Non preoccupatevi, non parlerò di questa squallida vicenda che, tanto per cambiare, ci mette alla berlina del mondo e ci condanna a sorbirci carriolante di idiozie a luci più o meno rosse; come se non ne avessimo abbastanza!
Prendo spunto, però, dallo squallore di cui sopra per fare un po’ il punto sul concetto di pari opportunità, per il quale si strombazza ogniqualvolta una rappresentante del (si fa per dire) gentil sesso appare essere“discriminata”.
Mi e vi domando, infatti: quanti rappresentanti del sesso “non gentil” che si stanno affacciando alla vita, avendo lo stesso livello culturale (sic!), avrebbero avuto paritetiche possibilità di intraprendere promettenti e ben remunerate carriere “politiche” o televisive, vivere a sbafo in appartamenti esclusivi, collezionare bigliettoni e gioielli, frequentare il mondo “che conta”?!
Mi si potrebbe, giustamente, obiettare che la stragrande maggioranza delle “gentili” usa i doni –più o meno generosi- del buon Dio per scopi decisamente più nobili; però, anche quella piccola minoranza ha il suo peso in un Paese dove un quarto dei giovani è senza lavoro.
E’ pur vero che, da che mondo è mondo, una mandria di buoi uscirebbe sicura perdente in una gara di “tiro” con determinati attributi, però chi, non per sua colpa, ne è sprovvisto non può essere condannato a farsi un mazzo così tutta la vita per mettere insieme il pranzo con la cena.
Ed allora, non pensate sia il caso di estendere il campo dei destinatari delle pari opportunità ?!
Ciao a tutti,
Ettore
Carissimo Ettore, nel settore al quale tu fai riferimento è estremamente difficile parlare di "pari opportunità" perchè bisogna tener conto di chi dà l'opportunità e di chi la riceve. Naturalmente le opportunità sono date da coloro che gestiscono il bene comune e a questi si rivolgeranno coloro che ne vorranno usufruire, ben sapendo che la scelta sarà fatta in funzione di quanto o di cosa potranno offrire.
RispondiEliminaIl quanto e il cosa offerti ne determineranno la scelta se raggolgono i gradimenti dei destinatari.
In parole povere, se il destinatario ha come bisogno primario il facile guadagno, sceglierà chi offre tangenti; se gli piace il lato A o il lato B (maschile o femminile) sceglierà la giovane "figona" o il "trans" o il "gay etc.etc.
Come tu hai detto è giusto non parlare dei fatti odierni ma non releghiamoli ad attività politica mediatica o giustizialista perchè chi si comporta così come le intercettazioni dimostrano, continua a prenderci per i fondelli.
Francesco
Caro Francesco, mi sembra del tutto fuori posto che un esperto di legge quale tu sei scriva "come le intercettazioni dimostrano". Pur non essendo esperto per titoli, mi pare che la prova diventa tale durante il processo o forse tutto il resto dell'iter giudiziario non è più necessario, tanto
RispondiEliminal'imputato è stato già condannato , a prescindere?
Gino
Carissimo Signor Gino per una semplice e onesta cittadina (che niente sa di cose legali) la trascrizione di una intercettazione telefonica vale più di una prova, se poi questa interessa il Presidente del Consiglio del mio Paese, che dovrebbe condurre una vita privata cristallina, diventa ancora più preoccupante.
RispondiEliminaCosa ne pensa se Questo si accompagna e aiuta anche economicamente un personaggio (già incriminato per altre squallide storie) che fino a poco tempo fa occupava pagine e pagine di riviste di gossip che pubblicavano sue immagini mentre era circondato da "adoranti giovani veline e baldi tronisti" (non certo la migliore espressione della nostra gioventù) nella sua villa in Sardegna?
Gentilissima Signora Loretta,
RispondiEliminaLe rispondo con un articolo di Pietro Ostellino: è un po' lunghetto (lo posto in più tranches) e me ne scuso, ma ritengo valga la pena leggerlo. Io non voglio salvare Berlusconi se colpevole, ma non voglio neanche che il mio Paese, culla del diritto, sia trascinato nella barbarie dall'unico potere (quello giudiziario, per intenderci) che non risponde mai dei suoi tanti errori.
"Se la magistratura volesse intercettare il presidente del Consiglio dovrebbe chiederne l'autorizzazione al Parlamento; che (probabilmente) non la concederebbe. Così, gli inquirenti del «caso Ruby» - non potendo intercettare il presidente del Consiglio - hanno monitorato in vari modi le persone che ne frequentavano le abitazioni private e che perciò stesso sono finite sui giornali. Uomini che, nell'immaginario collettivo, sono, ora, l'archetipo del vecchio porcaccione; ragazze che una certa opinione pubblica immagina - diciamo così - disposte a concedersi a chiunque in cambio di una raccomandazione.
Qui, le (supposte) «distrazioni» di Berlusconi - delle quali, se passibili di sanzione giudiziaria, risponderà eventualmente in Tribunale - non c'entrano; qui sono in gioco persone le cui libertà individuali, fra le quali quella alla privatezza e alla dignità, sono state violate due volte: innanzi tutto, per essere state monitorate solo perché avevano frequentato le abitazioni private del presidente del Consiglio; in secondo luogo, per essere, adesso, segnate con un marchio morale di infamia agli occhi dell'opinione pubblica. Diciamola tutta: da che mondo è mondo, se si dovessero pubblicare le generalità di uomini e di donne dediti a certi esercizi non basterebbero le pagine degli elenchi telefonici, altro che le pruriginose cronache dei giornali! E, poi, a che pro? Mettiamola, allora, per un momento, sul paradosso. Personalmente, non ho alcuna familiarità con Silvio Berlusconi, non sono mai stato invitato in una della sue abitazioni; tanto meno in compagnia di ragazze di bella presenza. Ma, dopo quanto ho letto sui media, dico subito che se, per una qualsiasi ragione, il presidente del Consiglio mi volesse vedere, lo pregherei di incontrarci a Palazzo Chigi, magari in presenza del mio vecchio collega e amico Gianni Letta, o lo inviterei io stesso in qualche ristorante milanese dove vado con mia moglie e i miei nipotini. La prospettiva di finire sui giornali, dopo un incontro ad Arcore, come partecipe di un rito «bunga bunga» - che, a dire la verità, non ho neppure ancora capito che diavolo voglia dire; i lettori mi perdoneranno, sono un uomo all'antica - la trovo francamente surreale e inaccettabile.
Per essere ancora più chiaro. Di fronte a un'ipotesi di reato - e soprattutto un'ipotesi di reato che riguardi la prostituzione di una minorenne - è legittimo che la magistratura chiami Berlusconi a risponderne ed è, altresì, sperabile che lui vada a difendersi in un'aula di tribunale (invece di farne una questione politica) come ogni altro cittadino, fatte salve le prerogative proprie del suo ruolo, come ha riconosciuto la stessa Corte costituzionale. Non mi pare, invece, né consono a uno Stato di diritto né, tanto meno, a un Paese di democrazia liberale, diciamo pure, civile, che - per suffragare le accuse nei suoi confronti - si siano monitorate centinaia di altre persone, finendo con infangarne la reputazione, quale essa sia o si presuma che sia. L'idea che, d'ora in poi, sul bavero delle giacche di un certo numero di cittadini sia stato applicato, ancorché metaforicamente, un marchio quasi razzistico - ai maschi, il distintivo delle proprie senili debolezze; alle donne, quello della propria (supposta) disponibilità a soddisfarle - per il solo fatto di aver frequentato certe abitazioni, dovrebbe essere, per la coscienza di ciascun italiano, una mostruosità non solo giuridica, ma morale. Il Paese dovrebbe rifletterci se non vuole precipitare definitivamente nella barbarie.
RispondiEliminaL'agenzia inglese Reuters - si badi, inglese, un Paese dove la presunzione di innocenza è scritta nella tradizione, nel costume, nella storia, prima che nella legge - nel dare la notizia delle accuse a Berlusconi, ha rivelato anche la fonte dalla quale le aveva apprese: ambienti vicini agli stessi inquirenti. Anche qui non voglio entrare nel merito delle accuse. Mi limito a segnalare che, per ora, in attesa che la magistratura ne precisi la natura attraverso una serie di prove fattuali in sede di giudizio, tutto ciò che appare dai media è che anche al bavero della giacca dell'«inquisito» Silvio Berlusconi è stato applicato un marchio di infamia morale e che ciò, quale sia poi l'esito di un eventuale processo, è già sufficiente ad averne infangato l'immagine e la reputazione.
Questa non è una difesa del capo del governo, cui già provvedono lui stesso e i suoi avvocati, ma di alcuni principi che dovrebbero presiedere a ogni inchiesta giudiziaria e al giudizio di ciascuno di noi. Berlusconi ne risponda in un'aula di tribunale, dove, i suoi legali - che, finora, non hanno di certo goduto degli stessi mezzi di indagine, per non dire della complicità di certi media, di cui ha goduto la magistratura inquirente - sarebbero finalmente su un piano di parità con l'accusa.
Contemporaneamente, però, la domanda alla quale forze politiche, media, opinione pubblica, perché no, la stessa magistratura, mi piacerebbe volessero rispondere è se lo spettacolo cui stiamo assistendo sia quello di cui andare fieri come cittadini di un Paese appena normale. Tanto dovevo, non a Berlusconi, ma a quello straccio di verità cui dovrebbe sempre tendere ogni spirito libero."
Caro Gino non voglio entrare in argomenti di diritto anche perchè dovrei ritornare a parlare di differenzazione fra magistratura inquirente (quella che accusa e che oggi sta investicando, assolvendo ai propri compiti istituzionali) e quella giudicante (che non si è ancora espressa) o entrare nel merito della incompetenza territoriale o funzionale che, anche se strombazzata, nel caso di specie non esiste. Voglio parlare da cittadino e da uomo che ha conosciuto il testo delle intercettazioni e, su questo, si è fatto una propria opinione che non ha nulla di giudiziale.
RispondiEliminaChi non vede nella condotta del premier (relativamente ai fatti di cui si parla)l'esternazione di arroganza di potere e di immoralità assoluta, significa che non vuole vedere. Arroganza di potere perchè la Minetti riveste una carica pubblica e perchè egli ha telefonato al commisariato di polizia; immoralità assoluta perche usa il denaro (e tanto) per circondarsi di ragazzine minorenni che vendono la propria immagine o il proprio corpo, dicendo che lo fa perchè è un buono. Ogni altra considerazione è superflua e non merita commenti.
Ti abbraccio
Francesco
Caro Francesco,
RispondiEliminati rispondo citandomi:
"Io non voglio salvare Berlusconi se colpevole, ma non voglio neanche che il mio Paese, culla del diritto, sia trascinato nella barbarie dall'unico potere (quello giudiziario, per intenderci) che non risponde mai dei suoi tanti errori."
Quando ci vedremo di persona, ti spiegherò perchè ho questa pessima opinione della magistratura.
Ti abbraccio,
Gino
Cari Amici
RispondiEliminail vero problema non è se berlusconi è un porco o meno. Il problema che il paese è bloccato a causa sua, dal suo immane conflitto di interessi, dai suoi interessi privati in tutte le attività pubbliche (sue e della sua cricca), dalle persone di cui si circonda (ma avete visto il ministro della Difesa che ci ritroviamo, la faccia da ripetente di gasparri,la ministra del Turismo, ecc.). I leghisti ci marciano aspettando il colpo grosso (la SVP ad esempio con il parco dello Stelvio), Casini aspetta che la chiesa si muova ("pecunia non olet" il loro motto) e via così... .Chiu pilo per tutti ha detto Cetto Laqualunque (quando la realtà supera l'immaginazione)
Un cordiale saluto a Tutti
Massimo Garin
P.S. Come se ne esce? Come la Tunisia?
Tutte le nostre elucubrazioni sono sintetizzate in due parole che inducono, nel contempo, sentimenti di rabbia, di impotenza, di pietà: povera Italia!
RispondiEliminaNon mi sentirei cosi umiliato ed afflitto come mi sto sentendo adesso, se non sapessi che la versione originale di quelle due parole è "poor Italy" e sono la chiosa di un articolo pubblicato sull'Economist.
Abbiamo dato a quelli che hanno la puzza sotto il naso già da quando sono nell'utero materno l'occasione per spreggiarci ancora di più: ma non erano già sufficienti il mandolino e i maccaroni?!
Un ciao amaro a tutti,
Ettore.
Temo che il tema proposto da Ettore abbia deviato proprio nella direzione che lui non desiderava. Se me lo consentite, dico la mia.
RispondiEliminaIo credo che 'Pari opportunità' sia solo uno slogan per tranquillizzare l'opinione pubblica sull'equo trattamento tra cittadini di sesso maschile e di sesso femminile. Io, però, non ne farei solo una questione di sesso, ma vedrei la questione in senso globale: pari opportunità tra tutti i cittadini.
Ricordo il generale Giovanni (Ninetto) Brugnola, comandante dell'Accademia e del quale sono stato addetto stampa per alcuni anni, che diceva con orgoglio: "Io sono figlio di un operaio dell'Italsider di Taranto". Ecco, questa a mio avviso è pari opportunità. La vita militare che noi abbiamo scelto ha dato pari opportunità a ognuno di noi. Né credo che oggi il solo fatto di essere dotata del famoso 'pelo' dia a un ufficiale donna maggiori opportunità di quelle che ne ha un uomo; e viceversa.
Forse sarebbe il caso che la cosiddetta vita 'civile' prendesse esempio dalla vita militare.