Non
c’è niente da fare: ogni 31 dicembre, chissà perché, ti assale una voglia matta
di fare bilanci.
Siccome,
però, non è che il ”mercato” abbia offerto gran che di esaltante –salvo,
logicamente quanto di bello la Signora ha offerto al mondo-, mi sono detto:
visto che la “cronaca” è quella che è, perché non fare un salto nella “storia”,
in quel periodo felice e spensierato, senza telefonini, senza social, senza ogm, senza TV, senza…
quattrini che è stata la nostra giovinezza?Per farlo, Vi racconterò la mia “storia”.
I
primi dieci anni della mia vita li ho trascorsi ad Ostia. Era tutta una pineta
che si ergeva, maestosa, su sterminate dune di sabbia finissima, bianca da
accecare quando era investita dal sole; il mare era meraviglioso, pulito,
profumato ed i rari stabilimenti non lo avevano ancora occluso alla vista;
c’era già “il Pontile” che prolungava la strada nelle onde e lasciava spazio
alla fantasia di chi, in quel mare,
avrebbe voluto trovare l’avventura.
Andavo
a scuola a piedi e solo; i pomeriggi li passavo con i miei amici a giocare a
“boccini”, o a “battimuro” con le figurine della Panini, o a “sottomuro” con i
dischetti dei giocatori che erano nei cioccolatini della Ferrero; spesso, ci si
trasformava in improbabili cacciatori con le mazzafionne a forcella in legno di
pino (i più “ricchi” le avevano con gli elastici a quadrelli) e non si
disdegnavano nemmeno “giochi di società” come “uno monta la luna” o il più
virile “tre tre giù giù”.
Lo
studio era un riempitivo occasionale.
Poi
ci trasferimmo a Roma in una casa di Monteverde Nuovo che, allora, costituiva
la periferia occidentale della Città; c’erano ancora le “marane” e, nei campi
erbosi, pascolavano, belanti, greggi enormi; dopo le piogge, il terreno
argilloso rallentava il drenaggio e si formavano laghetti zozzi e melmosi che
però stuzzicavano la nostra fantasia, facendoci trasformare in novelli
navigatori su zattere improvvisate ed insicure.
Frequentavo
le Medie in un istituto che si trovava nel più nobile quartiere di Monteverde
Vecchio, quello del Gianicolo, per intenderci; i due quartieri, adagiati su due
colli, erano separati da un impluvio naturale su cui era stata realizzata una strada
e che era il luogo dove le nostre due bande rivali si scontravano in caciarose
risse; in terza Media, poi, quando si studiava l’Iliade, anche il marciapiedi
che circondava la scuola era teatro di zuffe
“storiche” tra “Greci” e “Troiani”.
Lo
studio continuava ad essere un riempitivo occasionale; in più, dalla prima Media,
nei due primi trimestri, ho sempre preso “sette in condotta”: una tradizione
che ho mantenuto fino alla quinta Liceo!
A
casa ci si stava poco o niente e, in mancanza della TV, quei pochi momenti
erano dedicati alla “cultura” che era rappresentata da Nembo Kid , quando aveva ancora questo nome autarchico; da Batman e Robin, quando, per renderli più
“moderni”, non erano stati ancora sfiorati da sospetti di torbide storie
omosessuali; da Mandrake e Lotar che
erano un po’ snob ma tanto simpatici; da Capitan
Miki e dal Grande Bleck, eroi
duri e puri di un selvaggio West, più duro e puro di loro.
Di
indiscusso prestigio erano “L’intrepido”
ed “Il monello”, testate dal vago
retrogusto di “Gioventù del Littorio”; per non parlare del grande Tex; poi, diventando più grandi, si
passò all’astuto e spietato Diabolik,
contornato ed esaltato dalla splendida Eva
Kant e dallo sfigato Ispettore Ginko.
Non cito Topolino perché è senza
tempo.
Poi
incominciarono gli irrepetibili anni della pubertà; l’occasionalità dello
studio si ampliava per lasciare il posto al “rimorchio”; nel cervello albergava
e dominava un solo pensiero: Lei, L’origine
du monde!
Ogni
ora di ogni giorno di ogni mese era dedicata alla ricerca di quella suprema fonte
del desiderio; ogni occasione era buona per sfarfallare intorno alla “preda”,
sempre senza l’ombra di una lira ma, comunque, mai paghi, mai stanchi.
Circa
un mesetto fa ho letto che il “sesso virtuale” sta atrofizzando le pulsioni
naturali specie dei maschi; addirittura, sembra che in Giappone le Autorità,
preoccupatissime, stiano pensando ad interventi di “oscuramento” per riportare
i giovani maschietti sulla retta via: quella della Natura, del contatto, del
piacere…senza intermediari virtuali.
Credetemi,
sono rimasti allibito, sconcertato, sconfortato, preoccupato per il futuro
dell’Umanità!
Uno
di Noi che sale, in contemporanea, un gradino dell’età ed uno della Saggezza mi
ha scritto questa frase:” Caro il mio
Ettore , non si possono né si potranno mai confrontare tempi diversi . Lo fanno
solo i vecchi che sono invidiosi della gioventù! “
Sarà
pure così, però io continuo a chiedermi: ma non era meglio prima?!
Un
abbraccio,
Ettore.
Caro Ettore,
RispondiEliminaNostalgia della gioventù? Consapevolezza che non sempre alla vecchiaia è associata la saggezza? Non credo.
Si tratta, invece, di un bellissimo articolo dove tu piano,piano,parola dopo parola porti il lettore a concludere che sì, era meglio prima e non solo perchè eravamo giovani.
Un abbraccio,
Massimo Riccobaldi
Caro Ettore, confesso che in questi giorni avrei anch'io voluto scrivere qualcosa di me. Quando si parla del sociale, dell'economia o di fenomeni di massa quali le
RispondiEliminaideologie politiche e i contrasti generazionali, mi è facile esprimermi senza alcuna remora o timore di essere frainteso; in quel caso si confrontano le esperienze,
le modalità di percezione, le culture acquisite mai, però, si mostra la propria fragilità.Perchè di questo si tratta; Massimo prima e tu dopo, avete riportato sul Blog disagi che appartengono a tutta la nostra generazione ma dei quali non è facile parlarne se non generalizzando l'argomento con frasi tipo "si stava meglio quando si stava peggio". I bilanci, come tu li hai chiamti, si fanno sempre alla conclusione di un ciclo e se tu oggi hai sentito la necessità di parlare della tua giovinezza non credo che a motivarti sia stata la voglia di esaltare un'epoca ormai lontana quanto, piuttosto, la consapevolezza di essere sempre più un corpo estraneo in un mondo oggi diverso. Esporre le proprie paure non è naturale nemmeno con le persone che si amano e lo si fa, forse, con un confessore spirituale o con un diario; a maggior ragione se si sa che quel diario, come nel caso tuo e di Massimo, sarà letto da persone che non hai di fronte e che nel passato, quel passato che oggi noi tutti idealizziamo, sono stati lo specchio del tuo essere. Sulla vostra scia, voglio ora anch'io esternare cio che ho "sentito" in questi giorni e visto che lo farò attraverso lo strumento del "commento" (ammesso che ci riesca), lo farò a puntate.
Bravo Francesco !!!
RispondiEliminaSei riuscito a farci capire che l’unico modo per “esporre le proprie paure ” è la condivisione delle proprie esperienze con coloro che ci sono stati vicini o, in maniera diversa, hanno avuto simili consapevolezze e non il “solito” conflitto generazionale.
L’unico “essere” che avrebbe potuto rispondere con assoluta certezza che “era meglio prima” è Adamo, prima del “caso” della mela.
Ognuno di noi ha vissuto, nel bene e nel male, nel proprio tempo e girarsi indietro è tipico di coloro che non vogliono arrendersi al naturale passare del tempo e se la prendono con i giovani che stanno vivendo nel proprio tempo.
Essere convinti di essere stati i “migliori” è arroganza !
Avrei voluto vedere noi come avremmo reagito, quando a vent’anni, un “vecchio” ci avesse detto che “era meglio prima”.
Continua . Un abbraccio Oliviero
Ragazzi,
RispondiEliminavoglio introdurre la mia risposta alle Vostre belle argomentazioni con la frase iniziale dell'editoriale di E. Scalfari su "La Repubblica" di oggi: "La curiosità dei vecchi o svanisce o aumenta sensibilmente".
Ebbene io (come penso tutti quelli della mia/nostra generazione dotati di un minimo di cervello) non mi sento affatto un "corpo estraneo in un mondo oggi diverso"; anzi, la mia "curiosità" senile mi porta ad indagare il mondo attuale per scoprirne e verificarne le differenze che ci sono -come è giusto che ci siano- con quello che è stato il "mio" mondo che, per tantissimi aspetti ritengo essere stato molto migliore,.
Io, caro Francesco, di "paure" personali non ne ho, non fosse altro che la vicinanza dello striscione finale le renderebbe inutili; semmai, ne ho per coloro che ci sostituiranno, a causa dello sfasciume morale e pratico in cui sono cresciuti e sono costretti a vivere,
Né tanto meno, caro Oliviero, "me la prendo con i giovani" perché sarebbe inutile, oltre che sciocco; sul fatto, poi, di sentirmi "migliore", bisogna mettersi d'accordo su quali sono i parametri del confronto: se sono i Valori universali, allora noi eravamo "migliori", molto migliori!
In ogni caso, il mio scritto non aveva nessuna velleità di apparire come un amarcord "anema e core"; era e voleva essere solo una passeggiata logicamente nostalgica in un periodo estremamente felice della mia esistenza ma senza nessun rimpianto, per il semplice fatto che l'intelligenza, prima dell'anagrafe, mi impedisce di averne.
Vi ringrazio e Vi abbraccio,
Ettore.
Ringrazio Oliviero e invidio Ettore ma voglio continuare ad esternare le mie angoscie per la semplice voglia di farlo; sforzandomi di mantenere quella razionalità che per anni ho ritenuto fosse la mia arma vincente e che ora si sta rivelando la mia debolezza più inquietante.
RispondiEliminaQuest'anno, forte del fatto che potevamo goderci la continua presenza di nostra nipote, ho convinto mia moglie a non muoverci da Milano.
In realtà avevo la necessità di non chiudere lo Studio perchè ho modificato molto la mia operatività rinunciando a cose che mi piaceva fare ma che non davano reddito e sciogliedo una associazione professionale che io stesso avevo costituito sei anni fa con un giovane avvocato, amico di mio figlio sin dai tempi dell'infanzia. Avevo costituito l'Associazione con l'obiettivo di cedere,al raggiungimento dei 65 anni, la mia clientela legale e con il relativo corrispettivo, aprire un centro di
psicoterapia e mediazione destinato a risolvere i problemi di coppia (Psicocenter, centro che ho aperto a Milano tre anni fa). Ogni mia aspettativa è stata, però,
stravolta dalla crisi di liquidità delle imprese che mi danno lavoro, dal mutamento delle condizioni pensionistiche e, ancor più, dall'impatto che il giovane collega
ha avuto con la mia clientela la quale, nella stragrande maggioranza, mi ha chiaramente detto che se avessi lasciato lo Studio, essi si sarebbero rivolti ad altri.
Ho dovuto, quindi, ritornare a fare l'avvocato a tempo pieno perfezionando accordi di semplice locazione e collaborazione con gli avvocati che usano il mio Studio e
rinunciando, con rammarico, a Psicocenter. Come è facilmente immaginabile, le mie frustrazioni hanno generato invettive contro i giovani, capaci di mostrare arroganza e presunzione prima ancora che capacità, e contro un elettorato cieco e manovrabile che ha permesso lo scempio economico e finanziario del nostro Stato.
Nella notte fra il 25 e il 26, precisamente alle ore 4,00, ho incominciato a sentire un dolore, non forte ma estremamente fastidioso, al petto. Non ho detto nulla a
mia moglie ma non sono più riuscito a dormire e, verso le 9,00, ho chiamato mia figlia Cinzia (volontaria alla Croce Bianca di Milano) per chiederle se poteva farmi un elettrocardiogramma senza dovermi recare al pronto soccorso. Dopo dieci minuti mia figlia era a casa mia con il medico di turno e dopo avermi fatto
l'elettrocardiogramma, mi hanno portato, per ulteriori accertamenti, all'ospedale "Monzino" che è un centro ospedaliero spcializzato in problemi cardiaci. Io avevo
chiesto di non farlo perchè ho passato qualche brutto momento e questa volta sentivo che la situazione non era pericolosa ma i sintomi erano quelli dell'infarto ed era loro dovere effettuare ogni accertamento.
Sono rimasto nel reparto di pronto intervento cardiologico dalle ore 10 alle ore 18 del 26 dicembre e mentre continuavo, mio malgrado, a vedere la sofferenza di gente sconosciuta che continuamente mi passava davanti, il mio cervello elaborava miriadi di ricordi. Ho pensato al mio giovane collega che, credendo di aver raggiunto la "meta" con la nomina di "socio" ha cessato di comportarsi da "dipendente" e ha incominciato a fare il "padrone" dimenticando che in questa professione noi tutti siamo dipendenti dei nostri clienti. Se prima, però, attribuivo ogni suo atteggiamento ad una sua presunzione evidentemente malcelata, ora i ricordi si soffermavano sul mio comportamento e non ne sono uscito granchè bene. Io gli avevo dato un "potere" senza preparlo all'esercizio; gli avevo concesso piena autonomia senza guidarlo nelle asperità, godendo quasi dei suoi errori perchè la loro evidenziazione esaltava le mie capacità; lo avevo portato alla peggiore umilizione di chi ritorna nella polvere dimostrandogli che la sua giovinezza ed esuberanza nulla poteva contro le capacità e l'esperienza del vecchio....... e se quel giorno io avessi veramente avuto un infarto?.....
Il reparto dove mi trovavo è composto da tanti loculu aperti ciascuno dei quali contiene un lettino e varie apparecchiature predisposte per il monitoraggio continuo dell'attività cardiaca. Durante l'intero periodo di permanenza mia moglie e i miei tre figli non mi hanno mai lasciato solo ma non potevano essere tutti presenti e mentre gli altri aspettavano in sala d'attese, a turno, ciascuno di loro veniva da me. Ho incominciato così a guardare il viso di mia moglie con la stessa intensità di quando eravamo una coppia e non ancora una famiglia. Anna è sempre stata bellissima e oggi gli effetti dell'età accentuano più che nascondere la linearità e la rotondità armoniosa del suo viso. I ricordi si sono allontanati nel tempo, al primo anno di Torino quando l'ho conosciuta e al secondo anno, quando, rimasta incinta, è venuta a vivevere con me rendendo ogni altro aspetto della mia vita di assoluta secondaria importanza.
RispondiEliminaHo capito che Anna sarebbe stata la compagna della mia vita dopo circa trenta secondi averla conosciuta perchè aveva tutti i requisiti che un rampollo del basso proletariato contadino sudista, quale io sono, poteva desiderare: valore assoluto e totale abnegazione per la famiglia. Non mi sbagliavo, in 42 anni di vita comune ella ha elevato i confini della casa coniugale quale suo regno assoluto elargendo bontà, parsimonia e amore ai suoi quattro sudditi; questo è sufficiente a rendere perfetta una unione?.... ho sempre creduto di sì perchè nella famiglia, come in ogni altro aggregato sociale, è imortante l'esatta ripartizione dei ruoli.
La netta divisione dei compiti può portare, però, ad escludere l'altro dal proprio mondo e se, con il passare del tempo, il bisogno fisico della vicinanza non dovesse più bastare a colmare la diversità di interessi, si creano crepe molto perisolose per la stabilità della struttura.
Io sono negato in tutto ciò che esalta le diverse capacità di mia moglie; non so appendere un quadro, odio il giardinaggio, sono disordinato, riesco a sporcarmi anche in un luogo lindo e disinfettato e mi sforzo di vivere come se il tempo non fosse mai passato là dove ella limiterebbe il mondo alla sua casa e ai suoi figli. Confesso che ho incominciato a subire tutto questo come una castrazione delle mie potenzialità attribuendo a lei il doloso tentativo di "tapparmi le ali" perchè conscia della propria incapacità nel seguirmi.
Più che la saggezza della vecchiaia invocata da Ettore, credo che l'immedita consapevolezza dei propri limiti determita da un fatto inatteso, porti ad una maggiore obiettività e, anche in questo caso, i ricordi si sono così soffermati sui miei comportamenti. Il culto della famiglia è un principio sacrosanto ma chi dice che non possa essere perseguito lasciando ad entrambi i coniugi la possibilità di esprimere se stessi al di fuori dei suoi confini. E' stato per questo principio che ho portato la mia donna a chiudersi fra quattro mura o per un innato bisogno di dimostrare le mie capacità?....quanto ha influito nella sua crescita sociale la mia egocentrica voglia di essere il fulcro della sua vita?......
La presenza che più mi ha generato turbamento è stata quella della mia figlia minore Valentina perchè sei anni fa eravamo ancora insieme in quello stesso ospedale ma in posizioni invertite. Valentina ha oggi 33 anni e, da quando aveva 16 anni, è affetta dal morbo di Kron, malattia che si può tenere sotto controllo ma che genera problemi piuttosto seri agli altri organi. Ella non ha mai vissuto una vita pienamente "normale" e sei anni fa fu colpita da una grave forma di miocardite che la costrinse ad un lungo ricovero presso il Monzino. La cura alla quale venne sottoposta era, all'epoca, considerata sperimentale e se avesse fallito l'unica alternativa per la sopravvivenza era il trapianto di cuore. Agli altri componenti della famiglia non avevo mai rappresentato la gravità della situazione che era esattamente conosciuta sola da me e da lei perchè a lei non potevo nascondere nulla.
RispondiEliminaHo sempre pensato che Valentina fosse dotata di due "palle "d'acciaio perchè in nessun'altra persona ho visto domare la sofferenza come in lei e guardandola in piedi, di fronte al mio letto, ho visto una freddezza nei suoi occhi completamente diversa dall'umido luccichio degli occhi di Cinzia e Tommaso (gli altri due miei figli). E' questo che mia ha turbato; la commozione è sempre sintomo di sentimentalismo e di amore mentre la glaciale freddezza è propria del distacco e del disinteresse...possibile che Valentina fosse lì, immobile,'unica a non provare alcuna emozione in una simile situazione?
Anche in questo caso la mente si è insinuata nel buco nero dei ricordi sino ad arrivare ai suoi sedici anni, quando abbiamo scoperto l'esistenza della malattia.
Valentina frequentava il secondo ginnasio in un istituto conosciuto a Milano per la serietà e per il forte legame clericale e non sentiva particolare attrazione per il
latino ed il greco tanto che il raggiungimento di una striminzita sufficienza rappresentava il suo massimo obiettivo. Non ho mai capito perchè avesse scelto il liceo claassico ma credo che il mio ripetere incessante di volerla avvocato sia stato determinante. Durante l'ultimo trimestre scolastico Valentina ha incominciato ad accusare diarree che la costringevano a stare a casa e spesso erano da me considerate come una reazione, forse inconscia, ad una evidente disincrasia verso quella scuola. Quell'anno venne bocciata e la frustanzione per aver deluso ogni mia aspettativa acuì la malattia e forgiò un carattere diverso da quello sino ad allora mostrato. La ragazza dolce e bisognosa di coccole lasciò il posto ad una donna forte ed introversa che, ai continui e diversificati attacchi della malattia (dalla vista alle ossa,dalla pelle al cuore etc.etc.) rispondeva con spavalderia senza chiedere mai aiuto a nessuno.
Avevo sempre ammirato quel suo carattere forte ma il 26 dicembre scorso, mentre i ricordi mi apparivano come un nostalgico film in bianco e nero, ho capito che quella forza non era affato determinata dalla volontà di combattere; il suo essere è la rappresentazione dell'impotenza, dell'ineluttabilità, dell'inerte abbandono davanti a un qualcosa che sai di non poter sconfiggere e che cerchi di contrastare almeno con l'indifferenza.
E' incredibile la nostrra propensione all'errore quando vogliomo vedere ciò che più ci piace.....un po' come la stigmatizzazione della diversità generazionale, per
restare nell'argomento di Ettore. Caro Ettore (ti ringrazio ancora per la tua odierna telefonata) il nostro tempo non era migliore di oggi semplicemente perchè l'oggi
è stato determinato dalle nostre scelte di ieri...approfondiremo l'argomento prossimamente.
I pensieri su Anna e Valentina mi hanno portato ad un’altra considerazione alla quale, sino a quel momento, non avevo dato alcuna importanza: nessuno della mia famiglia era a conoscenza degli elementi relativi alla mia attività, dai depositi bancari ai contratti di collaborazione, dalle partecipazioni societarie ai crediti già maturati etc. etc.. Il giorno dopo, il 27 dicembre, ho passato la giornata in Studio in un silenzio assoluto perché ero solo e tutti i clienti sapevano che sarebbe stato chiuso; l’unica graditissima telefonata l’ho ricevuta da Luigi Manco. Quel giorno ho finito un atto di costituzione per un sequestro conservativo ed ho preparato una cartelletta contenente dettagliatamente ogni notizia che possa essere considerata utile ad un erede in caso di morte improvvisa del de cuius: beni, crediti ed obbligazioni. In serata ho radunato l’intera famiglia e ho spiegato loro come avrebbero dovuto comportarsi in caso di mie sopravvenute impossibilità ad agire: come usare le deleghe da me predisposte e quali fossero i miei colleghi amici ai quali rivolgersi. Mi aspettavo sguardi carichi di ammirazione per ciò che, con onestà, ero riuscito a fare in una vita di lavoro e di gratitudine per quello che avrei loro lasciato ma la reazione è stata di schernimento; come se il mio fosse l’atto di un ipocondriaco paranoico che vede una fine in realtà molto lontana e vuole, scaramanticamente, allontanarla. Ho capito così che, al di là della riconoscenza per quello che ho loro dato, il mio lavoro e le mie attività non suscitavano alcun interesse e che l’imporsi nel mondo professionale non era, per loro, poi così importante. Ma come..... ho vissuto e impostato una vita sul principio che bisogna lavorare tanto per guadagnare bene e non vivere nell’angoscia della sopravvivenza che è tipica della povertà!!.. e la storia che il miglior insegnamento deriva dall’esempio?...... e la mia convinzione di aver fatto tutto per loro?....ma cosa ho visto in tutti questi anni?. Ho pensato quindi a Cinzia, la figlia maggiore, quella che da sempre innamorata del padre, ha seguito il suo consiglio di diplomarsi in ragioneria per poi iscriversi in Economia e Commercio e aprire con lui un “grande” studio professionale; ma, così come aveva fatto “lui”, alla laurea sarebbe dovuta arrivarci lavorando. Cinzia non si è mai laureata e invece di fare la commercialista ha preferito lavorare in banca dove oggi è quadro e non ha alcuna intenzione di andare oltre perché, per lei, al lavoro non bisogna dedicare più di otto ore al giorno se lo stipendio è sufficiente a mantenerla decentemente per il mese di competenza. Cinzia passa dalle quattro alle sei ore al giorno (compreso la notte di capodanno) in autoambulanza dove fa l’autista e la soccorritrice volontaria, senza mai prendere il becco di un quattrino …. ma cosa le ho insegnato?. Tommaso invece fa il fotografo e, al di la della visione di bellissime donne, non credo che abbia lauti guadagni. Ciò nonostante, tre anni fa si è pagato un viaggio in Patagonia per fare delle foto che, pur avendo numerose richieste da parte di case editrici e mostre fotografiche, non ha mai voluto vendere perché le sente profondamente sue……quanto è diversa questa gioventù……..in meglio o in peggio?
RispondiEliminaOggi ho ripreso pienamente il lavoro e le mie masturbazioni mentali si stanno dissolvendo, le passate festività mi hanno, però, lasciato due nuove convinzioni: l’età non si contrasta con l’illusione; si diventa veramente saggi solo quando si è capaci di guardare gli altri da essere inanimato, privo di qualsiasi scoria che possa ricondurti a chi eri e a cosa volevi.
Caro Ettore ,al di là delle erudite disquisizioni sull'argomento ritengo che ogni tempo, per colui che lo vive, è sempre il migliore. Il nostro lo è stato per noi così come per le generazioni future lo sarà il loro. Il nostro cervello la splendida capacità di far ricordare spesso le cose più belle del tempo trascorso, rimuovendo le meno gradite. Accontentiamoci di come siamo vissuti ed auguriamo a chi viene dopo di noi di migliorare il mondo che andremo a lasciare. Un affettuoso augurio a Francesco per il suo cuore, per me il 2013 è stato buono perché ho superato stoicamente sei o sette infarti senza dire nulla ai miei, per poi essere costretto da loro a recarmi in ospedale ed essere operato dopo 24 ore con una seri di bay pass. Buon 2014
RispondiEliminaGrazie Raffaele e un affettuoso augurio anche a te
RispondiEliminaFrancesco
Carissimo Raffaele,
Eliminati giungano i miei più sinceri auguri per la tua salute. Con affetto,
Massimo Riccobaldi
Carissimi vi ringrazio degli auguri e vi ricordo con affetto.
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