venerdì 25 febbraio 2011
Dall'Unità d'Italia al Risorgimento dell'Informazione
Nell’Era dell’Informazione con i suoi reality e i talk show siamo tutti un po’ Pinocchio tra il gatto e la volpe, un pò Gianni un pò Pinotto crediamo al paese dei balocchi, pilotati a fare i tronisti o le vallette, ma soprattutto dimenticando che nei 150 anni che furono, i nostri coetanei avi combatterono, diedero vita e sangue per quel che fu l’Unità d’Italia sotto i tre colori bianco, rosso e verde.
Dov’e’ il futuro?
Quali sono i valori che ereditiamo dal passato prossimo?
Ma soprattutto dove sono coloro i quali dovrebbero ricordarceli?
Un Paese senza memoria e’ un Paese senza futuro!
L’informazione del web se spazzatura cancella la nostra storia, elide la memoria, ci lascia travolgere dal turbinio dei rumori dissonanti di una Società che consuma, si frammenta e si divide e ci nutre della più bassa pochezza dell’essere umanamente il nulla.
In un futuro di donne escort e femminei uomini televisivi non sembra esserci più’ spazio per medici, ingegneri, ricercatori e manager veri: c’e’ solo lo spazio di quel “perder tempo che a chi più sa più spiace”.
Tutto e’ contiguo ed istantaneo sul web, così muore lo spazio-tempo della fisica di due millenni da Newton e Galileo, ad Einstein, Penrose ed Hawking.
Ma dove e’ il tempo per pensare?
Cosa e’ rimasto di quel detto che ad Alessandro Magno risuonava nella mente prima della battaglia, sussurrandogli “prudenza nel decidere, rapidità nell’agire”?
Così viviamo tra net economy, e-commerce e mondo dei ricchi e dei poveri, senza quella società di mezzo che seppure stia sparendo, a gran voce dice che non ci sta a consumare solo, a vivere tra informazione e controinformazione, ad essere intorpidita nello spirito in un ginnico involucro palestrato.
Diversità e pluralità hanno fatto la storia del Bel Paese che ha saputo incantare il mondo, ma che oggi tra spazzatura, intrigo e complotto, finta politica del pubblico e comune interesse, sembra più un Paese ippopotamo: si, un ippopotamo nel fango, incapace di muoversi nonostante la sua forza, a causa di quell’inerzia per la sua mole squilibrata.
Ma siamo davvero sicuri che non ci sia altra possibilità?
Siamo proprio costretti a scegliere se rubare, imbrogliare e venderci per essere gli ultimi tra i ricchi, oppure essere onesti, professionisti e di cultura, sprofondando tra la massa dei poveri, degli inoccupati, alla finestra di una tv che non si può più guardare?
No forse c’e’ un’altra possibilità!
Forse coloro i quali hanno fatto il ’68 e si sono impadroniti del Paese - rubando i nostri sogni, desideri ed aspirazioni - stanno mostrando i limiti di una cecità congenita che allora non seppe stare dietro i banchi di scuola, scegliendo la strada e la via della protesta contro quella della vera crescita, fatta di sudore e sacrificio per una Società che sapesse essere di tutti e per tutti e non di un colore politico. Scelsero la strada più agevole, quella dell’alzare la voce. Ma oggi quel modello non può funzionare; oggi non possiamo più permettercelo nell’era della globalizzazione e dell’internazionalizzazione, poiché chi possiede le ricchezze del Paese ed e’ aldilà del muro tra i rumori assordanti di strilloni dell’informazione non ha puro udito per sentire prima ed ascoltare e comprendere dopo la verità.
Oggi si può solo scegliere di scendere in campo, in quel campo di battaglia che e’ la nostra società incivile, abbracciando le armi. Si, armati per non essere sopraffatti. Ma armati di quali bellici strumenti? Certo non di pistole, mitra o spranghe, ma armati di cultura, consapevolezza, professionalità e valori, quei valori che non ci hanno saputo tramandare, poiché troppo frettolosamente insabbiati e posti al margine di una Società che chiamava progresso lo spasmodico potere del consumo. Allora in nome del consumo vi erano i bravi che riuscivano a navigare ed a toccare la sponda per non far naufragare il sistema Italia. Grazie a quei pochi oggi siamo qui sotto un tetto di democrazia che seppure povera ci permette almeno di dire ad alta voce che noi non ci stiamo, a differenza di alcuni Paesi dove ciò ancora non e’ possibile dirlo. Però c’e’ anche da dire che oggi essere bravi non basta più, c’e’ spazio forse solo per l’eccellenza ed e’ quella che bisogna perseguire senza indugio, con disciplina, desiderio e devozione, affinché stile, classe, signorilità, bontà d’animo ed attenzione per il prossimo possano essere valori riportati alla luce dallo sprofondamento delle sabbie mobili dell’ultimo trentennio.
Nell’era dell’Informazione abbiamo ritrovato quei valori perduti; sono i giovani ad avere nel proprio dna quelle verità insabbiate, quel futuro che lo chiamiate hacking o cracking ormai e’ già passato per lasciare spazio alla guerra del XXI secolo, che e’ già cominciata.
L’Infowar più che un americanismo può rappresentare il risveglio delle coscienze, l’uscita dalla palude della mediocrità, la riaffermazione di quei principi meritocratici tanto esaltati da molti, ma applicati da nessuno.
Chi ha valutato chi ci valuta?
Mediocri curriculum giudicano la competenza di oggi, senza neppure comprendere quella dimensione umana che in tanti sappiamo definire e chiamare capacità.
Se oggi rivivesse Garibaldi, combatterebbe le sue battaglie sul web, ma forse ci sarebbe anche qualcuno in grado di disciplinare il nuovo teatro di battaglia, questa nuova superdimensione che ha fatto collassare lo spazio-tempo fondendo in un tutt’uno spazio fisico reale e cyberspazio.
Mentre oggi il web da trogloditi, ignoranti, incompetenti decisori viene lasciato a se stesso, come una giungla nelle mani di criminali e di chi ha la forza, la volontà e le cattive intenzioni di sopraffare gli altri, avendo scoperto un nuovo strumento di oppressione, allora come in una chiamata alle armi garibaldina è responsabilità di chi sa’, il riuscire a piegare anche questo strumento all’umana volontà di giustizia, correttezza, umanità.
In una Società dove siamo stati abituati a scegliere tra l’uguaglianza delle sinistre e la libertà delle destre, e’ arrivato il momento di operare la nostra scelta. Forse potremmo scegliere come oltre duecento anni fa fecero i Francesi optando non per l’una o l’altra cosa, ma scegliendo con forza il rinnovamento di un nuovo risorgimento basato sulla triplicità di libertà, uguaglianza e fratellanza. Scegliamo allora per la fraterna unità e vinceremo ancora, poiché
l’ITALIA NON SI TOCCA ED IL TRICOLORE NON SI BRUCIA.
Gerardo Iovane
venerdì 18 febbraio 2011
La giustizia deficiente.
Nella primavera del 2007, a Palermo, un alunno di scuola media aveva canzonato un compagno, dandogli simpaticamente del finocchio e facendolo simpaticamente piangere davanti a tutta la classe. La vecchia professoressa di lettere si era accanita contro il mattacchione e, anziché spedirlo ai provini di «Amici», lo aveva messo dietro il banco a scrivere cento volte sul quaderno «io sono un deficiente». Lui aveva scritto cento volte «deficente» senza la i, dimostrando così di avere le carte in regola per sfondare non solo in tv ma anche in Parlamento. Poi era corso a lamentarsi da papà, che di fronte all’affronto intollerabile inferto al ramo intellettuale della famiglia aveva denunciato la prof ai carabinieri, non prima di averle urlato in faccia: «Mio figlio sarà un deficiente, ma lei è una gran c...».
C’è voluto del tempo per ottenere giustizia, però ieri alla fine l’aguzzina è stata condannata: un anno di carcere con la condizionale per abuso di mezzi di disciplina, nonostante l’accusa avesse chiesto solo 14 giorni. Che vi serva da lezione, cari insegnanti. La prossima volta che un alunno umilierà un compagno di fronte a tutti, aggiungete al coro il vostro sghignazzo e non avrete nulla da temere. A patto che l’umiliato non si impicchi in bagno, come altre volte è accaduto, perché allora vi accuseranno di non aver saputo prevenire la tragedia. E il simpatico umorista di Palermo finalmente vendicato? Lo immaginiamo ormai cresciuto, tutto suo padre, intento a scrivere cento volte sul quaderno «io sono intelligiente» e stavolta senza dimenticare la i.
Negli ultimi tempi i padri dei bulli e delle minorenni che partecipano alle feste stanno spopolando sui media, cosa può essere successo???, Cosa ne pensate???
Nota : La foto in alto, ovviamente, si riferisce al padre.
(Q.d.B)
Dov'è il trucco?!
E ora parliamo un po’ di economia
Ieri, durante il TG2 delle h. 13,00, ho sentito il capo del governo che criticava i giornalisti, rei di aver minimizzato la crescita del PIL, perché questi non consideravano l’enorme indebitamento pubblico ereditato dalla sinistra e non riconoscevano i meriti nell’aver affrontato la crisi economica internazionale meglio di qualsiasi altro paese occidentale.
Le parole di Berlusconi sono facilmente confutabili ma non ho alcun interesse e voglia per farlo; ormai anche un impedito come me è capace di “navigare” e, attraverso internet, ciascuno può essere in grado di analizzare tutte le Finanziarie emanate negli ultimi vent’anni e farsi una propria idea sui pregi ed i difetti dei vari governi.
Ciò che vorrei fare oggi è parlare di economia spicciola, quella cioè che tocca le nostre tasche, e voglio farlo in un’ottica di mero confronto perché non riesco proprio a capire come certe cose, dall’apparenza semplici ed ovvie, vengano sempre rappresentate in modo contorto e poco comprensibile; o sono io che ragiono da sempliciotto superficiale o c’è qualcosa che non va.
Riducendo all’essenziale le voci che compongono le entrate e le uscite dello Stato, possiamo dire che le prime sono rappresentate dalle attività produttive (in minima parte) e dai gettiti di natura fiscale (in gran parte) mentre le seconde si concretizzano nei costi per il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, negli ammortizzatori sociali e nel finanziamento agli Enti territoriali (Regioni, Province e Comuni). Tralasciando gli aspetti patrimoniali, potremmo dire che l’indebitamento pubblico riscontrato alla fine di ogni esercizio è simile alla perdita di bilancio di una qualsiasi azienda privata ed è cioè determinato dalla differenza fra le uscite e le entrate dell’anno.
Considerando che il nostro Stato non è in grado di aumentare le entrate per attività produttive e di diminuire le uscite per il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, l’indebitamento si potrà ridurre solo aumentando l’imposizione fiscale o riducendo gli ammortizzatori sociali e il finanziamento agli Enti territoriali. Il riflesso dell’indebitamento pubblico sull’economia in generale è determinato dal fatto che solo mantenendo questo entro un limite accettabile, il governo non avrebbe la necessità di ricorrere ad una maggiore imposizione fiscale e, conseguentemente, le imprese potrebbero spendere di più nella produzione mentre le famiglie alimenterebbero i consumi.
Non so voi ma io non ho mai sentito alcun politico, a qualsiasi colore appartenga, dire su quali di queste semplici voci intende operare per migliorare le cose e, al di là di ridondanti paroloni privi di significato, ho sempre avuto la sensazione che ogni singolo provvedimento adottato mirasse a proteggere o ad avvantaggiare una singola categoria piuttosto che un equilibrio di bilancio.
Tremonti ha affermato che con la sua ultima Finanziaria ha ridotto le uscite e questo è un dato innegabile perché ha tagliato molti fondi ma ha anche detto che ora lavorerà sulla crescita puntando su tre direttrici principali: la liberalizzazione delle arti e delle professioni; il piano casa; la valorizzazione, nel sud, della banda larga.
La liberalizzazione delle arti e delle professioni è anche un pallino della sinistra la quale ne reclama la paternità affermando che quella della destra è solo una facciata in quanto Alfano avrebbe già detto che le relative procedure saranno realizzate con l’accordo degli Ordini professionali (se ci mette il becco l’organizzazione che tende a proteggere se stessa che liberalizzazione è); ma quali sarebbero gli effetti migliorativi della crescita? L’aumento indiscriminato dei bar, dei negozi, delle farmacie, degli avvocati, dei commercialisti (voglio vedere chi va a toccare i notai) etc, etc, etc, porterà allo Stato un maggior gettito fiscale o una diminuzione della spesa per ammortizzatori sociali? non ci crederei neanche se me lo dicesse Nostradamus.
Il piano casa, a livello urbanistico o finanziario, potrebbe incidere sulla migliore commerciabilità di questo tipo di bene e su un aumento di lavoro delle imprese operanti nel settore ma si sa che l’incremento di questo mercato è sempre stato caratterizzato da una volatilità degli altri tipi di investimento e da un più facile accesso all’indebitamento bancario; elementi questi non riscontrabili in questo momento. I benefici pubblici che potrebbero derivare da questo tipo di bene, sarebbero, poi, con l’avvento del federalismo fiscale, ad esclusivo appannaggio degli Enti territoriali e non porterebbero alcun vantaggio nel bilancio dello Stato.
L’incremento che potrebbe dare la valorizzazione, al sud, della banda larga mi è, infine, del tutto sconosciuto e sono convinto che difficilmente lo capiranno anche i miei ex compaesani ai quali, sono certo, saranno propinate tante partite di calcio di prima e seconda divisione.
Sapete però cosa mi demoralizza ancor più; il fatto che nessuno, neanche dalla parte opposta, parli in maniera chiara, usando magari il pallottoliere al posto dei dati demo, ……. o sono io che non capisco!?.
Francesco
martedì 15 febbraio 2011
Cominciamo a pensarci?
Si sa: il Calcio accende le passioni e le passioni non sempre obbediscono alle leggi della razionalità.
E, quando quelle passioni albergano in animi già di per sé molto caldi, è bene prendere delle sagge precauzioni; troppi sono stati gli incidenti che hanno turbato il quieto vivere di intere città: l’Ordine Pubblico ha preminenza su ogni altra considerazione!
E deve essere stato in questa logica stringente che il Prefetto di Trapani, l’11 febbraio scorso, ha emanato un’ordinanza che imponeva che la partitissima di 2^ divisione “Milazzo-Trapani” , di previsto svolgimento domenica 13 sul mitico campo di “Grotta Polifemo” a Milazzo, venisse trasmessa in diretta televisiva.
Non si sa se tale decisione abbia contribuito a raffreddare gli animi; si sa, invece, che quella “diretta” –prevista solo per la zona di Trapani- ha occupato gli schermi di tutta l’Isola, guarda caso in contemporanea con un’altra “diretta”: quella sulla manifestazione delle donne!
Sarà solo un’involontaria e fortuita coincidenza oppure è stato il primo esperimento di quanto sta proponendo l’On. Alessio BUTTI?!
Ciao a tutti,
Ettore
lunedì 14 febbraio 2011
Domenica 13 febbraio - Lido dei Pini
La salita del letto
Per il significato e il titolo dell'Opera chiedere spiegazioni direttamente all'Artista.
Nota : finalmente anche il nostro Corso ha un Artista.
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Ecco spiegata, dallo stesso Artista, come è nata la sua capacità creativa.
Sono profondamente onorato e altrettanto sconvolto per le critiche manifestate da così autorevoli esponenti della società civile e militare. Più volte, nel corso della realizzazione dell’Opera, il mio pensiero era corso ad immaginare la reazione della critica ma, mai, avrei potuto pensare che qualificati esponenti del 150° Corso “Montello” avessero del tempo da dedicare all’arte e, soprattutto, fossero in grado di esprimere una critica così significativa.
La realizzazione dell’opera il cui titolo è: “ I PIACERI DELLA VITA” e che si estrinseca in un monoblocco tripartico mi ha impegnato, con mia innata gioia, in una calda domenica di Febbraio dopo una estenuante sessione di energico e solitario “Brainstorm”.
Partendo da questo triste risultato la realizzazione dell’opera si compone alla base di un tavolo, un semplice tavolo, che è uno dei simboli nella nostra vita, il simbolo terreno del piacere dell’uomo che soddisfa il suo istinto di sopravvivenza con il cibo.
Per ingozzarsi l’uomo si siede. Ecco quindi la sedia. L’abbinamento dei due elementi che completa l’immagine dell’abbuffata ci riporta con il pensiero a quella volontà determinata a trasformare un classico ed elegante Buffet in una volgare mangiata di cibi Amatriciani uniti a porche carni (carni di maiale) affiancate da carciofoli/cimaroli (leggi carciofi).
Al piacere della tavola fa seguito quello più intenso, più sensuale, più passionale, quello del talamo. Ed ecco quindi nella piramide dei piaceri, al vertice, il letto. E qui l’immagine si fa sempre più appannata, lo sguardo si perde nel vuoto, i pensieri corrono senza sosta, la soluzione è lontana, il tempo passa, la sera scende inesorabile come ormai avviene da anni e, anche questa sera il cielo sarà presto scuro e poi sempre più nero.
Oddio!!! My God!!! Il letto? Ed ora come faccio???? L’aiuto esterno da chi da anni soffre al mio fianco, senza perdersi d’animo, guardando quel simbolo del piacere sempre più difficile da soddisfare, interviene sul Modenese ed ecco in un attimo arrivare l’uomo di tutte le soluzioni: “ ETTORE”.
L’ uomo che non deve chiedere mai………… l’Uomo.
Con il suo aiuto in pochi attimi, il misero simbolo del piacere scavalca la ringhiera del balcone ed entra finalmente in camera da letto.
E si, mie cari critici d’Arte. Avete capito finalmente il senso di quella che voi avete definito opera?
Stavo tentando di trasportare al primo piano della casa che ho al mare il letto matrimoniale che non entrava dalla porta.
Vae victis!!!
sabato 12 febbraio 2011
Marcia dell'Unità d'Italia
Nella ricorrenza del 150° Anniversario della proclamazione dell’Unità d’Italia, l’Istituto del Nastro Azzurro ha promosso la “Marcia dell’Unità d’Italia”, che viene realizzata in solitaria dal suo stesso ideatore l’azzurro Michele Maddalena, classe 1940
Il marciatore, partito da Trieste il 3 novembre 2010, dopo aver percorso tutto il territorio nazionale, isole comprese, toccando ogni capoluogo di regione, raggiungerà Torino il 17 marzo, dopo aver percorso 4215 km, in 112 tappe giornaliere di 35-40 km.
Il giorno 8 febbraio il marciatore è giunto in nave a Napoli e sta risalendo la penisola verso Roma. Prima di raggiungere la Capitale, Maddalena sosterrà ad Anzio dove, sabato 12 febbraio renderà omaggio ai Caduti sepolti nel cimitero di guerra americano di Nettuno alle ore 11,00 ed a quelli sepolti nel cimitero inglese alla 12,30.
Il 13 febbraio Maddalena renderà omaggio ai Caduti tedeschi sepolti a Pomezia, mentre, giunto alle porte di Roma, il 14 febbraio sarà alle Fosse Ardeatine alle 11,00. Successivamente, alle ore 12.30, Michele Maddalena raggiungerà il Campidoglio dove sarà ricevuto dal Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che apporrà la propria firma su una pergamena che ha raccolto le firme dei Presidenti di Regione e dei Comuni visitati.
Michele Maddalena sosterà a Roma qualche giorno e si incontrerà con la Presidente della Regione Lazio On. Renata Polverini. Inoltre, giovedì 17 febbraio alle ore 15,00, si dovrà incontrare col Ministro della Difesa, On. avv. Ignazio LA RUSSA, per relazionare sullo svolgimento della prima parte della marcia che, come noto, ha potuto registrare il crescendo rossiniano di successo anche grazie all’ottimale supporto logistico fin qui prestato dal Rotary italiano. Infatti, Michele Maddalena ha avuto ospitalità su gran parte dei territori del suo percorso, da diversi Rotary Club che gli hanno offerto ospitalità presso gli alberghi esistenti nei territori di rispettiva competenza. Durante la sosta romana, Michele Maddalena sarà ospite alla Conviviale del Rotary Club Roma Prati che si svolgerà la sera del 16 febbraio, durante la quale, oltre al presidente del Club, anche il Governatore del Distretto 2080 del Rotary International apporrà la propria firma sulla pergamena.
Lo scopo della marcia, oltre a quello di far conoscere l’Istituto del Nastro Azzurro ad un più vasto pubblico, è quello di diffondere il messaggio della cultura del Valor Militare, senza il quale l’Unità d’Italia, ottenuta mediante i moti rivoluzionari, le guerre d’indipendenza e l’intraprendenza politica di molti patrioti, non si sarebbe realizzata.
La marcia ha l’alto patronato del Presidente della Repubblica e del Ministero della Difesa
Carlo Maria Magnani
Presidente Nazionale
Il giorno della memoria.
venerdì 11 febbraio 2011
Per non dimenticare
Non mi ricordo in questo momento se e’ stato quando eravamo a Torino o a Modena: che volete, e’ l’eta’ che in soggetti particolari incide più duramente.
Bene, eravamo noi del 150° Corso e siamo andati in viaggio di istruzione alla mitica Frontiera Orientale . A Gorizia pranzavamo in un ristorante che era diviso dalla Iugoslavia solo da una rete e di là c’era la vecchia stazione della nuova Gorizia.
Poi siamo stati anche a Trieste e fu allora che per la prima volta ho sentito parlare delle Foibe. Fu il nostro amico Claudio Magris che ci portò a vedere il Monumento dove sono indicati i “ metri cubi” di Italiani che vi furono sprofondati .
Veramente ci parlò anche di un museo privato ( chiaramente non me lo ricordo ma era un cognome ispanico ) dove erano raccolti cimeli e armi di svariati tipi e dimensioni.
Io lo ringrazio ancora di avermi svelato quello che e’ stato per decenni ,in Italia ,un “tenebroso affare “ e non mi pare che i nostri istruttori di allora ( molti dei quali avevano fatto la Guerra ) ci parlassero di quelle vicende.
Da allora, ogni volta che mi e’ capitato, ho letto qualunque cosa riguardasse l’argomento e mi sono sempre commosso per la sorte di quegli sciagurati colpevoli solo di essere Italiani. Mi sono ricordato di quando ero alle elementari e la Maestra ci raccontò che veniva da Trieste e ,quando era partita, i soldati alla stazione avevano sparato contro il treno : questo fatto e’ stato un mistero fino a quando , piano piano , dalle parole di Claudio ho incominciato a sapere quello che era successo.
Un’altra volta in altri tempi e luoghi, un mio soldato mi raccontò che la sua famiglia era scampata per miracolo alla strage quando gli slavi , dopo aver fatto uscire gli animali, li avevano chiusi nella stalla e avevano appiccato il fuoco.
Non voglio soffermarmi sulla complicità che ricevettero gli slavi da certi italiani sedicenti partigiani con il fazzoletto rosso al collo. E pure non voglio ricordare la discriminazione subita dai profughi sopravvissuti perché ritenuti fascisti e come tali indegni di ricevere perfino un bicchiere d’acqua alla stazione di Bologna.
Io spero che il Tricolore che garrisce nel nostro Blog , anzi ne sono certo, sventolerà nel 150° anniversario anche per Loro.
Giovanni Papi
mercoledì 9 febbraio 2011
Adesso è sempre
Da pochi mesi se ne è andato, non ce l'ha fatta. Ed io ho voluto scrivergli una lettera. Certo il nostro blog non è forse il luogo più idoneo per accoglierla .. però ...ho ripensato in questi giorni alla nostra cerimonia nel Sacrario della Gran Madre a Torino, e nella mia mente rimbalzano ad uno ad uno i nomi di tutti gli altri fratelli del 150° che non sono più con noi. A loro, attraverso il ricordo di mio fratello, voglio rivolgere il pensiero di un immutato affetto.
Pierfranco
Si cresce in tanti modi, si diventa grandi mettendo da parte molte cose. Troppe.
Soldi, ricordi, fumetti e stampe, orologi da taschino, quadri e lampade, vecchi PC e Lacoste slavate e foto che non guarderai che una volta. Si cresce accantonando nella banca della memoria spiccioli di ricordi pur sapendo che non diventeranno ricchezza e non ti verranno restituiti con gli interessi, anzi, svalutati ti torneranno indietro, like a rolling stone, come un macigno.
Si cresce a volte con altre cose, mettendo da parte le lacrime trattenute, i dolori non esternati e le parole non dette. Come adesso, che vado a prendere quel che resta di te, fratello mio, Gianni. Faedda.
Nella nostra lingua “faedda” vuol dire “parla”, imperativo categorico che non appartiene a nessuno eppure è di tutti.
Faedda.
Parla, in quel tuo ultimo letto di casa tua, nel silenzio atroce di una stagione indefinita senza voce e senza pace, solo quello che volevo dirti e ascoltare da te era: parla, fratello mio, parla e raccontami ancora una volta le cose che sappiamo.
Gianni, per amor di DIO!
Lingua di mille sere silenziose che si sono spalmate come balsamo sulla fine dei giorni, sulle speranze e la rabbia, sul dolore, la rabbia e la gabbia che entrambi ci conteneva e non poteva fermarci, ma amarci, perché eravamo pieni d’amore. Gianni, adesso, che non saprei raccontarti in nessun modo quell’Abacada (pace, calma) che solo tu, per primo hai sentito dispiegarsi nelle nostre case, perché tu sapevi essere molte cose, non una definita, ma tante, da poter scegliere il finale ed anche il principio. Ma anche saperle riscriverle, perché le nostre verità viaggiavano più veloci delle bugie e non potevamo, come bestie, appendere il loro collo al gancio di un punto di domanda ed aspettare, esangui, la fine. Si sarebbero dati alla Morte in altri modi, ma non certo nel silenzio.
Gianni, i ricordi sono qui, accanto al telecomando del cancello, su un pane carasau e un vermentino che ci aspetta, qui a casa mia o a casa tua, nella tua vecchia lancia dedra amaranto, sul PC Olivetti di casa tua (che ci ha fatto litigare selvaggiamente) con i tasti rivestiti di carta adesiva, sulla tua ostinata pazienza.
Sono qui. Torniamo indietro, per favore, a quando tue figlie erano bambine, a quando tu sorridevi orgoglioso di loro. Ricordi quando Francesca stava per finire l’università e Lucilla già dava segni importanti della sua genialità? Quando tua moglie sorrideva prendendo in giro suo marito finto burbero? E guardiamo dal tuo terrazzino Sassari, la nostra piccola grande città di adozione, che sbatte la testa sopra il guscio di una lumaca dalla quale non riesce a uscire.
Puoi sentirmi fratello, puoi? Fuori, accanto all’incanto di questi giorni metto in tasca la tua malattia, il dolore e la rabbia, esco per strada e impugno come unica arma la tua dolcezza, la tua sterminata generosità e il tuo coraggio e altre, altre cose che non si possono dire, perché veniamo da una terra di poche parole e allora io adesso mi armo come un guerriero della più mortale delle armi, il silenzio.
Torniamo a Foresta, torniamo, al principio.
Dico, vieni adesso notte, vieni giorno oppure venite insieme come amanti rappacificati a prendere quello che ho messo da parte; qualcosa perché nessuno trovasse la mia casa non pronta.
Accendo una sigaretta, anzi due ne respiro il veleno e mi sento bene, meglio di prima; ora, la morte è una cassaforte che nessuno può aprire.
Meglio così, meglio. Tu hai la chiave: e allora infilala nella serratura di questa notte, la prima senza te.
E adesso, da qualche parte, nella mia vita veloce e confusa ho lasciato per te queste lacrime fratello mio, erano tue da tempo ma non potevo lasciarle scendere prima sul viso, come specchi nei quali riflettere il tuo dolore. Adesso sono libere di precipitare Gianni, libere di darsi al sole di questo tempo, diventare vapore e spirito e fondersi col tuo da qualche parte.
Se in questo tempo non sono stato sempre alla porta dei tuoi pensieri chiedendoti di entrare, se non ho sempre diviso con te il pane del tuo dolore e bevuto l’angoscia dei giorni, non pensare che mi sia in nessun momento dimenticato di te, fratello mio, non pensare che io sia stato lontano. Io ero altrove a battere sui miei tamburi,a scacciare via sorella morte e dirle: torna dopo. Non è l’ora, non è il tempo.
Io sono qui, accanto alla tua assenza, a spingere, anche solo di un passo, il male più lontano, con i remi del nostro viaggio. Io sono qui con le mie tasche piene dei giorni meravigliosi che abbiamo costruito e conservato, qui, a ricordare ogni istante ed ogni passo, a ripassare le poesie dei giorni, a ricordare il sapore del vino e delle feste, delle parole e delle speranze, qui, accanto a quello che la tua vita ha cambiato.
Qui, fratello, carne che aveva sin dal principio lo stesso sangue e che ha sempre saputo fonderci in uno a cercare quei posti dove la gente non conosce il mare e piantare il remo del nostro andare su una terra abbastanza solida da non farlo scivolare sulla sabbia.
Il nostro mare del colore del vino che abbiamo bevuto e col il quale brindato a Dio.
Fuori il caldo è una coperta amica; mica bisogna cercare sempre il ghiaccio per trovare il fresco o la neve o l’ombra; mica bisogna pregare qualcosa o qualcuno per avere refrigerio o tepore.
Mi è sempre bastato, allora come adesso, sapere che c’eri, e che sei sempre stato, nei momenti in cui la vita si misura con strumenti complicati, un punto sicuro. Non c’era bisogno, in altri tempi, di un termometro per sapere se fuori di noi c’era caldo o freddo, bastava solo mettere i nostri passi uno sull’altro, la nostra pelle ed il nostro cuore, in fila.
Dentro, negli angoli che tu sai, in quei posti che sono solo nostri, avevamo quello che abbiamo cercato, quello che sappiamo di trovare in questo ed in altri giorni.
Come adesso, che preparo il mio tavolo ed aspetto che tu torni e prenda posto, il tuo, quello ti appartiene e che nessun’altro prenderà.
Ora come allora, come sempre.
E allora, Faedda, parla in queste ombre, rompi anche per un solo attimo il silenzio, che ci sono già troppe luci spente stanotte, accendi le tue, che sono mie e nostre.
Puoi sentire la musica? Puoi sentirla? Suona per te. Solo per te. Danza.
martedì 8 febbraio 2011
Buon compleanno
Italia mia carissima,
oggi è stato il mio compleanno: il mio 64° compleanno!
E’ stata una giornata particolarmente felice; vuoi perché l’anagrafe non mi tange; vuoi perché ho ricevuto moltissime (alcune anche inaspettate) manifestazioni di affetto; vuoi perché mia moglie Ester ha preparato un pranzetto ittico da favola: veramente, un giorno da non dimenticare!
Ma, accanto a questo sincero sentimento trasudante di umanità, se ne è affiancato un altro, certamente meno umano e decisamente aulico, che riguarda ben altro compleanno e ben altra figura: il Tuo 150° Anniversario.
Ti confesso, Italia mia, che ho provato quasi un senso di colpa nel sentirmi così sereno, così felice in occasione di una ricorrenza che, diciamocela tutta, di mio non ci ho messo proprio nulla, mentre Tu, nostra povera e derelitta Patria Ti appresti a festeggiare il Tuo Anniversario nell’indifferenza generale, quando non addirittura nell’ostilità di taluni.
Presidenti di potenti associazioni private auspicano che la festa non sia una festa “festiva”, bensì lavorativa: che si perda pure un quarto d’ora di lavoro (sic!) per un brindisuccio con i bicchieri di plastica ma, per l’amor di Dio, che non si vada oltre! Vuoi mettere: ne potrebbe andare di mezzo la ripresa dell’italica industria e poi per cosa, per celebrare un evento che al 99% della popolazione nun jie ne po’ fregà de meno?!
Oppure Presidenti di province “autonome” che, forse meno ipocritamente, dichiarano di sentirsi stranieri in una terra che è stata usurpata ai propri avi, per cui non celebreranno proprio un bel niente; sarebbe bello però che quell’inclito rappresentante delle civiche istituzioni rinunciasse anche ai lauti finanziamenti che quello Stato usurpatore elargisce alla sua Provincia ogni anno o a tutti i benefici che gli concede.
E non vado oltre nell’elenco di simili nefandezze, perché mi viene da vomitare.
Mi dispiace molto, sai, mia povera Italia; già la Tua nascita non è che sia stata delle più felici; poi Ti hanno “unita” al prezzo di centinaia di migliaia di morti che non sapevano nemmeno che esistessi; poi Ti hanno millantata come “potenza” e ne sei uscita con le ossa rotte; poi Ti hanno rimessa in sesto materialmente ma ti hanno svuotata di ogni idealità: ora, infine, che potresti goderTi almeno un giorno dedicato solo a Te, ora....non Ti vogliono concedere nemmeno quello.
Vorrei dirTi tante altre belle cose per consolarTi e per farTi percepire tutto l’affetto di molti Tuoi figli, anche se siamo una minoranza; non posso farlo perché se no Oliviero mi dice che sono “aulico” e comincia ad insultarmi come un ultrà della curva sud; Ti dico solamente, mia amata, povera e cara Italia: finché ci saremo noi, il Tuo Anniversario sarà sempre sacro!
Ciao a tutti,
Ettore.
domenica 6 febbraio 2011
venerdì 4 febbraio 2011
Così è se vi pare
Ieri ero particolarmente contento perché, dopo due ore di guerra verbale con due controparti molto vivaci (il P.M. e la parte civile), un amico/cliente è stato assolto dall’accusa di aver procurato lesioni gravi per omessa manutenzione.
Ero profondamente convinto della sua innocenza e volevo oppormi all’ingiustizia che lo aveva portato nella posizione di imputato, alla fine di una carriera impostata sulla onestà e sulla dedizione al proprio lavoro e alla propria funzione.
Avrete capito che la persona di cui parlo non era un imprenditore bensì un pubblico dipendente che è venuto a trovarsi in quella situazione a seguito di un intricato passaggio di carte, rappresentanti il classico “scarica barile”, utilizzato da coloro ai quali realmente avrebbe potuto ascriversi la responsabilità dei fatti di causa, al fine di creare una “verità apparente”.
La differente rappresentazione e l’inconoscibilità del reale, per i quali ognuno dà una propria interpretazione che non può coincidere con quella degli altri, sono mirabilmente rappresentati nella commedia pirandelliana dove si genera un relativismo delle forme, delle convinzioni e dell’esteriorità che porta alla impossibilità di conoscere la verità assoluta.
Analizziamo l’ultimo Decreto approvato dal Consiglio dei Ministri dopo il parere sfavorevole del Parlamento, espresso attraverso la Bicamerale, e, al di là dell’aspetto meramente formale per il quale, a mio avviso, la legittimità dell’atto è indiscutibile, diamo una valutazione probabilistica ai relativi effetti (se venisse firmato dal Presidente).
Il primo effetto immediato è politico ed è riscontrabile nella dimostrazione di forza da parte di Bossi che ha così dato prova di essere in grado di poter costringere il Premier, in un momento in cui questi ha ben altri problemi per la testa, a considerare prioritario il federalismo, cavallo di battaglia della Lega. A mio avviso, questo aspetto, apparentemente coesivo della maggioranza di governo, acuirà le contrapposizioni politiche e sociali e avremo un maggior ricorso all’acquisto dei parlamentari (squallido mercanteggio da qualunque punto di vista si voglia vederlo) ed una maggiore avversione verso “Roma ladrona”; oggi, su molti siti internet, alla faccia dell’unità d’Italia, si parla ancora di secessione.
L’altro effetto, molto più devastante, riguarda il merito del provvedimento e di come la relativa applicazione inciderà nelle tasche degli italiani. Il decreto tende a migliore il funzionamento degli Enti territoriali attraverso il prelievo diretto dagli utenti e ciò significa che saranno create nuove forme di imposizione fiscale diversificate, qualitativamente e quantitativamente, in funzione della dislocazione territoriale. Per usare lo slogan dei leghisti “ Ogni regione, Provincia o Comune spenderà come meglio crede quello che guadagna e i frutti del lavoro dei cittadini saranno utilizzati per il personale benessere, nel luogo dove vive” …. bello , ma ciò sarà vero?
A mio avviso, ciò che i leghisti dicono non può essere realizzato dall’applicazione di quel Decreto perché esso non può prescindere da altri provvedimenti che dovranno essere studiati ed emanati per diminuire le imposte e le tasse nazionali. La maggioranza usa spesso la legittima locuzione “sono stato eletto dagli Italiani” ma il suo principale slogan elettorale era stato la promessa di diminuire le tasse (o di non aumentarle). Al contrario, se i cittadini avranno un aumento di balzelli da pagare agli Enti periferici senza una contestuale diminuzione dell’imposizione a livello nazionale, è evidente che la tassazione sarà aumentata; la matematica non è un’opinione.
Il nostro bel Paese ha già un elevatissimo indebitamento pubblico ed una tassazione effettiva poco sostenibile dalle medie retribuzioni e dalla rilevante evasione fiscale; si palesava proprio necessario,ora, dimostrare di aver ottenuto il federalismo, tra l’altro non inviso ad alcuno, attraverso l’emanazione di un provvedimento incompleto ed inutile!?....possiamo realmente dire che questo è ciò che vogliono gli Italiani!?........sarà proprio vero che i Ministri stanno operando per il nostro bene!?.....mah!
……così è se vi pare.
Francesco