Non
bisogna essere dei Pico della Mirandola per ricordare il trionfalismo con cui
l’attuale Capo del governo, millantava come “cosa fatta” la riforma della legge
elettorale e come semplice “atto formale” il suo passaggio parlamentare.
Ma
oggi non voglio entrare nel merito di questa “riforma” –che ha tutta l’aria di
essere una pecionata- quanto piuttosto nell’intoppo che ha avuto, tra i tanti,
alla Camera e che, sinceramente, mi ha sconcertato: le quote rosa.
Al
di là del drastico ridimensionamento della tanta sbandierata “velocità
decisionista”, abbiamo anche assistito a scene a dir poco carnevalesche, come
le camicette bianche indossate quali simbolo di appartenenza gratificante,
quasi di sfida; un po’ come il mazzetto di mimose l’otto marzo, come se
bastassero una camicetta bianca ed una mimosa a “gratificare” una donna.
Ma
queste manifestazioni esteriori -secondo me fatue e solo di facciata- non
riescono a mascherare il vero problema delle (spesso giuste) rivendicazioni
femminili; purtroppo, invece, sono la spia dell'arretratezza culturale che
soffoca il nostro Paese.
Sì,
è inutile che ci nascondiamo dietro un dito o vogliamo far finta di stare ad
ascoltare le sirene della “parità di genere”, perché quando un Paese, un Popolo
si lacera in discussioni od invoca una legge per sancire un diritto, significa che per quel
Paese, per quel Popolo la Rivoluzione francese è come se non ci fosse stata.
L’arretratezza
culturale si manifesta –e pure in modo allarmante- quando, in nome di non
meglio precisati “diritti”- si vuole imporre una visione della Società basata
sull’idea di “differenziazione” tra esseri umani: uomini-donne, bianchi-neri,
ricchi-poveri, etero-omo, juventini-resto del mondo….
Ma
allora, perché i vari pasionari delle “giuste cause” non hanno
proposto “quote” anche per tutti i coloro che si sentono, in qualche modo,
“diversi”, quando non addirittura estromessi, emarginati, esclusi? Se tutti si
è uguali difronte alla Legge, spiegatemi per quale motivo un “genere”, un
colore della pelle, un credo religioso, un conto in banca….debbano far diventare
–e pure per legge- “più uguale degli altri”?! Diciamo pure che, in qualsiasi
Società, esistono, sono sempre esistiti degli “svantaggiati” o persone che si
reputano tali, ma questo non significa che, automaticamente, debbano essere
elevati ad “avvantaggiati”: si creerebbe un circolo vizioso in cui oggi si è
una cosa e domani il suo contrario e pure per legge!
Ciascuno
di noi è uno “svantaggiato” o lo è stato in un certo momento della sua vita,
però e tornando alla “svantaggio di genere”, se fossi una donna mi sentirei
umiliata a supplicare per essere candidata o ricandidata solo perché donna
e non per i miei meriti. E’ pur vero che nel nostro sgarrupato Paese, di
meritocrati che occupano determinati posti ce ne sono ben pochi, a cominciare dai maschietti; ma questo non
implica che a questa stortura ci si metta una pezza che è peggio della stortura
stessa. Umiliazione che sentirei ancor più cocente, allorquando si sarebbe
disposte ad accettare pure un misero 60/40 o altre percentuali sbilanciate, in
evidente contrasto proprio con quel principio di “parità” che si invoca.;
capiamoci bene, la “parità” è tale solo quando si hanno le stesse possibilità,
in egual misura: ogni altro aggiustamento, è sinonimo di “disparità”, per di
più messa nero su bianco!
In
conclusione, mi punge vaghezza che tutto questo can-can sia infarcito di una
esasperata dose di ipocrisia e di qualunquismo tanto al chilo. Un amarcord nel
lontano e fallimentare periodo di un femminismo urlato, sguaiato, fondato solo
sul possesso dell’utero. Il vero, unico scopo è rappresentato da una rincorsa frenetica
al “potere”, in una squallida equiparazione (questa sì) con i maschi, che
prescinde volutamente da ogni merito e riduce il tutto ad una fredda formula
percentuale.
Credo
che le Donne (quelle con la maiuscola) abbiano ben altre e più importanti rivendicazioni
da far valere, in campi in cui la Loro natura è più funzionale a finalità ben
più nobili ed utili che non quelle del potere fine a se stesso, sicuramente più
remunerativo ma altrettanto meno appagante.
Non
è che ci troviamo difronte all’ennesimo concetto asettico di uguaglianza che
finisce sempre per deprimere i più volenterosi?!
Un
abbraccio a Tutti,
Ettore.