Lascio
momentaneamente il bradipo sull'eucalipto e i folletti nel bosco per proporvi
alcune riflessioni, naturalmente politicamente non corrette, com'è nel mio
stile, per confrontarmi con i vostri pareri.
I colori
dell'autunno e il sentiero nel bosco, simboleggiano l'Incontro che è il tema
centrale delle meditazioni. segue ..........
Massimo RICCOBALDI.
Caro Massimo, ero indeciso se commentare questo tuo scritto perchè, come i tuoi altri, tende ad esternare un travaglio interno al quale puoi rispondere solo tu. Credo, però, che coloro che scrivono sul Blog si aspettano delle risposte e l'unica che io posso darti è racchiusa nella narrazione di mie esperienze personali. Nella mattinata della scorsa domenica, io, mia moglie e i miei tre figli ci siamo incontrati a casa di mio figlio Tommaso perchè Arturo, il nostro splendido labrador, non si muoveva più e aveva continue emmoragie interne; non volevamo farlo uscire di casa vivo e abbiamo chiamato il veterinario per iniettargli la dose letale nella casa dove egli aveva vissuto e per farlo morire circondato da quella che è stata la sua famiglia. Io sono sempre stato convinto che la morte sia il rimedio migliore quando la vita diventa un tormento e non esiste alcuna speranza di guarigione ma cinque minuti prima di andarsene Arturo, muovendo solo la testa, ha mangiato con avidità e gusto una brioche fresca alla crema che io gli ho dato e mi ha guardato con i suoi grandi occhi quasi a voler dire "ora mi porti al parco?". In questi ultimi 4 mesi ho partecipato al funerale di cinque persone verso le quali ero legato da affetto, amicizio o profonda conoscenza e ti confesso che non ho mai sentito un dolore tanto profondo, da far scendere qualche lacrima, come quello che ho provato rispondendo allo sguardo di Arturo. Avrei voluto mandare via il veterinaio e dire a tutti che Arturo lo avrei portato a casa mia per tenerlo li fermo a magiare brioche alla crema sino alla fine per morte naturale.
RispondiEliminaViviamo un'età dove ad un'apparente maggiore saggezza fa eco una insidiosa lacerazione di molte nostre certezze ma non credo che il miscuglio di dubbi da essa generata possa portare alla conclusione che la causa sia il mancato incontro con il Cristo. Esprimendomi da leguleio come dice Ettore (a proposito, caro Ettore, il termine è dispreggiativo e si riferisce a persone che, avendo una conoscenza approssimata del diritto lo usano in qualsiaso occasione per darsi un tono) definirei il Cristiano come colui che usa le parole di Gesù come un operatore del diritto usa i codici quando deve affrontare una controversia.......è l'importanza che si dà alle Sue parole nell'affrontare il quotidiano che ti fa appartenere o meno ai Suoi seguaci perchè detta apppartenenza la si dimostra giornalmente senza bisogno di alcun incontro......quello, forse, serve a coloro che vanno oltre e che dedicano la propria vita nel tentare di rappresentarLo sulla terra.
Un caro abbraccio
Francesco
Carissimo Francesco,
Eliminaamo profondamente tutti gli animali. Questo amore me lo hanno insegnato i miei primi due cani entrambi prematuramente e tragicamente scomparsi,in tempi e modi diversi. Solo chi ha visto morire il proprio cane può capirti,capire il vuoto che ha lasciato Arturo.
Laki e Topy,questi i nomi dei miei due amici, così diversi,uno timido l'altro esuberante, una cosa hanno avuto in comune: lo sguardo che mi hanno rivolto al momento della loro morte. Con quello sguardo continuavano a parlarmi come sa parlare un cane, senza mentire.
Ti abbraccio,
Massimo R.
Proprio perché conosco, caro Francesco, il significato di "leguleio", quando ti ci chiamo lo faccio per sfrugugliarti ma con assoluto, sincero spirito goliardico: non fare il permaloso come Oliviero quando si parla dell' Inter!
RispondiEliminaMa veniamo a noi.
Sono totalmente d'accordo con l'analisi di Francesco e lo dico da Cristiano di serie B o, se va bene, da zona salvezza di serie A.
Non ho mai amato né gli asceti né i baciapile ed ho inteso il mio rapporto con Lui in una forma di intima devozione, tendendo ad improntare il mio vivere al maggior rispetto possibile dei Suoi insegnamenti, compatibilmente con le limitazioni della mia miseria umana.
Non sempre ci sono riuscito e ci riesco, però ci provo con tenacia e, quando sbaglio, quasi sempre, me ne accorgo e mi correggo.
Ho perfino redatto una mia preghiera "personale" -che Gli rivolgo ogni mattina- nel tentativo o nella speranza di farGli giungere la vera essenza dei miei sentimenti.
Non amo biascicare litanie, come non amo farmi vedere alla "Messa di mezzogiorno" con il vestito bello, circondato da persone spesso ipocrite che trasformano l'evento in un momento di pettegolezzo acido ed invidioso; quando parlo con Lui, siamo solo Noi due: senza intrusi o pastori!
Forse, il mio, sarà pure un approccio calvinista, però mi dona tanta serenità.
E, parafrasando una riflessione di Massimo, mi ritengo un (modesto) credente senza essere un (ripetitivo) praticante.
Un abbraccione,
Ettore.
Carissimi Francesco e Ettore,
RispondiEliminail mio stile è molto sintetico forse per questo,a volte, trascuro qualche cosa. Premetto che non intendo svolgere opera di conversione a questo ci pensa già Lui. Alcune cose,però, lasciatemele dire:
1. Le tentazioni del Cristo ad opera del demonio si possono sintetizzare in questo:"Svolgi pure la tua opera messianica, annuncia pure la lieta novella ma senza la Croce. Non attirare su di te tutti i peccati del mondo e non espiarli con la Passione e con la morte di Croce." E' terribile amici miei nemmeno il Nostro Creatore ha potuto evitare la Sofferenza in questa vita.Anzi l'ha cercata perchè sembra che non esista altro mezzo per espiare il peccato.E questo il tentatore lo sa' benissimo. Il peccato è volersi sostituire a Dio,non accettarlo come Creatore, la dannata superbia che ha condannato i nostri progenitori non è morta con loro. Anche quando la vita diventa un tormento è comunque sacra come lo è la sofferenza se offerta al Cristo piccole gocce in un mare di misericordia.
2. E' impossibile che un credente non sia praticante, è ,invece purtroppo vero il contrario.
Vi abbraccio con affetto,
MASSIMO.
Le riflessioni di Massimo sono anche le mie.
RispondiEliminaRiconoscersi creature di Dio, riconoscere di avere un Padre, anzi un “papino” (abba), oggi sembra un limite. Il bombardamento falsamente libertario ha offuscato molte coscienze e il piacere, spesso diventato vizio, annebbia la mente di tanti. Eppure è una libertà che non dà felicità, è un limite anziché una liberazione. Sono sprazzi di finta luce in una tenebra senza fine. Chi sceglie questo tipo di libertà per essere felice ha sbagliato tutto. Credere in Dio, affidarsi al Padre con la fiducia dei bambini, invece, dà serenità e spesso vera gioia. Se quindi la libertà aspira alla felicità solo in Dio la si può trovare. L’uomo di fede, quella vera, è il solo veramente libero. Credere in Dio conviene.
Il cristianesimo non è una religione, dice la Chiesa, ma un incontro con una persona, un Dio incarnato: Gesù di Nazareth , il Cristo. Un Dio sputacchiato, umiliato, tradito dagli amici e dai beneficati, massacrato, crocifisso, che urla di dolore e…perdona. “Ama il tuo nemico, prega per chi ti perseguita” . Credere in Gesù è una divina follia. E’ una storia talmente folle che non può che essere vera.
La fede è il punto più alto della razionalità. “Cogito, ergo amo e credo” avrebbe dovuto dire Cartesio. Tutto si spiega credendo in Dio. Nulla si spiega senza di Lui. Una razionalità senza la dimensione verticale è una razionalità monca, incompleta, che non tiene conto della globalità della persona. E’ il peccato di Adamo, è il peccato dell’orgoglio che si ripete nei millenni: IO NON HO BISOGNO DI UN DIO, IO SONO DIO ! E’ l’urlo dell’ Uomo moderno, iper-razionalista, scientista, positivista , relativista cui si contrappone il sussurro sommesso di Gesù “Senza di me non potete fare nulla”. Terribile, devastante libertà!
Carissimo Luigi,
Eliminache gioia rivederti sul Blog. che come vedi sopravvive nonostante i miei interventi.
Ti ringrazio per il tuo gradito commento. Resta con noi.
Ti abbraccio,
Massimo Riccobaldi.
L'intervento di Gigi (ciao vecio!) mi spinge a rompere il silenzio e ad inserirmi.
RispondiEliminaIntanto, partiamo dalla riflessione di Dio come Padre e, come tale, considerato limite alla libertà dell'uomo, quale 'figlio'.
Bene! Ritengo che sia proprio il fattore 'libertà' uno dei pilastri su cui basare la fede.
Il primo 'decreto' del Creatore nei confronti della Sua creatura prediletta (la persona umana) è stato proprio il conferimento della massima libertà (il famoso e misconosciuto libero arbitrio).
In forza di questo decreto (qualcuno mi darà del leguleio) l'uomo è libero di fare ciò che meglio crede. Può salvare o uccidere il prossimo. Persino disconoscere l'esistenza dell'Intelligenza Ordinatrice (per poi -chissà perché- bestemmiare Dio) e convincersi che tutto l'universo sia solo frutto del caso.
Il fatto è che l'uomo ha in sè il germe sia del Bene che del Male (questo impasto è frutto di quel famoso peccato originale cui pochissimi ormai danno importanza). Ed è quel germe malefico che continua a ribellarsi, a sprizzare (appena gli è possibile) odio e rancore (per mezzo dell'uomo) verso Dio, che come Padre, è soprattutto un Amore di padre (perchè Amore? Perchè cerca, a dispetto della nostra 'capoccia' dura, di farci realizzare al meglio delle nostre capacità che Lui conosce meglio di noi) .
Poi dici bene. Senza la Resurrezione di Cristo la nostra stessa fede sarebbe vana.
L'uomo, in quanto figlio di Dio, percepisce dentro di sé l'eternità e, di questa, ne è così certo che il suo pensiero oltrepassa la morte.
Anzi. Alla morte non è proprio portato! Ed è giusto che sia così.
Tuttavia la sua razionalità si scontra con il pensiero della morte fisica (che non è la vera morte). E', qui, che viene in aiuto la fede e Cristo stesso.
Come? Con l'Eucaristia!
Cristo con ci ha mai abbandonato.
Gesù Eucaristico è presente nell'Ostia divina (che la gran parte ormai scambia come un segno della Sua Memoria) dove mette a dura prova la nostra stessa fede (anche se, invero, con gli innumerevoli miracoli eucaristici mette K.O. le stesse regole della natura, proprio per dirci: "Guarda che sono qui!". A proposito, leggi un po' qui: http://www.lamadredellachiesa.it/miracolo-eucaristico-a-buenos-aires-quando-papa-francesco-era-cardinale/
Parliamo adesso dell'incontro con Lui.
E' vero!
La Fede nasce da un incontro. Perché solo se Lo incontri Lo puoi conoscere.
Ma quando Lo puoi incontrare?
In ogni momento?
Nei momenti di felicità?
Uhm!
Solo pochissimi giungono a riconoscere Gesù (e, quindi, Dio) in ogni momento della vita o nei momenti di gioia, semplicemente perché Lo ringraziano per la vita che ha loro donato.
La gran parte dei fortunati che abbracciano la fede, lo fanno perchè hanno conosciuto la sofferenza o incontrato chi soffre.
In effetti, solo al contatto con il dolore, l'uomo ha più facilità di riconoscere l'esistenza e la voce stessa di Dio.
Infine, Lo si può incontrare ogni volta che uno di noi dice di si alla retta coscienza. Poichè, Egli non smette mai di provare a richiamare la nostra attenzione.
Così, quando uno di noi compie un atto di bontà (non tanto perché gli è connaturato ma semplicemente perché ha fatto memoria degli insegnamenti del Vangelo e li ha messi in pratica), non fa altro che incontrarLo perchè dice di si a Lui, Gesù, il Verbo di Dio (cioè l'espressione stessa della Voce di Dio Trino con cui Dio Padre crea ciò che lo Spirito suscita).
Ciao, con affetto,
da un 'calamaio'
Massimo.
Grazie per il tuo commento caro Giovanni. Con delle semplici riflessioni,quasi da catechismo domenicale, sono riuscito a stimolare interventi ricchi di una profonda spiritualità che vi fa onore.E di questo, mi sia perdonato il mio peccato d'orgoglio, ne sono intimamente felice.
EliminaIl "piede nero " abbraccia il "calamaio"
Massimo.