lunedì 15 febbraio 2016

ALL' OMBRA DEL DESTINO





Nel pieno rispetto degli accordi intercorsi con l'attuale gestore del Blog, mi sono impegnato a non inviare più di una Put...pardon, di un Post al mese. 

 Si era appena spenta l'ultima nota di Sanremo che da 5 giorni seguivo senza sosta, quando, rimossi i nastrini arcobaleno con i quali avevo adornato il televisore, decido di agire. Con uno zaino da combattimento in spalla, adeguate provviste alimentari in una sacca a tracollo, due borracce colme di vino e grappa, lascio la mia abitazione.
Un tenero abbraccio al cane che mi guarda gonfio d'orgoglio, in mia assenza è il maschio di casa e sente il peso della responsabilità; un fugace saluto alla moglie e a Vanessa, che non smettono un attimo di scrollare il capo, bisbigliando tra loro, e via verso  il nuovo destin...
La meta era molto semplice: raggiungere la mia terra natale con mezzi non convenzionali; lo scopo ancora più semplice: dimostrare a me stesso che qualcosa del vecchio pattugliatore del 108° Corso d'Ardimento era ancora vivo in me.
Nulla di speciale, almeno sulla carta. Ma gli Dei si divertono a gettare all'aria i progetti dei mortali, se non altro per dimostrare la loro superiorità. In fin dei conti se un oscuro romano, un tale Giulio Cesare,  saliva e scendeva a suo piacimento da Roma alla Gallia, perchè io non avrei potuto muovermi entro limiti più ristretti?
Escluso l'impiego dei “freccia rossa”, per questioni politiche più che economiche, mi incammino sulla via Emilia in direzione di Reggio.
Trovo quasi subito un camionista che mi accompagna alle porte di Parma, dove, mio malgrado, mi trovo costretto ad una sosta di diverse ore; nessuno che proceda in direzione dell'autostrada della Cisa! Come se la sarebbe cavata Giulio Cesare, col suo”veni, vidi vici”?
 Nei pressi del Parco vicino alla stazione, svuoto la mia tracolla colma di vivande alla ricerca di un pasto che compensi le mie fatiche, quando un vigile urbano dai modi decisamente scortesi, mi apostrofa rudemente invitandomi a lasciare libero quel tratto di marciapiede, riservato agli artisti di strada; inizio a declamare una delle mie poesie, ma il vigile, forse mal interpretando il leggero odore di grappa, appena bevuta, mi minaccia con lo sfollagente non lasciandomi altra scelta.
Mi rifugio su di una panchina del lungofiume, un posto poco frequentato a quell'ora. Ma anche qui due poliziotti in tenuta antisommossa, mi allontanano senza tanti riguardi: la zona deve essere sgomberata perchè tra qualche ora due aderenti a “Forza Nuova” si dovranno recare al vicino bar per bere un caffe'.
Cerco posto in un ampio parco vicino al centro, ma ben presto noto che è un'area riservata ai “diversamente residenti”.
Finalmente noto una chiesa che sta aprendo il portone; barba lunga, occhi rossi, mi avvicino desideroso di un meritato riposo; mi viene incontro un vecchio domenicano, saio bianco e sorriso paterno: “figliolo, la colazione tra circa un'oretta..”. Che simpatici i domenicani, non hanno remore a definirsi “i cani di Dio” con esplicito riferimento alle nobili qualità dei nostri amici pelosi.
Proprio davanti alla chiesa mi imbatto in un pulman di pellegrini diretto a La Spezia, finalmente un po' di fortuna. Rosari e lodi mattutine creano il clima adatto per risvegliare i miei dubbi esistenziali, solo sopiti: ”Quanti parlamentari sono rimasti in Forza Italia? Il M5S, con la sua fissa della rete, nasconde una lobby di pescatori? Quanto viene valutata sul mercato una foto della Boschi ritratta senza sorriso? Se ce ne fosse bisogno, riusciranno i compagni del PD a ritrovar la falcemartello nascosta in chissa' quale cantina?”  
Finalmente giungo in Liguria, oramai è fatta...o quasi.
Per giungere alla meta, ricorro ad un mezzaccio di cui mi vergogno ancora oggi. Salgo a bordo di un pulman di tifosi spezzini diretti proprio a Chiavari per il derby con l'Entella, la mia amata squadra.
Sentendomi discepolo del Machiavelli, cerco di crearmi una giustificazione morale, ma non è facile.
Eccomi Tigullio: come ti ricordo, così ti vedo: profumi indescrivibili nell'aria della sera, voli di rondini che sfiorano le acque del torrente; su tutto domina l'odore del salmastro.
Nei prati il gracidare della rana lascia il posto al frinire del grillo; una leggera brezza sale dal mare portando il suono della risacca.
Lontano, l'abbaiare di un cane si mescola al tenue rintocco di una campana.
Qui, dopo il tramonto, sulla riva del mare ai piedi della pineta, ti può capitare di sentire lontano il velato canto delle sirene; ascolto, mi faccio cullare da questo canto, vecchio come il mondo, prima di abbandonarmi all'ombra del destino.
    MASSIMO.



domenica 7 febbraio 2016