domenica 31 maggio 2009
ALMANACCO STORICO GIUGNO
1. Conferimento della prima M.O.V.M. della Grande Guerra, Monte Merzli, fronte isontino, 1915 (sergente dei bersaglieri Giuseppe Carli, alla memoria).
3. Difesa di Monte Cengio, fronte trentino, 1916 (Ten. Col. Ugo Bignami).
4. Costituzione del Corpo di Sanità Militare, 1833.
4. Battaglia di Magenta (MI), 1859 (Mar. Patrice Mac Mahon).
5. Festa dell’Arma dei Carabinieri (1a M.O.V.M. alla Bandiera conferita con R.D. 5 giugno 1920 per la partecipazione alla Grande Guerra).
8. Conquista dell’oasi di Zanzur, Tripolitania, 1912 (Gen. Vittorio Camerana).
8. 10a Battaglia dell’Isonzo (fine), fronte isontino, 1917 (Gen. Luigi Cadorna).
10. Capitolazione di Vicenza, 1848 (Gen. Giacomo Durando).
10. Battaglia dell’Ortigara (inizio), fronte degli Altipiani, 1917 (Gen. Montuori).
11. Conquista di Bir Hacheim, Africa settentrionale, 1942 (Gen. Ettore Baldassarre).
12. Battaglia di “Mezzo giugno” (inizio), Mar Mediterraneo, 1942 (Amm. Alberto Da Zara).
15. 2a Battaglia del Piave o del Solstizio (inizio), 1918 (Gen. Armando Diaz).
16. Offensiva austriaca Strafe Expedition (fine), fronte trentino, 1916 (Feldm. Franz Conrad).
16. Controffensiva italiana sugli Altipiani (inizio), fronte trentino, 1916 (Gen. Luigi Cadorna).
16. Conquista di Col Moschin, fronte del Grappa, 1918, (Magg. Messe).
16. Battaglia di “Mezzo giugno” (fine), Mar Mediterraneo, 1942 (Amm. Alberto Da Zara).
18. Fondazione dei Bersaglieri, Torino, 1836 (Cap. Alessandro La Marmora).
19. Morte del Magg. Francesco Baracca, asso dell’Aviazione da caccia, Montello, 1918.
19. Conquista di Nervesa (TV), fronte del Piave, 1918 (Gen. Vaccari).
20. Occupazione di Ponte Caffaro e di Monte Suello (BS), 1866 (Gen. Giuseppe Garibaldi).
21. Offensiva sulle Alpi occidentali, Seconda Guerra Mondiale (inizio), 1940 (S.A.R. Umberto di Savoia, principe di Piemonte).
21. Ripresa di Tobruk, Africa settentrionale, 1942 (Gen. Edwin Rommel, Gen. Enea Navarrini).
23. 1a Battaglia dell’Isonzo (inizio), fronte isontino, 1915 (Gen. Luigi Cadorna).
23. 2a Battaglia del Piave o del Solstizio (fine), 1918 (Gen. Armando Diaz).
24. Battaglie di San Martino (BS) e di Solferino (MN), 1859 (Vittorio Emanuele II, re di Sardegna e Napoleone III, imperatore dei francesi).
24. Battaglia di Custoza (VR), 1866 (Gen. Alfonso La Marmora).
27. Costituzione del Corpo Veterinario Militare, 1861.
29. Battaglia dell’Ortigara (fine), fronte degli Altipiani, 1917 (Gen. Montuori).
28. Conquista di Sidi Said, Tripolitania, 1912 (Gen. Vincenzo Garioni).
29. Primo attacco austriaco con i gas asfissianti, Monte San Michele, fronte isontino, 1916.
29. Occupazione di Mersa Matruh, Africa settentrionale, 1942 (Gen. Erwin Rommel).
30. Schieramento su El Alamein, Africa settentrionale, 1942 (Gen. Erwin Rommel).
30. Attacco “gamma” della X Flottiglia MAS nel porto di Alessandretta (Turchia), 1943 (Ten. Luigi Ferraro).
mercoledì 27 maggio 2009
giovedì 21 maggio 2009
Ancora sul terremoto a l'Aquila .
Ho girato la mia preoccupazione a Zuff che così risponde :
Carissimi amici,
ho letto la lettera di questo signor Gattinone e sono rimasto allibito per come ha saputo mistificare la realtà. Questo signore parte da alcune verità per costruirci sopra una montagna di menzogne. E’ senz’altro un millantatore e sicuramente un agitatore di popolo di professione venuto a L’Aquila per “recitare”, visto che lui si definisce attore, la sua parte, di sobillatore.
Vi racconto quello che succede.
Nelle tendopoli si vive in comunità e la vita in comunità è difficile, noi lo sappiamo bene. Si perde la privacy e si è costretti a convivere con chi ha una cultura diversa dalla nostra. Orbene, in alcune di queste tendopoli, sorte vicino alla città, in particolare una quella di Piazza d’Armi (io ci facevo fare addestramento al plotone carri) che è quella cui fa riferimento il sig. Gattinone perché riferisce di alcuni episodi lì accaduti ed opportunamente manipolati. Bene, nella tendopoli di Piazza d’Armi si sono concentrati molte persone “non italiani” e non residenti abitualmente a L‘Aquila, accorse in città per trarre profitto dalla situazione (come il sig. Gattinone). Naturalmente in un tale agglomerato di persone ci può stare di tutto e, credetemi, qualcuno soffia sotto la brace per accendere il fuoco. Il locale giornale, ”Il Centro”, di qualche giorno fa ha riferito alcuni episodi che riporta il sig. Gattinone, opportunamente ridimensionati il giorno dopo. Faccio riferimento all’accoltellamento: non era vero si trattava solo una discussione tra due famiglie di romeni che vivevano nella stessa tenda, qualcun altro di questi aveva acculato quintali di rame per rivenderlo, e così via; non sto a riferirvi di quanti altri problemi quotidiani ci sono che le cronache locali riferiscono puntualmente. Così la popolazione si è lamentata del poco controllo e c’è stato più controllo (ed è esattamente quel mancato Controllo di cui vi ho parlato io, se ben ricordate delle
Esiste poi la zona rossa, quella del Centro Storico dove è crollato tutto e dove gli edifici rimasti in piedi rischiano di cadere da un momento all’altro ed è per questi motivi, di sicurezza fisica e per evitare atti di sciacallaggio, che nessuno può accedere.
La popolazione, quasi il 100%, ha abbandonato la propria abitazione ed è effettivamente desolante e spettrale vedere una città vuota che ora si va animando in periferia dove stanno sorgendo nuovi locali di ritrovo e dove per qualche anno, sicuramente, si svolgerà la vita cittadina.
Insomma, cari amici, da una situazione critica e di naturale disagio, il sig. Gattinone (attore a suo dire) ne monta una tragedia “POLITICA”. Sarei curioso di sapere come e di cosa vive il sig. Gattinone.
Ho avuto l’istinto di liquidare l’articolo con una parola: mistificatore, di una realtà, che ripeto non è facile, ma poi ho cercato di spiegare e non so se ci sono riuscito come si manopola la realtà. Dalle parole si capisce che è un politico e, forse, si prepara a “partecipare” al prossimo G8.
Questo è quanto. Un caro abbraccio Raffaele
giovedì 14 maggio 2009
Altri ricordi
Giggi Chiavarelli ci manda queste foto :
- vai in Accademia ;
- vai al Corso Tecnico Applicativo ;
- vai al Corso d'Ardimento e Paracadutismo.
Chi si riconosce ?
Quanti bei ricordi !
mercoledì 13 maggio 2009
RIFLESSIONI AFGANE.
Il primo è l’uccisione involontaria di una ragazza da parte di una pattuglia italiana e il secondo il bombardamento di un villaggio da parte delle forze aeree americane.
Prima di scrivere queste poche righe volevo conoscere qualche particolare in più sui due eventi ma non ne ho trovati per cui mi serviranno solo da spunto per osservazioni di carattere generale.
I commenti dei media e dei politici, non al governo, mi confermano come queste due categorie non siano in grado o non vogliano, comprendere il contesto in cui questi eventi si verificano. Sparare ad un ladro al centro di Milano o ad un presunto terrorista in una delle zone più “calde” dell’Afghanistan per loro fa lo stesso. C’è qualcuno che sta valutando se i fori sulla macchina civile che conteneva la ragazza uccisa fossero sul davanti o sul didietro per vedere se le Regole d’Ingaggio (ROE) siano state rispettate alla lettera oppure no. Purtroppo anche qualche collega con le stellette, che il massimo di operatività l’ha espressa redigendo le “Consegne per la guardia alla caserma”, sembra allinearsi a questo atteggiamento. Qualche altro politico si è permesso di affermare che ad un soldato addestrato non è permesso aver paura.
Tutti dimenticano il contesto non avendolo sperimentato.
Il contesto è questo: un convoglio che si muove in una notte scura come la pece, pioggia battente, visibilità quasi zero. La zona è tra le più pericolose al mondo. Soldati sono morti o sono stati mutilati da autovetture fatte saltare dal solito fanatico, suicida per poter scopare un po’ di “huri” nel paradiso di Allah. La macchina usata è quasi sempre la stessa, di tipo molto comune. Prima della partenza un bollettino dell’ intelligence preannuncia un attacco alle forze italiane in quell’area con quel tipo di macchina. E lui, in quella notte oscura, con la pioggia che gli sferza la faccia, è teso come una corda di violino, il dito sul grilletto, lo stomaco contratto, stanco, infreddolito e nervoso: la sua vita e quella dei suoi compagni stanno nella prontezza con cui userà la sua mitragliatrice.
Ed ecco nella notte sbuca una macchina del tipo di quella descritta dall’intelligence, è veloce, gli viene contro, l’adrenalina pompa il sangue nelle vene, il cuore impazzisce. Vengono fatti i segnali di avvertimento previsti dalle ROE , che io non conosco ma la macchina non si ferma, è a pochi metri, sta per superare la linea virtuale di sicurezza che può voler dire vita o morte e parte la raffica. Muore una ragazza. Questo il contesto. Non faccio commenti. A chi fa certe valutazioni superficiali dico solo: immagina che quel mitragliere sia tuo figlio.
Diverso è il caso del bombardamento. E’ prassi consolidata per i guerriglieri mussulmani farsi scudo di donne e bambini. Considerano pochissimo la propria vita, figuriamoci quella degli altri. Se si vogliono combattere bisogna dare per scontato che vi saranno “vittime collaterali”. La guerra non ha moralità. La guerra è quanto di più schifoso l’uomo abbia inventato. La guerra o si vince o si perde o non si fa. Criteri buonisti verso chi fa strame del diritto bellico e della semplice pietà sono inconcepibili se si vuol vincere ma in questo caso ritengo che la valutazione debba essere puramente machiavellica, opportunista.
La domanda da porsi non è se è morale ammazzare civili innocenti, ché la morale del tempo di pace direbbe sicuramente di no. La domanda deve essere questa : uccidere quella trentina di talebani nascosti nel villaggio e con essi un centinaio di civili innocenti, era di tale importanza da bilanciare il biasimo mondiale, la diminuzione del sostegno alla guerra da parte dell’opinione pubblica statunitense, l’odio della popolazione, la dura reazione del governo legittimo, la sgomenta perplessità degli alleati? Se la risposta è “si” allora quelle povere vittime non sono morte invano e il bombardamento era lecito; se la risposta è no va condannata senza remissione la stupidità di chi quel bombardamento ha consentito o di chi ha creato un ambiente tale da permettere il verificarsi di tali infamie. Attenzione: Infamie non secondo la valutazione della morale corrente ma infamie in quanto assolutamente deleterie al fine della vittoria.
E’ cinismo il mio? Forse , ma sarei più portato a chiamarlo realismo se le guerre si vogliono vincere. Altrimenti, e per me questa sarebbe la soluzione migliore, la gravitazione dello sforzo andrebbe applicato nel sostegno sostanziale e “a tappeto” della popolazione e non negli aspetti puramente militari, ma questa è un’ altra storia.
Luigi Chiavarelli
23 maggio 2009.
RIFLESSIONI AFGHANE 2
(Risposta, parziale, a Francesco Miredi)
Caro Franco,
le tue osservazioni in merito all’uccisione della ragazza afghana sono corrette ma non conoscendo l’esatta dinamica degli eventi non posso pronunciarmi con sicurezza sull’innocenza o sulla colpevolezza del soldato italiano che ha sparato.
La riflessione che volevo stimolare era di carattere generale e relativa al contesto in cui si sono svolti i fatti che, con buona pace dei nostri politici, è un contesto bellico perciò gli eventi non possono essere valutati con gli stessi parametri usati in territorio nazionale od in tempo di pace.
Il criterio di valutazione deve essere diverso ed i margini concessi all’errore molto più ampi. A mio avviso i motivi ci sono e non sono pochi. Per il delinquente comune, le forze di polizia divengono “nemico” al momento dell’indagine o dell’arresto, mentre in guerra il nemico è potenzialmente sempre presente, cerca il soldato avversario per distruggerlo usando le armi più disparate, a prescindere dall’atteggiamento da questi tenuto. Né è da trascurare il fatto che, mentre il poliziotto e il carabiniere, a fine turno vanno a casa dai loro affetti e “staccano” per diverse ore, non così succede al soldato in Teatro Operativo, dove la minaccia è costante, anche dentro le basi e il disagio fisico e la tensione durano per mesi.
Se ammettiamo che tutti gli eventi, tutte le decisioni dei Comandanti, tutti i comportamenti dei soldati possano essere valutati dalla magistratura come se fossimo in Patria, rischiamo di paralizzare ogni iniziativa e di indurre le unità a non uscire più dalle basi.
Inoltre, per i soldati italiani sussiste una situazione del tutto particolare. Il rischio è elevato e a fronte di combattimenti quasi quotidiani, ben poco trapela a meno che non ci scappi il morto. Si può immaginare quindi con quale spirito affrontano il rischio i nostri soldati, a cui mancano totalmente il riconoscimento delle loro azioni, la conoscenza in Patria degli eroismi compiuti (e ce ne sono!), l’appoggio morale del proprio popolo che li crede intenti solo a distribuire latte e pasticcini e devono scontrarsi con una cultura che ha ormai abbandonato il concetto di eroismo, onore militare, dovere. In più ora potrebbe aggiungersi l’intervento della magistratura. Mortificante, assolutamente mortificante!
In realtà, il vero problema sta nell’impostazione generale di questo tipo di operazioni, tutta tesa non a sconfiggere il nemico, ma ad evitare reazioni negative dell’opinione pubblica e a non mettere in imbarazzo i governi: ecco perché sono state inventate le famigerate Regole d’Ingaggio!
Ai nostri politici non interessa affatto l’andamento della situazione operativa, per loro l’importante è che i nostri soldati ci siano e possano così dare peso alla politica estera. Per loro, se restassimo chiusi nelle basi a giocare a briscola andrebbe benissimo. A far le cose serie ci pensino gli Americani ! Per loro che un soldato combatta i talebani o faccia la guardia alla monnezza, è la stessa cosa.
Ovviamente ciò non è possibile se vogliamo conservare un minimo di dignità e, nonostante tutto, i Comandanti, incrociando le dita, cercano comunque di assolvere il compito – spesso molto fumoso e generico - che viene loro affidato. Così i soldati sono obbligati ad esporsi ad un nemico capace ed infido che cerca di ucciderli e cacciarli con ogni mezzo ma, grazie ai lacci imposti in Patria, senza poter adottare quelle tattiche che vengono insegnate ai soldati di tutto il mondo. Mi riferisco, in particolare, allo spirito offensivo che deve caratterizzare le operazioni militari, anche quelle difensive e che ci è stato inculcato fin dai banchi dell’Accademia. “La miglior difesa è l’attacco” si è detto e si dice in tutte le scuole militari. Nel caso in questione, ricercare, prevenire il nemico ed eliminarlo. Ma questo ai nostri soldati non è concesso. Contro ogni regola militare possono solo subire, lasciare sempre e dovunque l’iniziativa all’avversario, far da bersaglio e rispondere al fuoco ma, anche in questo caso, con limitazioni capestro. Tutto ciò oltre ad essere una grande idiozia ai fini dell’assolvimento del compito, espone i soldati ad un rischio elevatissimo nella totale indifferenza di tutti.
Il Diritto Bellico tenta, senza riuscirci, di rendere meno feroce la guerra, ma nel caso considerato non se ne pretende il rispetto da parte del nemico non essendoci, ufficialmente, né il nemico né il “bellum”. Il guerrigliero può tranquillamente confondersi in mezzo alla popolazione, farsi scudo di donne e bambini, far saltare in aria civili innocenti sapendo che, almeno nel settore italiano, sarà trattato come un delinquente qualsiasi. Si tende a considerare le operazioni per il mantenimento/imposizione della pace, come operazioni di polizia internazionale dando il massimo di tutela al nemico e pretendendo dai soldati lo stesso comportamento di un poliziotto che vigila sulle nostre città.
Il confronto è talmente sbilanciato a favore del nemico da apparire scandaloso.
Le conclusioni sono ovvie. Intanto non chiamare più queste operazioni “operazioni di pace” ma, almeno, “operazioni militari per il mantenimento/imposizione della pace”. Sarebbe sempre una patetica foglia di fico per non usare il termine “guerra” e non scandalizzare gli adoratori dell’Art.11 della Costituzione (che però intende tutt’altro, un giorno ne parleremo) ma sarebbe meglio di niente.
Affrontare queste missioni come vere e proprie operazioni belliche dove sia previsto cercare ed eliminare quel nemico che potrebbe limitare od impedire l’assolvimento del compito, prevedendo anche possibili danni collaterali alla popolazione. Questo approccio al problema limiterebbe l’assurda lesina di armamenti, anche pesanti (artiglierie) e impedirebbe il famigerato, assurdo giochetto, inventato in malafede, di suddividere le armi in difensive e offensive fornendo poi, non si sa con quale criterio, solo le prime, perché tanto……siamo in missione di pace.
Infine, se tali condizioni sono ritenute politicamente inaccettabili dai nostri deboli governicchi, starsene a casa e lasciare che altri mandino a morire i propri soldati.
Coloro che ritengono questa soluzione poco dignitosa, chiedano di fare sei mesi sui monti afghani con i nostri soldati: sono certo che cambierebbero idea.
Luigi Chiavarelli
martedì 12 maggio 2009
Caro 150°.
Argomenti, seri o non, da trattare ce ne sarebbero tanti ed è veramente encomiabile lo sforzo di Oliviero ed Ettore di fornire stimoli ad un dialogo telematico che, indipendentemente dal tempo a disposizione, deve comunque essere sentito e voluto.
Personalmente mi piacerebbe avere il parere di coloro che sono ancora in servizio sull’utilizzo dei soldati nell’attività interna di sicurezza; sentire le impressioni ed i travagli, se ce ne sono, di quei pensionati che sono passati da una frenetica e soddisfacente vita lavorativa ad una sedentaria vita casalinga; confrontarmi con i miei coetanei sui problemi, più o meno seri, che il nostro corpo incomincia ad evidenziare; conoscere le “voglie” giovanili che ancora coltiviamo (ero un motociclista oggi sono un fanatico harlysta); etc. etc. etc.
Ciascuno di noi ha acquisito esperienze di vita la cui conoscenza può essere di aiuto agli altri e penso che il senso della socialità e della fratellanza spirituale consista proprio nel voler comunicare con persone verso le quali si nutre un legame affettivo senza alcun fine recondito se non quello di ricevere e dare risposte.
Credo che a nessuno di noi manchino amici da frequentare o associazioni sociali e culturali capaci di soddisfare l’ego ed ogni tipo di curiosità intellettive ma il piacere di rincontrarci dimostrato nel ventennale e nel quarantennale non può essere solo voglia di ritorno al passato e anche se cosi fosse, dobbiamo ammettere che, in quei frangenti, siamo ritornati ai nostri vent’anni sia per il luogo d’incontro sia, e a maggior ragione, perché abbiamo rivissuto i rapporti fra i compagni di corso.
In quel momento i capelli radi, il sovrappeso o il numero delle stellette argentate hanno perso ogni significato e ciò che ha contato è stata la solo voglia di vederci e di parlarci così come facevamo quaranta anni fa.
Dobbiamo aspettare l’incontro di Torino per poterlo rifare?
Ti abbraccio con infinito affetto
Francesco
venerdì 1 maggio 2009
Primo bilancio.
Ragazzi,
E' pur vero che è piuttosto inusuale ricordare un evento con tale cadenza ma permettete al piccolo-grande uomo modenese ed a me di farlo lo stesso e non solo per legittimo orgoglio.
Penso sia noto più o meno a tutti quale e quanta sia la mia idiosincrasia nei confronti di simili strumenti virtuali che poco spazio lasciano alla fantasia ed all'ineguagliabile piacere del rapporto umano; però, devo riconoscere in tutta onestà, che si è rivelato un insostituibile mezzo di trasmissione soprattutto per far sentire l'affettuosa vicinanza del Corso ai nostri cari Amici"abruzzesi", colpiti dalla tragedia del terremoto.
Sarò pure un irriducibile romantico, però riempie il cuore leggere tante manifestazioni di solidarietà, tanta disponibilità, tanto voler essere lì ben sapendo che si andrebbero a creare più problemi di quanti se ne potrebbero risolvere .
Molti (compresi i nostri Comandanti di allora) hanno scritto in tutta sincerità e senza che nessuno glielo avesse chiesto; altri si sono limitati a mandarci delle semplici (ma solo nella forma) e-mail che non abbiamo pubblicato ma che conserveremo lo stesso gelosamente; altri ancora sono certo che avrebbero voluto farlo ma forse solo la pigrizia glielo ha impedito.
E questo grazie al nostro anonimo e freddo strumento telematico che, in virtù dell'affetto che ci lega da quaranta anni, si è trasformato in un formidabile mezzo di comunicazione e di aggregazione tra uomini con pochi e bianchi capelli che al di là di ogni forma di sterile retorica, vogliono appartenere ad una grande famiglia "tutta e solo loro", apportando ciascuno il suo prezioso contributo.
Ora che abbiamo la certezza che i nostri Amici hanno superato il momento più brutto non dobbiamo parlare più di quanto è stato, bensì di come loro ed i loro sfortunati concittadini si apprestano ad affrontare il futuro, a ricostruire la loro meravigliosa città, a ridare una continuità normale alla loro quotidianità: a tornare a vivere serenamente, insomma.
Ora il nostro Blog dovrà cambiare pelle e trasformarsi in un veicolo per trasmettere solo fiducia e immagini di ricostruzione, senza retorica o smania di protagonismo, come purtroppo abbiamo assistito attraverso quanto mandato in onda in tutti questi giorni e solo la proverbiale pazienza di quelle popolazioni forti ha fatto sì che quei nevrotici dello "scoop" venissero linciati.
Bruno, Giovanni, Leo, Luciano, Raffaele : noi siamo sempre a vostra disposizione !!!!!
Superato con disinvoltura e diciamocelo pure con un inaspettato successo questo primo segmento di vita, il nostro Blog deve darsi una veste più eterogenea, nel senso che deve essere la piattaforma dove si cementano i piccoli e grandi fatti di cronaca e costume, dove si raccontano le proprie piccole e grandi esperienze di vita, dove si lancia un'idea o ci si fa promotori di un'iniziativa, dove ci si tiene aggiornati su quanto succede a noi tutti del 150° "Montello".
A pensarci bene, abbiamo già fatto qualche tentativo in tal senso con i bei interventi di Francesco Miredi su argomenti di un certo impegno, con quelli di Giggione tutti pregni della sua inesauribile "militarietà", con quelli di Antonio Piemontese tutti pieni di invidiabile spiritualità e con quelli di tutti gli altri che hanno voluto dire la loro e che hanno avuto il spazio; poi, ci siamo scambiati i voti augurali di Natale e Pasqua: poi abbiamo comunicato eventi gioiosi e tristi; poi.... diciamo che abbiamo messo a disposizione un bel giocattolo con cui sentirsi parte integrante ed attiva della bella famiglia del 150°.
Oliviero ci ha già invitato a mandare foto, commenti, elenco delle specialità e quant'altro dei paesi in cui viviamo, ignoti alla più parte di noi ma senz'altro bellissimi e meritevoli di essere conosciuti, se non altro in fotografia; poi, quelli che ce li hanno, potrebbero inviarci le foto dei loro nipotini, per rendere tutti noi partecipi della loro gioia; poi potremmo avventurarci in qualche commento delle tante notizie (quasi mai belle) di cui veniamo a conoscenza, ivi comprese quelle politiche che, di materiale, ne offrono a josa.
E che nessuno mi venga a raccontare la favola che "non ha tempo" perché la considero proprio e solo una favola, dal momento che mi rifiuto di credere che dei felici pensionati, finalmente padroni del loro tempo e del loro cervello, non riescano a trovare un'oretta (magari spalmata su più giorni) per raccogliere ed inviare una fotografia e scrivere due righe; Ragazzi vi ricordo che uno dei tanti segni distintivi del 150° "Montello" è la serietà dei suoi componenti: vediamo di mantenere intatta questa fama !
Ho terminato; scusatemi se mi sono arrogato il diritto di parlare a tutti voi, quando questo diritto compete ad altri ben più importanti di me; l'ho fatto perché ogni giorno di più mi convinco che siamo proprio un bel Corso e le testimonianza dei nostri ex Comandanti e soprattuto l'affetto che , pochi giorni fa, ho letto negli occhi dell'ineguagliabile Comandante Duranti ne sono una prova concreta : vediamo di non vanificarla.
Un abbraccione a tutti e buon lavoro.
Ettore