Il buon Ettore,
nel suo ultimo scritto, partendo dalla metafora nave/Stato, ha posto il senso
civico, inteso come univocità di scopi e rispetto delle Istituzioni, quale
elemento fondamentale per sconfiggere la corruzione. Da uomo di destra e da
anticomunista, egli ha poi stigmatizzato la “questione morale”, avanzata da
Berliguer oltre trent’anni fa, come pura apoteosi di quella diversità che i
comunisti, a torto, hanno sempre invocato. Questi concetti saranno senz’altro
condivisi dai partecipanti attivi del nostro Blog e anche da quelli che non
partecipano perché “non vogliono litigare per questioni politiche” e, infine,
anche da tutti i militari amici degli amici che leggo, ogni tanto, su face
book. Io, vado contro corrente e considero questo tipo di esternazioni una
scontata rappresentazione dialettica che non tiene minimamente conto di tutti i
meccanismi che reggono uno Stato. Il concetto di accentramento in un potere
assoluto è anacronistico quasi come quello del potere del popolo e la realtà
sociopolitica attuale ha insito in essa una visione ipocrita sia dei principi
morali che del rispetto delle Istituzioni. Se il lettore non mi ha ancora
mandato a quel paese, spiego il perché.
Il confronto
nave/Stato non regge; la nave è un vettore con lo scopo di muoversi e lo farà
bene se il comandante e l’equipaggio sono bravi (così come ha detto Ettore) ma
per muoversi ha bisogno di energia che un terzo gli procura e, senza quella, le
capacità di cui sopra servono a ben poco. Ecco, in quest’ottica, la nave è
paragonabile ad una delle Istituzioni dello Stato tipo le Forze Armate o la
Polizia o la Sanità pubblica dove per il buon funzionamento è fondamentale la
qualità dei componenti ma senza soldi anche questa non basta. Lo Stato, al
contrario, si muove con l’energia (ricchezza) prodotta da suoi stessi cittadini
(quindi autoprodotta) i quali scelgono i loro rappresentanti i quali, a loro
volta, governano le Istituzioni il cui compito principale dovrebbe essere quello
di mettersi al servizio dei cittadini. Lo Stato non potrà mai fermarsi ma potrà
evolversi o involversi in funzione di come i rappresentanti eletti sapranno
governare le Istituzioni e utilizzare la ricchezza generata. Tutto questo giro
di parole per dire che uno Stato incapace di utilizzare adeguatamente la
ricchezza autoprodotta permettendo l’apertura di un grosso divario fra pochi
ricchissimi e tanti poverissimi è destinato alla stravolgimento cruento anche
se alcune sue Istituzioni funzionano perfettamente come una nave guidata da un
bravo comandante e da un equipaggio ligio al dovere.
La questione morale fu posta da Berlinguer nel
1981 in una intervista che rilasciò a Scalfari e che invito tutti a leggere (
su internet è facilmente rintracciabile). Estrapolando ed interpretando i suoi
concetti, possiamo dire che, secondo lui, uno Stato è destinato a morire quando
ogni suo componente istituzionale e/o imprenditoriale subisce in modo
sostanziale l’ingerenza di partiti politici che non hanno a cuore il mandato
ricevuto dai cittadini. In una simile situazione, tutti, sia i generatori di
ricchezza sia le Istituzioni, si allontanano dagli obiettivi per cui sono nati
per alimentare organismi che non ridistribuiscono ricchezza e servizi ai
cittadini impoverendo sempre più lo Stato. Berlinguer aveva descritto
esattamente lo scenario che apparve dieci anni dopo con tangentopoli e oggi con
Mose e Expo. In quell’intervista disse, però, anche due cose che, agli occhi
degli anti comunisti (fra i quali mi ci metto perché considero inattuabile e
contrario all’essere umano il loro credo sull’uguaglianza) facevano apparire
demagogico tutto il resto: 1) Tutti partiti erano coinvolti tranne il partito
comunista; 2) La difesa del sottoproletariato, avanzata dai soli comunisti,
doveva essere una priorità anche rispetto alla crescita dell’economia e,
quindi, alla ricchezza dello Stato .
Tangentopoli
dimostrò che tutti i partiti (compreso quello comunista) erano coinvolti con
una differenza però che, per coloro che non vogliono vederla (magari
aggrappandosi al senso civico e morale unico ed universale), appare irrilevante
ma che, al contrario, portò a galla uno scenario all’epoca completamente nuovo
e che ha poi caratterizzato la politica degli anni successivi ; la supremazia
della persona rispetto al Partito. Berlinguer
aveva ragione quando rivendicava una diversità che non era, però, quella del
proprio partito bensì quella degli
uomini militanti in quel partito. Essi facevano le stesse cose fatte dagli
altri partiti, corrompevano e si lasciavano corrompere, falsificavano i bilanci
etc. etc. ma i loro soldi “sporchi” venivano ridistribuiti all’interno
dell’economia nazionale attraverso l’operatività delle cooperative rosse. Al
contrario, gli uomini degli altri partiti, intascavano in proprio e portavano i
soldi all’estero; i comunisti erano uomini inseriti in un Partito che
consideravano al di sopra di tutto (compreso lo stesso Stato), gli altri erano
uomini che idolatravano solo se stessi. Certo, se si parla di disonestà il
livello non cambia e stessa cosa dicasi per la mancanza di rispetto verso le
Istituzione ma se si identifica la morale quale “senso degli altri” è
indiscusso che l’amoralità di tutti coloro che hanno pensato esclusivamente
alla propria tasca vada ben oltre quella di coloro che hanno voluto alimentare
una economia sì ristretta ma pur sempre inserita nel contesto nazionale.
Perché le
corruzioni di ieri e di oggi portano all’arricchimento esponenziale dei ricchi
ed all’aumento dei poveri con depauperamento
di quella energia (la ricchezza) che dovrebbe alimentare le Istituzioni dello
Stato per far star meglio i cittadini?!; cercherò di spiegarlo nella maniera
più semplice possibile. L’impresa privata che ha bisogno di acquisire un
appalto pubblico deve pagare la mazzetta al politico che ha un potere decisorio
sull’assegnazione dell’appalto; l’impresa non può prendere questi soldi dal
bilancio ufficiale della società ed ha, quindi, bisogno di crearsi un fondo
nero; per crearsi il fondo nero si carica di fatture false emesse da un terzo
accondiscendente il quale riceve il pagamento dell’intero corrispettivo
indicato in fattura ma che, contestualmente, ne restituisce “di nascosto” una
buona parte la quale costituirà il “nero”. Il terzo che ha partecipato
all’imbroglio è destinato al fallimento perché dovrà dichiarare ricavi in
realtà non presi e su quelli dovrà pagare tasse con soldi che non ha. Il politico che ha ricevuto la mazzetta
porterà all’estero soldi che sarebbero stati destinati all’Erario.
L’imprenditore che ha preso l’appalto si arricchirà con il corrispettivo di
appalto e con le maggiori riserve che acquisirà durante l’esecuzione dello
stesso appalto con l’aiuto del politico corrotto. Lo Stato si impoverirà per i
soldi pagati all’imprenditore non corrispondenti all’opera ricevuta, per i
mancati introiti dall’erario e per la valuta sparita all’estero.
Queste tipo di
operazione ha caratterizzato il rapporto imprenditoria/investimenti pubblici
degli ultimi trent’anni con una sempre più crescente partecipazione personale
dei politici appartenenti sia all’una che all’altra delle fazioni contrapposte;
la differenza a favore dell’una o dell’altra è determinata dall’appartenenza al
gruppo che detiene il potere gestorio e gran parte delle persone che
abbracciano la politica quale loro professione, lo fa a questo scopo. Adesso
non ditemi che proprio per questo è meglio accentrare il potere in una sola
persona perché se sono in tanti possiamo sperare che qualcuno sia onesto, se è
uno solo possiamo essere certi che, anche se lo fosse inizialmente, il potere
poi lo rovinerà. Ettore, dice che non servono tante leggi se si ha un rigore
morale e un senso civico ma anche queste sono parole dal grande significato
etico ma dalla scarsa funzionalità pratica. La corruzione esisterà sempre in
una economia libera e va combattuta attraverso norme e procedure che ne
permetta il riconoscimento da parte delle Istituzioni competenti. Se qualcuno
avrà voglia di informarsi sui provvedimenti che si vogliono ora adottare per
contrastarla, troverà il ripristino del reato del falso in bilancio, la
reintroduzione delle vecchie prescrizioni e l’inasprimento delle pene per
l’illecita esportazione del denaro; provvedimenti che erano in vigore e che
sono stati inopinatamente aboliti non per il bene dei cittadini ma per meri
interessi personali.
Lascio a Voi la
conclusione che ciascuno vorrà vedere.
Francesco
Caro Francesco,
RispondiEliminaho fatto trascorrere qualche giorno per commentare questo tuo "commentone" al mio scritto, nella speranza che, almeno a te che sei meno criptico di me, qualcuno rispondesse; evidentemente, i nostri Amici avranno ritenuto più gratificante scrivere su FB riflessioni del calibro "oggi c'è il sole e sono contento"!
Ma veniamo a noi.
Quello che tu affermi è senz'altro vero, perché è non altro che la foto-scrittura di una realtà incontrovertibile ma è tremendamente arido, materialistico, senza anima; e non certo perché lo hai scritto tu, quanto perché è il ridurre la convivenza civica ad un mero rapporto economico ad essere arido, materialistico, senza anima.
Quello che affermo (o sogno?) io, invece, è uno Stato che sia governato da una classe dirigente "illuminata", nell'ottica che tale aggettivo venne riferito anche a taluni "tiranni" ellenistici; personaggi questi che seppero sostituire la decadenza della loro democrazie con un'azione di governo che garantisse, comunque, la grandezza delle loro Città: anche il "democraticissimo" Pericle chi altri non era se non un "tiranno illuminato"?!
Il mio modello resta Roma, che mai è stata "democratica" e non gliene poteva fregar di meno di esserlo; fu sempre governata da una oligarchia illuminatissima, dai primordi fino al'apogeo della Sua potenza. Certo che, anche lì, c'erano corrotti e corruttori, gente che si vendeva pure l'anima pur di raggiungere lo scopo o che dava in sposa la figlia ancora quasi implume ad un "maturo" pieno di sesterzi.
E non mi si venga a dire che sono passati oltre 2000 anni, che le cose sono cambiate, che ora c'è la globalizzazione e pure FB! non me lo si venga dire perché, primo la natura umana è sempre la stessa, secondo perché uno Stato, per quanto complesso, può essere governato al meglio: bastano "timonieri" capaci, esperti ed intellettualmente onesti!
Caro il mio Francesco, probabilmente abbiamo ragione entrambi ma, consentimelo, io preferisco vivere nel mio piccolo, illusorio, irraggiungibile, protettivo empireo!!!
Un abbraccio,
Ettore.
Caro vecchio Ettore, se veramente tu volessi restare nell'alveo delle convizioni ideologiche non te la prenderesti per la mancata partecipazionme a questi nostri dialoghi. Ciò che appare piuttosto evidente dai confronti e dagli scontri dialettici sul nostro Blog è la scarsa importanza che Voi date alla produzione e alla ridistribuzione della ricchezza quale componente essenziale dello Stato. L'Impero Romano è diventato tale perchè è durato nel tempo; forse abusava anche delle terre conquistate ma su quelle terre ha portato il libero scambio economico e commerciale, l'organizzazione dell'apparato pubblico messo al servizio del popolo etc. etc.. Le basi del nostro diritto agrario, commerciale e della persona sono ancora le stesse del vecchio Diritto Romano. Il tiranno illuminato è sempre stato solo ed esclusivamente colui che rendeva più tollerabili i sorprusi attraverso la equa ripartizione del denaro. Al contrario, la corruzione tesa ad arricchire pochi ed a aumentare i poveri ha sempre portato agli stravolgimenti socio economici dello Stato. Questo non è cinismo o visione meramente materiale della politica ma è realtà. Analizza il perchè in questi ultimi trent'anni è stato principalmente colpito il ceto medio mentre i ricchi sono diminuiti nel numero ed hanno decuplicato il loro patrimonio. Carlo Mori, in un suo intervento, aveva detto che la corruzione è insita nell'economia capitalistica e questo concetto è inoppugnabile ma quando si realizza così come è stato fatto in Italia, attraverso l'erosione e la fuga di capitali all'estero, essa diventa un parassita inarrestabile sino alla morte della vittima.
Eliminaun abbraccio
Francesco