martedì 14 aprile 2009

150° , tieniti pronto: è l'ora di darsi da fare!!!

Raffaele, che di seguito ci racconta la sua drammatica esperienza , si è fatto promotore di una significativa iniziativa :


" Vi preannuncio che ho intenzione di avviare una sottoscrizione per riattivare la chiesa parrocchiale della mia frazione - GIGNANO - unico punto di aggregazione. Devo perfezionare il progetto con il parroco, un giovane colombiano che si dà molto da fare. Se il progetto va avanti occorre coinvolgere il 150° Corso. Vi darò conto di tutto" .
Un saluto Raffaele"


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IL TERREMOTO A L’AQUILA

Lunedì 6 aprile 2009 – ore 03,32.

La notte del terremoto

Alle ore 03,00 di lunedì 6 aprile 2009 mi sveglio. Sono nervoso per via della forte scossa della sera precedente verso le ore 23,00. Vado in bagno, sono assalito dai dubbi sul cosa fare: rimettermi a dormire o trasferirci in auto. Mia moglie e mio figlio dormono. Guardo dalla finestra il cortile e la strada davanti casa e non vedo nessuno. Sono sempre titubante, ma alla fine decido di rimettermi al letto, anche perché le scosse ci perseguitano da mesi e con il tempo è scemata l’attenzione. Sono le ore 03,15.

Mi sono appena riaddormentato, alle ore 03,32 inizia il ballo. E si, questa volta non è come le altre volte. Sento gli oggetti che cadono dagli armadi, la scossa è lunga e non smette. Mia moglie e mio figlio sono svegli. C’è grande agitazione, mia moglie grida presto scappiamo, la terra non smette di tremare, l’allarme di casa squilla, l’energia elettrica va via. Nel buio riesco ad infilarmi un paio di pantaloni (incosciente) sopra il pigiama e prima di scendere le scale (doppia incoscienza) mi fermo per disattivare il segnale di allarme dove mio figlio sta già attivandosi. Dopo poco ci ritroviamo tutti fuori insieme ai vicini di casa.

Quando tutto è finito, inizio a pensare cosa fare. Rientro nella corte, vado in garage e tiro fuori la macchina per avere un punto di appoggio dove trascorrere le prime ore del dopo terremoto. La notte è fredda, entro nell’atrio di casa e tiro fuori i soprabiti invernali ancora non riposti negli armadi.

Faccio il giro del quartiere raccomandando di chiudere i rubinetti del gas; non assisto a scene di panico, molta preoccupazione da parte di tutti, ma rassegnati alla cattiva sorte.

Ci è andata bene, gli armadi si sono aperti rovesciando il loro contenuto sui pavimenti, ma non sono caduti. In altre abitazioni sono caduti addosso alle persone causando gravi danni fisici.

La struttura della casa, ha tenuto bene, è da verificare l’agibilità, ma non è crollata. Ripensandoci, se così non fosse stato non avremmo avuto scampo: a nulla sarebbe servito correre.

Non conosco come si propaga il terremoto, noto però, che due abitazioni dello stesso tipo, a distanza di poche decine di metri non hanno avuto lo stesso danno: una distrutta l’altra quasi intatta.

Quando comincia ad albeggiare prendo l’iniziativa di preparare un caffè caldo per tutti con la dotazione da campeggio (tirandola fuori dal garage – preciso che dista dieci metri dall’abitazione ed è costruito in cemento armato, compreso le pareti laterali) di cui sono dotato.

Per ora, dopo una settimana, ci siamo adattati e rassegnati alla cattiva sorte, ma i disagi continueranno ed ho timore che prima o poi i nervi possano cedere. Speriamo di no. La vita deve riprendere il suo corso normale al più presto possibile.

Raffaele SUFFOLETTA

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