martedì 26 novembre 2013

Realtà e retorica



“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.  

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

Queste parole furono pronunciate da Robert Kennedy poco prima di essere ammazzato e sottolineano quanto grande fosse la diversità da quel fratello maggiore che ancora oggi è il Presidente degli Stati Uniti più amato e più ricordato.   

J. F. Kennedy fu, apparentemente, il presidente dell’innovazione, dell’apertura ai neri e ai ceti più bassi ma, oltre ai discorsi, nella sua breve vita presidenziale non ha emesso un solo provvedimento che potesse definirsi di carattere sociale. La sua azione governativa fu caratterizzata da una lotta continua e senza esclusione di colpi contro gli apparati più potenti (CIA in testa) con lo scopo di ridare alla figura del Presidente il prestigio e l’importanza che aveva perso. Il ritiro delle navi russe, senza colpo ferire, fu l’unico suo grande e vero successo politico.
 
Robert era diverso, era un uomo buono e altruista che anteponeva il bene del popolo al prestigio personale e all’immagine di forza e potenza che tanti americani avrebbero voluto per la propria Nazione. Politicamente si discostava dallo stereotipo borghese/bigotto che caratterizzava il gruppo di famiglie potenti ed importanti al quale la sua apparteneva e, anche se egli stesso avrebbe considerato bestemmia questa definizione, era un socialista puro. Se così non fosse non potremmo dare un significato concreto alle parole su riportate perché quando si auspica l’intervento dello Stato per limitare la forza devastante dei mass media o per rendere la sanità accessibile a tutti o per incidere sull’istruzione e sulla educazione dei bambini, il tutto a scapito della ricchezza globale del Paese, si professa una politica socialista dove la ricerca del profitto è sostituita dalla elargizione del benessere; attività, quest’ultima, anti liberale e lontana anni luce dalla mentalità americana. Pensate alle batoste del povero Obhama che molto si avvicina a Robert Kennedy, e a come l’intero popolo sta reagendo nei confronti della politica sociale sanitaria che pure è stato il suo cavallo di battaglia per essere eletto.

Chi di noi, leggendo le parole di Robert non si sentirebbe al suo fianco nella lotta alle ingiustizie e alla discriminazione sociale causata dalle disparità economiche ma quanti di noi rinuncerebbero a parte dei propri beni terreni guadagnati con merito e sudore per aiutare altri che, in molti casi, hanno anteposto al lavoro lo svago e il riposo ?. La domanda può sembrare fuorviante e provocatoria ma l’essenza della politica economica liberale, che tra l’altro ha fatto grande gli Stati Uniti, è la meritocrazia; la possibilità, cioè, di poter guadagnare (e spendere) in funzione delle proprie capacità di produrre reddito. Questo modo di essere produce sì contraddizioni evidenti come il barbone che vive sotto le fondamenta della mega abitazione dotata di piscina ma, nel complesso, migliora il tenore di vita della maggioranza del popolo.
E’ vero l’aumento del PIL non migliora il funzionamento delle nostre Istituzioni, o l’onestà della gente o l’educazione dei nostri figli e la ricchezza in genere non ci fa vivere meglio ma uno Stato deve essere coerente nella propria scelta politica: può lasciare l’economia in mano ai singoli garantendo a tutti quei servizi che servono al mantenimento della dignità individuale oppure può limitare la libera iniziativa intervenendo direttamente nella distribuzione della ricchezza. Nel primo caso, i servizi che eroga potranno essere pagati quasi esclusivamente attraverso le entrate derivanti dalla tassazione e, quindi, lo Stato deve sperare che il PIL aumenti sempre più (tipico della stragrande maggioranza degli Stati più evoluti); nel secondo deve fare in modo che i pochi  uomini che lo rappresentano siano capaci ed onesti e questa non è utopia?

Di retorica ne è pieno il mondo e il vivere è la ricerca continua dell’equilibrio fra ciò che si vorrebbe e ciò che si ha.
Francesco

 

 

8 commenti:

  1. Caro Francesco, la conclusione e' perfetta ma in quello che precede forse viene confuso il "sociale" con il "socialismo". Saluti congelati. Giovanni

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  2. Francesco Miredi28 nov 2013, 15:25:00

    Carissimo Giovanni, il gelo è terribile e oggi ne ho preso tanto. No, nessuna confusione: per sociale si intende tutto ciò che aggrega, il socialismo è un indirizzo politico per il quale lo Stato si infila nella economia al fine di distribuire ricchezza e servizi in maniera paritetica. Il discorso di Robert Kennedy era tipicamente socialista e, infatti, se il fratello era odiato dagli apparati governativi, lui non era amato dai magnati dell'indistria e della finanza. Ho scritto questa riflessione su invito di Oliviero e Ettore perchè si pensava che il discorso di Robert fosse estremamente attuale e comunque tale da suscitare interesse. Forse per qualcuno sarebbe stato più interessante entrare nel merito degli elementi che compongono il PIL ma ho creduto fosse meglio porre l'accento sul fatto che economie come quelle americana, pur avendo nel proprio dna la necessità di avere un certo numero di disperati, nel complesso generano benessere, successi scientifici, rispetto delle Istituzioni etc.. Tutto questo lo ottengono senza incidere pesantemente sulla tassazione solo perchè il PIL è sempre elevato e, per questo, discorsi come quello di Robert li considero retorici. Congratulazioni a Carlo Minchiotti e un abbraccio a tutti.
    Francesco

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  3. Caro Francesco, replico non per polemizzare ma per chiarire il mio pensiero. Credo che chi si occupa, per il suo ufficio, delle attività sociali finalizzate al benessere, al progresso economico e culturale, alla stabilita' amministrativa resa giusta tra varie le classi non e' automaticamente " socialista ". Cosi' come il solo fatto di dichiararsi " socialista" può non significare che si è realmente impegnati a raggiungere i traguardi della giustizia sociale. A questo proposito bisogna sempre ricordare che la realizzazione del socialismo e' stata l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. E poi credo che gli americani tutti e sopratutto uomini come i Kennedy ed Obama , al di là delle dottrine politiche, dello stato di nascita ed ora, e per fortuna, del colore della pelle siano prima di tutto e sopra tutto "Americani". Cosa questa che difetta in molti altri Paesi, compreso il nostro. Un altro saluto gelido e nevoso. Giovanni

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  5. Francesco Miredi29 nov 2013, 10:06:00

    Carissimi Giovanni e Carlo in questo caso io sono perfettamente in linea con il vostro pensiero perchè, come già detto, considero il socialismo un'utopia. Forse non ho espresso bene il mio concetto che consiste nel definire socialista l'affermazione che il PIL non è importante rispetto agli alti valori sociali. Mi farebbe piacere parlare di questo non della posizione politica formale di Robert Kennediy che è senz'altro profondamente americano e che, come detto, definirebbe bestemmia l'attributo di socialista anche se quel suo discorso era da socialista.
    Un abbraccio
    Francesco

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  6. Meno male che Francesco mi ha lanciato questo salvagente, se no non potevo sparare la mia, considerato che il suo scritto è un "editoriale3 e, come tale appunto, non lascia molto margine ai commenti.
    Concordo con il dubbio di Giovanni: "sociale" ha una valenza eminentemente etica; "socialismo" ne è la materializzazione.
    Certo che se ci si ferma alla comune radice, non credo esista qualcuno che possa disconoscerne il valore; da qualche parte ho perfino letto che il primo "socialista" è stato Gesù!
    Il problema sta nella sua concretizzazione, quando cioè si cercano e si vogliono imporre gli strumenti per perseguire quella "eguaglianza" tra gli uomini che, credo, non possa essere disconosciuta da nessuno.
    Sono due concetti utopici: esaltanti quanto si vuole ma impossibili da realizzare.
    Nel "socialismo", però, c'è l'aggravante che quel traguardo finale si vuole raggiungere attraverso l'applicazione di concetti di "lotta" ( e di odio) che ben poco si attagliano all'idea di "eguaglianza" che appare, ovviamente, di natura quasi spirituale.
    Senza stare qui a fare l'elenco, le tragedie provocate dall' applicazione reale del " socialismo" sono sotto gli occhi di tutti e non abbisognano di commenti.
    In definitiva, la domanda è questa: esiste la possibilità che "sociale" e "socialista" possano integrarsi e realizzare un qualcosa di concreto?
    Un abbraccio,
    Ettore.

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  7. Caro Francesco è sempre un piacere confrontarsi con te e scoprire che spesso diverse visioni poi convergono nelle stesse conclusioni. Tu certo sai bene che di fronte a certe parole che terminano in ...ismo ho dei riflessi condizionati che mi portano a rizzare le orecchie ........ Saluti a tutti . Giovanni

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  8. Carissimi, nel precedente commento di cui ho chiesto l'archiviazione a causa di una imprecisione avevo espresso seri dubbi sul definire "socialista" il pensiero di Bob Kennedy. Robert Kennedy aveva fatto parte, infatti, della famigerata Commissione Mc Carthy che provvedeva a spedire in carcere, al confino , o peggio, i comunisti, ritenuti i più pericolosi individui per la sicurezza degli USA. Nella circostanza avevo detto altresì che mi fa sorridere Veltroni, iscritto al PCI fin dalla giovane età quando vuole accreditarsi come grande ammiratore dei Kennedy, quasi a volersi appropriare della loro eredità politica. Mi sembra una grossa incongruenza! Un caro saluto. Carlo MORI

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