Ho volutamente fatto trascorrere qualche giorno prima di dire la mia sull’ultima esperienza che Ci ha visti ancora una volta riuniti per celebrare degnamente un ulteriore momento della Nostra esperienza di vita che Ci accumuna da quarantaquattro anni.
L’ho fatto perché, nel raccontarla, non volevo farmi condizionare da quella valanga di emozioni che mi e Ci ha investito nelle poche ore trascorse insieme; emozioni che mi avrebbero fatto utilizzare termini ed espressioni fortemente impregnate di retorica (o ritenuta tale) e che avrebbero in qualche modo offuscato la genuinità dei miei sentimenti.
Non eravamo tanti, questo è vero; molti non hanno potuto, a causa di seri problemi di vario genere o delle bizze dei trasporti; altri non hanno voluto, per scelte personali, certamente legittime ma che li hanno qualificati e ne hanno sancito la collocazione nell’ambito del Corso; tutti, però, abbiamo avuto la possibilità di fare un qualcosa che, credetemi, finora nessuno aveva mai fatto.
Dire che è stata un’esperienza totalmente positiva, sarebbe riduttivo; dire che si sarebbe potuto fare di più e di meglio, forse sarebbe presuntuoso; ma dire che tutti quelli che hanno partecipato –compresi, logicamente, coloro che non hanno potuto farlo fisicamente- si sono sentiti attivi protagonisti di un qualcosa di più grande di loro, è sicuramente vero.
Vedete, Amici cari, ho sempre ritenuto che esiste uno spartiacque tra una vita vissuta come l’abbiamo vissuta Noi e quella della “gente comune”; uno spartiacque che è la sommatoria di tanti macro e micro tasselli etici, morali, spirituali ma anche pratici e che delimita e circoscrive in maniera perentoria il Nostro campo: quello dello “spirito di appartenenza”, unico, indelebile collante di umanità, immune dalle offese del tempo e che, mutuando il Poeta, “intender non lo può chi non lo prova”!
La riprova? Guardate questa foto; i protagonisti potrebbero essere ciascuno di Noi.
Io l’ho guardata con molta ma molta attenzione e mi sono convito che la spontaneità, la freschezza, la potenza emotiva e la gioia che spigionano da quell’abbraccio annullano il messaggio di tristezza, di caducità, di declino che vorrebbero trasmettere, invece, quei radi capelli bianchi; come dire: per Noi, per i Nostri sentimenti il Tempo non è nemico!
Abbiamo chiamato l’Evento “Addio alle Armi”, perché tale è stato; allora, consentitimi di concludere con questa frase di Hamingway tratta dall’omonimo romanzo:
“La vita di ogni uomo finisce nello stesso modo.
Sono i particolari del modo in cui si è vissuta che differenziano un uomo da un altro”.
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
Nell'esprimere i miei sentimenti, per questa occasione, avrei voluto iniziare dicendo "C'ero anch'io". Purtroppo circostanze avverse non mi hanno permesso di essere fisicamente lì su quelle austere scale con i miei FRATELLI d'arme a festeggiare ancora una volta il forte legame che lega chi come noi ha avuto l'onore di servire in armi la Patria e di appartenere al 150°. La mia mente ed il mio cuore però mi hanno lasciato per pochi minuti e sono volati lì accanto a voi a rendere onore al MILITE IGNOTO, all'amore di Patria e all'amicizia che ci lega. Un abbraccio a tutti.
RispondiEliminaTranquillo, Piuma: c'eri eccome e tutti ti abbiamo sentito presente.
RispondiEliminaUn forte, sincero abbraccio AMICO !
Gabrio
Caro Ettore, avrei voluto scrivere qualcosa anch'io di quella splendida, intensa giornata romana, tu l'hai fatto per me. Condivido in tutto i tuoi sentimenti. La commozione è ancora viva. Quel velo di tristezza che mi ha afferato l'anima ascoltando muto, sull'attenti,l'inno del Piave, si è ben presto dissolto grazie alla vicinanza, intensa, di tanti fratelli. Non posso concludere senza ringraziarti dal più profondo del cuore per come ti sei sempre speso per il nostro Corso, di cui sei l'anima ed il motore e ti abbraccio con la stima, l'amicizia, l'affetto di sempre.
RispondiEliminaLuigi
Caro Giggione,
RispondiEliminale tue splendide parole inducono due considerazioni.
La prima, concerne l'affettuoso "merito" che mi attribuisci e che, solo in parte, rispecchia la verità. Sarei ipocrita se ti dicessi che non mi lusinga ma è altrettanto vero che va equamente ripartito con Carletto e Giggetto (in rigoroso ordine alfabetico).
Non si è trattato come per Pierfranco che, da solo, ha concepito, organizzato e condotto, la meravigliosa esperienza vancanziera in terra sarda.
Nella circostanza, noi tre siamo stati capaci di mettere su una squadra tremendamente affiatata ed efficace: tutti e tre abbiamo avuto delle idee, tutti e tre ci siamo confrontati (a volte anche in maniera duretta), tutti e tre abbiamo accettato il verdetto della "maggioranza".
Sì, abbiamo lavorato bene, accettando ciascuno una propria parte e svolgendola con tanto entusiasmo, altrettanta abnegazione e moltissima umiltà, senza far pesare l'eventuale maggiore capacità in un settore piuttosto che in un altro: non ci sono stati né isterismi né minacce di abbandono in caso delle inevitabili divergenze di opinioni.
La seconda considerazione è di ben altro spessore ed inerisce a quella "vicinanza di tanti fratelli" cui tu fai riferimento e che è poi l'essenza stessa e più vera di manifestazioni di tale genere.
Tu, da convinto Credente, parli di "fratelli" (ma anche se meno fervente, anche Piuma usa lo stesso, meraviglioso termine!)e penso che la stragrande maggioranza di Noi sia della stessa opinione; tuttavia, da co-muratore della manifestazione, permettimi di porti delle domande: perché, nonostante gli inviti scritti e telefonici, ci sono stati "fratelli" che hanno VOLUTAMENTE preferito non partecipare?! perché quei "fratelli" che pur avevano condiviso con Noi tanti, indimenticabili giorni giovanili ed avevano persino avuto l'onore di essere nominati Ufficiali in spe ci hanno snobbato, proprio in occasione di una celebrazione di altissimo significato, perdipiù in un Luogo sacro per ogni Italiano, figuriamoci per un Ufficiale?
Te la dico tutta, Amico mio: mi sono sentito tradito, come Uomo, come Ufficiale e come appartenente al 150° "Montello".
Non posso concepire, infatti, che chi ha avuto il privilegio di rivestire un Grado non abbia sentito la necessità, la spinta morale a voler esprimere la propria fierezza al sacro cospetto di Colui che tutti ci rappresenta.
E la cosa che fa ancor più male è anche il fatto che nessuno di costoro abbia sentito il dovere di "scusarsi", di dire una parola di circostanza, di pubblicare su queste pagine un cenno di rammaricato saluto, di affidare alla penna i propri sentimenti come, così magistralmente, ha fatto Piuma; ed altrettanto ha fatto Gabrio che ha interpretato il pensiero di noi tutti.
Eppure, Piuma è stato COSTRETTO a non partecipare, così come lo sono stati molti altri; pensa che uno di Loro ha mandato copia dei biglietti FS che aveva acquistato e che non ha potuto utilizzare!!!
Non vorrei sembrarti blasfemo o offendere la tua religiosità, però, consentimi di parafrase una splendida Parabola; da costoro non c'è stato un contrito "..perdonami Corso se ho sbagliato...". Non c'è stato perché, evidentemente, non hanno niente di cui contrirsi, magari pensano pure di essere nel giusto.
Concludo, dicendoti che "quell'anima" di cui mi hai immeritatamente gratificato è profondamente ferita, quasi umiliata; è vero che c'eravate tutti Voi, è vero che c'era la sacralita del Sacello è vero che, ancora una volta, abbiamo dimostrato di saper inventare e fare cose che nessuno ha mai inventato o fatto; è tutto vero ma resta il fatto che pochissimi non hanno VOLUTO nemmeno rispondere e, citando il Poeta, "...il modo ancor m'offende".
Ti ringrazio e fraternamente ti abbraccio,
Ettore.
Caro Ettore, nel tuo primo intervento hai detto di non volere che la retorica offuscasse in qualche modo i Tuoi sentimenti. Tu lo sai che io ogni tanto mi sveglio con la voglia di esprimere il mio pensiero in merito a qualche cosa. Questa volta e' il turno della "retorica" che io accomuno alla "forma". Quando eravamo giovani ci hanno detto in tutte le maniere che la "forma e' sostanza". Analogamente ritengo che la "retorica" sia espressione di sentimenti e di valori che sgorgano direttamente dal cuore. Eventuali critiche a queste due " categorie" ritengo che non siano dirette alle modalita' di comportamento e di espressione , ma a cio' che esse rappresentano. Anche nella vita civile alcune delle attivita' piu' nobili ed importanti , sono impregnate di "forma" e "retorica". Tra queste ritengo che l'amministrazione della Giustizia, tramite il Processo ,sia il piu' significativo esempio. Il comportamento , i poteri e le vesti dei giudici, pm ed avvocati a me paiono i piu' "formali" possibili; quando poi consideriamo le espressioni verbali,vedasi l'arringa del difensore, le ritengo tra le piu' "retoriche". Sembra che si stia celebrando una Cerimonia Militare , come l'ultima nostra davanti al Milite Ignoto. Dopo aver assunto la piu' rigida posizione "formale" , il nostro grido " Presente " ad ogni nome di Collega Scomparso, non e' forse una delle piu' "retoriche" risposte al dolore per la mancanza di una Persona Cara ?
RispondiEliminaForma e retorica sono criticate, come gia' detto, non intrinsecamente ma per i valori di appartenenza, i sentimenti migliori che esse rapprentano ed esaltano agli occhi di chi vuole tutto denigrare e indirizzare al materialismo , all'individualismo ed al relativismo piu'ipocrita.La mia non vuole essere una critica alle Tue parole caro Ettore , ma vuole sottolineare che l'espessione del Tuo pensiero, come quella di Piuma, Luigi, Gabrio e chiunque altro scriva sul Blog,
è sempre "retorica" e , proprio per questo, rappresentazione dei sentimenti migliori che ancora ci legano . Io ho inteso tessere, se ci sono riuscito, "L'ELOGIO DELLA RETORICA E DELLA FORMA" e, nella pia illusione di non ever annoiato troppo Te e gli eventuali Lettori, ti saluto " formalmente" gridando le parole "retoriche" che ci uniscono per sempre : UNA ACIES !
Giovanni Papi
Caro Ettore, rileggendo piu’ attentamente quello che ho scritto di getto stamane , ho avuto la sgradevole sensazione di non essere stato chiaro specialmente nei Tuoi confronti. Cosi’ voglio precisare che , in sostanza, il mio prolisso volo pindarico voleva essere una esortazione a non reprimere la Tua Retorica perche’ Essa e’ la dimostrazione , anche involontaria, dei grandi sentimenti e dei valori che albergano nel Tuo cuore ed in quello di quanti sono intervenuti sull’argomento ( Gabrio, Piuma e Luigi) . Nella speranza di non aver complicato maggiormente le cose Ti saluto caramente. Giovanni Papi
RispondiEliminaNo, caro Giovanni, non hai "complicato" proprio un bel niente, anzi mi hai dato la stura per rivolgere lo sguardo ad una intera vita trascorsa all'insegna del dilemma: ma la forma è anche sostanza?!
RispondiEliminaIo, Noi abbiamo udito e pronunciato discorsi impregnati di paroloni che solo alle orecchie meno nobili potevano sembrare "retorici"; io, Noi abbiamo trascorso una vita a rispettare e far rispettare una liturgia comportamentale che solo per i più "evoluti" poteva essere vuota ripatizione gestuale, priva di sostanza; io, Noi ci siamo sempre attenuti ed abbiamo preteso che gli altri vi si attenessero al rispetto di deteminate regole (scritte e non) che solo per i miscredenti potevano essere sterile espressione di una ecclesia autoreferenziale.
Ed, invece, è proprio e solo come dici tu giuastamente: è l'espresione di sentimenti interiorzzati, metabolizzati, ritenuti sacri ed inviolabili!
Un privilegio che è di pochi e io, Noi dobbiamo essere fieri di avere avuto la fortuna di far parte di quei "pochi".
Un abbraccio,
Ettore.
Cari Amici
RispondiEliminaHo trovato all’ultimo minuto, soprattutto a me stesso, la classica scusa di impegni di lavoro e di famiglia che potevano anche essere rimandati …
Già come per la Stelletta, ho preferito non essere presente…
Faccio parte come dice Ettore della “gente comune” e non ho avuto l’onore e l’onere di servire la patria come Voi per una scelta dettata da un impeto come i miei più cari amici di allora hanno se non capito almeno apprezzato.
Vi ho invidiato su quello scalone che ha certificato una vita passata in uniforme e spero dedicata a quegli ideali comuni che ci univano tanti anni fa.
Io mi potevo solo presentare con la mia bustina di caporalmaggiore di Fanteria (neanche Alpino pensate!) e non me la sono sentita.
Ho cercato comunque non sempre riuscendovi di condurre la mia esistenza nel solco di quelle che allora erano le mie aspirazioni ed i miei principi morali e che mi portarono a varcare quel portone tanti anni fa.
Mi sento comunque parte del 150 ° e se mi sarà possibile continuerò a frequentare tutte le occasioni che possono permettermi di rincontrare gli amici di allora e di sempre.
Ringrazio Ettore per la sua insistenza nel gradire la mia presenza..
Ringrazio anche Pierfranco quando all’aeroporto di Alghero lo scorso giugno disse a mia moglie: Quando Massimo se ne andò perdemmo un vero militare….
Un abbraccio a tutti.
Massimo Garin
Carissimo Massimo,
RispondiEliminaquesta tua "confessione" mi/Ci amareggia molto, anzi moltissimo.
Ma veramente tu pensi che se ti considerassimo "gente comune" avresti ricevuto tante insistenze?!
No, caro Massimo, io, Noi saremmo stati orgogliosi di averti presente in un'occasione che, forse, non ti si azzecava solo per questioni di esperienza di vita ma che, invece, ti si attagliava e pure bene per i tuoi sentimenti di "vero militare".
Guarda che la tua bustina da caporalmaggiore (devi essere orgoglioso di essere stato un Fante!) non avrebbe stonato affatto, perchè, sotto, c'erano la testa e, soprattutto, il cuore di un Amico: di un Fratello!
E, per la prossima, vedi di non inventarti scuse!!!
Un abbraccione,
Ettore.