Si può onorare la memoria di Falcone e Borsellino degnamente solo con il coraggio della Verità come da loro insegnamento, pagato con il costo altissimo della vita. E la Verità rimane ancora nascosta nel silenzio dei fatti che sono accaduti.
Il contesto si alza ancor di più qualora si consideri che, a partire dagli anni ’90 ( prima delle stragi), l’apparato normativo ha tentato di adeguarsi ad una situazione che vedeva drammatica a causa dell’eliminazione fisica di eccellenti Uomini delle Istituzioni, in primis Carlo Alberto Dalla Chiesa, trucidato nel 1982 nella sua piccola A/112 insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo (una immagine indimenticabile collocata nella memoria di tutti noi).
Infatti, il Parlamento con la L. 410/91 converte il legge il D.L. 345/91 istituendo, nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, la Direzione Investigativa Antimafia su tre Reparti, “con il compito di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili all'associazione medesima”.
La collocazione di una Istituzione interforze nell’ambito del Dipartimento di PS lascia adito a qualche perplessità –lo si legge ampiamente nei lavori parlamentari introduttivi dove vengono manifestate forti resistenze- in quanto non garantendo più l’imparzialità (si ricordi che il Dipartimento ha compiti di Pubblica Sicurezza e non di Polizia Giudiziaria) fa sì che le tre Forze di Polizia mantengano al loro interno gli organismi preposti alla lotta alla C. O. ( Ros, Gico e Sco rispettivamente all’interno Arma Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato) che, invece, in un primo tempo, dovevano confluire nella neonata struttura per renderla compatta ed efficace.
Nasce, quindi, un altro Organismo in competizione con quelli già esistenti con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano della efficienza: duplicazioni, gelosie, frammentazione delle indagini, risultati parziali etc.. Tutte deficienze che diminuiscono l’attività di contrasto favorendo, di conseguenza, l’espandersi della criminalità organizzata (c. o.).
Nel contenuto del sopra enunciato art. 1 si nota, invece, l’intenzione certa e sicura che il Legislatore avrebbe voluto affidare ad un Organismo nuovo ed agile un’attività antimafia quasi perfetta. Infatti la Dia avrebbe dovuto condurre un’attività investigativa preventiva, con il I Reparto, (quasi paradossale in quanto investigazione e prevenzione appaiono termini in contraddizione tra loro, in realtà è stata una dizione lungimirante che qui, per brevità, non trattiamo ma della quale ai professionisti veri non può sfuggire l’importanza) nei confronti di tutta la c.o. per poi, una volta individuata, dedicarsi, sotto il profilo giudiziario, con il II Reparto Investigazioni Giudiziarie, al contrasto esclusivo dei “delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all’associazione medesima” .
Tutto ciò si coniugava in modo quasi esemplare con i tempi dettati dal Codice di Procedura Penale, appena varato. Ossia le indagini, avendo carattere preventivo, sfuggivano ai tempi dell’indagine preliminare in quanto, tutti sanno o dovrebbero sapere che l’individuazione di una organizzazione criminale, specie se mafiosa, richiede tempi piuttosto lunghi. Lo scopo non era quello di combattere il singolo reato di mafia ( estorsione, usura, riciclaggio) ma le organizzazioni mafiose nella loro interezza.
Non recidere il ramo ma giungere al tronco. Questo era l’intento nobile e geniale di Falcone che avrebbe dovuto precedere la nascita di un contestuale Organismo giudiziario.
Cosa accade invece? Accade che, metaforicamente, si è costruita una magnifica Ferrari che, per quella strana, curiosa dipendenza gerarchica, viene tenuta quasi permanentemente in garage. Di chi la colpa? Una colpa voluta od occasionale? E’ questo nostro tempo, un tempo di correzione o …. .
Mi rendo conto che i concetti espressi sono estremamente riassuntivi ma ritengo che, ad un eventuale dibattito, possano partecipare, pur su piani diversi, anche coloro che non hanno avuto specifiche esperienze di servizio.
Un abbraccio a Tutti,
Marcello Cranevali.
23 maggio 2012 , ore 1626,a Campobasso ,in macchina, ascolto il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, dr. Nicola Gratteri, in una intervista rilasciata ad una giornalista di Rai 1.
RispondiEliminaEgli interviene per affermare, testuali parole "la Dia e' un organo doppione che assorbe milioni di euro, dirigenti, ufficiali , agenti di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, impegnati ad effettuare, ormai ed esclusivamente, misure patrimoniali" . Struttura inutile che va smembrata con restituzione dei suoi addetti ai Corpi di appartenenza, per lavori più qualificati o, se specializzati, anche per ciò che oggi fanno.
Bontà sua.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
Caro Marcello, qualche giorno fa avevo accennato all'esagerato numero di organismi investigativi qualificati, ai loro eccessivi costi, alle inevitabili sovrapposizioni ed ingerenze (nonchè concorrenze) con deleterie conseguenze sugli stessi risultati investigativi. Abbiamo visto in questi giorni che, a seguito del gravissimo fatto di Brindisi, sono emersi addirittura contrasti fra le stesse Procure competenti, figuriamoci cosa può accadere quando sei o sette organismi di Polizia qualificati si precipitano su una stessa importante indagine..Fermo restando che il confine fra prevenzione e repressione non è poi così netto e che la repressione di per sè costitusce il miglior deterrente divenendo di fatto prevenzione a tutti gli effetti, non possiamo non constatare che la Direzione Investigativa Antimafia oltre a svolgere indagini dalicate sviluppa da sempre un intenso lavoro di studio e di "analisi" dei fenomeni mafiosi e della Criminalità organizzata in genere. E' noto che sul territorio, questo organismo, specie in fase investigativa, non può che operare con altre Forze di Polizia presenti sul territorio e con l'Arma dei Carabinieri in particolare, ramificata, come è noto, fino ai più remoti paesi di provincia, grazie alle sue circa cinquemila Stazioni. Spesso, è conseguenziale, che da ciò scaturiscano sovrapposizioni e "gelosie"(chiamiamole così). E' veramente necessaria la D.I.A.? Con tutti i costi che comporta per l'Economia nazionale (i cui appartenenti percepiscono, tra l'altro, una speciale, non tascurabile, indennità). Così, sui due piedi, valutando i pro ed i contro...credo non sia da ignorare la considerazione del Dr Gratteri, riportata da Carletto...forse quelle risorse di e mezzi sarebbero meglio impiegate nell'ambito delle strutture di Polizia tradizionali...Un caro saluto. Carlo MORI
RispondiEliminaQuanta ragione hai Carlino. Ma il mio intento resta quello di evidenziare come ed in quale modo uno strumento varato per contrastare efficacemente le mafie italiane e straniere, in realtà si sia ridotto praticamente ad attività di analisi (indubbiamente utile ma tanti sono quelli che la praticano; sapessti quante analisi induttive multifattoriali ho stilato!)e di contrasto ai patrimoni accumulati illecitamente. Le mafie dei "discorsi", scritti ed orali, ed anche di quelli urlati (ti ricorderai di quello sommo di Giovanni Paolo II°), non se ne occupano minimamente. Nè le analisi o le indagini patrimoniali (più proprie della Guardia di Finanza) sono attività specifiche della Dia contemplate per legge. La novità assoluta, e forse vincente, doveva proprio essere "l'investigazione preventiva" che non è nè analisi e nè intelligence. ceco di spiegarmi con un esempio: quando abbiamo iniziato un esame dei flussi monetari affetti da anomalie (nè furono tracciate 16 dalla Banca d'italia, se ben ricordo) ci si trovò di fronte ad ingentissime movimentazioni di danaro in Italia e da e per l'estero in Paesi altamente significativi. Erano talmente tante (qui non si parla di "operazioni sospette" che sono, come tu sai, ben altra cosa) che si decise di soffermarsi solo su quelle superiori a 50 miliardi di lire nel mese. Questo meccanismo di pre-investigazione non si sbloccò nemmeno quando in una favorevole occasione fu crudemente rappresentata alla massima carica istituzionale del momento, il quale rispose nettamente senza possibilità di repliche che " si doveva osservare la legge". Che significazione dai a questa risposta? Marcello Carnevali
EliminaCaro Marcello.....mi viene da pensare che il desiderio di evitare rogne o coinvolgimenti di qualsiasi tipo affonda le radici nella storia...pensa a Ponzio Pilato(grande precursore di questa linea di pensiero). D'altra parte, comunque, anche l'Autorità che venne investita, così sui due piedi, di un problema così importante, senza avere, probabilmente, cognizione tecnica delle procedure..potrebbe aver cercato, con quella frase la scappatoia che, al momento, appariva più facile. La situazione avrebbe dovuto, a parer mio, essere poi rappresentata -anche ripetutamente- nelle opportune sedi politiche, attraverso i normali canali. Questi problemi si sa, non sono comunque di facile soluzione. Quello delle sovrapposizioni nelle indagini nemmeno. Sia io che te (e tantissimi altri) ci abbiamo sbattuto il naso chissà quante volte. Ecco perchè il pensiero di Gratteri, secondo me, merita di essere preso in seria considerazione. Un abbraccio. Carlo MORI
RispondiEliminaNon sono in grado di esprimere una valutazione compiuta sulla necessità di avere più organismi istituzionali ai quali affidare compiti simili se non proprio gli stessi e, ad istinto, condivido le esternazioni di Carlo Mori. Colgo, però, dalle parole di Marcello due aspetti interessanti: il primo rigurda l'importanza di indagini patrimoniali e reddituali che presuppongono una specifica competenza; il secondo mette in evidenza il conflitto fra il dipendente operativo e la carica eletta quando si toccano cose o soggetti in qualche modo protetti. A tal proposito ricordo che il dott. Falcone veniva sistematicamente bocciato in tutte le cariche da lui richieste, sia in Procura che presso il CSM, quando la compagine giudicante aveva una componente laico/politica.
RispondiEliminaRingrazio Marcello per l'interessantissimo intervento.
Francesco
Per un attimo torniamo indietro nel tempo di 15 anni e volgiamo lo sguardo alle città nelle quali viviamo. Mi limito al solo aspetto visivo: oltre all'aumento del disagio sociale in genere, si nota una sempre più marcata presenza commerciale straniera che, in questo grave momento di crisi economoca, semba ancor più presente. In particolare (ma non solo) i negozi ed i ristoranti cinesi non si limitano più a determinate zone ( come, ad esempio, piazza Vittorio a Roma) ma si espandono nell'intera città. Con propri mezzi, con propri danari (loro banche che però non si vedono), con proprio personale etc.. Allora vi chiedo: può essere stato realizzato tutto questo senza una organizzazione? E senza un'organizzazione efficiente, particolarmente efficiente ( di quale natura? Con quali capitali visti che non sono i nostri?), si poteva realizzare tutto ciò? A quanto ammonta oggi quella fetta del commercio tolta agli italiani ma maturata sul suolo italiano senza colpo ferire? Come mai per loro non c'è crisi? Anzi sono in piena espansione. Credete forse che il governo cinese non sappia nulla di tutto questo? O piuttosto che si serva di queste forze per epandersi nel mondo? Certo è che le regole non sono state punto rispettate (sarebbe lungo ora parlarne, ma pensate al solo mondo del lavoro: si pensi ai costi di un nostro lavoratore e a quello di uno di loro): ma il singolo operatore cinese può fare tutto questo individualmente?. O c'è una regia, c'è un'organizzazone; c'è la triade ( e potremo parlarne specificatamente). Ma chi l'ha realmente contrastata? Le forze di polizia sul territorio non sanno neanche che cos'è la mafia cinese. Moltiplicate questo per le altre mafie straniere presenti (oggi è notizia che quella rumena, si è interessata del nostro calcio), oltre quelle nostrane, e possiamo iniziare a farci una idea di quello che ci sta accadendo. Provate oggi a quantificare quanto, in termine percentuale, può essere prezzata questa economia e quanta parte di essa ogni giorno lascia l'Italia, impoverendola mortalmente. Quello che dico è molto meno di quello che sta succedendo. Ho anche riferito che le mafie, esse stesse, tagliano immediatamente il ramo che l'investigazione ha scoperto. Evitano assolutamente che il ramo possa consentire di giungere al tronco. E la nostra legislazione favorisce tutto ciò in quanto "l'investigazione classica" corre dietro tempi ben scanditi. La Dia, o meglio la legge sulla Dia, aveva provveduto a considerare tutto questo; si era perfettamente resa conto che l'investigazione doveva andare oltre il singolo fatto reato, per colpire alla radice l'assetto criminale. Tutto ciò non è avvenuto e ancora non avviene. Falcone, Borsellino, sono persone singole e da soli sono stati soccombenti. Non si lotta singolarmente ( solo Ercole con la sua proverbiale forza poteva forse farlo). La Ferrari non viene tenuta in garage, essa è ben esposta, ma priva di carburante oppure senza un validi pilota. Ma la gente questo non lo sa. E tra la povertà intellettuale dei nostri Vertici che pensano alle loro carriere, le mafie prosperano in modo esponenziale. Se vi sarà la curiosità di qualcuno, potremo anche ragionare sulle cause che non consentono un contrasto serio, pur in presenza di una legislazione che lo consentirebbe.
RispondiEliminaCaro Marcello, la mia curiosità c'è ed è tanta e se come tu dici non è un problema di legislazione vigente chi tira il freno?
RispondiEliminaFrancesco
Caro Francesco, risponde Ettore con il suo "pezzo" su Moderazione o Ignavia che sarei curioso sapere come lo ha maturato. Grosso modo due mondi: quello aperto alla demcrazia e quello delle stanze segrete nelle quali viene decisa da pochi la vita di tutti. La forma viene sempre garantita, la sostanza quasi mai. E' la Politica che controlla l'economia o l'Economia che controlla la politica? Si avrà allora la Ferrari in movimento, ferma o con il freno tirato. E' paradossale che un Paese come il nostro si regga sull'illecito quando le leggi certamente non mancano. Ancor di più è paradossale il fatto che questo nostro sistema politico si basa su principi che sostanzialmente tutti condividiamo. Dice Ettore: ma allora che senso ha l'esistenza di tutti questi partiti? Caro Ettore perchè tanti sono i centri di potere ed essi hanno bisogno di soldi, molti soldi per mantenersi. E li prendono là dove sono: non importa dove, anche dalle casse delle mafie. Arrivano ad un punto tale che non possono fare ameno dell'illecito. Caro Francesco, so di non accontentarti nelle risposta ... perchè vuoi i nomi ... ma essi sono lì, sotto gli occhi di tutti. Marcello
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