tutto e non mi si venga a dire l’ONU perché i suoi fallimenti (peraltro costosissimi) ne hanno decretato, già da tempo, la totale inutilità.
Alla seconda domanda –quella sull’Europa-, risponderei con un’altra domanda: “ma siete sicuri che in Europa esista una coscienza collettiva capace di indurre “emozioni” condivise quando succedono tragedie simili?”
No,
non credo che avrei risposte positive, per il semplice fatto che anche il più
illuso o mendace sostenitore di questa tesi dovrebbe arrendersi difronte ad una
semplice, inoppugnabile realtà: avremo pure un mercato comune, avremo pure una
moneta unica, avremo pure eliminato le frontiere ma, di sicuro, non abbiamo una coscienza
comune.
Ogni
Pese ha i suoi, spesso drammatici, problemi, le sue ansie, le sue battaglie
contro una quotidianità sempre più difficile e contro un futuro sempre più
incerto; ogni Paese ha la sua cultura, le sue tradizioni, il suo approccio ai
grandi temi dell’esistenza; ogni Paese ha una sua opinione pubblica cui i
rispettivi governanti dovrebbero rispondere; ogni Paese ha……e vogliamo
illuderci che si riesca a fare un fronte comune
per arginare un fenomeno che, magari, non viene rappresentato con la
medesima drammaticità in tutti quei Paesi?!A mio avviso, dobbiamo rassegnarci; dobbiamo prendere atto che ciascuno si deve prendere la sua croce e cercare di andare avanti solo con le sue poche forze, confidando su tanta solidarietà (che è gratis e fa fare pure bella figura!), qualche cooperazione dal nome altisonante ma di scarsa efficacia, magari pure qualche elemosina, giusto per salvare la faccia.
Non illudiamoci di poter pretendere di più, per il semplice motivo che la percezione di un dramma o di una tragedia è mostruosamente diversa ai quattro unti cardinali dell’Unione; forse non ci sarà nemmeno cattiveria in tutto questo; forse sarà che la dirompente combinazione di crisi economica e di retaggi millenari non può consentire di meglio.
Un abbraccio,
Ettore.
Prendo spunto dall'analisi esaustiva fatta da Ettore , che arriva a conclusioni del tutto condivisibili, per introdurre un altro aspetto del problema tutto Italiano. Viste le cause , con molta attenzione alle parole per non incorrere in qualche reato di opinione (introdotto magari stanotte), esporrò un dubbio che mi è sorto in merito agli effetti. Nel fine settimana scorso sono stato ad Assisi. Era la settimana dopo la visita del Papa ma c'erano comunque decine di migliaia di visitatori. La " spianata" della Basilica , tutte le altre piazze e tutte le Chiese brulicavano di persone venute da ogni parte del mondo. Ebbene nei due giorni che sono rimasto ad Assisi non ho visto uno, dico uno, dei soliti venditori di cianfrusaglie ne questuanti. Eppure quello e' il genere di situazioni nelle quali brulicano quei personaggi , oltre i soliti borsaioli. Vedasi i luoghi turistici di Roma, Firenze, Venezia etc.etc. Evito, per amore di Patria, di fare le stesse considerazioni riferite ad altri Paesi Europei. Il dubbio è questo : ma come mai ad Assisi non succedono le cose che succedono in situazioni analoghe in altre città ? Sarà anche questo un miracolo di San Francesco ? Un saluto. Giovanni
RispondiEliminaMi dispiace parlare di queste cose quando il ricordo di quelle bare non si è spento e, credetemi, faccio tutto il possibile, dando denaro e tempo, per aiutare chi soffre ma il flusso migratorio va regolato e la Legge Fini/Bossi è l'unica che ha provato a farlo. Pensare di andare nei paesi di origine non risolverebbe il problema perchè non siamo in grado, come Stato, di affrontare spese per infrastrutture che vengono poi gestite da governi dittatoriali. L'unica soluzione, a mio avviso, è la formazione di liste di collocamento per extra comunitari formate dai datori di lavoro che hanno bisogno di mano d'opera e da controlli più severi, sia nell'uscita dal paese d'origine che di entrata nel nostro, che permattano l'arrivo solo di quelli che avranno aderito alla lista.
RispondiEliminaFrancesco