Lo scetticismo e la prudenza sono ancora d’obbligo.
I colloqui del gruppo di contatto “5+1” (i Paesi componenti il Consiglio Permanente delle Nazioni Unite più la Germania) e l’Iran si sono conclusi con risultati in apparenza apprezzabili sia per la Casa Bianca sia per Teheran. E’ stato raggiunto l’accordo preliminare di arricchire al 20% l’uranio iraniano presso un Paese terzo, Russia o Francia. Anche se il Ministro degli Esteri Russo, Sergei Lavrov, ha già dichiarato che sarà la Russia, in realtà, l’accordo sarà discusso a Vienna il 19 ottobre p.v., nel vertice tra Usa, Russia, Iran e Francia. L’altro risultato positivo raggiunto è stato che la Commissione dell’AIEA, presieduta dal Mohammed El Baradei, potrà ritornare in Iran e ispezionare il sito di Qom. L’ispezione inizierà il 25 ottobre p.v., secondo quanto dichiarato dallo stesso El Baradei dopo aver incontrato a Teheran il capo del programma atomico iraniano, Ali Akbar Salehi.
Questi i fatti. Proviamo ora a leggere tra le righe cosa questo possa significare per i principali protagonisti.
A livello diplomatico, e non solo, la posizione di Teheran ne esce rafforzata in quanto ha ottenuto il consenso all’utilizzo per scopi pacifici dell’energia atomica. L’arricchimento al 20% fatto presso un altro Paese non solo non toglie nulla al programma del sito di Qom, ma consentirà di acquisire nuove tecnologie e al personale tecnico nuove “expertice”, poiché sicuramente Teheran vorrà inserire un certo numero di propri tecnici nel processo industriale di arricchimento presso le industrie Russe o francesi, che siano. Quanto agli scopi reconditi dell’uso dell’uranio arricchito (leggasi bellici), questo resta nei piani dell’Iran, ma rimane rinchiuso nei laboratori dei siti sotterranei che mai nessuno visiterà, né tantomeno la Commissione AIEA, e nemmeno i sofisticati satelliti spia americani riusciranno ad individuare. I recenti lanci dei missili “Sharab 3”, con portata utile fino ad arrivare a colpire Israele testimoniano la volontà iraniana di possedere armi di un certo peso strategico e, quindi, di fatto il riconoscimento del ruolo di potenza regionale, cui hanno aspirato tutti i leader iraniani sotto qualunque regime. Un primo passo verso tale riconoscimento era stato implicitamente fatto in marzo, con la richiesta di partecipazione al contrasto del narcotraffico in Afghanistan. Teheran disse sì con entusiasmo, anche se non seguirono sviluppi concreti e conseguenti per l’insorgere della crisi politica ed istituzionale dopo le contestate elezioni presidenziali di giugno.
Sintesi: lo scetticismo o la prudenza è ancora d’obbligo.
Anche il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, può definirsi soddisfatto per aver colto un risultato positivo. Sicuramente l’Iran ha ammorbidito le sue pretese anche in virtù della posizione di Mosca che si era associata ad Usa ed Europa nel condannare molto fermamente Teheran dopo la scoperta del sito atomico segreto di Qom, la cui costruzione è stata rivelata da Barack Obama, nel corso del G20 di Pittsburgh. La posizione russa è stata certamente influenzata dalla decisione USA di rinunciare allo scudo missilistico in Polonia. Con questa mossa, infatti, Mosca, che riteneva di essere il vero destinatario di quel progetto, si è tranquillizzata ma, allo stesso tempo, anche Teheran ha potuto tirare un sospiro di sollievo poiché, almeno sulla carta, i missili polacchi erano indirizzati sul suo suolo.
Sintesi: Barack Obama conquista un punto importante sulla scacchiera della politica estera e potrà concentrarsi su quella interna, fortemente in agitazione dopo le polemiche e le critiche suscitate dal suo “pacchetto sanità”.
In conclusione, il quadro internazionale potrebbe evolvere in una nuova direzione, fatta di relazioni “cooperative” con il mondo arabo. Molto dipende dal comportamento “concreto” che avrà l’Iran sulla questione nucleare, ma anche da quanto si impegneranno Russia ed Europa.
Vito Di Ventura
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