L'Autore, ex Allievo della Nunziatella, è un insigne scienziato fisico e matematico a livello mondiale, inventore, tra l'altro, della formula di generazione dei numeri primi.
Nell’Era dell’Informazione con i suoi reality e i talk show siamo tutti un po’ Pinocchio tra il gatto e la volpe, un pò Gianni un pò Pinotto crediamo al paese dei balocchi, pilotati a fare i tronisti o le vallette, ma soprattutto dimenticando che nei 150 anni che furono, i nostri coetanei avi combatterono, diedero vita e sangue per quel che fu l’Unità d’Italia sotto i tre colori bianco, rosso e verde.
Dov’e’ il futuro?
Quali sono i valori che ereditiamo dal passato prossimo?
Ma soprattutto dove sono coloro i quali dovrebbero ricordarceli?
Un Paese senza memoria e’ un Paese senza futuro!
L’informazione del web se spazzatura cancella la nostra storia, elide la memoria, ci lascia travolgere dal turbinio dei rumori dissonanti di una Società che consuma, si frammenta e si divide e ci nutre della più bassa pochezza dell’essere umanamente il nulla.
In un futuro di donne escort e femminei uomini televisivi non sembra esserci più’ spazio per medici, ingegneri, ricercatori e manager veri: c’e’ solo lo spazio di quel “perder tempo che a chi più sa più spiace”.
Tutto e’ contiguo ed istantaneo sul web, così muore lo spazio-tempo della fisica di due millenni da Newton e Galileo, ad Einstein, Penrose ed Hawking.
Ma dove e’ il tempo per pensare?
Cosa e’ rimasto di quel detto che ad Alessandro Magno risuonava nella mente prima della battaglia, sussurrandogli “prudenza nel decidere, rapidità nell’agire”?
Così viviamo tra net economy, e-commerce e mondo dei ricchi e dei poveri, senza quella società di mezzo che seppure stia sparendo, a gran voce dice che non ci sta a consumare solo, a vivere tra informazione e controinformazione, ad essere intorpidita nello spirito in un ginnico involucro palestrato.
Diversità e pluralità hanno fatto la storia del Bel Paese che ha saputo incantare il mondo, ma che oggi tra spazzatura, intrigo e complotto, finta politica del pubblico e comune interesse, sembra più un Paese ippopotamo: si, un ippopotamo nel fango, incapace di muoversi nonostante la sua forza, a causa di quell’inerzia per la sua mole squilibrata.
Ma siamo davvero sicuri che non ci sia altra possibilità?
Siamo proprio costretti a scegliere se rubare, imbrogliare e venderci per essere gli ultimi tra i ricchi, oppure essere onesti, professionisti e di cultura, sprofondando tra la massa dei poveri, degli inoccupati, alla finestra di una tv che non si può più guardare?
No forse c’e’ un’altra possibilità!
Forse coloro i quali hanno fatto il ’68 e si sono impadroniti del Paese - rubando i nostri sogni, desideri ed aspirazioni - stanno mostrando i limiti di una cecità congenita che allora non seppe stare dietro i banchi di scuola, scegliendo la strada e la via della protesta contro quella della vera crescita, fatta di sudore e sacrificio per una Società che sapesse essere di tutti e per tutti e non di un colore politico. Scelsero la strada più agevole, quella dell’alzare la voce. Ma oggi quel modello non può funzionare; oggi non possiamo più permettercelo nell’era della globalizzazione e dell’internazionalizzazione, poiché chi possiede le ricchezze del Paese ed e’ aldilà del muro tra i rumori assordanti di strilloni dell’informazione non ha puro udito per sentire prima ed ascoltare e comprendere dopo la verità.
Oggi si può solo scegliere di scendere in campo, in quel campo di battaglia che e’ la nostra società incivile, abbracciando le armi. Si, armati per non essere sopraffatti. Ma armati di quali bellici strumenti? Certo non di pistole, mitra o spranghe, ma armati di cultura, consapevolezza, professionalità e valori, quei valori che non ci hanno saputo tramandare, poiché troppo frettolosamente insabbiati e posti al margine di una Società che chiamava progresso lo spasmodico potere del consumo. Allora in nome del consumo vi erano i bravi che riuscivano a navigare ed a toccare la sponda per non far naufragare il sistema Italia. Grazie a quei pochi oggi siamo qui sotto un tetto di democrazia che seppure povera ci permette almeno di dire ad alta voce che noi non ci stiamo, a differenza di alcuni Paesi dove ciò ancora non e’ possibile dirlo. Però c’e’ anche da dire che oggi essere bravi non basta più, c’e’ spazio forse solo per l’eccellenza ed e’ quella che bisogna perseguire senza indugio, con disciplina, desiderio e devozione, affinché stile, classe, signorilità, bontà d’animo ed attenzione per il prossimo possano essere valori riportati alla luce dallo sprofondamento delle sabbie mobili dell’ultimo trentennio.
Nell’era dell’Informazione abbiamo ritrovato quei valori perduti; sono i giovani ad avere nel proprio dna quelle verità insabbiate, quel futuro che lo chiamiate hacking o cracking ormai e’ già passato per lasciare spazio alla guerra del XXI secolo, che e’ già cominciata.
L’Infowar più che un americanismo può rappresentare il risveglio delle coscienze, l’uscita dalla palude della mediocrità, la riaffermazione di quei principi meritocratici tanto esaltati da molti, ma applicati da nessuno.
Chi ha valutato chi ci valuta?
Mediocri curriculum giudicano la competenza di oggi, senza neppure comprendere quella dimensione umana che in tanti sappiamo definire e chiamare capacità.
Se oggi rivivesse Garibaldi, combatterebbe le sue battaglie sul web, ma forse ci sarebbe anche qualcuno in grado di disciplinare il nuovo teatro di battaglia, questa nuova superdimensione che ha fatto collassare lo spazio-tempo fondendo in un tutt’uno spazio fisico reale e cyberspazio.
Mentre oggi il web da trogloditi, ignoranti, incompetenti decisori viene lasciato a se stesso, come una giungla nelle mani di criminali e di chi ha la forza, la volontà e le cattive intenzioni di sopraffare gli altri, avendo scoperto un nuovo strumento di oppressione, allora come in una chiamata alle armi garibaldina è responsabilità di chi sa’, il riuscire a piegare anche questo strumento all’umana volontà di giustizia, correttezza, umanità.
In una Società dove siamo stati abituati a scegliere tra l’uguaglianza delle sinistre e la libertà delle destre, e’ arrivato il momento di operare la nostra scelta. Forse potremmo scegliere come oltre duecento anni fa fecero i Francesi optando non per l’una o l’altra cosa, ma scegliendo con forza il rinnovamento di un nuovo risorgimento basato sulla triplicità di libertà, uguaglianza e fratellanza. Scegliamo allora per la fraterna unità e vinceremo ancora, poiché
l’ITALIA NON SI TOCCA ED IL TRICOLORE NON SI BRUCIA.
Gerardo Iovane
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi qui i tuoi commenti .