A quasi tre anni dal terremoto del 6 aprile 2009, tornano a riaccendersi i riflettori su L’Aquila dopo la nuova l’ordinanza 3996 del 17 gennaio 2012 che pone precisi pilastri per la ricostruzione, al momento ancora bloccata.
Preliminarmente, anche quest’anno mi sento di riproporre fedelmente quanto pubblicato lo scorso anno da “Limes” – rivista italiana di Geopolitica-, nel commentare l’anniversario: a L’Aquila si parla sempre meno del sisma e della ricostruzione e sempre più di politica. Se la tragedia di Messina del 1908 unì il paese, quella abruzzese rimarca la divisione dell'Italia: da una parte o dall’altra della barricata politico-mediatica. La geopolitica della costruzione: si torna ai castelli fuori città senza un centro, come prima della fondazione della città.
All’articolo, aggiungo le riflessioni della D.ssa Francesca Bocchi che, in un suo commento (maggio 2011), scriveva: a due anni esatti da quella notte le domande restano sempre uguali ed ugualmente inevase, domande cariche di speranza e timore, sospese a mezz'aria….
Il vero terremoto è “dopo”, quando subentra la piena consapevolezza di ciò che è accaduto, quando è piena la comprensione di ciò che era e non è più, né lo sarà! ……
La parola d’ordine è ricostruire: le case, le chiese, gli opifici e le persone, riannodare le fila di rapporti sociali ormai sfilacciati, di un tessuto connettivo sparpagliato lungo una direttrice centrifuga che fa fatica a tornare centripeta.
Ricostruire, già, ma da dove? E come?
I dati ufficiali sulla popolazione assistita al 24 gennaio 2012 sono ancora allarmanti, nel solo comune di L’Aquila: 17.245 le persone che usufruiscono di soluzioni alloggiative a carico dello Stato; 9.881 le persone beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione e 388 le persone alloggiate in strutture ricettive e di permanenza temporanea.
Terminata la fase di emergenza, dopo pochi mesi sono iniziati i lavori di sistemazione delle abitazioni classificate “A”, “B” e “C”, ovvero quelle che avevano subito pochi danni. Ciò è stato relativamente semplice per le case in periferia ed isolate, anche perché occorreva far rientrare più persone possibile nel breve tempo per garantire un tetto, prima dell’inverno, a tutti (le costruzioni emergenziali non garantivano la sistemazione di tutti).
Rimaneva da sistemare il Centro storico.
Qui sono iniziati i veri problemi ed obiettivamente ce ne sono tanti: occorreranno fondi, coordinamento ed assegnare le priorità.
Il nuovo piano generale di ricostruzione del comune di L’Aquila è stato da pochi giorni presentato dal Sindaco del Capoluogo ed ha iniziato il suo iter per arrivare all’approvazione, speriamo entro breve termine. Il piano diventa indispensabile alla luce dell’Ordinanza 3996, la quale nell’articolo 1 parla di “previo documento pianificatorio unitario” per individuare ed illustrare l’assetto generale e gli indirizzi da seguire in fase di ricostruzione. Occorreranno 5 miliardi di euro, di cui 3,4 per il Centro storico e 1,6 per gli interventi nelle 49 frazioni.
Peraltro, il Sindaco lamenta la prossima chiusura della Struttura per la Gestione dell’Emergenza (30 aprile 2012), istituita dal Commissario alla Ricostruzione (il presidente della Regione Abruzzo) al momento dell’assunzione della carica di Commissario, i cui compiti e funzioni saranno demandati al Sindaco, il quale già denuncia l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo per carenza di personale, mezzi ed infrastrutture. Pertanto, “resteranno sospesi i 1400 progetti e richieste di finanziamento della periferia e di tutto il centro storico”.
Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, ha posto attenzione alla situazione aquilana conferendo al Ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, l’incarico di coordinare ed integrare le iniziative tese alla ricostruzione del comune di L’Aquila.
La speranza è l’ultima a morire, ma è comunque legata alle vicende politiche del Paese reale. Sarebbe utile una situazione “tranquilla”, socialmente pacifica, politicamente stabile; in questo periodo storico, al contrario, stiamo sperimentando una rinnovata serie di turbolenze, praticamente a tutti i livelli.
Ciò determina un allontanamento ed una disaffezione nei confronti della Politica: la novità è che – oggi – tale atteggiamento si registra in tutte le generazioni, non solo in quelle più giovani.
Insomma, la Città nel suo piccolo ed il Paese nel suo complesso avrebbero bisogno di un’iniezione di vitalità, forza e speranza. L’auspicio è che la nomina di Barca possa costituire un segnale in questa direzione.
Un saluto,
Suff.
martedì 31 gennaio 2012
sabato 28 gennaio 2012
C'eravamo tanto amati
Che io sia un “antico”, specie per quanto ha tratto con i marchingegni tecnologi, è oramai un dato appurato o, come direbbero quelli in s.SM, acclarato.
Non è che ne sia nemico o che li demonizzi: è solo che non ne voglio essere schiavo; che li uso senza abusarne e solo quando mi facilitano in una determinata operazione; che li ritengo solo degli strumenti, la cui mancanza non mi sconvolge.
E’vero che provo una certa forma di ammirazione (non invidia) per coloro che riescono a tirarne fuori cose da questo e da quell’altro mondo; penso ad Oliviero che mi ha pazientemente guidato nei primi, incerti passi e non ha ancora smesso; penso a Giggetto che è stato capace di produrre capolavori come il DVD del 40° della Stelletta e non si è fermato lì; penso a Carletto ed alle sue pomiciate, nemmeno tanto discrete, con il suo aggeggio tascabile che gli procurano polluzioni irrefrenabili. E ho citato solo coloro che conosco meglio: chissà quanti altri ancora ce ne saranno nel Corso?!
Allora mi sono chiesto: se questi tuoi Amici che hanno più o meno la tua età, che hanno la tua stessa formazione, che hanno lavorato come e più di te, hanno avuto la forza, la costanza ed il tempo per adeguarsi ai tempi, perché tu ti ostini a vivere in un giurassico anacronistico?! Perché ti ostini a considerare il telefonino quasi come un inutile orpello, limitandone l’uso alle sole chiamate/ricezioni? Perché ti ostini ad utilizzare il bersagliere come poco più di una “Olivetti 32” e, quando vuoi darti una botta di spregiudicatezza, come strumento di ricerca dati?
Detta così, la cosa può virare totalmente contro di me; non dico che mi sento un reietto, un paria del modernismo, però una qualche ragione ce la dovrò pur avere anch’io e quei tanti (o pochi?) che sono come me!
Allora, ho messo in moto il solo neurone superstite; ho scorso la mia esistenza e...il ricordo mi ha portato a quel disegno, forse un tantinello ingenuo, forse un tantinello scontato, che è sul nostro Numero Unico Hdemico e che coglie il dramma di un Allievo che vorrebbe scrivere ma non ci riesce, perchè stravolto dalle lacrime (andatelo a vedere, perché non sono capace a pubblicarlo!).
Quello che mi ha colpito, nel vederlo, sono stati la penna ed il foglio di carta: due strumenti divenuti obsoleti per comunicare i propri sentimenti, soprattutto tra i giovani, come giovane era quel povero Allievo che ci rappresentava tutti quanti.
Quei due strumenti oramai museali consentivano di trasmettere la propria intimità, la propria affettività, in maniera personale, senza intermediari più o meno “evoluti”; era la persona, con la sua anima, con la sua calligrafia che affidava al pezzo di carta il suo pensiero, il suo amore, le sue illusioni, i suoi problemi. E poco importava se dovevano passare giorni e giorni prima che quel messaggio arrivasse; che ne dovessero passare altrettanti prima di ricevere la risposta; ma era un’attesa dolce, carica di speranze e di voli pindarici. Poi, arrivava la sospirata lettera e, dalla calligrafia, si capiva subito chi fosse il mittente; si apriva quella busta quando si era soli, quasi per pudore, per gelosia: nessuno aveva il diritto di scalfire l’aura magica che ci riportava -e non solo per la durata della lettura- accanto alla persona amata. Erano, la penna ed il foglio di carta, i veri amici che ciascuno di noi aveva, senza doverli dividere con nessuno; e, quando le frustrazioni, le disillusioni, le amarezze del momento prevaricavano persino il desiderio di comunicare, lo si accartocciava, quel pezzo di carta, quasi una dichiarazione di resa nei confronti delle avversità.
Mi si dirà: ma, all’epoca, c’era solo quello e poi, vuoi mettere la rapidità, l’immediatezza, la possibilità di poter comunicare in ogni momento, da ogni luogo, senza la schiavitù della scrittura “scritta”?!
Ed io ribatto: ma vuoi mettere il piacere di sedersi, di estraniarsi, quasi in una nicchia di intimità, per scrivere o per leggere, per lasciarsi coinvolgere dai propri sentimenti, per odorare il profumo di quel foglio, per lasciare andare libera la fantasia?! Se, poi, qualcuno o qualcosa rompeva l’incanto, poco importava: bastava ripiegare con cura il foglio e riporlo con altrettanta cura nella tasca interna della giacca: quella sul cuore!!! Provate a scatenare questo tourbillon di emozioni con un messaggino o su facebook o twitter ed io mi arrenderò!!!
Ciao a tutti, Ettore.
P.S.
Prego notare la delicatezza nel non aver parlato dell’oltraggio alla Lingua italiana che viene impunemente perpetrato tra “messaggini”, “amicizie” e “cinguettii”.
Non è che ne sia nemico o che li demonizzi: è solo che non ne voglio essere schiavo; che li uso senza abusarne e solo quando mi facilitano in una determinata operazione; che li ritengo solo degli strumenti, la cui mancanza non mi sconvolge.
E’vero che provo una certa forma di ammirazione (non invidia) per coloro che riescono a tirarne fuori cose da questo e da quell’altro mondo; penso ad Oliviero che mi ha pazientemente guidato nei primi, incerti passi e non ha ancora smesso; penso a Giggetto che è stato capace di produrre capolavori come il DVD del 40° della Stelletta e non si è fermato lì; penso a Carletto ed alle sue pomiciate, nemmeno tanto discrete, con il suo aggeggio tascabile che gli procurano polluzioni irrefrenabili. E ho citato solo coloro che conosco meglio: chissà quanti altri ancora ce ne saranno nel Corso?!
Allora mi sono chiesto: se questi tuoi Amici che hanno più o meno la tua età, che hanno la tua stessa formazione, che hanno lavorato come e più di te, hanno avuto la forza, la costanza ed il tempo per adeguarsi ai tempi, perché tu ti ostini a vivere in un giurassico anacronistico?! Perché ti ostini a considerare il telefonino quasi come un inutile orpello, limitandone l’uso alle sole chiamate/ricezioni? Perché ti ostini ad utilizzare il bersagliere come poco più di una “Olivetti 32” e, quando vuoi darti una botta di spregiudicatezza, come strumento di ricerca dati?
Detta così, la cosa può virare totalmente contro di me; non dico che mi sento un reietto, un paria del modernismo, però una qualche ragione ce la dovrò pur avere anch’io e quei tanti (o pochi?) che sono come me!
Allora, ho messo in moto il solo neurone superstite; ho scorso la mia esistenza e...il ricordo mi ha portato a quel disegno, forse un tantinello ingenuo, forse un tantinello scontato, che è sul nostro Numero Unico Hdemico e che coglie il dramma di un Allievo che vorrebbe scrivere ma non ci riesce, perchè stravolto dalle lacrime (andatelo a vedere, perché non sono capace a pubblicarlo!).
Quello che mi ha colpito, nel vederlo, sono stati la penna ed il foglio di carta: due strumenti divenuti obsoleti per comunicare i propri sentimenti, soprattutto tra i giovani, come giovane era quel povero Allievo che ci rappresentava tutti quanti.
Quei due strumenti oramai museali consentivano di trasmettere la propria intimità, la propria affettività, in maniera personale, senza intermediari più o meno “evoluti”; era la persona, con la sua anima, con la sua calligrafia che affidava al pezzo di carta il suo pensiero, il suo amore, le sue illusioni, i suoi problemi. E poco importava se dovevano passare giorni e giorni prima che quel messaggio arrivasse; che ne dovessero passare altrettanti prima di ricevere la risposta; ma era un’attesa dolce, carica di speranze e di voli pindarici. Poi, arrivava la sospirata lettera e, dalla calligrafia, si capiva subito chi fosse il mittente; si apriva quella busta quando si era soli, quasi per pudore, per gelosia: nessuno aveva il diritto di scalfire l’aura magica che ci riportava -e non solo per la durata della lettura- accanto alla persona amata. Erano, la penna ed il foglio di carta, i veri amici che ciascuno di noi aveva, senza doverli dividere con nessuno; e, quando le frustrazioni, le disillusioni, le amarezze del momento prevaricavano persino il desiderio di comunicare, lo si accartocciava, quel pezzo di carta, quasi una dichiarazione di resa nei confronti delle avversità.
Mi si dirà: ma, all’epoca, c’era solo quello e poi, vuoi mettere la rapidità, l’immediatezza, la possibilità di poter comunicare in ogni momento, da ogni luogo, senza la schiavitù della scrittura “scritta”?!
Ed io ribatto: ma vuoi mettere il piacere di sedersi, di estraniarsi, quasi in una nicchia di intimità, per scrivere o per leggere, per lasciarsi coinvolgere dai propri sentimenti, per odorare il profumo di quel foglio, per lasciare andare libera la fantasia?! Se, poi, qualcuno o qualcosa rompeva l’incanto, poco importava: bastava ripiegare con cura il foglio e riporlo con altrettanta cura nella tasca interna della giacca: quella sul cuore!!! Provate a scatenare questo tourbillon di emozioni con un messaggino o su facebook o twitter ed io mi arrenderò!!!
Ciao a tutti, Ettore.
P.S.
Prego notare la delicatezza nel non aver parlato dell’oltraggio alla Lingua italiana che viene impunemente perpetrato tra “messaggini”, “amicizie” e “cinguettii”.
giovedì 26 gennaio 2012
Imperizia
Frequentavamo il 108° Corso di Stato Maggiore, anno accademico 1983-1984, Scuola di Guerra di Civitavecchia … qualche chilo in meno, qualche ruga in meno qualche capello in più (non io che ero già a zero) …
Giornata impegnativa in quella enorme aula che conteneva metà Corso ... compito di Servizio Informazioni … un terreno piatto circondato da una zona collinare … Azzurro in difesa e una Divisione corazzata Arancione all'attacco. Bisogna studiare il terreno, sistemare i reggimenti carri e corazzati laddove manovrano con più efficacia … le finestre dell'aula sono chiuse e nell'aria volteggia il fumo che i nostri cervelli emanano nello sforzo di essere o apparire intelligenti … il silenzio è rotto solo dallo sfrigolio di qualche foglio estratto dalle tasche o dalle borse, che i nostri occhi sbirciano di nascosto (forago no puede equivocar!) …. Anche io mi guardo intorno …. penso … consulto qualcuno più bravo con uno sguardo pieno di almeno 20 punti interrogativi … e poi disegno a china la mia soluzione, sistemando sul terreno i reggimenti così come credo sia più saggio..... Ecco ho finito e potrei consegnare … ma non lo faccio per due motivi: il primo: c'è ancora tempo ed è meglio sfruttarlo tutto; il secondo: Giorgio, che da tempo ha ormai rinunciato a riflettere e nutre piena fiducia nelle mie doti di “Tattico”, è immerso nella copiatura del mio elaborato.
Riguardo il mio elaborato .. accidenti che stupido! Ho messo le bretelle a due di quei rettangolini che volevano indicare i reggimenti carri e così questi rappresentano “volgari” reggimenti di fanteria! Come fare, se il disegno ormai è fatto a china? Soluzione: metto un asterisco vicino ai due reggimenti indicati e nella parte inferiore del foglio metto la nota: devono intendersi come due reggimenti carri!!! Intanto Giorgio sbuffa, mi chiede insistentemente di spostare il gomito perché non legge bene … copia con la costanza e la precisione di un piano quinquennale!
Qualche giorno dopo, l'insegnante (Col. ?) commenta in aula il compito e con grande soddisfazione accerto di aver trovato la soluzione più ortodossa e normale. Ne do conferma al mio compagno di banco Giorgio, che si congratula con me. Aspettiamo il voto con serenità … dopo qualche giorno il nostro (mio e di Franz- Giorgio) Comandante di Sezione (Ten. Col. Giacobazzi) convoca me e Giorgio presso l'ufficio del titolare di cattedra di Servizio Informazioni.
L'accusa e la contestazione: uno di voi ha copiato, chi? Provo a spiegare che la soluzione trovata da me e da Giorgio è quella che ha trovato il 90% del Corso … il Colonnello si inquieta e mi dice che non è quello il motivo bensì che ha la certezza che uno di noi due ha copiato. Ci mostra gli elaborati! … anche Giorgio ha messo le bretelle di fanteria ai due reggimenti … ha messo lo stesso asterisco e la stesa nota! Lo guardo e dai miei occhi scappano insieme, come saette, incredulità, stupore, rabbia, costernazione ecc …. Giorgio mi guarda e dice: “adesso capisco che quella nota che hai messo con quell'asterisco non era un “colpo di genio” per confondere il nemico … ma solo un errore di scrittura”. Poi, rivolgendosi al Colonnello: “ Bon, me par evidente che g'ho copià mal! La marmellata l'ho rubata io, lasci in pace Franz (che sarei io .. anzi siamo tutt'e due Franz!) che g'ha fatto tutto ben! Guardi i voti che abbiamo preso sinora nella sua materia e capisce da solo chi ha copiato, senza bisogno di chiamarmi qua a fare questa figura de m.... che cosa vuole che faccia? Me ammazzo? Ok mi dimetto dal corso, torno a casa, contento?” Naturalmente Giorgio ha continuato a frequentare il corso; naturalmente abbiamo preso due paduli. Io 17 perché ..avevo fatto copiare Giorgio e Giorgio 12 perché aveva copiato!
Pierfranco.
Giornata impegnativa in quella enorme aula che conteneva metà Corso ... compito di Servizio Informazioni … un terreno piatto circondato da una zona collinare … Azzurro in difesa e una Divisione corazzata Arancione all'attacco. Bisogna studiare il terreno, sistemare i reggimenti carri e corazzati laddove manovrano con più efficacia … le finestre dell'aula sono chiuse e nell'aria volteggia il fumo che i nostri cervelli emanano nello sforzo di essere o apparire intelligenti … il silenzio è rotto solo dallo sfrigolio di qualche foglio estratto dalle tasche o dalle borse, che i nostri occhi sbirciano di nascosto (forago no puede equivocar!) …. Anche io mi guardo intorno …. penso … consulto qualcuno più bravo con uno sguardo pieno di almeno 20 punti interrogativi … e poi disegno a china la mia soluzione, sistemando sul terreno i reggimenti così come credo sia più saggio..... Ecco ho finito e potrei consegnare … ma non lo faccio per due motivi: il primo: c'è ancora tempo ed è meglio sfruttarlo tutto; il secondo: Giorgio, che da tempo ha ormai rinunciato a riflettere e nutre piena fiducia nelle mie doti di “Tattico”, è immerso nella copiatura del mio elaborato.
Riguardo il mio elaborato .. accidenti che stupido! Ho messo le bretelle a due di quei rettangolini che volevano indicare i reggimenti carri e così questi rappresentano “volgari” reggimenti di fanteria! Come fare, se il disegno ormai è fatto a china? Soluzione: metto un asterisco vicino ai due reggimenti indicati e nella parte inferiore del foglio metto la nota: devono intendersi come due reggimenti carri!!! Intanto Giorgio sbuffa, mi chiede insistentemente di spostare il gomito perché non legge bene … copia con la costanza e la precisione di un piano quinquennale!
Qualche giorno dopo, l'insegnante (Col. ?) commenta in aula il compito e con grande soddisfazione accerto di aver trovato la soluzione più ortodossa e normale. Ne do conferma al mio compagno di banco Giorgio, che si congratula con me. Aspettiamo il voto con serenità … dopo qualche giorno il nostro (mio e di Franz- Giorgio) Comandante di Sezione (Ten. Col. Giacobazzi) convoca me e Giorgio presso l'ufficio del titolare di cattedra di Servizio Informazioni.
L'accusa e la contestazione: uno di voi ha copiato, chi? Provo a spiegare che la soluzione trovata da me e da Giorgio è quella che ha trovato il 90% del Corso … il Colonnello si inquieta e mi dice che non è quello il motivo bensì che ha la certezza che uno di noi due ha copiato. Ci mostra gli elaborati! … anche Giorgio ha messo le bretelle di fanteria ai due reggimenti … ha messo lo stesso asterisco e la stesa nota! Lo guardo e dai miei occhi scappano insieme, come saette, incredulità, stupore, rabbia, costernazione ecc …. Giorgio mi guarda e dice: “adesso capisco che quella nota che hai messo con quell'asterisco non era un “colpo di genio” per confondere il nemico … ma solo un errore di scrittura”. Poi, rivolgendosi al Colonnello: “ Bon, me par evidente che g'ho copià mal! La marmellata l'ho rubata io, lasci in pace Franz (che sarei io .. anzi siamo tutt'e due Franz!) che g'ha fatto tutto ben! Guardi i voti che abbiamo preso sinora nella sua materia e capisce da solo chi ha copiato, senza bisogno di chiamarmi qua a fare questa figura de m.... che cosa vuole che faccia? Me ammazzo? Ok mi dimetto dal corso, torno a casa, contento?” Naturalmente Giorgio ha continuato a frequentare il corso; naturalmente abbiamo preso due paduli. Io 17 perché ..avevo fatto copiare Giorgio e Giorgio 12 perché aveva copiato!
Pierfranco.
martedì 24 gennaio 2012
Per ricordare
Con ritardo ho ordinato da Feltrinelli il libro " Quando rimasero soli " che Michela Giordano, la giornalista che lo ha scritto , ha dedicato ad Emanuele Basile e Mario D'Aleo.
Ho atteso senza ansia che arrivasse e , una volta che ho saputo che era negli scaffali, ho perso tempo per andare a ritirarlo. Quando poi l' ho fatto, non mi sono affrettato a leggerlo, preferendo almeno altri due testi. Mi sono chiesto il perché di questo mio comportamento dilatorio, dandomi una risposta solo nei giorni scorsi , e dopo averlo velocemente " consumato".
Desidero condividere con gli altri lettori le sensazioni che il libro suscita in chi, di Emanuele, e' stato compagno di Corso, ne ha condiviso le speranze ed i sogni per quattro non brevi anni. E sensazioni la Giordano ne riesce a dare anche quando parla di Mario , accomunato nello stesso tragico destino in una Terra dolce ma disgraziata.
Il lavoro di ricostruzione della vita trascorsa in Sicilia da Emanuele e da Mario scorre attraverso i ricordi della Famiglia, di coloro che delle due Famiglie sono ancora vivi e che conservano integri i momenti felici che hanno inorgoglito i Genitori dei due Colleghi e loro, e quelli angoscianti susseguitisi nelle ore, nei giorni e in tutto il tempo successivo ai tristi eventi. Dal loro dolore , dalla voglia di condividerlo con gli altri, quasi a volerlo liberare dalla riservatezza di cui lo hanno ammantato in un trentennio, nasce questa opera che , nel lettore che solo lo voglia, fa rivivere i due Personaggi: Eroi silenziosi e Vittime di una cattiveria che nulla costruisce e nulla realizza .
Il ritardo con cui ho affrontato le varie fasi di " avvicinamento " alla lettura era dovuto al timore di dover ritrovare , nel ricordo, il dolore , la rabbia dei giorni degli omicidi e del lutto. Mi sono ricreduto, e perciò desidero consigliarne la lettura a chi ancora non lo abbia fatto, ritrovando di Emanuele -Badiba come lo chiamavamo per metterne in evidenza alcuni Suoi ingenui, semplici atteggiamenti- la serietà, l'impegno, la determinazione. Vi ricordo , quindi, delle Edizioni Paoline, scritto da Michela Giordano, " QUANDO RIMASERO SOLI " € 13,50; non ve ne troverete pentiti!
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti"
Ho atteso senza ansia che arrivasse e , una volta che ho saputo che era negli scaffali, ho perso tempo per andare a ritirarlo. Quando poi l' ho fatto, non mi sono affrettato a leggerlo, preferendo almeno altri due testi. Mi sono chiesto il perché di questo mio comportamento dilatorio, dandomi una risposta solo nei giorni scorsi , e dopo averlo velocemente " consumato".
Desidero condividere con gli altri lettori le sensazioni che il libro suscita in chi, di Emanuele, e' stato compagno di Corso, ne ha condiviso le speranze ed i sogni per quattro non brevi anni. E sensazioni la Giordano ne riesce a dare anche quando parla di Mario , accomunato nello stesso tragico destino in una Terra dolce ma disgraziata.
Il lavoro di ricostruzione della vita trascorsa in Sicilia da Emanuele e da Mario scorre attraverso i ricordi della Famiglia, di coloro che delle due Famiglie sono ancora vivi e che conservano integri i momenti felici che hanno inorgoglito i Genitori dei due Colleghi e loro, e quelli angoscianti susseguitisi nelle ore, nei giorni e in tutto il tempo successivo ai tristi eventi. Dal loro dolore , dalla voglia di condividerlo con gli altri, quasi a volerlo liberare dalla riservatezza di cui lo hanno ammantato in un trentennio, nasce questa opera che , nel lettore che solo lo voglia, fa rivivere i due Personaggi: Eroi silenziosi e Vittime di una cattiveria che nulla costruisce e nulla realizza .
Il ritardo con cui ho affrontato le varie fasi di " avvicinamento " alla lettura era dovuto al timore di dover ritrovare , nel ricordo, il dolore , la rabbia dei giorni degli omicidi e del lutto. Mi sono ricreduto, e perciò desidero consigliarne la lettura a chi ancora non lo abbia fatto, ritrovando di Emanuele -Badiba come lo chiamavamo per metterne in evidenza alcuni Suoi ingenui, semplici atteggiamenti- la serietà, l'impegno, la determinazione. Vi ricordo , quindi, delle Edizioni Paoline, scritto da Michela Giordano, " QUANDO RIMASERO SOLI " € 13,50; non ve ne troverete pentiti!
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti"
venerdì 20 gennaio 2012
Fantapolitica o verità nascoste?!
Si sta espandendo la convinzione che questo continuo declassamento dell’Italia e delle principali Nazioni europee non sia la conseguenza di fatti realmente negativi e che faccia parte di un più ampio disegno strategico la cui ideazione farebbe capo a soggetti od organismi sia nazionali che internazionali; credo che anche il nostro carissimo Carlo Mori abbia adombrato un simile scenario.
Personalmente non ho mai avuto un simile pensiero ma devo dire che il più delle volte, quando le voci diventano insistenti, un po’ di verità emerge sempre. Per questo, ho voluto analizzare la questione, ipotizzando che la convinzione sia fondata e, come si fa nella dimostrazione dei teoremi matematici, partire dal risultato finale per vedere se questo è congruo con gli elementi di partenza.
Il declassamento stabilizzato o, più semplicemente, la diversa rappresentazione e credibilità che gli investitori internazionali hanno nei confronti dei singoli Paesi europei porta alla naturale conseguenza che non può esistere una moneta unica europea perché, nella realtà, il suo peso varia da Paese a Paese: per meglio intenderci, per un prestito annuale di importo pari a euro 100, l’Italia deve restituirne 107,5; la Spagna 104,00; la Francia 102,8; la Germania 101,5.
Il dissolvimento dell’euro potrebbe rappresentare un grosso vantaggio per gli Stati Uniti - il cui dollaro non dovrebbe più confrontarsi con una moneta (l’euro) che, sin dalla sua nascita, si è sempre dimostrata più forte - perché il conseguente frazionamento di un mercato importante come quello europeo agevolerebbe sia l’entrata di molti suoi prodotti sia la propria influenza politica nei confronti degli Stati più deboli. Gi Stati Uniti rappresentano, quindi, il soggetto che, più di ogni altro, avrebbe un grosso interesse a debellare l’euro….ma è proprio così? L’unità monetaria europea ha determinato, di fatto, una unità politica fra i vari Stati occidentali i quali, magari a denti stretti, hanno condiviso un comportamento unitario verso il resto del mondo, con particolare riferimento ai paesi medio orientali (Libia, Egitto, Siria, Iran); ma sarebbe la stessa cosa in un contesto diverso, dove la contrapposizione patrimoniale, sociale e reddituale ne accentuerebbe la diversità anche ideologica?
L’Italia in particolare, svincolata dalle regole europee, ritornerebbe ad una inflazione a doppia cifra e ad un comportamento reverenziale verso chiunque possa assicurarle l’acquisto dei suoi pochi prodotti e dei suoi tanti servizi. Chi di voi è stato più a lungo in servizio ed ha operato all’estero, avrà colto la differenza comportamentale dei singoli Paesi europei verso gli Stati sopra citati, nei periodi ante e durante l’unità europea!. Io non credo, quindi, che l’eliminazione della moneta unica europea possa giovare agli Stati Uniti; almeno sino a quando riusciranno a mantenere una egemonia mondiale figlia, anche, della equilibrata e stagnante situazione internazionale oggi esistente. Potrebbe, forse, giovare a organismi potenti e ricchi (le lobby israeliane) che anelano, per sicurezza, alla soppressione di Stati non controllabili ma, francamente, mi sembra proprio fantapolitica.
Vediamo, allora, se il declassamento ha o non ha un fondamento logico. L’attuale governo ha fatto, e sta cercando di fare, ciò che non hanno fatto fare al precedente governo Prodi, spremere gli italiani; ciò che avrebbe voluto fare ma che non ha fatto il precedente governo Prodi, le liberalizzazioni; ciò che nessun governo ha mai fatto, stanare gli evasori; ma come ci stiamo comportando davanti a questi provvedimenti? Io penso non bene e coloro che dall’estero ci guardano hanno dei seri e fondati dubbi che sarà fatto tutto ciò che si dice; come si può, quindi, dare credito ad uno Stato che, nel breve periodo, migliorerà, forse, i conti pubblici ma che non ha concrete speranze di crescita?
Le liberalizzazioni rappresentano la soluzione migliore ai problemi di crescita? Non lo so ma, certamente, creeranno concorrenza la quale, se corretta, porterà diminuzione dei prezzi e, quindi, in ogni caso, vanno fatte. Non è possibile, in simili momenti, arroccarsi ad ormai inattuabili diritti acquisiti, quali le tariffe dei notai e degli avvocati, o ad illeciti usi consolidati come le vendite delle licenze dei tassisti e dei farmacisti. Ciò non di meno, a mio avviso, sono altre le cose che andrebbero fatte e delle quali, almeno sino ad ora, non se ne parla.
Ciò che non ho visto, ad esempio, (e che rafforza la sfiducia nel paese Italia) è un piano di intervento sulla produttività delle imprese e sulla lotta alla corruzione che è necessariamente propedeutica al rilancio degli investimenti pubblici. La produttività e la migliore redditività delle imprese non possono prescindere da un ridimensionamento delle deleghe sindacali e da una libera trattativa fra imprenditore e lavoratore anche per questioni spinose come la risoluzione del rapporto di collaborazione.
La maggiore forza contrattuale data agli imprenditori potrebbe essere controbilanciata da accise verso coloro che producono all’estero. La lotta alla corruzione ha bisogno del ripristino di alcune leggi abrogate o rese vane da coloro che parlavano di libero mercato per avere, in realtà, la possibilità di creare oligopoli; così come necessita di una campagna di moralizzazione capace di far nascere, nell’animo di tutti noi, solo ed esclusivamente sdegno nei confronti di chi non rispetta lo Stato e le sue leggi, di qualunque colore esso sia . Francesco
Il declassamento stabilizzato o, più semplicemente, la diversa rappresentazione e credibilità che gli investitori internazionali hanno nei confronti dei singoli Paesi europei porta alla naturale conseguenza che non può esistere una moneta unica europea perché, nella realtà, il suo peso varia da Paese a Paese: per meglio intenderci, per un prestito annuale di importo pari a euro 100, l’Italia deve restituirne 107,5; la Spagna 104,00; la Francia 102,8; la Germania 101,5.
Il dissolvimento dell’euro potrebbe rappresentare un grosso vantaggio per gli Stati Uniti - il cui dollaro non dovrebbe più confrontarsi con una moneta (l’euro) che, sin dalla sua nascita, si è sempre dimostrata più forte - perché il conseguente frazionamento di un mercato importante come quello europeo agevolerebbe sia l’entrata di molti suoi prodotti sia la propria influenza politica nei confronti degli Stati più deboli. Gi Stati Uniti rappresentano, quindi, il soggetto che, più di ogni altro, avrebbe un grosso interesse a debellare l’euro….ma è proprio così? L’unità monetaria europea ha determinato, di fatto, una unità politica fra i vari Stati occidentali i quali, magari a denti stretti, hanno condiviso un comportamento unitario verso il resto del mondo, con particolare riferimento ai paesi medio orientali (Libia, Egitto, Siria, Iran); ma sarebbe la stessa cosa in un contesto diverso, dove la contrapposizione patrimoniale, sociale e reddituale ne accentuerebbe la diversità anche ideologica?
L’Italia in particolare, svincolata dalle regole europee, ritornerebbe ad una inflazione a doppia cifra e ad un comportamento reverenziale verso chiunque possa assicurarle l’acquisto dei suoi pochi prodotti e dei suoi tanti servizi. Chi di voi è stato più a lungo in servizio ed ha operato all’estero, avrà colto la differenza comportamentale dei singoli Paesi europei verso gli Stati sopra citati, nei periodi ante e durante l’unità europea!. Io non credo, quindi, che l’eliminazione della moneta unica europea possa giovare agli Stati Uniti; almeno sino a quando riusciranno a mantenere una egemonia mondiale figlia, anche, della equilibrata e stagnante situazione internazionale oggi esistente. Potrebbe, forse, giovare a organismi potenti e ricchi (le lobby israeliane) che anelano, per sicurezza, alla soppressione di Stati non controllabili ma, francamente, mi sembra proprio fantapolitica.
Vediamo, allora, se il declassamento ha o non ha un fondamento logico. L’attuale governo ha fatto, e sta cercando di fare, ciò che non hanno fatto fare al precedente governo Prodi, spremere gli italiani; ciò che avrebbe voluto fare ma che non ha fatto il precedente governo Prodi, le liberalizzazioni; ciò che nessun governo ha mai fatto, stanare gli evasori; ma come ci stiamo comportando davanti a questi provvedimenti? Io penso non bene e coloro che dall’estero ci guardano hanno dei seri e fondati dubbi che sarà fatto tutto ciò che si dice; come si può, quindi, dare credito ad uno Stato che, nel breve periodo, migliorerà, forse, i conti pubblici ma che non ha concrete speranze di crescita?
Le liberalizzazioni rappresentano la soluzione migliore ai problemi di crescita? Non lo so ma, certamente, creeranno concorrenza la quale, se corretta, porterà diminuzione dei prezzi e, quindi, in ogni caso, vanno fatte. Non è possibile, in simili momenti, arroccarsi ad ormai inattuabili diritti acquisiti, quali le tariffe dei notai e degli avvocati, o ad illeciti usi consolidati come le vendite delle licenze dei tassisti e dei farmacisti. Ciò non di meno, a mio avviso, sono altre le cose che andrebbero fatte e delle quali, almeno sino ad ora, non se ne parla.
Ciò che non ho visto, ad esempio, (e che rafforza la sfiducia nel paese Italia) è un piano di intervento sulla produttività delle imprese e sulla lotta alla corruzione che è necessariamente propedeutica al rilancio degli investimenti pubblici. La produttività e la migliore redditività delle imprese non possono prescindere da un ridimensionamento delle deleghe sindacali e da una libera trattativa fra imprenditore e lavoratore anche per questioni spinose come la risoluzione del rapporto di collaborazione.
La maggiore forza contrattuale data agli imprenditori potrebbe essere controbilanciata da accise verso coloro che producono all’estero. La lotta alla corruzione ha bisogno del ripristino di alcune leggi abrogate o rese vane da coloro che parlavano di libero mercato per avere, in realtà, la possibilità di creare oligopoli; così come necessita di una campagna di moralizzazione capace di far nascere, nell’animo di tutti noi, solo ed esclusivamente sdegno nei confronti di chi non rispetta lo Stato e le sue leggi, di qualunque colore esso sia . Francesco
martedì 17 gennaio 2012
Codice d'onore
Che brillante figura di
comandante il Capitano della Costa Concordia! Avevamo proprio bisogno delle
imprese del comandante Schettino per migliorare la nostra immagine nel mondo!
Mi ha fatto venire in mente il
Comandante della corazzata tascabile tedesca Admiral Graf von Spee
durante la seconda Guerra Mondiale.
Il Capitano di Vascello Hans
Langsdorff, viene chiamato, all’età di 45 anni, a comandare quella
bella e modernissima unità, orgoglio della Marina da guerra tedesca. E’ il
classico ufficiale gentiluomo,
determinato ma cavalleresco e lo dimostra facendo sempre del suo meglio per
assicurare il miglior trattamento possibile agli equipaggi delle navi nemiche
catturate durante la sua crociera in qualità di nave corsara: prima di
affondarle lasciava che si ponessero in salvo sulle scialuppe di salvataggio.
Durante un drammatico scontro al
Rio della Plata con tre unità inglesi, costretto ad autoaffondare la sua unità a
causa dei danni irreversibili subiti, decide di rimanere a bordo della nave
allo scopo di “lavare” la macchia dell’autoaffondamento.
Davanti alle commoventi
insistenze dei suoi uomini, che hanno minacciato di morire anch’essi, abbandona
il ponte della Graf Spee poco prima che essa affondi.
Tre giorni dopo, in un albergo di
Buenos Aires, avvolto nella Bandiera della Marina imperiale tedesca, si suicida
assumendosi ogni responsabilità dell’accaduto.
Carlo Maria.
domenica 15 gennaio 2012
Untouchables!
“Ma sarà proprio la liberalizzazione delle licenze dei tassisti a risollevare le sorti del Paese?”
“Ma sarà proprio la liberalizzazione delle farmacie a risollevare le sorti del Paese?”
“Ma sarà proprio la liberalizzazione delle rivendite dei giornali a risollevare le sorti del Paese?”
“Ma sarà proprio la liberalizzazione della professione forense a risollevare le sorti del Paese?” “Ma sarà proprio........?”
Ciascuna delle categorie interessate ha urlato questa domanda ironica dall’interno del “posto scoglio” eretto a difesa dei propri privilegi.
Ciascuna delle categorie interessate ha versato fiumi di lacrime , sciorinando cifre che vorrebbero dimostrare come i redditi di ciascun adepto siano poco al disopra della soglia di povertà.
Ciascuna delle categorie interessate ha minacciato ferro e fuoco, nel caso in cui solo ci si azzardi a pensare di intaccare i rispettivi monopoli corporativi.
Io, da povero cittadino, potenziale utente dei loro servizi mi domando: “ma se mezzo mondo ci dice da anni che bisogna liberalizzare, possibile che siano tutti dei deficienti?”
E sempre io: “ma se siamo ridotti come siamo ridotti, possibile che nessuno ne sia colpevole, quanto meno per concorso?”
Ed ancora io: “ ma chi potrebbe cercare di risolvere il problema, visto la latitanza della cosiddetta politica?” A proposito di “politica”: in questo clima di furia liberalizzatrice, l’unico mercato che resta protetto (quasi blindato) –e con tutti i suoi privilegi- è proprio quello della politica che, dopo la bocciatura dei referendum, non deve più temere pericolose “ingerenze” da parte degli elettori.
Ciao a tutti,
Ettore.
“Ma sarà proprio la liberalizzazione delle farmacie a risollevare le sorti del Paese?”
“Ma sarà proprio la liberalizzazione delle rivendite dei giornali a risollevare le sorti del Paese?”
“Ma sarà proprio la liberalizzazione della professione forense a risollevare le sorti del Paese?” “Ma sarà proprio........?”
Ciascuna delle categorie interessate ha urlato questa domanda ironica dall’interno del “posto scoglio” eretto a difesa dei propri privilegi.
Ciascuna delle categorie interessate ha versato fiumi di lacrime , sciorinando cifre che vorrebbero dimostrare come i redditi di ciascun adepto siano poco al disopra della soglia di povertà.
Ciascuna delle categorie interessate ha minacciato ferro e fuoco, nel caso in cui solo ci si azzardi a pensare di intaccare i rispettivi monopoli corporativi.
Io, da povero cittadino, potenziale utente dei loro servizi mi domando: “ma se mezzo mondo ci dice da anni che bisogna liberalizzare, possibile che siano tutti dei deficienti?”
E sempre io: “ma se siamo ridotti come siamo ridotti, possibile che nessuno ne sia colpevole, quanto meno per concorso?”
Ed ancora io: “ ma chi potrebbe cercare di risolvere il problema, visto la latitanza della cosiddetta politica?” A proposito di “politica”: in questo clima di furia liberalizzatrice, l’unico mercato che resta protetto (quasi blindato) –e con tutti i suoi privilegi- è proprio quello della politica che, dopo la bocciatura dei referendum, non deve più temere pericolose “ingerenze” da parte degli elettori.
Ciao a tutti,
Ettore.
giovedì 12 gennaio 2012
Prefiche nostrane
Fare merenda con i fichi secchi, si sa, non è proprio il massimo della goduria; e mi sembra che l’offensiva mediatica lanciata da diversi “opinionisti” contro l’acquisto di 113 Joint Strike Fighter F35 Lightening II mi sembra che vada proprio in quella direzione.
E mi spiego meglio.
Questo “esorbitante” numero dovrebbe servire a coprire la oramai non più dilazionabile dismissione di vetusti 250 velivoli tra Tornado, AM-X e AV8-B che stanno insieme con lo scotch e la cui manutenzione costa un occhio della testa, a fronte di un impiego operativo sempre più limitato; quindi, un’esigenza indilazionabile se si vuole continuare a mantenere un ruolo quantomeno decoroso, in un quadro politico-strategico in continua evoluzione e dominato da sistemi ad elevato profilo tecnologico.
Non voglio, con ciò, addentrarmi nei meandri di una (da sempre) auspicata “difesa europea integrata” perché non ne usciremmo mai fuori; voglio però sottolineare il fatto che, se si pretende di frequentare i “salotti buoni”, bisogna avere almeno uno straccio di “abito buono”: se non proprio i gioielli, almeno “vestitino scuro”!
I suddetti “opinionisti”, per non smentire l’inveterata attitudine a non dire tutta la verità, sentenziano che i 15 miliardi previsti per l’acquisizione dei velivoli potrebbero, in tempacci come questi, essere “dirottati” verso programmi sicuramente più “socialmente utili”.
Queste prefiche dal pacifismo pret à porter omettono, logicamente, di dire che quei quattrini, semplicemente, ora come ora non esistono, per cui resta difficile capire cosa si dovrebbe e potrebbe “dirottare”; omettono di dire che gli stanziamenti saranno necessari a partire dal 2014; omettono di dire che i costi saranno spalmati su un periodo superiore al decennio; omettono di dire che in Italia verranno prodotte ed assemblate diverse componenti, con positive ricadute occupazionali oltre che di conoscenze tecnologiche.
Sicuramente e come ha anticipato il Ministro Di Paola, l’intero comparto della Difesa dovrà adeguarsi alle nuove e sempre più misere disponibilità finanziarie; diventeremo sempre più “snelli” e, speriamo, anche senza inutili fronzoli ed orpelli; ma, da questo, a restare proprio “nudi”... ce ne passa!
Un abbraccio,
Ettore.
P.S. Dalle mie parti si dice: chi pecora se fà, er lupo se lo magna!
E mi spiego meglio.
Questo “esorbitante” numero dovrebbe servire a coprire la oramai non più dilazionabile dismissione di vetusti 250 velivoli tra Tornado, AM-X e AV8-B che stanno insieme con lo scotch e la cui manutenzione costa un occhio della testa, a fronte di un impiego operativo sempre più limitato; quindi, un’esigenza indilazionabile se si vuole continuare a mantenere un ruolo quantomeno decoroso, in un quadro politico-strategico in continua evoluzione e dominato da sistemi ad elevato profilo tecnologico.
Non voglio, con ciò, addentrarmi nei meandri di una (da sempre) auspicata “difesa europea integrata” perché non ne usciremmo mai fuori; voglio però sottolineare il fatto che, se si pretende di frequentare i “salotti buoni”, bisogna avere almeno uno straccio di “abito buono”: se non proprio i gioielli, almeno “vestitino scuro”!
I suddetti “opinionisti”, per non smentire l’inveterata attitudine a non dire tutta la verità, sentenziano che i 15 miliardi previsti per l’acquisizione dei velivoli potrebbero, in tempacci come questi, essere “dirottati” verso programmi sicuramente più “socialmente utili”.
Queste prefiche dal pacifismo pret à porter omettono, logicamente, di dire che quei quattrini, semplicemente, ora come ora non esistono, per cui resta difficile capire cosa si dovrebbe e potrebbe “dirottare”; omettono di dire che gli stanziamenti saranno necessari a partire dal 2014; omettono di dire che i costi saranno spalmati su un periodo superiore al decennio; omettono di dire che in Italia verranno prodotte ed assemblate diverse componenti, con positive ricadute occupazionali oltre che di conoscenze tecnologiche.
Sicuramente e come ha anticipato il Ministro Di Paola, l’intero comparto della Difesa dovrà adeguarsi alle nuove e sempre più misere disponibilità finanziarie; diventeremo sempre più “snelli” e, speriamo, anche senza inutili fronzoli ed orpelli; ma, da questo, a restare proprio “nudi”... ce ne passa!
Un abbraccio,
Ettore.
P.S. Dalle mie parti si dice: chi pecora se fà, er lupo se lo magna!
domenica 8 gennaio 2012
Cari Ragazzi...
spesso, per non dire quasi sempre, mi avete fatto garbatamente notare che la mia acredine, il mio pessimismo, la mia avversione nei confronti di una “classe dirigente” -che pure abbiamo eletto (sic!) e profumatamente paghiamo- rischiano di ridursi ad un mero esercizio retorico, nell’assioma che “qualcuno che governi” ci debba pur essere.
Non vi è dubbio che la mia idiosincrasia “urlata” verso tutto e tutti ritengo responsabili del degrado etico e materiale in cui è stata precipitata la “mia” Italia abbia dei connotati “savonaroliani”, quando non addirittura giacobini; scusate la falsa modestia ma, in questi casi, ho come modello più che il monaco fiorentino o i sanculotti parigini, il mio illustre conterraneo che, a forza di quo usque tandem, alla fine la ebbe vinta.
Non vi è dubbio che, da un punto di vista squisitamente filosofico, avete ragione da vendere, perché non esiste né può esistere nessuna Società che non sia inquadrata e disciplinata da “Regole” erga omnes e che sia strutturata su vari livelli di responsabilità, il più alto e più nobile dei quali è il Parlamento.
Tutta questa bella premessa, per introdurre un fatto che da alcuni giorni riempie le pagine dei giornali e, soprattutto, le bocche di taluni politicanti: la vicenda di Cortina. Un fatto che persone serie avrebbero commentato solo con entusiastiche parole di elogio, di soddisfazione, oserei dire di orgoglio, ha indotto invece tutta una serie di sparate “indignate” che avevano nel mirino non i “furbi” bensì coloro che facevano solo il proprio dovere; si è assistito ad un delirante anacronismo in cui i rei assurgevano al rango di “martiri” ed i tutori della legalità assumevano i connotati dei “giustizieri”.
Quando si sentono affermazioni del tipo “pizzo di stato”, “stato di polizia tributaria”, “criminalizzazione della ricchezza” ed amenità simili, diteme Voi come si fa a dare ancora credito a coloro che le pronunciano e, soprattutto, a coloro che le fomentano?!
Sapete che non amo il qualunquismo forcaiolo grillino; però credo conveniate con me che riesce molto ma molto difficile continuare ad avere una speranza per un futuro migliore, sapendo che quel “futuro” dovrebbe essere costruito anche da coloro che, con tanta arroganza, hanno proferito quelle empietà. Se ci pensate, è come se un generale colpevolizzasse un suo comandante subordinato solo perché gli ha risolto una situazione operativa delicatissima che lui stesso non era stato capace di risolvere o, peggio, non aveva voluto!!!
Non vado oltre perché correrei il rischio di farmi travolgere da una specie di “ira funesta” di impossibile controllo; Vi dico solo che quelle frasi sono un’offesa tremenda nei confronti di tutti coloro che, da sempre, pagano le tasse; sono un’offesa ignobile a tutta una Nazione che campa con dignità e non ha timore quando intravede una divisa, anzi ne plaude la presenza; sono un’offesa sacrilega perché, a pronunciarle, sono stati i miei, i nostri “rappresentanti”: quelli che dovrebbero garantire la Legalità.
Un abbraccio,
Ettore.
Non vi è dubbio che la mia idiosincrasia “urlata” verso tutto e tutti ritengo responsabili del degrado etico e materiale in cui è stata precipitata la “mia” Italia abbia dei connotati “savonaroliani”, quando non addirittura giacobini; scusate la falsa modestia ma, in questi casi, ho come modello più che il monaco fiorentino o i sanculotti parigini, il mio illustre conterraneo che, a forza di quo usque tandem, alla fine la ebbe vinta.
Non vi è dubbio che, da un punto di vista squisitamente filosofico, avete ragione da vendere, perché non esiste né può esistere nessuna Società che non sia inquadrata e disciplinata da “Regole” erga omnes e che sia strutturata su vari livelli di responsabilità, il più alto e più nobile dei quali è il Parlamento.
Tutta questa bella premessa, per introdurre un fatto che da alcuni giorni riempie le pagine dei giornali e, soprattutto, le bocche di taluni politicanti: la vicenda di Cortina. Un fatto che persone serie avrebbero commentato solo con entusiastiche parole di elogio, di soddisfazione, oserei dire di orgoglio, ha indotto invece tutta una serie di sparate “indignate” che avevano nel mirino non i “furbi” bensì coloro che facevano solo il proprio dovere; si è assistito ad un delirante anacronismo in cui i rei assurgevano al rango di “martiri” ed i tutori della legalità assumevano i connotati dei “giustizieri”.
Quando si sentono affermazioni del tipo “pizzo di stato”, “stato di polizia tributaria”, “criminalizzazione della ricchezza” ed amenità simili, diteme Voi come si fa a dare ancora credito a coloro che le pronunciano e, soprattutto, a coloro che le fomentano?!
Sapete che non amo il qualunquismo forcaiolo grillino; però credo conveniate con me che riesce molto ma molto difficile continuare ad avere una speranza per un futuro migliore, sapendo che quel “futuro” dovrebbe essere costruito anche da coloro che, con tanta arroganza, hanno proferito quelle empietà. Se ci pensate, è come se un generale colpevolizzasse un suo comandante subordinato solo perché gli ha risolto una situazione operativa delicatissima che lui stesso non era stato capace di risolvere o, peggio, non aveva voluto!!!
Non vado oltre perché correrei il rischio di farmi travolgere da una specie di “ira funesta” di impossibile controllo; Vi dico solo che quelle frasi sono un’offesa tremenda nei confronti di tutti coloro che, da sempre, pagano le tasse; sono un’offesa ignobile a tutta una Nazione che campa con dignità e non ha timore quando intravede una divisa, anzi ne plaude la presenza; sono un’offesa sacrilega perché, a pronunciarle, sono stati i miei, i nostri “rappresentanti”: quelli che dovrebbero garantire la Legalità.
Un abbraccio,
Ettore.
lunedì 2 gennaio 2012
Cui prodest?!
Qualche giorno fa, ho letto da qualche parte che, preso atto del calo verticale degli ascolti, è quasi certo che il 2012 sarà orfano del “Grande Fratello” e di tutti gli ammennicoli porno-farseschi che gli hanno fatto da contorno.
Devo confessare che la notizia è stata come una scossa che mi ha svegliato dal torpore soporifero cui mi aveva prostrato la “fase uno” della manovra governativa; finalmente, mi sono detto, in questo Paese di celluloide (e nemmeno di prima scelta) c’è un risveglio, uno scatto di orgoglio da parte di un popolo drogato di nullità: mi dispiace solo per “figli” di Pierfranco!
Ed allora, mi sono messo a riflettere e, si sa, quando uno si mette di buzzo buono a far funzionare il cervello (o quel poco che ne è rimasto) qualcosa ne sortisce, tant’è che, a forza di elucubrare, mi è tornata alla mente una delle innumerevoli “massime” di La Rochefoucauld, sapete uno di quelli che quando pontificava lo faceva sempre “a perenne monito”; dice più o meno così il moralista francese: “Siamo talmente abituati a convivere con le piccole cose che non siamo più capaci di vedere le grandi”.
Lì per lì, mi sono subito chiesto come una frase -ancorché con la dignità di massima- conservasse tutta la sua attualità, a distanza di quasi quattro secoli; poi, mi sono detto che ogni periodo storico non è altro che la risultante del combinato disposto delle miserie e delle virtù degli uomini che lo vivono. Se devo confessare la mia ignoranza, non so bene quali fossero queste miserie e queste virtù nella Francia del XVII secolo; certo è però che quelle parole si attagliano perfettamente al mondo che stiamo vivendo, con particolare riferimento all’Italia.
Sono convinto, infatti, che la miopia strabica che denuncia il Nostro interessi ogni strato della nostra società, con la pericolosa deriva che ha oramai intaccato anche i fondamentali dell’Etica e della convivenza civile stessa; non credo affatto che il nodo gordiano della corruzione, del malgoverno, dell’egocentrismo, dell’ignavia politica che caratterizza l’attuale società italiana sia precipuo solo di determinati “livelli” o di poche caste.
Credo piuttosto che sia talmente generalizzato che è diventato un modus, un habitus comune alla stragrande maggioranza italiota che, proprio in conseguenza di quella miopia strabica, non ha più gli strumenti (non certo materiali) o gli anticorpi per venirne fuori e, quindi, è condannata ad una spiralizzazione inversa che la trascina sempre di più ed inesorabilmente verso la Mediocrità: politica, sociale, economica e, purtroppo, etica!
Non parliamo solo dei beoti che si sono fatti imbonire dai vari “grandi fratelli”, fino a diventarne schiavi; parliamo anche e soprattutto della cosiddetta “classe politica” la cui miopia –ingigantita dall’arroganza- ha indotto l’assurdo che la gente, oramai, non si chiede più se sia onesta o capace, bensì comincia a porsi il dilemma: ma serve?
Se così stanno le cose (perché così stanno), mi domando perché continuiamo a subire salassi da rinoceronti; perché continuiamo ad avere fiducia in un qualcosa che si è auto-screditato; perché continuiamo a vivere “da piccoli”, quando basterebbe poco per incominciare a crescere; già, perché?!
Grazie per le risposte,
Ettore.
Devo confessare che la notizia è stata come una scossa che mi ha svegliato dal torpore soporifero cui mi aveva prostrato la “fase uno” della manovra governativa; finalmente, mi sono detto, in questo Paese di celluloide (e nemmeno di prima scelta) c’è un risveglio, uno scatto di orgoglio da parte di un popolo drogato di nullità: mi dispiace solo per “figli” di Pierfranco!
Ed allora, mi sono messo a riflettere e, si sa, quando uno si mette di buzzo buono a far funzionare il cervello (o quel poco che ne è rimasto) qualcosa ne sortisce, tant’è che, a forza di elucubrare, mi è tornata alla mente una delle innumerevoli “massime” di La Rochefoucauld, sapete uno di quelli che quando pontificava lo faceva sempre “a perenne monito”; dice più o meno così il moralista francese: “Siamo talmente abituati a convivere con le piccole cose che non siamo più capaci di vedere le grandi”.
Lì per lì, mi sono subito chiesto come una frase -ancorché con la dignità di massima- conservasse tutta la sua attualità, a distanza di quasi quattro secoli; poi, mi sono detto che ogni periodo storico non è altro che la risultante del combinato disposto delle miserie e delle virtù degli uomini che lo vivono. Se devo confessare la mia ignoranza, non so bene quali fossero queste miserie e queste virtù nella Francia del XVII secolo; certo è però che quelle parole si attagliano perfettamente al mondo che stiamo vivendo, con particolare riferimento all’Italia.
Sono convinto, infatti, che la miopia strabica che denuncia il Nostro interessi ogni strato della nostra società, con la pericolosa deriva che ha oramai intaccato anche i fondamentali dell’Etica e della convivenza civile stessa; non credo affatto che il nodo gordiano della corruzione, del malgoverno, dell’egocentrismo, dell’ignavia politica che caratterizza l’attuale società italiana sia precipuo solo di determinati “livelli” o di poche caste.
Credo piuttosto che sia talmente generalizzato che è diventato un modus, un habitus comune alla stragrande maggioranza italiota che, proprio in conseguenza di quella miopia strabica, non ha più gli strumenti (non certo materiali) o gli anticorpi per venirne fuori e, quindi, è condannata ad una spiralizzazione inversa che la trascina sempre di più ed inesorabilmente verso la Mediocrità: politica, sociale, economica e, purtroppo, etica!
Non parliamo solo dei beoti che si sono fatti imbonire dai vari “grandi fratelli”, fino a diventarne schiavi; parliamo anche e soprattutto della cosiddetta “classe politica” la cui miopia –ingigantita dall’arroganza- ha indotto l’assurdo che la gente, oramai, non si chiede più se sia onesta o capace, bensì comincia a porsi il dilemma: ma serve?
Se così stanno le cose (perché così stanno), mi domando perché continuiamo a subire salassi da rinoceronti; perché continuiamo ad avere fiducia in un qualcosa che si è auto-screditato; perché continuiamo a vivere “da piccoli”, quando basterebbe poco per incominciare a crescere; già, perché?!
Grazie per le risposte,
Ettore.
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