venerdì 28 gennaio 2011

L'Eroe

Credo che il tempo intercorso dalle dichiarazioni del vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, sia sufficiente per poter affrontare con una certa serenità un problema così delicato come quello sollevato dal presule euganeo.
Il Vescovo sostiene, in estrema sintesi, che non è proprio il caso di far assurgere al rango di eroi i soldati caduti nel corso delle cosiddette missioni di pace, non fosse altro, continua l’Alto prelato, che non è proprio con le armi che si esporta la pace.
E, su quest’ultima affermazione, non gli si può dare certo torto: deve dire grazie all’ipocrisia farisaica di chi ha voluto dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, per far contento tutti e nessuno contemporaneamente, compreso lui che non si può certo definire “vicino ai Militari”.
Meno semplice, invece , è confutarlo sul terreno del termine “eroe”, per il semplice fatto che bisogna prima mettersi d’accordo sul significato da dare al termine stesso.
Certo non stiamo parlando dell’ eroe classico che poi era un vero e proprio semidio, in grado di compiere gesta straordinarie, decisamente al di fuori delle possibilità di qualsiasi mortale; né possiamo parlare dell’eroe omerico (tipo Ettore, per intenderci e scusate l’immodestia!), capace di mettere ogni sua energia a disposizione di un Idea (per esempio, la Patria), fino al volontario e cosciente sacrificio della vita. Ma, in questa categoria, non rientrano solo gli antichi guerrieri destinati ad una fine cruenta, per quanto gloriosa; ne fanno parte a pieno titolo anche tutti quei Grandi che hanno allargato (anche rischiando la pelle) gli orizzonti della conoscenza, come i grandi navigatori, gli scienziati, gli esploratori.
Ai nostri giorni, immuni dalle retoriche proprie del Romanticismo e del Futurismo, secondo me possiamo glorificare come eroe ognuno che si ritrova a sacrificare la propria esistenza a seguito di un’unica azione -della cui pericolosità era comunque consapevole- per salvare altre vite o per la salvaguardia di determinati Valori.
D’altro canto, anche i Santi moderni, tanto cari a monsignor Mattiazzo, non devono affrontare più pene inenarrabili o morti tremende; è loro sufficiente una vita vissuta al di sopra delle righe dell’umana pietà e, al 90%, il gioco è fatto.
Così è pure per gli eroi che, ai nostri giorni, non sono più una “prerogativa” militare, nel senso che non è più necessario cadere combattendo per diventarlo o per essere considerati tali; chiunque sacrifichi la propria esistenza, compiendo il gesto estremo perché altri ne traggano beneficio ha tutto il diritto di essere chiamato eroe.
Poco importa, allora, se quella persona ha perso la vita per salvare dei compagni di lavoro o perché “è saltato su una mina, magari di fabbricazione italiana”, come un certo pacifismo unilaterale deve aver ispirato il nostro presule: il risultato è che una vita è stata spezzata nell’adempimento di un qualcosa in cui si credeva!
Ciao a tutti,
Ettore.

5 commenti:

  1. Concordo con quanto scrive Ettore; inoltre, vorrei ricordare al vescovo di Padova che Giovanni Paolo II invocò un intervento militare per far cessare il massacro che negli anni Novanta si stava perpetrando in Bosnia.

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  2. Non mi soffermo sulle esternazioni dell'Eccellenza Mons. Mattiazzo. Penso che per essere eroi non occorre fare gesta eclatanti, basta fare il proprio dovere giornalmente, dalle cose piccole alle grandi (quali sono le grandi?).
    FORSE NON SARANNO EROI, MA CERTAMENTE SONO DEI MARTIRI. La Chiesa ne venera tanti.
    Un salutone Raffaele

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  3. Allo scopo di sgombrare il campo da ogni possibile interpretazione, mi inchino alla memoria del Caduto nell'adempimento del Dovere e ne onoro il comportamento.
    Detto questo , anche io non sono completamente d'accordo con quanto espresso dall'alto Prelato pero' a volte mi pongo un quesito : non sono troppe le occasioni in cui si attribuiscono le qualifiche di "eroe" ed " angelo" ? Sono adeguati alla situazione gli applausi che si rivolgono durante le cerimonie funebri? Mi sorge anche questo dubbio : tutti coloro che purtoppo cadono nell'adempimento del proprio dovere, qualunque sia , diventano automaticamente degli Eroi?
    Giovanni

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  4. Concordo completamente con Giovanni: per essere eroi si deve compiere un'azione eroica e questa ci porta ben oltre all'adempimento del proprio dovere. Tra l'altro, ritengo che certe esagerazioni non solo non rendano onore a chi veramente ha avuto un atteggiamento eroico, ma siano nocive anche per l'immagine di colui che è morto "semplicemente" facendo il proprio dovere. Perchè il giovane fante che muore in un incidente d'auto viene definito eroe e non il giovane impiegato che fa la stessa fine andando in ufficio? Purtroppo credo che anche questo sia il risultato di una volontà politica che, per paura delle solite ripercussioni, cerca di far accettare all'opinione pubblica il triste evento indorandone la pillola. E la folla ... segue ed applaude.
    Un saluto a tutti
    Federico

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  5. Luigi Chiavarelli31 gen 2011, 17:12:00

    Se sua eccellenza il Vescovo di Padova avesse solo indicato come eccessivo l’appellativo di “eroi” avrei concordato con lui. Ma è andato oltre. Ha messo in dubbio il valore morale delle missioni di guerra per il mantenimento della pace e non ha ritenuto opportuno andare a rendere omaggio ad un soldato italiano caduto nell’adempimento del dovere e ciò è grave.
    Ricordo quanto diceva il saggio ed ironico Cardinale Oddi: “ La prova più chiara che Dio esiste deriva dalla constatazione che la Chiesa dura da duemila anni nonostante noi preti”.

    Ricordo ciò non certo per criticare i preti, di cui ho il massimo rispetto in quanto anelli di congiunzione tra noi e Dio, ma per mettere in evidenza che anche loro, essendo uomini, di scempiaggini ne fanno e ne dicono.
    Per contestare quanto asserito dal Vescovo basta rileggere ciò che scrisse un prelato di ben altro spessore e carisma e che tra poco assurgerà alla gloria degli altari, Giovanni Paolo II:
    “Nelle società democratiche va affermandosi sempre più la convinzione che le Forze Armate sono chiamate ad essere strumento di pace e di concordia tra i popoli e di sostegno verso i più deboli.
    …Come non pensare con ammirazione ai pericoli e ai sacrifici che incontrano quanti svolgono opera di pacificazione in paesi devastati da assurde guerre civili? Con questi interventi i militari si accreditano sempre più come difensori dei valori inalienabili dell’uomo quali la vita, la libertà, il diritto, la giustizia” (6 maggio 1999).

    Tornando al termine “eroi”, ribadisco che non ritengo giusto utilizzarlo per chi fa, semplicemente, il proprio dovere. Comprendo che nel mondo d’oggi dove il disimpegno, la viltà, la violenza gratuita la fanno da padroni, chi fa sino in fondo il proprio dovere può sembrare un eroe ma lo sembra per lo svilimento del contesto non per il suo valore intrinseco. Degno di ammirazione e rispetto sì ma chiamarlo eroe mi sembra eccessivo. Se così non fosse come dovremmo chiamare coloro che compiono eccezionali atti di coraggio o sacrificano coscientemente la vita o la salute o la libertà per salvare il prossimo o per seguire un ideale particolarmente elevato, siano essi militari o civili ? Non confondiamo i “grandi”, che hanno fatto cose rimarchevoli a beneficio dell’umanità, con gli eroi che appartengono ad una categoria molto più variegata e possono essere tali anche in ambiti molto più modesti e sconosciuti ai più.

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