domenica 28 febbraio 2010

L’ombra della tonaca.

Che da millenni l’Italia sia sotto schiaffo della “chiesa terrena” (come la definisce giustamente Giggione) è un dato di fatto difficilmente confutabile.
Non voglio né mi va di mettermi lì ad elencare tutti i danni che questo stato di fatto ha provocato, anche perché ce ne vorrebbero una trentina di blog per contenerli.
Diciamo che la”voce della chiesa” (quella con la minuscola, per distinguerla da quella Celeste) si è levata spesso e volentieri per far pesare il suo punto di vista su questioni esclusivamente interne di uno Stato sovrano che non vorrebbe ridursi ad essere solo “tutto quello che sta intorno allo SCV”, mutuando l’adagio d’oltralpe che vuole la Francia intera come “tutto quello che sta intorno a Parigi”.
Tutta questa (a seconda dei gusti) bella premessa per commentare un fatto recente che mi ha profondamente colpito, sia per la sua portata intrinseca sia per la totale assenza di “reazioni” che normalmente provocano documenti come questo.
Mi riferisco al documento sul Mezzogiorno fresco di pubblicazione da parte della CEI: diciassette pagine che fanno un’analisi spietata –ma tremendamente vera- della situazione economico-sociale di quasi mezza Italia.
Ce n’è per tutti: politici, imprenditori, amministratori locali, poveri cristi che accettano di tutto per far passare ‘a nuttata. E con un linguaggio inusitato per un’assise come quella che ha sempre fatto della “prudenza” il suo cavallo di battaglia preferito.
Quando, riferendosi alla cappa malavitosa, si usano espressioni come “liberarsi dalle catene” o come “ favorisce l’incremento della corruzione..., altera il mercato del lavoro, manipola gli appalti, interferisce nelle scelte urbanistiche e contamina l’intero territorio nazionale”, in assenza di uno Stato degno di questo nome, c’è poco da interpretare: è un atto di accusa bell’e buono!
La sintesi: nel Mezzogiorno, scarso senso civico e la malavita esautora lo Stato.
E come ha reagito la nostra inclita “classe politica”? tacendo, senza nemmeno un’indignazione di facciata per presunte “ingerenze”, senza nemmeno uno straccio di manifestazione di qualche gruppuscolo di “impegnati”: niente di niente, come se i Vescovi italiani avessero parlato della Patagonia!
Da Italiano, mi sento doppiamente umiliato: perché mi son dovuto sentir raccontare la verità sul mio Paese da Alti Responsabili di uno Stato estero e perché nessun alto responsabile del mio Stato ha mai avuto il coraggio di raccontarmela.
Grazie ai Vescovi italiani per la loro franchezza e un’ulteriore cofanata di m.... alla “mia” cosiddetta “classe dirigente”.
Ciao a tutti, Ettore.

Che sia anche un mago ????????

Cari amici vogliamo parlare un po' anche di questo articolo? Vogliamo discutere sul modo singolare di sigillare una profezia senza depositarla da un notaio oppure consegnarla subito agli organi inquirenti ? Vogliamo disquisire sul fatto che alcune notizie vengono divulgate solo perche' l'autore si sente messo da parte o non valorizzato come si aspetterebbe? Questo comportamento e' consono all'onore militare?
Vai a leggere ..............

Un sincero abbraccio da Giovanni Papi

lunedì 22 febbraio 2010

Ancora sugli appalti .

Ragazzi mi date la vostra spassionata opinione sul perchè la riflessione sugli appalti, precedente al polverone sulla corruzione, non ha suscitato alcun commento e ha messo la museruola a tutti?
Vi abbraccio
Francesco



Ricapitoliamo: da una parte c’è Francesco che ci spiega, per sommi ma essenziali capi, quale dovrebbe essere il corretto iter per l’assegnazione degli appalti pubblici, pagati con i nostri denari; dall’altra, c’è la Corte dei Conti che, con la spietatezza dei numeri, ci dice che quel “dovrebbe” in effetti non è e che quei nostri denari diciamo che sono spesi con una certa “disinvoltura”.
In sintesi: la teoria e la pratica!
Si tratta di un fenomeno inarrestabile, che non ha colore, che viene praticato ad ogni livello ed in maniera sempre più sfrontata e che, spesso, rimane impunito o lascia segni non dirompenti su quelli che vengono pizzicati.
E’ tutta la macchina dello Stato che feta; non c’è istituzione che se ne possa dire immune; non ci sono freni inibitori; e torna di attualità quel terrificante aforisma di solo pochi anni fa: se tutti rubano nessuno ruba!
Non è certamente il caso di mettersi a fare i “duri e puri”, specie in un Paese dove un individualismo sfrenato e sfacciato si coniuga perfettamente con la percezione comune che lo Stato è IL nemico e, in quanto tale, non si deve e non si può lasciare niente di intentato per fotterlo; però, mi chiedo dove sia il limite inferiore della decenza!
Ma vi rendete conto che non ci si può fidare di nessuno?! Che, dal più umile usciere fino al più gallonato funzionario, bisogna ungere per avere quello di cui si avrebbe diritto?! Che, sommando i quattrini derivanti dalla corruzione, quelli derivanti dalle varie attività “in nero”, quelli derivanti dalle attività illecite/mafiose, quelli derivanti dall’evasione fiscale, quelli derivanti dal mantenimento di un apparato statale tanto dispendioso quanto inefficiente, si arriverebbe a formare il bilancio di due o tre Paesi del G8?!
Cosa bisogna fare: mettere il controllore del controllore del controllore del.....in una spirale infinita di cui non si ha, però, certezza dell’onestà dell’ultimo interessato?! Chi, in questo sventurato Paese, può essere paragonato alla moglie di Cesare?!
Se qualcuno ne ha di plausibili, mi dia una risposta, per piacere.
Ciao a tutti, Ettore

BERTOLASO A L’AQUILA HA FATTO “META” .

I lodevoli risultati ottenuti, INDISCUTIBILI, possono essere raggiunti solo con un progetto chiaro, lineare, trasparente, condiviso da tutti i collaboratori che negli obiettivi del Capo si riconoscono, e con il sacrificio e la completa dedizione al lavoro.
L’abbiamo vista lavorare con i suoi collaboratori instancabilmente, con generosità, 24 ore al giorno dal lunedì alla domenica e nelle altre feste consacrate.
E’ stato in mezzo agli sfollati, tra le tende, in ogni condizione meteo; pronto a raccogliere istanze, dare consigli e spiegazioni.
Il “modello Abruzzo” rappresenta un patrimonio di conoscenze ed esperienze che rafforza il sistema dell’organizzazione della Protezione Civile in l’Italia. Un modello di dedizione al lavoro da insegnare nelle scuole.
Le giungano i sensi della nostra grande stima e ammirazione per il lavoro svolto a L’Aquila quale Capo del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale.
GRAZIE ed auguri a Lei ed agli uomini e donne della Protezione Civile.
Raffaele SUFFOLETTA

mercoledì 17 febbraio 2010

'CORRUZIONE PATOLOGICA MA NON HA ANTICORPI'


ROMA - La corruzione è una "patologia" che "resta tuttora grave" e che, anzi, nel 2009 ha fatto registrare un aumento di denunce alla Guardia di Finanza del 229% rispetto all'anno precedente, cui si aggiunge un incremento del 153% per fatti di concussione. Rispetto a queste condotte illecite individuali, le pubbliche amministrazioni "troppo spesso" non attivano i necessari "anticorpi interni". E' la denuncia del procuratore generale e del presidente della Corte dei Conti, Mario Ristuccia e Tullio Lazzaro, in occasione della cerimonia di apertura dell'anno giudiziario.


Continua.....

martedì 16 febbraio 2010

Appalti, bilancio e libero mercato

Segue il "Facce capì !!!"

Ettore carissimo, restando coerente con le idee sin’ora espresse, ritengo che il plauso vada esteso a quella parte di apparato statale che, nella fattispecie, ha ben funzionato. Determinanti, in questo caso, sono state le intercettazioni il cui iter normativo subirà, a breve, una completa trasformazione (a mio avviso in peggio).
Gli appalti pubblici sono contratti fra l’Ente e l’impresa aventi ad oggetto, dietro corrispettivo, la realizzazione di un’opera o di un servizio. Essi rappresentano il mezzo per il quale l’Amministrazione utilizza il denaro prelevato dai cittadini per investire nelle strutture necessarie alla comunità e incidono pesantemente nella formazione dei pubblici bilanci e del mercato.
Semplificando il concetto, lo stato patrimoniale di un bilancio ha una sezione “attivo”, nel quale vengono inseriti gli “impieghi”, cioè quanto l’Ente ha realizzato, e una sezione “passivo” che contiene le “fonti” cioè l’ammontare di denaro necessario alla realizzazione degli “impieghi”. E’ evidente che il bilancio sarà equilibrato se il valore reale del realizzato corrisponda esattamente al denaro speso.
In termini di mercato globale, nell’ambito della nostra economia l’incidenza degli appalti pubblici è molto alta (circa 300 miliardi di euro) ed è elemento preponderante del fatturato di tutte le imprese, grandi e piccole, che operano in quel settore; capirete, quindi, come il modo di utilizzo di questo strumento, possa più o meno agevolare lo sviluppo e la redditività dell’appaltatore che entra a far parte di un contesto dove la libera concorrenza può diventare pura utopia.
Le norme che regolano questo settore sono piuttosto eterogenee e, in qualche caso contraddittorie tanto che, nel 2004, sono state emanate due Direttive comunitarie, la n. 17 e la n. 18, che imponevano una semplificazione ed una risistemazione complessiva della materia. Le principali novità introdotte da tali Direttive erano essenzialmente la costituzione di un corpus normativo unico per i tre settori dell’appalto: opere, forniture e servizi e l’introduzione di nuovi istituti che rendano più flessibile l’attività contrattuale della pubblica amministrazione.
A seguito di queste direttive, con l’art. 25 della legge 18/04/05, era stata data delega al Governo di costituire un Codice degli Appalti che, molto frettolosamente, era stato introdotto con D.L. n. 173 del 12/05/06 e più volte modificato sino all’ultima Legge n. 14/09.
Le principali novità rispetto alla vecchia Legge Merloni sono state le seguenti:
a) è stata riscritta la normativa sui lavori pubblici ampliando il ricorso alla trattativa privata piuttosto che alle formali “gare”; è stato ampliato e reso “normale” il ricorso al meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa abbandonando il tradizionale ricorso al massimo ribasso;
b) è stata data la possibilità alle imprese di raggrupparsi in varie forme associative per poter assicurare quella solidità patrimoniale che da sole non avrebbero avuto;
c) sono stati regolati, con norme a mio avviso poco interpretabili, i rapporti fra Stato e Regioni e con appaltatori partecipati da Enti pubblici.
In parole povere, la paura che, dopo tangentopoli, aveva portato il legislatore ad emanare una miriade di norme tendenti alla massima formalizzazione e pubblicità della gara di appalto e al più severo controllo sull’impresa appaltatrice, sono state, nel corso degli anni, sempre più addolcite per il principio che il mercato richiede maggiore flessibilità ed autonomia.
In realtà gli appalti pubblici hanno sempre indotto forme di associazionismo a delinquere fra imprenditori e politici che si sono realizzate o nella parte iniziale del rapporto – al momento cioè di aggiudicazione della gara di appalto – o durante il rapporto – con l’introduzione di varianti alle opere – o alla fine del rapporto quando il saldo dell’opera viene quantificato in valore molto più alto rispetto a quello proposto inizialmente.
Oggi, rispetto a quattro anni fa, è molto più facile che “l’inciucio” si verifichi all’inizio del rapporto pilotando la scelta sull’impresa appaltatrice; ieri la “combine” si realizzava con l’approvazione, da parte dell’Ente pubblico, delle così dette “riserve”. L’aspirante appaltatrice si presentava con una richiesta di corrispettivo che non copriva nemmeno i propri costi ma, in applicazione della normativa in vigore, sapeva che, nel corso dell’opera, avrebbe potuto accantonare richieste per lavori non preventivati e che si sarebbero resi necessari in accordo con il committente. Alla fine dell’opera gli accantonamenti richiesti, le così dette riserve, superavano di tre o quattro volte il corrispettivo pattuito all’inizio. Nei casi in cui le riserve non venivano accettate dall’Ente pubblico, la legge prevedeva ( e prevede ancora) un arbitrato inappellabile che decide in merito e in molti dei collegi arbitrali venivano chiamati magistrati che percepivano compensi elevatissimi.
In tutti gli atti di corruzione e/o di concussione che io conosco, il guadagno (la mazzetta) del politico è minimo rispetto a quello dell’imprenditore e a ciò si deve aggiungere l’effetto devastante sulla leale concorrenza e sulla effettiva libertà di mercato. Gli imprenditori onesti o comunque quelli che non hanno la possibilità di corrompere hanno meno possibilità di lavoro e, il più delle volte, devono lavorare sotto l’egida di coloro che hanno preso l’appalto ed essere costretti ad un’altra pratica non lecita ma usuale nel settore delle costruzioni; la sovrafatturazione delle proprie prestazioni con la creazione di falsi costi fiscali e di ristorno “in nero”.
Per questo preferisco i vecchi politici che sono nati e preparati per fare i politici ed amministrare il denaro pubblico piuttosto che gli imprenditori rampanti che nella loro esperienza hanno imparato ben altro..
Vi abbraccio
Francesco

lunedì 15 febbraio 2010

Facce capì !!!

Francesco!!!
Il mio plauso a quei Magistrati che hanno avuto l'onestà professionale di scoperchiare il pentolone dei Grandi Eventi non ha suscitato commenti, forse per timore di cadere nella tentazione di dare al fatto connotati ideologici.
Siccome ritengo che l'argomento meriti un accurato dibattito (anche per non pendere solo e sempre dalle opinioni dei cronisti), perché non ci fai una bella disquisizione "tecnica" sulla normativa che regola gli appalti pubblici, magari indicandoci pure qualche "scorciatoia" per accaparrarseli?
Grazie, Ettore.

sabato 13 febbraio 2010

Forza Ragazzi !!! Dategli sotto !!!

Non mi sembra di aver mai dato adito al sospetto che io abbia una passione sviscerata sul funzionamento della giustizia in Italia, però ora, leggendo quanto viene riportato dalla stampa (e mai smentito), non posso che plaudire a quei Magistrati che hanno avuto l’abilità e la tenacia di mettere sotto accusa una delle più poderose macchine “realizzatrici” dello Stato: la Protezione Civile, un vero fiore all’occhiello.

E’ pur vero che solo i capi sono chiamati a rispondere, come è verissimo che quelle centinaia di volontari, stanchi, sporchi di fango, generosissimi fino all’estremo che abbiamo ammirato per tanti giorni non ci azzeccano niente con il presunto marciume dei vertici.

Però, a meno di prendere per visionari i suddetti Magistrati, le intercettazioni è proprio il caso di dire che cantano; chissà cosa verrà fuori quando si uniranno al coro anche le carte?!

Qui, tra Gentiluomini di Sua Santità, controllori che non controllano, imprenditori rampanti e centri benessere, abbiamo un caleidoscopio di personaggi che assomiglia molto di più ad una “corte dei miracoli” del “mordi e frega” che ad un’organizzazione che dovrebbe essere votata solo al benessere dei più sfortunati e non invece del proprio.

Se devo dirla tutta, ci sono rimasto proprio di...... perché mai avrei pensato che la bassezza umana potesse arrivare o meglio, scendere fino a tali abissi; certo, non è che pensavo che fossero tutti angioletti, anche perché, se vai al mulino e per quanta attenzione faccia, un po’ di farina ti resta attaccata; però qui si è razziato a mani basse e la farina è stata portata via a sacchi!!!

Quello che non riesco proprio a capire è come mai, se ad uno giustamente gli dai poteri sterminati per gestire le emergenze in modo da non farle soccombere sotto i pesi burocratici, quello stesso “uno” ha gli stessi poteri per gestire canonizzazioni, pellegrinaggi, giubilei, manifestazioni sportive, summit internazionali che nulla dovrebbero avere “dell’emergenza” perché noti da tempo?! A meno che non si faccia passare inutilmente quel tempo in modo che si trasformino in “emergenze”, da gestire come tali!

Se tanto mi dà tanto, chissà cosa succederà in caso di trasformazione in S.p.A.?!

No, ragazzi, quei Magistrati non si devono vergognare di un bel niente, anzi devono essere incoraggiati e sostenuti.

Ciao a tutti, Ettore.



La storia dei diecimila soldati italiani prigionieri in India (3a parte)


Le ascensioni alpinistiche. Coloro che ebbero la facoltà di allontanarsi dal campo poterono non solo visitare i villaggi vicini, ma anche avvicinarsi alle montagne. Infatti la vista delle maestose cime himalayane aveva esercitato già da tempo una forte attrazione su taluni ufficiali, soprattutto fra i molti provenienti dalle truppe alpine, che chiesero ai loro carcerieri di poter uscire dai reticolati per frequentare l’ambiente montano circostante, così ricco di maestose cime inviolate. E così ottennero, forse unico caso nella storia del secondo conflitto mondiale, di uscire “sulla propria parola d’onore” dal campo di prigionia per affrontare alcune cime dell’Himacal Pradesh.
Continua ....

venerdì 12 febbraio 2010

L'amore è cieco e senza età ???

Les Amants
Ciao ragazzi
Questa volta eviterò di parlarvi di questioni attinenti l’organizzazione del nostro paese e, prendendo spunto da fatti conosciuti nell’esercizio della mia professione, vorrei sentire la vostra opinione sui rapporti sentimentali, oggi molto frequenti, fra persone con una elevata differenza di età.
Il fatto: circa dieci anni fa era venuto da me un signore cinquantenne, agiato e con una buona posizione lavorativa, perché la moglie voleva separarsi. Le motivazioni addotte dalla moglie si riassumevano nella grande importanza che il marito dava al lavoro e, conseguentemente, nella continua lontananza dalla famiglia della quale facevano parte due figli quasi maggiorenni.
La richiesta era arrivata del tutto inattesa ed aveva portato una profonda frustrazione al signore che chiameremo Tizio. All’epoca tramutai, con l’accordo della controparte, la separazione giudiziale in una consensuale cercando soluzioni che potessero soddisfare tutte le esigenze di entrambe le parti e convinsi Tizio a seguire una terapia che riequilibrasse il suo stato psichico visibilmente molto fragile.
Rividi Tizio tre anni dopo la separazione perché voleva il divorzio e lo trovai completamente cambiato. Il viso, con una abbronzatura non naturale, sembrava ringiovanito di dieci anni, il fisico era tornato asciutto e l’abbigliamento era completamente diverso da quello sobrio e tradizionale di quando lo avevo conosciuto. La metamorfosi non era dovuta all’opera dello psichiatra ma di una sua segretaria venticinquenne che, dichiarando il suo amore già precedentemente nascosto e disinteressato, gli aveva fatto ritornare la voglia di vivere.
Ottenuto il divorzio, Tizio sposò la ragazza di ventotto anni più giovane di lui anche perché questa era rimasta incinta e, profondamente convinto dell’amore da questa dichiarato, le intestò buona parte dei suoi beni.
Durante l’ultimo periodo natalizio sono stato chiamato dal medico che lo aveva curato dopo la separazione perché Tizio era stato ricoverato per una profonda crisi depressiva che lo aveva indotto a fare uso, in maniera eccessiva, di farmaci e tale stato era determinato dal fatto che la moglie aveva lasciato la casa coniugale per andare a vivere con un collega coetaneo, suo ex fidanzato prima della relazione con Tizio.
La trama presta il fianco ad una miriade di battute che saggi vecchietti come noi potrebbero fare ma siamo sicuri che trovandoci nella situazione di Tizio ci saremmo comportati diversamente?
Sino a che livello la razionalità umana è capace di farci ragionare con equilibrio per evidenziarci, nella sua realtà più lucida, la differenza fisica fra noi ed una splendida ragazza che ci dichiara il suo infinito amore?
E’ giusto essere razionali nel momento dell’inizio del nostro decadimento fisico e rifiutare l’illusione di una nuova vita con una donna che può sembrare nostra figlia o, peggio, nostra nipote?
Sino a che punto la certezza di un devastante scenario a medio tempo deve negarci la possibilità di vivere un attimo di sublime illusione?
Proviamo a dare una risposta non perché potremmo essere protagonisti di episodi simili ma perché la grande differenza di età nella coppia sembra essere una normalità nei moderni costumi sociali.
Vi abbraccio
Francesco

mercoledì 10 febbraio 2010

Perchè questa ostilità nei confronti dei paesi europei?

Manifestazioni a Teheran
Finalmente anche l’Italia può vantare un’Ambasciata assalita, alla pari di quelle dei Paesi che, facendo una politica estera seria e chiara, si attirano, inevitabilmente, le ire di quegli altri Paesi cui quel tipo di politica proprio non va giù; se ci fosse stato pure qualche ferituccio e non solo vetri rotti per i sanpietrini, avremmo scalato qualche posizione in più.
Però, tutto sommato, meglio questo che niente, dopo decenni in cui non ci si è filato nessuno: nemmeno uno straccio di manifestante, più o meno incavolato.
La vicenda, oltre al lustro nazionale italico, ha fatto fare un notevole balzo in avanti anche alle preoccupazioni che ruotano intorno al programma iraniano di arricchimento dell’uranio che da tempo, da troppo tempo è soggetto ad un tiramolla quasi patetico tra il paese degli allatoya e la cosiddetta comunità internazionale che, di comune, ha però solo il nome sulla targa.
Non vorrei sembrare pessimista ma mi sembra un film già visto e nemmeno di tanti anni fa.
A parte il fondo, la scena è la stessa: un groppuscolo di personaggi che si autoproclama messia di una teocrazia estremista; un regime fondamentalista, intransigente e sanguinario; un’élite di pretoriani fanatici e più sanguinari del regime; una massa bovina disposta ad ogni manipolazione e....una “comunità internazionale” tanto ciarliera quanto inetta ed inefficace.
Se non sono riuscito a far capire a quale “fondo” mi riferisco, ve lo dico subito: Germania, inizio anni ’30 ed Iran dei nostri giorni.
Del primo film sappiamo come è andato a finire; non vorrei che oggi o domani si avesse un’ulteriore dimostrazione che il buon Niccolò aveva ragione.
Voi che ne dite?!
Ciao a tutti, Ettore.

10 febbraio . "Il Giorno del Ricordo"

Dal Corriere della Sera

ROMA - 10 febbraio 1947: nel giorno dei Trattati di Parigi l'Italia, uscita sconfitta dal conflitto mondiale, oltre a restituire tutti i territori occupati dalle sue truppe nel corso della guerra si impegnava a cedere alla Jugoslavia la città di Fiume, il territorio di Zara, le isole Pelagosa e Lagosta, parte dell'Istria, del Carso triestino e goriziano e dell'alta valle dell'Isonzo. Gli italiani furono costretti a lasciare le loro case. E in molti lasciarono anche il ricordo di quanti non c'erano più, vittime dell'odio etnico e in molti casi uccisi dai partigiani di Tito nel modo forse più spiegato: l'abbandono nelle foibe, profonde fratture carsiche dove un numero ancora imprecisato di italiani e di oppositori ai comunisti yugoslavi ha trovato la morte dopo un volo di centinaia di metri e una lunga agonia tra atroci sofferenze. Per questo motivo il 10 febbraio è diventato il «giorno del ricordo» e oggi le massime autorità italiane, a partire dal capo dello Stato, hanno voluto commemorare i caduti e i profughi di quei giorni.
Il presidente Giorgio Napolitano ha parlato al Quirinale di «oblio e forme di rimozione diplomatica che hanno pesato nel passato e causato pesanti sofferenze agli esuli e ai loro familiari» e ha espresso anche impegno «per la soluzione dei problemi ancora aperti nel rapporto con le nuove istituzioni e autorità slovene e croate». «Il ricordo di tante persone uccise solo perchè italiane dopo troppi anni di oblio - ha invece detto il presidente del Senato, Renato Schifani -, è un dovere assoluto da parte di tutti». «La memoria di eventi così dolorosi - ha aggiunto - deve essere patrimonio perenne e condiviso. Non possiamo dimenticare chi fu assassinato e chi fu costretto ad abbandonare la propria terra per restare fedele alla Patria, alle proprie origini italiane. Questa tragedia comune deve divenire elemento fondante di unità del popolo italiano». Per il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sono invece «sempre gli umili, i più deboli e gli indifesi a patire per primi la follia dell'uomo». Fini ha ricordato «l'esperienza tragica del Novecento» ma ha evidenziato che «è anche, purtroppo, quanto vediamo ancora svolgersi in tante aree del mondo devastate dall'odio etnico e politico».
La vicenda degli istriani e dalmati costretti a lasciare le loro terre, soprattutto in relazione al dramma delle foibe, è anche oggetto di dibattito politico. Da diversi esponenti del centrodestra, in particolare quelli provenienti dalle fila di An, sono giunte accuse per il «silenzio» che ancora avvolgerebbe la vicenda. Per Maurizio Gasparri «la storia delle Foibe deve essere divulgata nelle scuole, nei centri culturali, dalla televisione, sui giornali, come la vera tragedia di tutti coloro che si sentono italiani, da una tragedia come questa si possono capire gli errori e i drammi che hanno generato le dittature e le aberrazioni ideologiche». Sulla stessa linea il ministro delle Politiche giovanili, Giorgia Meloni, che si spinge a parlare di «oscurantismo ideologico» citando «l'atteggiamento tenuto quest'oggi da alcuni istituti scolastici romani, i cui dirigenti si sono rifiutati di celebrare il Giorno del Ricordo». Dei silenzi del passato ha parlato anche il sindaco di Roma,Gianni Alemanno, mentre l'ex presidente della Regione, Francesco Storace, oggi leader de La Destra, fa notare amaramente come «nel sito della Regione, incredibilmente, non c'è traccia, nemmeno una parola per il sangue versato».
Sul fronte opposto è intervenuto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Il giorno del Ricordo istituito per custodire e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, per ricordare l'esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e la difficile storia del confine orientale, è stato un giusto e tardivo riconoscimento delle istituzioni repubblicane per le vittime di un crimine contro l'umanità». «La memoria deve sempre vincere sull'oblio ed è questo - ha aggiunto - il senso più profondo di questa giornata. Solo ragionando ed elaborando ciò che è stato possiamo costruire una memoria che abbia rispetto per ogni singola vicenda umana».

sabato 6 febbraio 2010

La storia dei diecimila soldati italiani prigionieri in India (2a parte)

di Giovanni Marizza.



Monumento ai Caduti di Yol


La vita nel campo. Ciascuno dei quattro campi (25, 26, 27 e 28) era diviso in cinque recinti, e ogni recinto contava una decina di baracche di legno con il tetto in eternit. In ogni baracca, sei stanzette per un totale di trentasei prigionieri.


Continua...


S.Ten. Domenico Pompegnani

giovedì 4 febbraio 2010

Adriano carissimo ,


ho appena appreso della Tua nomina a Direttore dell'AISE e ti confesso che sono proprio fiero di Te.
In questi quaranta anni , Ti ho seguito costantemente in tutti gli incarichi che hai ricoperto ed ho apprezzato la Tua invidiabile umanità e la tua eccelsa professionalità.
Ora che Ti appresti a ricoprire un incarico di straordinarie responsabilità, tanto prestigioso quanto meritato, sono certo che mi darai ulteriori motivi di soddisfazione nel verificare il Tuo prezioso apporto alla salvaguardia delle libere Istituzioni.
Ti sia di conforto e di sprone , Amico mio, la certezza che hai aggiunto all'affetto anche l'orgoglio di averti conosciuto.
Resta sempre Te stesso, Adriano, e nessun ostacolo potrà impedirTi di annoverare altri successi.





Il 150° Corso "Montello"

martedì 2 febbraio 2010

CHE NE PENSATE?

Carissimi fratelli del 150°,

Ieri alla santa Messa ha parlato un missionario comboniano, da 38 anni in Uganda. Come sempre succede quando ascolto questi sacerdoti che hanno dedicato la vita al prossimo, mi sono sentito una m….. .
Da tanto tempo mi frullava nel cervello l’idea di fare qualcosa anch’io. Non qualcosa di sporadico, auto assolutorio, per mettere la coscienza a posto ma qualcosa che “lasciasse il segno” che fosse efficace e duraturo.
Tante le idee ma ancora di più i dubbi, i tentennamenti, le incertezze, le pigrizie. Inoltre io so fare sufficientemente bene una cosa sola: comandare. Non è una gran risorsa per aiutare gente in difficoltà in qualche terra di missione!
Così, fra mille perplessità e pigrizie, il tempo mi sfuggiva inesorabile come sabbia asciutta tra le dita lasciandomi una sensazione di scontentezza, di incompiutezza anche perché le forze fisiche ed intellettuali, ancora abbastanza integre, davano segnali non molto positivi di rapido decadimento.
Mentre il Sacerdote parlava ed io mi sentivo come detto sopra, ho provato come un lampo di luce nel cervello: i fratelli del 150° Corso !

Ho provato emozione e commozione. Perché non l’ avevo pensato prima!? Io so fare poco ma i miei fratelli di Corso, ho pensato, costituiscono una tale mole di capacità, energia, esperienza, coraggio fisico e morale, generosità che sta qui, a portata di mano, pronta ad essere utilizzata.

Che ne dite ragazzi? Vaneggiamenti senili? Insomma l’idea sarebbe questa: Costituire un associazione basata sul nostro amatissimo Corso per portare anche noi aiuto a popolazioni in difficoltà finché il Padreterno ci darà salute ed energie.
Queste, di larga massima, le fasi:
- raccogliere le adesioni. Chi ci sta mi mandi una mail: chiavarelli@libero.it indicando indirizzo, numeri telefonici ed email o mi telefoni (339.4341938 - 0721.714628). Lo comunichi anche a Ettore e Oliviero che, se credono, potranno aprire una rubrica nel nostro blog per tenere informato il Corso di quanto avviene;
- eleggere un Nucleo Decisionale, che vaglierà le proposte e prenderà le decisioni in stretto collegamento con tutti gli altri aderenti;
- eleggere un cassiere;
- stabilire dove cominciare la nostra azione;
- prendere contatti con i missionari operanti in zona;
- andare sul posto con un “nucleo tecnico” e vedere di cosa hanno bisogno (denaro, materiali, progetti ecc);
- rientrare, riferire e cominciare a mettere da parte quanto necessita;
- approntati somme e materiali, tornare nella missione nel periodo metereologicamente più idoneo, portare quanto predisposto e, chi può, permanere qualche settimana in loco per aiutare, avviare i progetti ecc.
- al rientro relazionare e ricominciare il ciclo prevedendo di farne non più di uno all’anno.

Chi aderisce non è certo vincolato. Di volta in volta si deciderà “chi farà” e “cosa farà” secondo le possibilità e le esigenze di ognuno.
Ovviamente, almeno all’inizio, tutto sarà a nostre spese.
Potremmo chiamare l’Associazione “UNA ACIES” .

Che ne dite? E’ solo una bozza di idea. Possiamo prenderci tutto il tempo che vogliamo per perfezionare il progetto. Anche chi non può o non se la sente di aderire, può comunicare idee, dubbi, proposte, consigli. Sono in contatto con un Missionario delle mie zone che da decenni opera in Etiopia, si potrebbe cominciare da lì.

Bene. L’idea l’ho lanciata. Riflettete sulla proposta e fatemi sapere cosa ne pensate.
Un forte abbraccio a tutti.
Luigi (Giggione)