A volte ho l’impressione di navigare continuamente contro corrente perché, per la comunità, il principio posto a base di un concetto non è mai considerato fine a se stesso ma deve, per forza, rientrare in un insieme che viene chiamato “ideologia”.
Cerco di spiegarmi meglio: quando evidenzio (o meglio evidenziavo) i mali derivanti dall’attività berlusconiana, i miei interlocutori mi etichettano sempre come un comunista o, se va bene, come un intellettualoide di sinistra; quando dico che non concordo con il matrimonio fra gay, chi mi ascolta dice che sono un vecchio reazionario destrorso e fascista. Naturalmente non mi sento di appartenere né all’una né all’altra categoria e, anche questa volta, cercherò di esternare quali sono gli elementi che mi hanno portato ad una simile convinzione e che non hanno nulla di politico.
Per meglio esprimere il concetto, partirò dalla diversa valutazione giuridica che il nostro Ordinamento dà alle coppie etero sposate e a quelle che vivono more uxorio. Sino a quindici/venti anni fa, la differenza era abissale perché, ad un insieme di enormi diritti (o, al contrario, di obbligazioni) riconosciuti a favore degli sposati, corrispondeva l’assoluto disconoscimento della convivenza. Furono i magistrati più che il legislatore a cambiare le cose attraverso una innovativa serie di sentenze che riconoscevano al convivente abbandonato e più debole economicamente, una serie di vantaggi quali: la possibilità di tenere la casa locata; il riconoscimento di lavoratore nell’azienda familiare; un risarcimento danni etc.etc.
Oggi, in special modo quando ci sono bambini ma anche quando la convivenza senza figli è durata per un lasso di tempo considerevole, i rapporti economici fra i due conviventi sono trattati quasi come se fossero sposati (non è ancora riconosciuto il mantenimento alla compagna ma ci stiamo arrivando) e ciò perché vengono richiamati due principi fondamentali del nostro Ordinamento: le obbligazioni civili e morali che entrambi i genitori hanno verso i figli e l’aspettativa di diritto e di obbligazione insita in ogni forma associativa lecita.
Il secondo aspetto, l’aspettativa di diritto degli associati, non ha alcuna implicazione di natura morale ma nasce dalla convinzione, giuridicamente protetta, che se due o più parti effettuano prestazioni od apporti per il raggiungimento di un obiettivo lecito comune, tutte maturano fondate pretese nei confronti dell’altra o delle altri parti.
A ben guardare, questo è lo stesso principio posto a base delle obbligazioni di natura contrattuale scaturenti dal matrimonio e non può valere solo se esiste una differenza sessuale fra le parti perché ciò significherebbe dire che uno dei due sessi è da considerarsi inferiore o di grado diverso rispetto all’altro. Se l’obiettivo comune è rappresentato dal voler vivere insieme in una casa da condividere o nel voler accudire o aiutare l’altro in caso di necessità o nel dimezzare le spese ripartendole con apporti in denaro o in servizi, tutti devono avere gli stessi diritti, siano essi di sesso maschile o di sesso femminile, perché ciò che si salvaguarda è l’accordo posto alla base dell’obiettivo.
La convivenza, quale forma associativa lecita, deve, quindi, generare, in capo ai conviventi, gli stessi diritti e le stesse obbligazioni di natura contrattuale ed aquiliana scaturenti dal matrimonio, anche se le parti appartengono allo stesso sesso o anche se le parti non hanno manifestato la propria volontà attraverso una promessa solenne o anche se alla base dell’accordo vi sia un innamoramento più o meno sincero.
Questo principio è stato acclarato dalla Cassazione la scorsa settimana. Con una sentenza che ha diviso le forze politiche (e non capisco il perché), la Suprema Corte ha infatti dichiarato che il matrimonio fra gay è inammissibile ma che questi hanno gli stessi diritti civili di qualsiasi altro convivente.
Non sono state pubblicate le motivazioni di questa sentenza ma voglio credere che nascano da una virtuale e finalmente riconosciuta divisione fra l’aspetto economico/contrattualistico del matrimonio e quello sacramentale che non ha nulla di materiale o di quantificabile.
In tutti i popoli e le etnie, il matrimonio è considerato come un atto di sottomissione a Dio e di appartenenza alla fede attraverso anche la procreazione dei figli che saranno i futuri adepti per quella fede. In questa ottica, è impensabile che possa essere celebrato un sacramento fra due soggetti che non possono procreare (in diritto ecclesiastico, l’impotenza generandi, così come quella couendi, è causa di nullità del matrimonio) ed è questa la ragione per la quale non possono coesistere una fede religiosa e un sacramento privo di significato quale sarebbe il matrimonio fra gay.
Non è una questione di ampiezza di vedute o di fede politica o di ottusa religiosità; è semplicemente dare il giusto significato alle parole e alle cose.
Voi cosa ne dite?
Francesco
venerdì 23 marzo 2012
lunedì 19 marzo 2012
Ad maiora
Il 17 marzo 2012, l’Italia è entrata nel suo 151° anno di Unità nazionale.
Ricordo ancora il fervore patriottico con cui addobbammo il nostro Blog, con cui lanciammo il nostro invito ad esporre il Tricolore, con cui ci addentrammo in lunghe discussioni se era meglio mettere “questo” o mettere “quello”; sono stati, quelli, momenti di esaltazione che, però, almeno io temevo fossero destinati a rimanere circoscritti in un ristretto ambito quasi da “Carbonari”.
E i presupposti c’erano tutti, a cominciare dal flebile afflato patriottico che decenni di menefreghismo generalizzato avevano inculcato nel popolo italiano.
Diciamoci pure in tutta onestà che l’alba del 17 marzo 2011 non può essere annoverata tra quelle più “radiose” della nostra pur breve storia unitaria: eravamo più che mai ranturcinati nella salvaguardia del nostro eterno, maledetto particulare; continuavamo a sentirci dire che, a noi, la crisi ci fa un baffo; se ci avessero parlato di spread, probabilmente l’avremmo presa come un’offesa personale, tanto ignoravamo cosa fosse; ci crogiolavamo in un benessere virtuale ad esclusivo beneficio, però, delle sole agenzie di credito; vivevamo in una realtà boccaccesca che se ne sbatteva impunemente del “comune senso del pudore”.
Poi, improvvisamente, come improvviso sa essere solo un cataclisma, ci è stata sbattuta in faccia una realtà che nemmeno nei nostri peggiori incubi avremmo potuto immaginare; abbiamo passato l’estate a rincorrere “manovre” che ci impoverivano sempre di più; abbiamo incominciato a sentir parlare di “baratro”, mentre la nostra cugina e maestra di Civiltà d’oltre Adriatico, in quel baratro, c’era già finita; abbiamo visto sparire i sorrisi compiacenti di chi ci aveva fino ad allora “rassicurato” e, unica cosa positiva, non ne abbiamo più visti in televisione.
Forse, in quel momento drammatico, abbiamo incominciato a renderci conto che eravamo tutti nella stessa barca; che eravamo un popolo unito da disgrazie apocalittiche; che l’era carnascialesca era finita; che era giunta l’ora di metterci a fare le cose serie, come lo fecero i nostri avi all’epoca della Banca Romana, di Caporetto e dell’8 settembre; non era più tempo di sceneggiate: era quello della serietà.
Ed, a mio avviso, è stato proprio questo brusco risveglio (sai, come quando ti gettano una secchiata d’acqua gelida in faccia!) a farci prendere coscienza che centocinquanta anni non potevano essere gettati nel secchione dell’immondizia, solo perché eravamo stati tanto idioti da farci imbonire da una manica di incompetenti (e pure truffaldini) e, per di più, anche tanto ingenui da votarli.
Non so se questo risveglio, questa presa di coscienza si sia visualizzata, concretata in un turbinio di bandiere; non lo credo, perché non è nell’indole dell’Italiano abbandonarsi a scene di giubilo quando ha i parafanghi a terra o quando ha preso coscienza che è giunta l’ora di fare le cose serie; però, aldilà del turbinio, è indubbio che abbiamo avuto la forza di metterci i guantoni ed abbiamo incominciato a prendere a pugni lo spread, S&P, e tutti quegli altri uccellacci che ci svolazzavano sopra la testa, in attesa della nostra, inevitabile e miserabile fine.
Questo primo round lo abbiamo vinto, nonostante i tanti sganassoni che abbiamo dovuto incassare, a cominciare da quelli portati al nostro conto corrente; ma l’incontro non è ancora finito, anzi ci aspetta forse il peggio, rappresentato dai potentati di tutti coloro che, direttamente o no, ci si ingrassano, primi fra tutti i partiti ed i sindacati.
Io però sono fiducioso, perché non credo che l’Italiano sia un popolo di solo pizza e mandolino; e chissà se, ora che abbiamo conosciuto ed apprezzato “l’altra faccia della medaglia”, ora che è apparso l’arcobaleno, i prossimi 150 anni saranno migliori!
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
E i presupposti c’erano tutti, a cominciare dal flebile afflato patriottico che decenni di menefreghismo generalizzato avevano inculcato nel popolo italiano.
Diciamoci pure in tutta onestà che l’alba del 17 marzo 2011 non può essere annoverata tra quelle più “radiose” della nostra pur breve storia unitaria: eravamo più che mai ranturcinati nella salvaguardia del nostro eterno, maledetto particulare; continuavamo a sentirci dire che, a noi, la crisi ci fa un baffo; se ci avessero parlato di spread, probabilmente l’avremmo presa come un’offesa personale, tanto ignoravamo cosa fosse; ci crogiolavamo in un benessere virtuale ad esclusivo beneficio, però, delle sole agenzie di credito; vivevamo in una realtà boccaccesca che se ne sbatteva impunemente del “comune senso del pudore”.
Poi, improvvisamente, come improvviso sa essere solo un cataclisma, ci è stata sbattuta in faccia una realtà che nemmeno nei nostri peggiori incubi avremmo potuto immaginare; abbiamo passato l’estate a rincorrere “manovre” che ci impoverivano sempre di più; abbiamo incominciato a sentir parlare di “baratro”, mentre la nostra cugina e maestra di Civiltà d’oltre Adriatico, in quel baratro, c’era già finita; abbiamo visto sparire i sorrisi compiacenti di chi ci aveva fino ad allora “rassicurato” e, unica cosa positiva, non ne abbiamo più visti in televisione.
Forse, in quel momento drammatico, abbiamo incominciato a renderci conto che eravamo tutti nella stessa barca; che eravamo un popolo unito da disgrazie apocalittiche; che l’era carnascialesca era finita; che era giunta l’ora di metterci a fare le cose serie, come lo fecero i nostri avi all’epoca della Banca Romana, di Caporetto e dell’8 settembre; non era più tempo di sceneggiate: era quello della serietà.
Ed, a mio avviso, è stato proprio questo brusco risveglio (sai, come quando ti gettano una secchiata d’acqua gelida in faccia!) a farci prendere coscienza che centocinquanta anni non potevano essere gettati nel secchione dell’immondizia, solo perché eravamo stati tanto idioti da farci imbonire da una manica di incompetenti (e pure truffaldini) e, per di più, anche tanto ingenui da votarli.
Non so se questo risveglio, questa presa di coscienza si sia visualizzata, concretata in un turbinio di bandiere; non lo credo, perché non è nell’indole dell’Italiano abbandonarsi a scene di giubilo quando ha i parafanghi a terra o quando ha preso coscienza che è giunta l’ora di fare le cose serie; però, aldilà del turbinio, è indubbio che abbiamo avuto la forza di metterci i guantoni ed abbiamo incominciato a prendere a pugni lo spread, S&P, e tutti quegli altri uccellacci che ci svolazzavano sopra la testa, in attesa della nostra, inevitabile e miserabile fine.
Questo primo round lo abbiamo vinto, nonostante i tanti sganassoni che abbiamo dovuto incassare, a cominciare da quelli portati al nostro conto corrente; ma l’incontro non è ancora finito, anzi ci aspetta forse il peggio, rappresentato dai potentati di tutti coloro che, direttamente o no, ci si ingrassano, primi fra tutti i partiti ed i sindacati.
Io però sono fiducioso, perché non credo che l’Italiano sia un popolo di solo pizza e mandolino; e chissà se, ora che abbiamo conosciuto ed apprezzato “l’altra faccia della medaglia”, ora che è apparso l’arcobaleno, i prossimi 150 anni saranno migliori!
Un abbraccio a Tutti,
Ettore.
domenica 18 marzo 2012
Un traguardo
Oggi, 18 marzo 2012, Carlo Gibelino, al compimento del suo 63° anno, transita nell’Ausiliaria: con Lui, ha termine la presenza degli Ufficiali dell’Esercito del 150° Corso “Montello” in Servizio attivo: a Lui, il Nostro ringraziamento per la signorilità con cui ha saputo essere il Nostro CapoCorso.
E’ un momento decisamente significativo ed importante per Noi tutti; si chiude definitivamente un ciclo che ci ha visto (Varie Armi, Automobilisti, Amministratori e Sussistenti) protagonisti all’interno della Forza Armata, cui abbiamo dedicato una gran parte della nostra vita: oggi, abbiamo tagliato un traguardo!
Il momento, quindi, non deve essere di tristezza, perché solo chi non lascia “eredità” è condannato ad essere triste; Noi, invece, dobbiamo essere orgogliosi per quello che abbiamo fatto e per come lo abbiamo fatto.
Niente rimpianti, allora e chiudiamo questa parentesi con lo stesso spirito con cui l’avevamo aperta quarantaquattro anni fa, avendo sempre nel cuore i nostri Amici cui la Sorte non ha concesso questa opportunità.
Q.d.B.
E’ un momento decisamente significativo ed importante per Noi tutti; si chiude definitivamente un ciclo che ci ha visto (Varie Armi, Automobilisti, Amministratori e Sussistenti) protagonisti all’interno della Forza Armata, cui abbiamo dedicato una gran parte della nostra vita: oggi, abbiamo tagliato un traguardo!
Il momento, quindi, non deve essere di tristezza, perché solo chi non lascia “eredità” è condannato ad essere triste; Noi, invece, dobbiamo essere orgogliosi per quello che abbiamo fatto e per come lo abbiamo fatto.
Niente rimpianti, allora e chiudiamo questa parentesi con lo stesso spirito con cui l’avevamo aperta quarantaquattro anni fa, avendo sempre nel cuore i nostri Amici cui la Sorte non ha concesso questa opportunità.
Q.d.B.
sabato 17 marzo 2012
Quo usque tandem abutere...?
L'esecrazione e' il sentimento che sento di condividere, assieme con la rabbia , verso tutte quelle autorità indiane che- con spocchia nazionalista- stanno tenendo in carcere due nostri Militari.
Che gli abitanti dell' India, Paese per troppi anni assoggettato alla dominazione inglese e, di quell' Impero, tributari di tanti atteggiamenti presupponenti, siano spocchiosi, nessuno può metterlo in discussione. Mente raffinata e pronta, l' Indiano ha grandi capacità e straordinarie potenzialità: non per niente sono indiani i migliori medici, ingegneri, matematici e fisici impiegati in Europa ed in America per lo sviluppo di delicati progetti.
Resta in molti di essi , però, il carattere indigesto delle origini e, almeno per me, appaiono spesso antipatici. E lo sono, la parte per un tutto, coloro che oggi reggono le fila di un orgoglio nazionalista vilipeso senza certezze.
Chi detiene il potere sta sfruttando, a fini politici, una vicenda i cui lati oscuri non danno per scontata la colpevolezza dei nostri Fanti di Marina. La perizia alla quale sono sottoposte da troppi giorni le armi prosegue con esasperante lentezza, così come lascia adito a molti dubbi l' ulteriore periodo di quindici giorni che trascorrerà dal 16 marzo per l' accertamento della Verità.
E la Verità e', credo, che sia la grande assente dalla loro Volontà; l' impegno diplomatico messo in campo dall' Italia - che ha coinvolto le autorità di altre Nazioni per un addolcimento delle posizioni ed una fluidificazione dei rapporti- avrebbe potuto far trapelare messaggi di speranza a favore di una soluzione mirata della Crisi. Gli elementi prognostici positivi c' erano tutti e si sono ulteriormente rafforzati; manca, purtroppo, la prova che essi siano stati recepiti da una Nazione che vuole solo affermare un ruolo internazionale che, di fatto, non le e' stato ancora attribuito, pur essendovi, nella sostanza, tutti i presupposti affinché ciò accada.
Mi sarei aspettato che, in questo contesto favorevole, il Paese avesse avuto una lungimiranza tale da farGli guadagnare consensi piuttosto che inimicizie. Ma i lati del carattere devono indurre i Reggitori di quella grande Nazione a mantenere inalterati i tratti della più esacerbata contrapposizione al buon senso.
Che la politica diplomatica dell' Italia possa portare a risultati concreti e' un auspicio che coltivo ed incentivo, certo come sono che la compostezza istituzionale premia sempre. Il tono della dichiarazione di oggi, 16 marzo, con la quale le indagini vengono prorogate per almeno 15 giorni, mi induce, però, a proporre una modesta quanto economica forma di " ribellione " al modo con cui l' India allontana il momento della Verità , dando in pasto alla propria opinione pubblica la certezza di un omicidio compiuto dai Militari italiani, pur in assenza di prove .
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
Che gli abitanti dell' India, Paese per troppi anni assoggettato alla dominazione inglese e, di quell' Impero, tributari di tanti atteggiamenti presupponenti, siano spocchiosi, nessuno può metterlo in discussione. Mente raffinata e pronta, l' Indiano ha grandi capacità e straordinarie potenzialità: non per niente sono indiani i migliori medici, ingegneri, matematici e fisici impiegati in Europa ed in America per lo sviluppo di delicati progetti.
Resta in molti di essi , però, il carattere indigesto delle origini e, almeno per me, appaiono spesso antipatici. E lo sono, la parte per un tutto, coloro che oggi reggono le fila di un orgoglio nazionalista vilipeso senza certezze.
Chi detiene il potere sta sfruttando, a fini politici, una vicenda i cui lati oscuri non danno per scontata la colpevolezza dei nostri Fanti di Marina. La perizia alla quale sono sottoposte da troppi giorni le armi prosegue con esasperante lentezza, così come lascia adito a molti dubbi l' ulteriore periodo di quindici giorni che trascorrerà dal 16 marzo per l' accertamento della Verità.
E la Verità e', credo, che sia la grande assente dalla loro Volontà; l' impegno diplomatico messo in campo dall' Italia - che ha coinvolto le autorità di altre Nazioni per un addolcimento delle posizioni ed una fluidificazione dei rapporti- avrebbe potuto far trapelare messaggi di speranza a favore di una soluzione mirata della Crisi. Gli elementi prognostici positivi c' erano tutti e si sono ulteriormente rafforzati; manca, purtroppo, la prova che essi siano stati recepiti da una Nazione che vuole solo affermare un ruolo internazionale che, di fatto, non le e' stato ancora attribuito, pur essendovi, nella sostanza, tutti i presupposti affinché ciò accada.
Mi sarei aspettato che, in questo contesto favorevole, il Paese avesse avuto una lungimiranza tale da farGli guadagnare consensi piuttosto che inimicizie. Ma i lati del carattere devono indurre i Reggitori di quella grande Nazione a mantenere inalterati i tratti della più esacerbata contrapposizione al buon senso.
Che la politica diplomatica dell' Italia possa portare a risultati concreti e' un auspicio che coltivo ed incentivo, certo come sono che la compostezza istituzionale premia sempre. Il tono della dichiarazione di oggi, 16 marzo, con la quale le indagini vengono prorogate per almeno 15 giorni, mi induce, però, a proporre una modesta quanto economica forma di " ribellione " al modo con cui l' India allontana il momento della Verità , dando in pasto alla propria opinione pubblica la certezza di un omicidio compiuto dai Militari italiani, pur in assenza di prove .
Ed allora, fino alla conclusione delle indagini, disabituiamoci a comprare i prodotti realizzati in India.
E dal nostro Blog, questo messaggio giunga agli organi di informazione affinché - nel segno del rispetto verso le attività intense della Diplomazia- giunga ai nostri Militari, allo stato innocenti e trattenuti illecitamente, l' affetto del 150* Corso “Montello”, dei nostri Familiari che intendono così abbracciare i loro e tutti i Marinai d' Italia, sicuramente provati ed offesi da un siffatto comportamento.Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
lunedì 12 marzo 2012
Il re è nudo?
Se la mia memoria –inevitabilmente, oramai, sempre più succube della senilità incipiente- non mi inganna, mi sembra che gli eventi di portata internazionale più recenti che hanno visto l’Italia protagonista in prima persona siano essenzialmente due: la Conferenza di Monaco del ’38 ed i “Trattati di Roma” del ’57.
I risultati prodotti dalla prima sono stati sottoposti al vaglio inesorabile e tremendo della 2^ Guerra Mondiale; quelli dei secondi li stiamo sperimentando ancora oggi e, specie in questi tempi, anche sulla nostra pelle.
Da allora: più niente!
Sì ci siamo seduti in tantissimi “consessi” internazionali; abbiamo avuto anche un Segretario Generale della NATO; diversi nostri “generaloni”, dopo aver lasciato il servizio attivo, vanno ad occupare poltrone di prestigio a Bruxelles...ma, in termini di peso, in campo internazionale diciamo che siamo piuttosto scarsini o, se vogliamo autoflaggellarci, contiamo come il “due di briscola” o, se vogliamo esser più buoni, siamo andati sempre a rimorchio, il più delle volte per far fare agli altri quello che avremmo dovuto far noi (vds. “l’ombrello NATO”).
I recenti fatti di questi ultimi giorni hanno riproposto, in tutta la loro drammaticità, la diffusa sensazione (o certezza?) che, a noi, al di là dei sorrisi ipocriti degli incontri ufficiali, nun ce se fila nessuno, nel senso che, fintanto che si tratta di tarallucci e vino, veniamo invitati, certe volte anche blanditi; ma, quando si tratta di passare alle cose serie, allora ridiventiamo la solita “cenerentola” che non si può né si deve invitare nei palazzi buoni.
Del caso dei due marò, abbiamo già disquisito troppo, avendolo inquadrato nel solo contesto del Diritto internazionale ma dimenticandoci di sottolineare il fatto che –complici i ben noti bizantinismi della politica italiana- una potenza egemone come l’India –che vuole dimostrare al mondo di avere i muscoli- ci ha fatto fare la figura degli sprovveduti (eufemismo), creduloni e pasticcioni.
Nel caso dell'ingegnere di Gattinara, questa figura si è trasformata agli occhi del mondo in vera e propria patente di inaffidabilità; non voglio né ho la competenza per disquisire sul ruolo dei nostri Servizi, anche perché, di quell'universo, meno si sa e meglio è e pure giustamente. Quello che lascia perplessi, tuttavia, è la "sorpresa" con cui è stato colto l'intero apparato politico-diplomatico che, da sempre, si è arrogato il diritto di essere il gestore di qualsiasi crisi a carattere internazionale; magari, sarà pure giusto così, però, per farlo in maniera efficace ed efficiente, bisogna disporre di idee chiare e di tanta umiltà per andare in giro, in patria e fuori, a raccogliere notizie utili. Invece (ma non solo in questo caso), si ha la sgradevole sensazione che la LAP prescelta sia sempre quella di un attendeismo snervante, sempre con il sorriso per non "irritare" e con una mano sul portafogli; fra qualche giorno, della vicenda, non se ne parlerà più: verranno convocati "tavoli", verrà nominato qualche altro "coordinatore", magari cadrà pure qualche testa ma, alla fine, i cerchi provocati dal sasso si smorzerannno, le acque ritorneranno stagne...in attesa dl prossimo affaire!
Con molta amarezza, bisogna riconoscere che hanno agito come avrebbe agito chiunque conoscesse la nostra idiosincrasia “alla violenza” e, per contro, la nostra propensione a pagare i riscatti, salvo smentire “categoricamente” a liberazione avvenuta; ragazzi, la guerra (anche se limitata ad un blitz) è una cosa troppo seria per farla, condividendola con chi non ha nessuna intenzione di farla!
Non possiamo pretendere di essere coinvolti nelle decisioni importanti se non siamo in grado di fare quel salto di qualità che ci consenta di parlare la stessa lingua degli altri; è pur vero che anche gli altri, quando non c’è possibilità di usare la forza, probabilmente pagano il riscatto: ma, almeno, prima ci provano!
Né, a mio avviso, possiamo scaricare tutto sulle spalle dell’attuale Governo, visto che eredita una prassi consolidata negli anni, anche se nella vicenda dei marò le sue cazzatelle le ha fatte in proprio; considerato, però, che, oramai, i rapimenti e la pirateria, sono diventati una vera e propria industria di autofinanziamento, bisognerà pure incominciare a darsi una regolata ed uscire dal consueto buonismo che, per gli altri, sa tanto di incapacità, per non dire di peggio.
Magari, facendo pure un pensierino al fatto che, di questo passo, di sovranità nazionale, ce ne resterà sempre di meno!
Un abbraccio ecumenico,
Ettore.
Da allora: più niente!
Sì ci siamo seduti in tantissimi “consessi” internazionali; abbiamo avuto anche un Segretario Generale della NATO; diversi nostri “generaloni”, dopo aver lasciato il servizio attivo, vanno ad occupare poltrone di prestigio a Bruxelles...ma, in termini di peso, in campo internazionale diciamo che siamo piuttosto scarsini o, se vogliamo autoflaggellarci, contiamo come il “due di briscola” o, se vogliamo esser più buoni, siamo andati sempre a rimorchio, il più delle volte per far fare agli altri quello che avremmo dovuto far noi (vds. “l’ombrello NATO”).
I recenti fatti di questi ultimi giorni hanno riproposto, in tutta la loro drammaticità, la diffusa sensazione (o certezza?) che, a noi, al di là dei sorrisi ipocriti degli incontri ufficiali, nun ce se fila nessuno, nel senso che, fintanto che si tratta di tarallucci e vino, veniamo invitati, certe volte anche blanditi; ma, quando si tratta di passare alle cose serie, allora ridiventiamo la solita “cenerentola” che non si può né si deve invitare nei palazzi buoni.
Del caso dei due marò, abbiamo già disquisito troppo, avendolo inquadrato nel solo contesto del Diritto internazionale ma dimenticandoci di sottolineare il fatto che –complici i ben noti bizantinismi della politica italiana- una potenza egemone come l’India –che vuole dimostrare al mondo di avere i muscoli- ci ha fatto fare la figura degli sprovveduti (eufemismo), creduloni e pasticcioni.
Nel caso dell'ingegnere di Gattinara, questa figura si è trasformata agli occhi del mondo in vera e propria patente di inaffidabilità; non voglio né ho la competenza per disquisire sul ruolo dei nostri Servizi, anche perché, di quell'universo, meno si sa e meglio è e pure giustamente. Quello che lascia perplessi, tuttavia, è la "sorpresa" con cui è stato colto l'intero apparato politico-diplomatico che, da sempre, si è arrogato il diritto di essere il gestore di qualsiasi crisi a carattere internazionale; magari, sarà pure giusto così, però, per farlo in maniera efficace ed efficiente, bisogna disporre di idee chiare e di tanta umiltà per andare in giro, in patria e fuori, a raccogliere notizie utili. Invece (ma non solo in questo caso), si ha la sgradevole sensazione che la LAP prescelta sia sempre quella di un attendeismo snervante, sempre con il sorriso per non "irritare" e con una mano sul portafogli; fra qualche giorno, della vicenda, non se ne parlerà più: verranno convocati "tavoli", verrà nominato qualche altro "coordinatore", magari cadrà pure qualche testa ma, alla fine, i cerchi provocati dal sasso si smorzerannno, le acque ritorneranno stagne...in attesa dl prossimo affaire!
Con molta amarezza, bisogna riconoscere che hanno agito come avrebbe agito chiunque conoscesse la nostra idiosincrasia “alla violenza” e, per contro, la nostra propensione a pagare i riscatti, salvo smentire “categoricamente” a liberazione avvenuta; ragazzi, la guerra (anche se limitata ad un blitz) è una cosa troppo seria per farla, condividendola con chi non ha nessuna intenzione di farla!
Non possiamo pretendere di essere coinvolti nelle decisioni importanti se non siamo in grado di fare quel salto di qualità che ci consenta di parlare la stessa lingua degli altri; è pur vero che anche gli altri, quando non c’è possibilità di usare la forza, probabilmente pagano il riscatto: ma, almeno, prima ci provano!
Né, a mio avviso, possiamo scaricare tutto sulle spalle dell’attuale Governo, visto che eredita una prassi consolidata negli anni, anche se nella vicenda dei marò le sue cazzatelle le ha fatte in proprio; considerato, però, che, oramai, i rapimenti e la pirateria, sono diventati una vera e propria industria di autofinanziamento, bisognerà pure incominciare a darsi una regolata ed uscire dal consueto buonismo che, per gli altri, sa tanto di incapacità, per non dire di peggio.
Magari, facendo pure un pensierino al fatto che, di questo passo, di sovranità nazionale, ce ne resterà sempre di meno!
Un abbraccio ecumenico,
Ettore.
sabato 10 marzo 2012
Cose tristi, cose strane
Il Papa ha scritto recentemente una lettera per la Quaresima.
Con essa il Santo Padre ci invita a rinnovare il nostro cammino di fede, ricordandoci che occorre prestare attenzione gli uni agli altri per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone.
L’invito rivoltoci è quello di fissare lo sguardo verso gli altri, a non essere indifferenti alla loro sorte, dimostrandoci aperti negli atteggiamenti di fraternità, solidarietà, giustizia, misericordia e compassione. Dovremmo desiderare, secondo questi sani ed antichi principi, insegnatici dai nostri Genitori, il bene fisico, morale e spirituale per l’ altro, allo scopo di ottenere la Sua e la nostra salvezza.
In conclusione il Papa ci spinge a considerare la chiamata universale alla Santità mentre aspettiamo il giorno senza tramonto di Dio. Il tempo che ci è dato, è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene. Purtroppo, dice il Santo Padre, è sempre presente la tentazione di essere tiepidi e di rifiutare di “trafficare i talenti” che ci sono donati per il bene altrui.
Questa riflessione che Vi ho sottoposto nasce dalla mia personale necessità di effettuare, in un giorno in cui sono triste, un percorso catartico che mi liberi dal dolore e dalla meraviglia provocatimi da due eventi recenti.
Ho appreso, infatti della morte di un caro Amico del corso frequentato alla Scuola Militare Nunziatella, il prof. Franco Leone. Serio, stimato ed apprezzato ginecologo napoletano, è stato investito sulle strisce pedonali di via Cilea, in Napoli, da un motociclista che, evidentemente, aveva fretta. La morte è un aspetto ineludibile della nostra vita ma, quando colpisce una persona cara, un amico, un conoscente provoca sentimenti di grande vuoto, di rabbia, di protesta quasi, verso una Volontà, un Disegno, una Traccia ai quali non è possibile opporsi, occorrendo chinare il capo. Eppure Franco Leone era un buono, un generoso, un onesto e, da ragazzi, mi aveva fatto del bene spirituale, meritando la mia riconoscenza ed il mio affetto. Requiescat in pace.
L’altro episodio che mi ha rattristato, destando la meraviglia mia e di tantissimi che lo conoscono, riguarda un mio valido, brillante collaboratore degli ultimi anni di servizio. Quarantaduenne, sposato con una bella donna e padre di tre figli, egli ha deciso di fare outing. Sfidando le regole, ormai ingessate e desuete, della moralità e del buon gusto, egli ha lasciato la famiglia, andando a convivere con un assistente. Manca l’ apostrofo perché la separazione è avvenuta a favore ( ? ) di un maschio , medico civile con il quale, cagnolino al guinzaglio, passeggia teneramente, mano nella sua mano, per le vie di questa città fredda, ormai abituata a tutto. E’ giusto che una famiglia serena, per come ne avevo conoscenza, si è spaccata per una situazione così, a mio modo di vedere, strana ? E’ il nuovo modo di essere, è il nuovo modo di sentire.
Ed allora, di fronte a queste cose, torna veramente utile l’esortazione di S.S. Benedetto XVI in tempo di Quaresima: accogliamo la Grazia che Dio ci ha donato affinchè illumini e guidi tutte le nostre azioni.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
L’invito rivoltoci è quello di fissare lo sguardo verso gli altri, a non essere indifferenti alla loro sorte, dimostrandoci aperti negli atteggiamenti di fraternità, solidarietà, giustizia, misericordia e compassione. Dovremmo desiderare, secondo questi sani ed antichi principi, insegnatici dai nostri Genitori, il bene fisico, morale e spirituale per l’ altro, allo scopo di ottenere la Sua e la nostra salvezza.
In conclusione il Papa ci spinge a considerare la chiamata universale alla Santità mentre aspettiamo il giorno senza tramonto di Dio. Il tempo che ci è dato, è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene. Purtroppo, dice il Santo Padre, è sempre presente la tentazione di essere tiepidi e di rifiutare di “trafficare i talenti” che ci sono donati per il bene altrui.
Questa riflessione che Vi ho sottoposto nasce dalla mia personale necessità di effettuare, in un giorno in cui sono triste, un percorso catartico che mi liberi dal dolore e dalla meraviglia provocatimi da due eventi recenti.
Ho appreso, infatti della morte di un caro Amico del corso frequentato alla Scuola Militare Nunziatella, il prof. Franco Leone. Serio, stimato ed apprezzato ginecologo napoletano, è stato investito sulle strisce pedonali di via Cilea, in Napoli, da un motociclista che, evidentemente, aveva fretta. La morte è un aspetto ineludibile della nostra vita ma, quando colpisce una persona cara, un amico, un conoscente provoca sentimenti di grande vuoto, di rabbia, di protesta quasi, verso una Volontà, un Disegno, una Traccia ai quali non è possibile opporsi, occorrendo chinare il capo. Eppure Franco Leone era un buono, un generoso, un onesto e, da ragazzi, mi aveva fatto del bene spirituale, meritando la mia riconoscenza ed il mio affetto. Requiescat in pace.
L’altro episodio che mi ha rattristato, destando la meraviglia mia e di tantissimi che lo conoscono, riguarda un mio valido, brillante collaboratore degli ultimi anni di servizio. Quarantaduenne, sposato con una bella donna e padre di tre figli, egli ha deciso di fare outing. Sfidando le regole, ormai ingessate e desuete, della moralità e del buon gusto, egli ha lasciato la famiglia, andando a convivere con un assistente. Manca l’ apostrofo perché la separazione è avvenuta a favore ( ? ) di un maschio , medico civile con il quale, cagnolino al guinzaglio, passeggia teneramente, mano nella sua mano, per le vie di questa città fredda, ormai abituata a tutto. E’ giusto che una famiglia serena, per come ne avevo conoscenza, si è spaccata per una situazione così, a mio modo di vedere, strana ? E’ il nuovo modo di essere, è il nuovo modo di sentire.
Ed allora, di fronte a queste cose, torna veramente utile l’esortazione di S.S. Benedetto XVI in tempo di Quaresima: accogliamo la Grazia che Dio ci ha donato affinchè illumini e guidi tutte le nostre azioni.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
mercoledì 7 marzo 2012
Fidei et morum offensiva
Datemi pure dell’ignorante matricolato, però, quando il buon Oliviero mi ha mandato una notizia che riguardava un evento che si sarebbe dovuto tenere in un locale di Mezzolombardo, la mia prima reazione è stata: ma ‘ndo ..... stà Mezzolombardo?!
Fortunatamente, Giggetto ( anche lui “buon”) mi è venuto in pietoso aiuto e, facendo leva sulle sue reminiscenze di quando era mangravio di quelle terre, mi ha illuminato dicendomi che il luogo si trova tra le province di Trento e di Bolzano ed è rinomato per le mele e per lo speck; non mi ha spiegato, però, perché è “mezzo” e, soprattutto, perché è “lombardo”: forse, bisogna aver frequentato più master per accedere a simili livelli di conoscenza!
Accatastata la località, veniamo all’evento.
Una parte del locale “Comitato parrocchiale”, d’intesa con il Parroco, ha vietato alla scienziata Margherita Hack la presentazione del suo ultimo libro “La stella più lontana”, su “bioetica e testamento biologico”, il prossimo 6 aprile presso il Teatro “San Pietro”, di proprietà del Comune ma gestito dal citato Comitato; la motivazione del gran rifiuto è stata che “le tematiche trattate nel libro sono incompatibili con lo statuto di gestione del teatro che specifica che non si possano tenere manifestazioni che offendano la morale cattolica”.
A parte il fatto che mi riesce veramente difficile capire come un “gestore privato” possa impedire l’uso di un bene di proprietà pubblica, colpisce l’intransigenza fondamentalista di quei signori che, almeno nel mondo occidentale, sembrava essere solo un (brutto) ricordo dei secoli bui ed atroci della “Santa Inquisizione”.
Non vi è dubbio che, essendo il 6 aprile Venerdì Santo, affrontare argomenti del genere appare, per chi ci crede, quantomeno inopportuno; come non vi è dubbio che, da un’atea dichiarata e convinta come la Hack , non ci possa né ci si debba aspettare che parli come un Cardinale; però, da questo, ad impedirle di esprimere la propria opinione su temi di tale rilevanza, ce ne passa e pure tanto: a mio avviso, è bigottismo puro o, se vogliamo essere più aulici, è una vera e propria messa all’Indice!
Questo micro-avvenimento che avviene in un micro-cosmo come quello in riferimento, mi fa pensare che, nonostante le sbandierate “aperture”, la Chiesa cattolica o una parte dei Suoi rappresentanti non riesca a scrollarsi da dosso quella patina di “superiorità” che ha condizionato l’esistenza di miliardi di persone nei secoli e che ha prodotto scismi devastanti, massacri indiscriminati ed ignoranza diffusa.
Io mi ritengo un “cattolico”, certo non “buon” ma piuttosto “moderno”, aperto cioè al confronto delle idee, all’ascoltare chi la pensa diversamente da me, a valutare le sue ragioni nell’ottica che solo così ci si possa avvicinare a quella Conoscenza che, purtroppo, è negata alla limitata mente umana.
Perché, mi chiedo, non dovrei ascoltare quello che ha da dire un ateo su temi che investono la Vita e la Morte?! Perché mi devo far condizionare da pregiudizi manichei?! Mica è detto che mi farò convincere tanto facilmente, dal momento che sono convinto della giustezza delle mie idee!
Invece, i bigotti temono il confronto –forse perché hanno solo un’infarinatura in quanto ad “idee”-, ricorrono all’arma dell’ostracismo, si rinchiudono in un guscio oltransista impenetrabile e...sono condannati ad un’ignoranza perpetua.
Si legge da più parti di “crisi delle vocazioni”, di “chiese vuote”, di “secolarizzazione” ma se la Chiesa continua ad affidare il Suo messaggio a gente come quel Parroco e quei parrocchiani, temo che la crisi si aggraverà in maniera irreversibile; certo Mezzolombardo, famosa per le mele e per lo speck, non è che un delta dell’universo cattolico, però il segnale che ha mandato nelle vallate circostanti è veramente preoccupante: e pensare che siamo nel ventunesimo secolo!
Un abbraccio a tutti,
Ettore.
P.S.
In occasione dei funerali di Lucio Dalla, non è stato consentito di “accompagnare” in chiesa il feretro con le note di una delle sue tante, meravigliose canzoni; non credo che delle note “leggere” avrebbero offuscato la maestosità di un “gregoriano”, né che si sarebbe oltraggiata la sacralità del momento, né che l’Altissimo si sarebbe risentito: è stata solo un’ulteriore dimostrazione che “la rigidità dei principi rimane un dono finché non si trasforma nell’incapacità di sintonizzarsi sul sentimento comune" come, da par suo, ha sottolineato Massimo Gramellini.
Accatastata la località, veniamo all’evento.
Una parte del locale “Comitato parrocchiale”, d’intesa con il Parroco, ha vietato alla scienziata Margherita Hack la presentazione del suo ultimo libro “La stella più lontana”, su “bioetica e testamento biologico”, il prossimo 6 aprile presso il Teatro “San Pietro”, di proprietà del Comune ma gestito dal citato Comitato; la motivazione del gran rifiuto è stata che “le tematiche trattate nel libro sono incompatibili con lo statuto di gestione del teatro che specifica che non si possano tenere manifestazioni che offendano la morale cattolica”.
A parte il fatto che mi riesce veramente difficile capire come un “gestore privato” possa impedire l’uso di un bene di proprietà pubblica, colpisce l’intransigenza fondamentalista di quei signori che, almeno nel mondo occidentale, sembrava essere solo un (brutto) ricordo dei secoli bui ed atroci della “Santa Inquisizione”.
Non vi è dubbio che, essendo il 6 aprile Venerdì Santo, affrontare argomenti del genere appare, per chi ci crede, quantomeno inopportuno; come non vi è dubbio che, da un’atea dichiarata e convinta come la Hack , non ci possa né ci si debba aspettare che parli come un Cardinale; però, da questo, ad impedirle di esprimere la propria opinione su temi di tale rilevanza, ce ne passa e pure tanto: a mio avviso, è bigottismo puro o, se vogliamo essere più aulici, è una vera e propria messa all’Indice!
Questo micro-avvenimento che avviene in un micro-cosmo come quello in riferimento, mi fa pensare che, nonostante le sbandierate “aperture”, la Chiesa cattolica o una parte dei Suoi rappresentanti non riesca a scrollarsi da dosso quella patina di “superiorità” che ha condizionato l’esistenza di miliardi di persone nei secoli e che ha prodotto scismi devastanti, massacri indiscriminati ed ignoranza diffusa.
Io mi ritengo un “cattolico”, certo non “buon” ma piuttosto “moderno”, aperto cioè al confronto delle idee, all’ascoltare chi la pensa diversamente da me, a valutare le sue ragioni nell’ottica che solo così ci si possa avvicinare a quella Conoscenza che, purtroppo, è negata alla limitata mente umana.
Perché, mi chiedo, non dovrei ascoltare quello che ha da dire un ateo su temi che investono la Vita e la Morte?! Perché mi devo far condizionare da pregiudizi manichei?! Mica è detto che mi farò convincere tanto facilmente, dal momento che sono convinto della giustezza delle mie idee!
Invece, i bigotti temono il confronto –forse perché hanno solo un’infarinatura in quanto ad “idee”-, ricorrono all’arma dell’ostracismo, si rinchiudono in un guscio oltransista impenetrabile e...sono condannati ad un’ignoranza perpetua.
Si legge da più parti di “crisi delle vocazioni”, di “chiese vuote”, di “secolarizzazione” ma se la Chiesa continua ad affidare il Suo messaggio a gente come quel Parroco e quei parrocchiani, temo che la crisi si aggraverà in maniera irreversibile; certo Mezzolombardo, famosa per le mele e per lo speck, non è che un delta dell’universo cattolico, però il segnale che ha mandato nelle vallate circostanti è veramente preoccupante: e pensare che siamo nel ventunesimo secolo!
Un abbraccio a tutti,
Ettore.
P.S.
In occasione dei funerali di Lucio Dalla, non è stato consentito di “accompagnare” in chiesa il feretro con le note di una delle sue tante, meravigliose canzoni; non credo che delle note “leggere” avrebbero offuscato la maestosità di un “gregoriano”, né che si sarebbe oltraggiata la sacralità del momento, né che l’Altissimo si sarebbe risentito: è stata solo un’ulteriore dimostrazione che “la rigidità dei principi rimane un dono finché non si trasforma nell’incapacità di sintonizzarsi sul sentimento comune" come, da par suo, ha sottolineato Massimo Gramellini.
domenica 4 marzo 2012
De copulandum
Sembra, anzi è certo che un paio di aspiranti ragionieri di Bassano del Grappa alternino le sedute sui banchi con quelle “nei bagni”; i risultati delle prime non è dato conoscerli, mentre quelli delle seconde sono stati monetizzati in giorni di sospensione per entrambi i protagonisti, anche se in maniera asimmetrica.: a lei, novella Eva, molti di più!
L’episodio si presta a mio avviso ad un paio di considerazioni che sono strettamente connesse al periodo storico che sta vivendo la gioventù italica.
La prima (volutamente provocatoria) riguarda il fatto che, non di rado, delle adolescenti non si fanno scrupoli a immettere in rete loro video volgari; vanno in giro in una maniera che farebbe vergognare pure una chantosa; non esitano a concedersi. Se così è, sorge allora spontanea una domanda: ma quei due quindicenni che hanno fatto sesso (seppur a scuola), per il piacere, per desiderio, magari pure con un po’ d’amore, nascosti invece che esibendosi, erano da punire in maniera tanto severa? Non rappresentano, invece, quella “normalità” che sembra essersi smarrita nel rincoglionimento generale farcito di devianze di ogni genere? In fin dei conti, hanno solo obbedito alla Natura!
La seconda considerazione (decisamente più amarcord), parte da lontano, dai nostri tempi, quando eravamo giovani, quando andavamo a scuola e quando “ci tirava” da far invidia ad un toro. Ricordo che, al Liceo, le quattro ragazze che erano in classe con me indossavano un grembiule nero la cui lunghezza superava abbondantemente il ginocchio e che, quando erano sedute, arrivava quasi al pavimento; e, sinceramente, non ricordo se i bagni fossero di grandezza tale da consentire delle “camporelle” estemporanee. Quelle ragazze, quando dismettevano il grembiule nero, non è che si trasformassero tutte (o almeno quelle con il fisico giusto!) in femmes fatales o si abbandonassero a scene, diciamo così, poco acconce; no, anche con un paio di calzoni attillati ed un camicetta che “faceva immaginare tutto” incutevano e pretendevano rispetto: e non è che fossero tutte delle frigide!
Erano ragazze “acqua e sapone”, che si prendevano le prime cottarelle (come noi ci prendevamo le nostre); erano ragazze che, per farsi notare dall’oggetto del cuore, ammiccavano ingenuamente e non, invece, scoprivano la coscia.
Da troppo tempo, invece, da quando fu lanciato il famigerato grido di battaglia “l’utero e mio e me lo gestisco come voglio” le cose sono cambiate e, se permettete, non sono cambiate in meglio; quel grido, sempre a mio parere, non ha “emancipato”, non ha “liberato”, bensì ha reso la donna schiava di atteggiamenti comportamentali che le vengono imposti da tutta una serie di falsi profeti: da i social network, dalla maggior parte dei programmi televisivi, dall’ignoranza generalizzata in cui vivono, in buona compagnia dei maschietti.
Non mi piace né voglio fare del moralismo “tanto al chilo”, però ritengo che sia di tutta evidenza il fatto che la maggior parte della gioventù italica sia costituita da soggetti che hanno, volutamente o no, rinunciato ad essere giovani, nel senso che, storditi dal “nulla” che li circonda, bruciano le tappe di quella maturazione che è decisa ed imposta dalla Natura: a venti anni, sono già vecchi!
E badate, non è solo una questione “fisica”, perché, a ben vedere, perdere la verginità non ha mai ammazzato nessuno! E’, soprattutto, una questione morale, una di quelle questioni che condizionano la vita intera, sia nel privato come nel pubblico; perché, quando si arriva già interiormente “vecchi” all’età in cui si dovrebbe incominciare a vivere, a produrre, a costruire, penso che si incontreranno difficoltà praticamente insormontabili.
In conclusione, mi sento di poter affermare che il naturalissimo gesto dei due quindicenni aspiranti ragionieri, sia da condannare per il luogo e, soprattutto, per l’età: sempre che si sia trattato solo di quello e non nasconda, invece, i sintomi di un degrado morale ben peggiore ed irreversibile.
Ciao a tutti,
Ettore.
L’episodio si presta a mio avviso ad un paio di considerazioni che sono strettamente connesse al periodo storico che sta vivendo la gioventù italica.
La prima (volutamente provocatoria) riguarda il fatto che, non di rado, delle adolescenti non si fanno scrupoli a immettere in rete loro video volgari; vanno in giro in una maniera che farebbe vergognare pure una chantosa; non esitano a concedersi. Se così è, sorge allora spontanea una domanda: ma quei due quindicenni che hanno fatto sesso (seppur a scuola), per il piacere, per desiderio, magari pure con un po’ d’amore, nascosti invece che esibendosi, erano da punire in maniera tanto severa? Non rappresentano, invece, quella “normalità” che sembra essersi smarrita nel rincoglionimento generale farcito di devianze di ogni genere? In fin dei conti, hanno solo obbedito alla Natura!
La seconda considerazione (decisamente più amarcord), parte da lontano, dai nostri tempi, quando eravamo giovani, quando andavamo a scuola e quando “ci tirava” da far invidia ad un toro. Ricordo che, al Liceo, le quattro ragazze che erano in classe con me indossavano un grembiule nero la cui lunghezza superava abbondantemente il ginocchio e che, quando erano sedute, arrivava quasi al pavimento; e, sinceramente, non ricordo se i bagni fossero di grandezza tale da consentire delle “camporelle” estemporanee. Quelle ragazze, quando dismettevano il grembiule nero, non è che si trasformassero tutte (o almeno quelle con il fisico giusto!) in femmes fatales o si abbandonassero a scene, diciamo così, poco acconce; no, anche con un paio di calzoni attillati ed un camicetta che “faceva immaginare tutto” incutevano e pretendevano rispetto: e non è che fossero tutte delle frigide!
Erano ragazze “acqua e sapone”, che si prendevano le prime cottarelle (come noi ci prendevamo le nostre); erano ragazze che, per farsi notare dall’oggetto del cuore, ammiccavano ingenuamente e non, invece, scoprivano la coscia.
Da troppo tempo, invece, da quando fu lanciato il famigerato grido di battaglia “l’utero e mio e me lo gestisco come voglio” le cose sono cambiate e, se permettete, non sono cambiate in meglio; quel grido, sempre a mio parere, non ha “emancipato”, non ha “liberato”, bensì ha reso la donna schiava di atteggiamenti comportamentali che le vengono imposti da tutta una serie di falsi profeti: da i social network, dalla maggior parte dei programmi televisivi, dall’ignoranza generalizzata in cui vivono, in buona compagnia dei maschietti.
Non mi piace né voglio fare del moralismo “tanto al chilo”, però ritengo che sia di tutta evidenza il fatto che la maggior parte della gioventù italica sia costituita da soggetti che hanno, volutamente o no, rinunciato ad essere giovani, nel senso che, storditi dal “nulla” che li circonda, bruciano le tappe di quella maturazione che è decisa ed imposta dalla Natura: a venti anni, sono già vecchi!
E badate, non è solo una questione “fisica”, perché, a ben vedere, perdere la verginità non ha mai ammazzato nessuno! E’, soprattutto, una questione morale, una di quelle questioni che condizionano la vita intera, sia nel privato come nel pubblico; perché, quando si arriva già interiormente “vecchi” all’età in cui si dovrebbe incominciare a vivere, a produrre, a costruire, penso che si incontreranno difficoltà praticamente insormontabili.
In conclusione, mi sento di poter affermare che il naturalissimo gesto dei due quindicenni aspiranti ragionieri, sia da condannare per il luogo e, soprattutto, per l’età: sempre che si sia trattato solo di quello e non nasconda, invece, i sintomi di un degrado morale ben peggiore ed irreversibile.
Ciao a tutti,
Ettore.
giovedì 1 marzo 2012
Bellezza e vincoli dell'informazione condivisa
Aspetto che gli ottimi Registi del Blog predispongano un sistema di libera pubblicazione delle
“ Spigolature “, lasciando spazio così alla creatività dei mille e mille frequentatori della nostra palestra mediatica.
Leggo, però, con stupore, che in Facebook , luogo di incontro un po’ più accorsato, esiste un’attività, ben parametrata, di censura di alcune informazioni ed immagini.; tra di esse vi è la ripresa della donna che allatta. Ignoro quale sia la motivazione e spero che non sia dovuta a questioni offensive di qualche religione.
So per certo che alla dolcezza di un gesto naturale, mai collegato, nel nostro immaginario, a qualcosa che possa turbare le coscienze, nessuno ha mai pensato al Male.
Nel momento in cui si prevede una censura , penso che occorra chiedersi quale sia oggi, secondo la moda del momento, il confine tra il lecito e l’illecito, tra il puro ed il suo contrario, tra la ragione e la stupidità.
Confido in una risposta che solo Voi, attenti a percepire le novità ed a esprimere intorno ad esse ragionamenti persuasivi nella loro profondità , potete darmi.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti
Leggo, però, con stupore, che in Facebook , luogo di incontro un po’ più accorsato, esiste un’attività, ben parametrata, di censura di alcune informazioni ed immagini.; tra di esse vi è la ripresa della donna che allatta. Ignoro quale sia la motivazione e spero che non sia dovuta a questioni offensive di qualche religione.
So per certo che alla dolcezza di un gesto naturale, mai collegato, nel nostro immaginario, a qualcosa che possa turbare le coscienze, nessuno ha mai pensato al Male.
Nel momento in cui si prevede una censura , penso che occorra chiedersi quale sia oggi, secondo la moda del momento, il confine tra il lecito e l’illecito, tra il puro ed il suo contrario, tra la ragione e la stupidità.
Confido in una risposta che solo Voi, attenti a percepire le novità ed a esprimere intorno ad esse ragionamenti persuasivi nella loro profondità , potete darmi.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti
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