venerdì 5 novembre 2010
A proposito di donne.
Carissimi Ettore ed Oliviero, ho letto con attenzione “Donne” e le considerazioni espresse nel merito.
Non so se potrà essere di qualche interesse, ma vi unisco lo stralcio di alcuni miei ricordi che ho trascritto in un volumetto dal titolo “Sulla riva del Tigri”, redatto dopo aver trascorso quasi tredici mesi a Baghdad.
“ … prima di concludere, desidero fare un cenno al personale femminile con cui ho avuto modo di operare.
Donne irachene, libanesi, giordane e di molte altre nazionalità, militari e non, giovani e meno giovani, sposate con prole o nubili, ma tutte caratterizzate dalle medesime qualità: sani principi, spiccata motivazione, forte determinazione, consolidata professionalità, grande autosufficienza, molto coraggio, insospettabili resistenza e vigoria fisica.
Ho avuto la fortuna di avvalermi della loro collaborazione per le più diverse attività afferenti al mio ruolo.
Ho cercato ~ ma mi è stato del tutto naturale e non ha richiesto alcuno sforzo da parte mia ~ di agire nello stesso identico modo con ciascuna di loro, siano esse state mussulmane o cristiane, di bella presenza o meno, di grado elevato o semplici soldati, di consolidata esperienza operativa o alle prime armi, assistenti dei più elevati livelli diplomatico-militari o impiegate in mansioni più umili, esperte in informatica o addette alle pulizie dei locali o alla distribuzione dei pasti.
Ho visto donne ferite nel corpo per essersi trovate coinvolte in qualche evento ostile, trascurare il dolore fisico, preoccupate unicamente di riprendere appieno le proprie attribuzioni.
Ne ho viste altre, profondamente colpite negli affetti per aver perso sul campo un’amica o un commilitone, per aver visto improvvisamente cadere il proprio Comandante per gli effetti di una vile imboscata, ovvero per aver soccorso invano qualcuno dei propri gregari, ne ho percepito la disperazione, eppure, nonostante tutto questo, le ho viste reagire con una forza ed un coraggio inimitabili, meritevoli di ammirazione senza riserve.
Ne ho viste altre ancora, preoccupate per i mariti e per i figli lasciati nel proprio Paese, lasciati ma non abbandonati, perché quelle donne dedicavano proprio a loro il sacrificio che stavano compiendo per migliorarne la vita, senza contare i rischi che giornalmente correvano in una terra tanto tormentata quanto ostile.
Da tutte ho ricevuto, senza alcuna esitazione, il massimo che erano in grado di esprimere, non ho mai incontrato alcun problema anche quando ho dovuto metterle sotto pressione “chiedendo qualcosa per subito, anzi per prima ”, non ho mai sentito un mugugno, un’obiezione, una lagnanza. Mai !.
Forse perché non ho mai avuto remore nel dare loro atto di ciò che sapevano fare, né ho mai sottovalutato quelle capacità che, assai spesso, si sono rivelate migliori o più efficaci di quelle messe in campo da molti uomini.
E questo, quando era il caso, non ho mai mancato di riconoscerglielo anche pubblicamente.
Molte di loro mi hanno chiesto se potevano “avere l’onore di essere fotografate con me”, per avere un “ricordo importante ” della loro permanenza in Iraq.
Figuriamoci ! A tutte ho risposto positivamente ma ho aggiunto che l’onore era il mio, perché ammiravo molto e non avrei certo dimenticato lo slancio con cui ciascuna di loro si stava adoperando in un contesto di riferimento inevitabilmente disagiato, certamente difficile e spesso ostile.
Non ricordo il nome di tutte loro, né ho copia di tutte le fotografie che ho condiviso.
Ricordo solo che, per una radicata consuetudine di cui sono stato messo al corrente sul posto, prima di ogni “scatto” ho dovuto abbracciarle, cosa che ho fatto senza alcuna remora perché si trattava di un gesto di spontanea amicizia compiuto alla luce del sole, che non lasciava campo ad alcun fraintendimento né dava adito ad illazioni fuori luogo da parte di chicchessia.
Era semplicemente un segno di stima affettuosa, un ricordo da portare a casa e di cui raccontare.
Un forte abbraccio ad entrambi,
Sandro Pompegnani
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Carissimo Sandro,
RispondiEliminagrazie innannzi tutto, della gratificazione che mi hai riservato, facendomi co-destiantario delle tue splendide riflessioni che, però, sono e devono essere patrimonio comune di tutto il Corso.
Con un profondo lirismo -intersecato con un velato romanticismo sempre attuale-, hai "pittato" un quadro di ordinaria quotidianità sullo sfondo di una realtà che, di "ordinario", ha solamente il termine.
Le vicissitudini (ahimé, quasi sempre tragiche) del loro passato e del loro presente, hanno forgiato donne che non stanno lì a perdere tempo con i falsi problemi che invece sono diventati il motivo conduttore delle esistenze delle donne del mondo dove predomina il benessere, dove si privilegia il fatuo e dove sono scomparsi i Valori.
Sono, le tue, donne che, fin dai primi anni di vita, hanno dovuto confrontarsi con un caleidoscopio di tragedie piccole e grandi che ha loro imposto di sommare, ai fardelli propri "dell'essere donna", quelli che, in condizioni normali, sono invece propri degli uomini.
Non belletti, né cure dimagranti, né abbonamenti dal chirurgo plastico, né velleità di protagonismo, né ricerca del successo facendo leva più sulla clitoride che sul cervello; niente di tutto questo, perché, per loro, già la semplice sopravvivevnza è oggetto di conquista quotidiana.
Costudiscili, quei volti; tesaurizza, quelle esperienze di vita e...grazie di avercene fatti partecipi.
Un abbraccio,
Ettore.