mercoledì 8 luglio 2009

L'introspezione

I commenti di Ettore e di Michele introducono un argomento estremamente affascinante che è l’introspezione intesa come capacità di acquisire la piena conoscenza, e quindi padronanza, del proprio essere.
Per coloro che volessero approfondire, dal punto di vista filosofico, questo concetto, consiglio la lettura dei “Libelli Ermetici” di Ermete Trimegisto (tre volte Grande); figura mitica che si dice apparsa in Egitto ai tempi della penultima dinastia faraonica ma i cui scritti, sempre in greco, sono intrisi di principi pitagorici.
I “Libelli” apparvero in Italia nel mille e quattrocento e furono subito osteggiati dai ceti predominanti, tanto da dare vita all’unione clandestina dei Rosacroce, perché inneggiavano all’energia divina propria di ogni uomo (concetto che esprimeva la totale uguaglianza fra gli uomini in contrasto con i diritti della stirpe e con la diversità delle religioni), capace di esprimersi solo quando si è in grado di conoscere e vincere ogni tipo di debolezza. Questi scritti riportano un dialogo fra due soggetti apparentemente diversi, Hermes (figlio) e Thot (padre spirituale), durante il quale il primo cerca di scoprire ogni segreto dell’esistenza umana ponendo domande all’altro che, in realtà, rappresenta la “gnosi” cioè la conoscenza che è in noi e che si forma vivendo; l’apoteosi della gnosi porta all’incontro-rivelazione tra uomo e divino.
Non è, per me, facile esprimere compiutamente il concetto ma, per meglio comprenderlo, pensate alla vita narrata di tre grandi Maestri: Zoroastro, Budda e il nostro Gesù; i loro insegnamenti si basano su principi diversi ma unisce loro il fatto che tutti hanno vissuto una vita umana normale prima di esprimere i principi ed i poteri divini che, in tutti i casi, sono stati acquisiti attraverso l’isolamento e la battaglia contro le tentazioni.
Ettore e Michele hanno sostanzialmente detto che non può esserci solitudine se dal proprio interno, dalla propria intimità, si è capaci di estrarre un qualcosa che dia significato alla nostra vita e questa appare una considerazione più che condivisibile. Questo qualcosa, però, non è concepito con il nostro corpo ma si crea, si amalgama e si trasforma attraverso il nostro vissuto durante il quale assumono importanza sia l’aspetto biologico del carattere sia gli imput che hanno contribuito a formarlo.
La formazione del carattere, inteso come modo di essere, porta l’uomo ad assumere atteggiamenti la cui diversità può essere rappresentata come un continum di opposti estremi; da una parte l’uomo completamente padrone di se stesso capace di poteri sovranaturali, dall’altra l’uomo debole e fragile la cui unica possibilità di sopravvivenza deriva dalla ricerca e ritrovamento di uno scoglio.
Non esisterebbero suicidi, malattie depressive, vite amorfe o intrise di dolore se tutti fossero in grado di mantenere e alimentare i principi semplici e fondamentali descritti da Ettore o crearsi la forza dell’autostima alla quale si riferisce Michele.
Ricordo un film commedia di qualche anno che aveva come protagonisti alcuni vecchi pensionati conviventi in una casa per anziani. Vicino a loro, all’interno di una piscina privata, un gruppo di alieni aveva lasciato i sarcofaghi di loro simili che necessitavano di una permanenza forzata sulla terra prima di essere riportati al loro mondo. Tre vecchietti e le rispettive mogli utilizzavano questa piscina per nuotare e nuotando acquisivano le stesse capacità fisiche e la stessa voglia di vivere che avevano avuto in gioventù; solo uno, pur rendendosi conto dei benefici ottenuti dai suoi amici, si rifiutava di andare a nuotare perché sua moglie era malata terminale e non poteva muoversi. Alla fine il vecchietto reticente resta solo perché la moglie muore ed è salvato, mentre tentava di impiccarsi, dagli amici che solo allora riescono a convincerlo ad aggregarsi a loro e ad accettare quel “dono” ricevuto dagli alieni.
Può succedere, quindi, che il venir meno di ciò che rimane quale unica ragione di vita può portare l’uomo alla parte più bassa del continum sopra descritto e, in questo caso, solo l’aiuto degli altri potrà salvarlo.
Alla prossima
Francesco

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