Il buon Ettore mi ha
chiesto di commentare l’editoriale sul “Corriere della sera” di Michele Almis
dal titolo “Le troppe leggi rimaste vuote” con il quale l’autore ha puntato il
dito contro un’attività parlamentare sempre più tesa ad apparire più che a
fare. In esso si fa esplicito riferimento ad alcune norme promosse dai governi più recenti e il concetto espresso
dall’autore si evince chiaramente dal seguente assunto: “Ma per quale ragione la politica italiana ha trasformato ogni legge in
un inganno? Semplice: perché è incapace di decidere, e allora finge di produrre
decisioni”. Francamente non me la
sento di esprimere considerazioni tecniche sull’argomento per due motivi: 1)
una legge è perfettamente efficace (quindi non vuota) anche quando rimanda ad
altre leggi le relative norme attuative (se mai, quindi, può esistere una
omissione dell’organo preposto all’attuazione); 2) perché sono convinto che la
politica è sempre capace di decidere, anche quando lo fa ingannando il popolo
attraverso l’emissione di norme apparentemente a favore di questo ma che, in
realtà, non vengono poi attuate o, peggio, vengono “aggirate” da altre norme. L’attività
legislativa è il “cavallo di Troia” attraverso cui il politico entra nel cuore
dell’elettore e nel tempo abbiamo significativi esempi di come il voto sia
stato da questa influenzato: la politica industriale del sud voluta dalla DC;
lo statuto dei lavoratori voluto dal PCI; la ristrutturazione della pubblica
amministrazione voluta dal PSI etc. etc. . Nel corso degli anni, con il
repentino degrado involutivo del politico (inteso come tipo di persona fisica)
anche la sostanza delle norme legislative si è involuta e a Leggi che
rinviavano a norme attuative mai emesse (la riforma scolastica, l’eliminazione
delle Provincie, la riforma fiscale regionale, il finanziamento dei partiti
etc.etc.) abbiamo assistito a veri e propri proclami elettorali rivelatosi poi
chimere o specchio per le allodole. Vorrei, quindi, limitare le mie riflessioni
più sugli effetti che questo modo di legiferare
produce e voglio farlo tentando di analizzare l’ultimo “sforzo” dell’attuale
Governo
L’IMU del 2013 non sarà
pagata e dal 2014 avremo la tassa dei sevizi; sono stati stanziati fondi per
gli esodati, i cassa integrati ed emessi provvedimenti a favore dei precari;
sono state concordate norme per rilanciare il mercato immobiliare attraverso la
riqualificazione degli immobili e l’intervento pubblico nel settore; le imprese
limiteranno la spesa per la sicurezza sui posti di lavoro. Sono queste le norme
che servono al Paese per uscire da una crisi che gli altri (compresa la Spagna)
sembra abbiano superato?....io non credo e vedo i due partiti promotori
inneggiare ai propri personali trionfi concretizzatisi attraverso il
provvedimento dell’IMU, per il PDL, e gli ammortizzatori sociali per il PD
mentre gli italiani continueranno a pagare tasse e balzelli che non hanno
eguali in alcun altro paese. Qualcuno mi dirà che non conosciamo l’ammontare
della tassa dei servizi mentre sappiamo per certo che, per l’anno in corso, non
pagheremo l’IMU; ma abbiamo già avuto recenti passate esperienze sugli effetti della
traslazione fra imposte statali e territoriali con l’effetto finale che il
cittadino pagava complessivamente di più; inoltre l’assoluta mancata
regolarizzazione sulle modalità che i Comuni dovranno adottare per definire le
varie imposte, creerà diseguaglianze fra i cittadini e malumori nel governo
delle Regioni. Gli interventi sugli ammortizzatori sociali sono una cosa utile
ma in controtendenza per chi dichiara di voler uscire dalla crisi. In altre
occasioni ho già detto che la crisi di un qualsiasi organismo sociale
(dall’impresa all’amministrazione pubblica) si combatte intervenendo, in
primis, sull’abbattimento dei costi fissi e sulla chiusura dei rami
improduttivi ma nessuno dei politici che governano dice o attua questo
elementare principio che si insegna agli Istituti di Ragioneria. Se in campo
economico le esportazioni dei nostri prodotti crescono (ed è quello che avviene
negli ultimi due anni) significa che essi valgono e sono apprezzati; il
problema delle nostre imprese è quindi da riscontrare nella mancanza di
liquidità derivante dalla drastica diminuzione delle vendite interne e dal
diminuito supporto bancario. Per le banche resta basilare la credibilità del
sistema da parte degli Istituti esteri
(problema parzialmente risolto con la caduta del governo Berlusconi) ma
il mercato interno non potrà mai riacquisire vitalità se la tassazione
complessiva che colpisce gli italiani non diminuisce.
Oltre all’ammontare
della tassazione complessiva, gli italiani hanno anche il triste primato di
subire il costo più alto per le energie prodotte dall’ENI; costi che mettono in
difficoltà non soltanto i bilanci familiari ma anche le multinazionali
straniere che spesso rinunciano ad investire nella penisola. Dai pochi Vostri
commenti quando si è parlato di tangentopoli, desumo che non tutti sanno che la
cosiddetta “prima repubblica” si sbriciolò a causa delle tangenti Enimont e che
, nel 1996, un certo Paolo Scaroni, dopo essere finito in manette, patteggiò
una pena ad 1 anno e 4 mesi di carcere per tangenti di svariate centinaia di
milioni di lire, versate al Partito socialista per ottenere l’assegnazione di
appalti all’ENEL, all’epoca guidata da Scaroni. La condanna ha comportato allo stesso
Scaroni una importante promozione e, dal 2005, egli è l’amministratore delegato
dell’ENI la quale ha sottoscritto un contratto a lungo termine con la Russia
che prevede la clausola del “take or pay” ; devi, cioè, prenotare il gas ma se
non lo ritiri lo paghi lo stesso. Secondo quanto dichiarato dallo stesso
Scaroni, questa clausola genera una perdita annua di circa 1,5 miliardi di euro
coperta in parte dallo Stato. Il contratto fra ENI e Russia venne, nel 2007,
associato da Ilary Clinton ad accordi poco chiari fra Berlusconi e Putin e chi
volesse approfondire l’argomento può trovare molta documentazione su internet
ma ciò che fa specie è il fatto che nessun giornalista (a parte la Gabanelli,
giornalista verso la quale mi inchino) ne parli e ciò mi porta a pensare che,
probabilmente, abbiano notevole importanza i 202 miliardi di euro che, ogni
anno, ENI destina alla comunicazione pagando fior di giornalisti fra i quali:
Lucia Annunziata, Federico Rampini, Carlo Rossella, Giuseppe Turani e Antonio
Galdo; un giornalista può scrivere di ENI in piena indipendenza se lavora per
ENI?.
Francesco