lunedì 5 settembre 2011

Tutto si trasforma


Avevo deciso di ritornare nel nostro blog commentando l’ultima dichiarazione di Berlusconi sulle motivazioni per le quali egli ha elargito € 20.000,00 al mese al povero Tarantini ma non credo che l’argomento possa suscitare grandi interessi e, comunque, finirei col dire cose che ormai hanno stufato anche me.
Ho, quindi, scelto un argomento totalmente diverso e, forse, apparentemente poco consono alla nostra età ma che, a mio avviso, può farci riflettere. Oggi vorrei parlare dell’amore, non quello generale cristiano che dovremmo sentire verso tutto e tutti ma quello passionale, viscerale, possessivo, totale che abbiamo provato, che proviamo o che vorremmo riprovare nei confronti della donna.
Ho sempre pensato che quando ci innamoriamo il nostro cuore diventa un grande contenitore di sentimenti, fra loro diversi e contradditori. Alla voglia di vicinanza verso la compagna, si contrappone il desiderio di isolamento verso gli altri; l’abolizione quasi totale del nostro “io” si scontra con l’egoismo e la possessività manifestate da atti di gelosia spesso incontrollati; il bisogno, oserei dire integralista, di sincerità da parte della compagna contrasta con un adattamento naturale verso la menzogna che si manifesta quando riteniamo che la verità possa danneggiare il rapporto.
L’innamoramento, quindi, forse più di qualsiasi altra situazione, mostra, nel pieno del loro splendore, ogni lato, oscuro e non, del nostro carattere con una peculiarità tipica del rapporto amoroso; tutto ciò che nella comune convinzione è da considerarsi negativo viene compresso all’inverosimile per favorire ciò che, per la stessa comune convinzione, viene considerato un pregio.
Per questo, quando si è innamorati, ci basta un sorriso dolce o malizioso della compagna perché il semplice pensiero di mandarla a quel paese per l’ennesima cazzata, si trasformi in passione ardente o religiosa venerazione. Nel rapporto amoroso, quindi, colui o colei che ama, ingigantisce i sentimenti di altruismo e tolleranza riuscendo a controllare e soffocare, con estrema naturalezza, tutto ciò che potrebbe farlo apparire cattivo, egoista, diffidente e menzognero.
Nella realtà, ogni aspetto saliente del nostro carattere resta fermo nella propria nicchia pronto a riemergere non appena i freni inibitori diventeranno più deboli e ciò avviene inesorabilmente con l’affievolimento dell’amore. Nel rapporto a due, infatti, chi smette di amare non è più interessato ai sentimenti e alla considerazione del partner e può dare libero sfogo alla soddisfazione del proprio io fregandosi dell’immagine che si dà di se stessi. Ciò non significa che l’uomo o la donna che hanno smesso di amare siano diventati più cattivi ma che, più semplicemente, hanno modificato i propri bisogni interiori dando un valore diverso al modo con il quale ci si rappresenta.
Vuol dire che l’amore è ipocrisia? No, anzi ritengo che attraverso esso riusciamo ad esprimere il meglio di noi stessi emarginando, con forza ed efficacia, quanto di peggio sia contenuto nel nostro essere ed è proprio quando viene a mancare che andiamo in tilt. Pensate alle separazioni bellicose o, più semplicemente, alle forzate convivenze fatte di stucchevole formalismo e mera apparenza.
Francesco

4 commenti:

  1. Caro Francesco,
    la tua analisi quasi freudiana del rapporto amoroso uomo-donna non fa una grinza, pur nella sua estrema sintesi, e non può che trovarmi d'accordo.
    Ma, dato che siamo qui a "guardarci dentro", vorrei fare una puntualizzazione e precisamente: tu parli di Amore (con la maiuscola) quello totalizzante, dolce, inibitore di altri rapporti, coinvolgente, malizioso, egoista ....
    un sentimento, cioé, che coinvolge l'essere umano in ogni sua componente e non solo in una ben determinata parte, ahimé soggetta alle ingiurie del tempo.
    Ebbene e se stiamo parlando di questo, mi riesce difficile capire come sia possibile che una persona che prova tutto questo popò di sconvolgimento possa ad un certo punto "smettere"!!!
    Come si fa a dire "guarda io non ti amo più", con la stessa naturalezza con cui si va dal commerciante a restituire un vestito che non ci va bene?!
    Allora non era Amore: era solo una cotta o, peggio ancora, la semplice ricerca del soddisfacimento di un desiderio carnale.
    Non dico che "l'innamoramento", la passione con annesi e connessi siano destinati a rimanere, immutati, nel tempo; ma la struttura portante di un sentimento vero (l'Amore, per l'appunto), quella deve restare integra, a dispetto del trascorrere del tempo e dell'affievolirsi del desiderio carnale.
    Se così non è, si deve parlare solo di "fallimento" ma di se stessi.
    Ciao ciao,
    Ettore.

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  2. Francesco Miredi6 set 2011, 16:46:00

    Carissimo Ettore, come tanti di noi, hai avuto la fortuna di vivere un solo grande amore e, per questo, ti esprimi in maniera totalitaria ma, nella grande maggioranza dei casi l'amore finisce o si trasforma in rispetto, amicizia, coabitazione etc .etc..
    Magari la consapevolezza che è finita non si manifesta apertamente perchè, per mille ragioni, si cerca di credere il contrario ma basta il desiderio verso un'altra donna, la voglia di coltivare interessi che escludono la tua compagna, il godere di una solitudine che prima evitavi per farti capire che è finita e questo non significa che non era amore.
    Poi sei così sicuro che si possa continuare ad amare senza più sentire desiderio sessuale? Il tempo e i problemi di salute possono inficiare la funzionalità - per questo esistono efficaci rimedi - non la libido che resta una componente essenziale dell'amore verso la propria donna.
    Se coloro che hanno smesso di provare tutti gli elementi che compongono l'amore dovessero essere considerati falliti, avremmo un fallimento generale ma così non è perchè, per un importante principio scientifico, nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
    Un abbraccio
    Francesco

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  3. Giovanni Bernardi6 set 2011, 17:11:00

    Francesco,
    a mio parere tutto il tuo ragionamento non farebbe una grinza se avessi scritto che intendevi trattare l'innamoramento. Invece nella premessa hai scritto che desideravi parlare di amore; poi hai scritto di innamoramento; quindi hai concluso usando il termine amore. A mio avviso tra innamoramento e amore c'è un abisso. Il primo è quello che ti fa star male se non sei vicino alla persona amata e vorresti possederla come tua cosa personale. L'amore è un'altra cosa. L'amore è dare; è esprimere con umiltà anche la negazione di se stesso - se necessario - per contribuire a costruire con la persona amata quella che io chiamo la 'terza personalità': quella della coppia. Io vedo nell'innamoramento una turbolenta fase di sofferenza, mentre nell'amore (profondamente diverso) una serena fase di felicità. Naturalmente, quello che ho scritto è solo il mio parere.

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  4. Francesco Miredi6 set 2011, 17:46:00

    Ciao Giovanni è un piacere risentirti. Tutto ciò che scriviamo è rappresentato da idee o riflessioni personali e non possono certo assurgere a dogmi assoluti. Tu poni una interessante distinzione fra innamoramento e ammore come se, correggimi se sbaglio, l'amore fosse la risultante dell'incontro di due vettori (gli innamoramenti) tanto diversa da questi da diventare una terza genia.
    Io penso che una simile rappresentazione sia una idealizzazione del rapporto che si vorrebbe quando si è innamorati.
    Gli studi di psicologia comportamentale effettuati su molte coppie hanno evidenziato che il rapporto destinato inesorabilmente a finire è quello che vede i partner rinunciare totalmente a se stessi per costituire quello che tu hai definito "terza personalità" e ciò è naturale perchè ciò che è virtuale o ideologico non resiste agli imput del mondo reale.
    Ogni componente del nostro essere può essere compresso o espanso in funzione dei bisogni del momento ma resta in noi pronto a riemerge o a ridursi quando i bisogni, inesorabilmente, cambiano.
    Un abbraccio
    Francesco

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