mercoledì 15 settembre 2010
Gran Madre. La predica di Don Minin
Che cosa rappresenta l’anima di una cultura, la carta di identità di un popolo? I valori. Non sono una componente qualsiasi, ma il suo principale fattore. Una cultura entra in crisi e si disgrega quando i valori fondamentali sono contestati e rifiutati.
Perché un discorso sui valori? Perché questa mattina siamo qui a celebrare la grandezza di Dio nella vostra vita e nell’opera professionale che questa vita ha contraddistinto.
Nonostante i condizionamenti, voi ci testimoniate che dei valori è sempre possibile una percezione mediante un’intelligenza attenta al messaggio del cuore e dell’essere.
Dietro ciascuno di voi c’è una storia di umiltà, dedizione, regola, eroismo e fedeltà. E quest’oggi tutte e ciascuna di queste esperienze di vita ci incoraggiano a continuare a credere al valore della ragione in ordine alla conoscenza della verità oggettiva. La situazione culturale sembra dominata da un forte paradosso: una critica distruttiva alla ragione come facoltà del vero sembra essere diventata un “dogma” piuttosto diffuso.
Voi avete aiutato generazioni di giovani a credere alle facoltà umane ed avete insegnato loro ad usarle correttamente. Voi ci avete educato alle domande, quelle vere, quelle proprie dell’umanità di sempre e che attraversano l’intera storia umana. Queste domande, che oggi sono soffocate, ma non spente, dalle ceneri dell’apparenza, dell’utile eletto a sistema, della emotività, delle sensazioni forti, voi le avete fatte emergere dal mondo interiore di ciascuno, formulate correttamente, poste all’interno di un percorso formativo: quanti vi hanno avuto come esempio! Mettendo a fuoco le vere domande, che esprimono le esigenze e i desideri profondi della persona, l’uomo si trova sulla strada dei valori autentici, si pone in sintonia con il mondo interiore; entra nel dinamismo strutturale del valore.
Voi avete messo in luce il fatto che ciò che è personale non è separabile dal sociale. Ci avete fatto scoprire il “vincolo” come valore: i vincoli che derivano dai rapporti con gli altri e con il mondo. Ci avete fatto percepire certi vincoli non come prigione e diminuzione di libertà, ma come liberazione dai propri individualismi e arricchimento della propria persona. Essendo l’uomo “relazione” per natura, non solo si costruisce sempre in rapporto con gli altri, ma ogni sua scelta non è mai totalmente privata perché ha comunque vincoli comunitari. Il valore brilla non solo nel rapporto con il singolo, ma certi valori come la libertà, la solidarietà, la laboriosità, la famiglia ….. brillano anche nel rapporto con la società nel suo insieme. E’ questo che costituisce l’ethos di un popolo. Quando certi valori non sono più percepiti come tali da una società, l’ethos si corrompe e il senso di appartenenza si allenta.
Ci si educa ai valori non solo attraverso la riflessione che indaga, scopre e approfondisce, ma anche attraverso tutta la persona.
Non è sufficiente prendere coscienza della propria vita o dei valori. Constatare che nella propria vita c’è disordine non significa aver messo ordine. E’ necessario un lavoro paziente e preciso, l’esercizio del valore intravisto: solo così il valore riconosciuto mette radici nelle profondità della persona e parla dentro di noi. La via della ragione non è l’unica via per giungere alla verità dei valori; esiste anche l’esperienza fatta per convinzione propria o anche sulla fiducia verso qualcuno. Provando il valore se ne scopre la verità.
E’ lo spirito che qualifica e definisce la persona nella sua apertura alla Trascendenza e quindi al suo destino, agli altri, a se stesso. Presentare in modo chiaro e motivato i valori che contribuiscono alla costruzione del progetto uomo. Ciò richiede una costante palestra di riflessione, di approfondimento, di esperienza personale.
Comandante autorevole, infatti, può essere solo chi lotta e si sacrifica, perché è questa lotta che gli conferisce credibilità, saggezza ed efficacia. Le esortazioni, i discorsi, la diversità degli stimoli, i metodi, sono tutti strumenti necessari. Ma la vita viene destata e accesa solo dalla vita, cioè dal fatto che chi ha responsabilità in prima persona si protende in avanti e fatica per crescere perché sa che l’evento educativo accade quando l’altro si percepisce “riconosciuto” come un “tu” nel rapporto personale. Comandare è formare, significa generare uomini di valore, accompagnare in modo autorevole l’altro a scoprire se stesso, ad avere fiducia in sé.
Questo è un merito che la comunità riconosce nel 150° Corso Montello.
Don Marco MININ Cappellano della Scuola di Applicazione
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