venerdì 11 febbraio 2011
Per non dimenticare
Non mi ricordo in questo momento se e’ stato quando eravamo a Torino o a Modena: che volete, e’ l’eta’ che in soggetti particolari incide più duramente.
Bene, eravamo noi del 150° Corso e siamo andati in viaggio di istruzione alla mitica Frontiera Orientale . A Gorizia pranzavamo in un ristorante che era diviso dalla Iugoslavia solo da una rete e di là c’era la vecchia stazione della nuova Gorizia.
Poi siamo stati anche a Trieste e fu allora che per la prima volta ho sentito parlare delle Foibe. Fu il nostro amico Claudio Magris che ci portò a vedere il Monumento dove sono indicati i “ metri cubi” di Italiani che vi furono sprofondati .
Veramente ci parlò anche di un museo privato ( chiaramente non me lo ricordo ma era un cognome ispanico ) dove erano raccolti cimeli e armi di svariati tipi e dimensioni.
Io lo ringrazio ancora di avermi svelato quello che e’ stato per decenni ,in Italia ,un “tenebroso affare “ e non mi pare che i nostri istruttori di allora ( molti dei quali avevano fatto la Guerra ) ci parlassero di quelle vicende.
Da allora, ogni volta che mi e’ capitato, ho letto qualunque cosa riguardasse l’argomento e mi sono sempre commosso per la sorte di quegli sciagurati colpevoli solo di essere Italiani. Mi sono ricordato di quando ero alle elementari e la Maestra ci raccontò che veniva da Trieste e ,quando era partita, i soldati alla stazione avevano sparato contro il treno : questo fatto e’ stato un mistero fino a quando , piano piano , dalle parole di Claudio ho incominciato a sapere quello che era successo.
Un’altra volta in altri tempi e luoghi, un mio soldato mi raccontò che la sua famiglia era scampata per miracolo alla strage quando gli slavi , dopo aver fatto uscire gli animali, li avevano chiusi nella stalla e avevano appiccato il fuoco.
Non voglio soffermarmi sulla complicità che ricevettero gli slavi da certi italiani sedicenti partigiani con il fazzoletto rosso al collo. E pure non voglio ricordare la discriminazione subita dai profughi sopravvissuti perché ritenuti fascisti e come tali indegni di ricevere perfino un bicchiere d’acqua alla stazione di Bologna.
Io spero che il Tricolore che garrisce nel nostro Blog , anzi ne sono certo, sventolerà nel 150° anniversario anche per Loro.
Giovanni Papi
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Caro Giovanni,
RispondiEliminaquello che hai scritto, oltre a riportarci alla mente gli anni della nostra gioventù (eravamo dei baldi Sottotenentini, bellissimi nelle nostre uniformi estive taglia 46!), è un riuscito e nobile omaggio alle migliaia di innocenti che furono trucidati dalla furia rossa.
Si sa, la storia la scrivono i vincitori e, logicamente, la scrivono come pare a loro, presentando se stessi come paladini del Bene e gli sconfitti come rappresentanti del Male, capaci di ogni nefandezza e, pertanto, meritevoli del peggiore dei castighi.
Mi potrebbe andare anche bene, dal momento che, nei millenni, è sempre stato così e così sempre sarà; quello che non mi va bene però è il fatto che, della orrenda e nefanda tragedia delle foibe, non se ne è mai parlato, non se ne è mai voluto parlare, come dimostra la tua "sorpresa" alle parole di Claudio.
Anche oggi, dopo 66 anni, solo il Capo dello Stato ha fatto sentire il suo accorato ricordo; per il resto, nulla; non uno "speciale" televisivo, non un filmetto commemorativo (se mai ne sia stato girato uno!), non un dibattito tra "intellettuali": Semplicemente NULLA!
I cosiddetti "vincitori" nostrani -con la complicità di tutti gli altri degli altri colori politici- si sono ben guardati da consentire che diventasse di pubblico dominio quella che fu l'esecuzione scientifica di un vero e proprio piano di spietata "pulizia etnica", perpretato ai danni di quanti erano "colpevoli" di essere Italiani.
Ma quello che ferisce ancor di più è il fatto che, ancora oggi, gli eredi di quegli assassini persistono nel negare l'evidenza, persistono nel dileggiare anche la semplice memoria (vedi l'oltraggio di ieri ad un Monumento di quella zona), persistono nell'arroganza che è propria solo di chi, sapendo di avere torto, continua a cibarsi di odio ed a spargerlo a piene mani.
Ma cosa vuoi pretendere, caro il mio Giovanni, in un Paese dove si sono erette le barricate solo all'ipotesi di intitolare uno straccio di via ad un politico -non certo immacolato ma nemmeno delinquente- ed invece consente che una delle maggiori arterie della sua Capitale è intitolata ad uno che, di quelle nefandezze, era quantomeno a conoscenza?!
Un abbraccio,
Ettore.
Caro Giovanni,
RispondiEliminaun anno fa, nell'editoriale del periodico dell'Istituto del Nastro Azzurro, ho ricordato la visita che facemmo quasi di nascosto alla Foiba di Basovizza durante il viaggio di istruzione del 1972. Conservo ancora le fotografie sbiadite della lapide che hai pubblicato e che parla di metri cubi di italiani. Purtroppo per loro erano considerati italiani della parte sbagliata, non allineati con il "nuovo regime". Si è trattato di una vera e propria pulizia etnica, scientifica, che per anni per convenienza politica è stata taciuta, negata, per non "disturbare" il Maresciallo Tito non allineato con la madre patria sovietica. Ed i nostri cari compatrioti "democratici" ancora oggi cercano di minimizzare quanto è successo, esaltando solamente i 6 antifascisti fucilati a Basovizza (ultimo numero della rivista dell'ANPI). D'altra parte di certi metodi persuasivi i compagni sono stati maestri: basta leggere tutti i libri di Gianpaolo Pansa sulle vendette poste in essere dopo il 25 aprile.
Ieri mi trovavo a Roma per le celebrazioni della Giornata del Ricordo: non c'era un solo esponente di quella parte politica che si augurava di instaurare nella nostra Patria l'ideologia comunista. Grazie a Dio non ci sono riusciti.
Il fanatismo bolscevico non aveva nulla da invidiare a quello nazi/fascista e con le parole giustizia e libertà ha giustificato crimini orrendi che sono stati taciuti o minimizzati dai vincitori. Ogni altro commento è superfluo e condivido totalmente quanto da voi detto.
RispondiEliminaFrancesco