venerdì 18 febbraio 2011
Dov'è il trucco?!
E ora parliamo un po’ di economia
Ieri, durante il TG2 delle h. 13,00, ho sentito il capo del governo che criticava i giornalisti, rei di aver minimizzato la crescita del PIL, perché questi non consideravano l’enorme indebitamento pubblico ereditato dalla sinistra e non riconoscevano i meriti nell’aver affrontato la crisi economica internazionale meglio di qualsiasi altro paese occidentale.
Le parole di Berlusconi sono facilmente confutabili ma non ho alcun interesse e voglia per farlo; ormai anche un impedito come me è capace di “navigare” e, attraverso internet, ciascuno può essere in grado di analizzare tutte le Finanziarie emanate negli ultimi vent’anni e farsi una propria idea sui pregi ed i difetti dei vari governi.
Ciò che vorrei fare oggi è parlare di economia spicciola, quella cioè che tocca le nostre tasche, e voglio farlo in un’ottica di mero confronto perché non riesco proprio a capire come certe cose, dall’apparenza semplici ed ovvie, vengano sempre rappresentate in modo contorto e poco comprensibile; o sono io che ragiono da sempliciotto superficiale o c’è qualcosa che non va.
Riducendo all’essenziale le voci che compongono le entrate e le uscite dello Stato, possiamo dire che le prime sono rappresentate dalle attività produttive (in minima parte) e dai gettiti di natura fiscale (in gran parte) mentre le seconde si concretizzano nei costi per il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, negli ammortizzatori sociali e nel finanziamento agli Enti territoriali (Regioni, Province e Comuni). Tralasciando gli aspetti patrimoniali, potremmo dire che l’indebitamento pubblico riscontrato alla fine di ogni esercizio è simile alla perdita di bilancio di una qualsiasi azienda privata ed è cioè determinato dalla differenza fra le uscite e le entrate dell’anno.
Considerando che il nostro Stato non è in grado di aumentare le entrate per attività produttive e di diminuire le uscite per il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, l’indebitamento si potrà ridurre solo aumentando l’imposizione fiscale o riducendo gli ammortizzatori sociali e il finanziamento agli Enti territoriali. Il riflesso dell’indebitamento pubblico sull’economia in generale è determinato dal fatto che solo mantenendo questo entro un limite accettabile, il governo non avrebbe la necessità di ricorrere ad una maggiore imposizione fiscale e, conseguentemente, le imprese potrebbero spendere di più nella produzione mentre le famiglie alimenterebbero i consumi.
Non so voi ma io non ho mai sentito alcun politico, a qualsiasi colore appartenga, dire su quali di queste semplici voci intende operare per migliorare le cose e, al di là di ridondanti paroloni privi di significato, ho sempre avuto la sensazione che ogni singolo provvedimento adottato mirasse a proteggere o ad avvantaggiare una singola categoria piuttosto che un equilibrio di bilancio.
Tremonti ha affermato che con la sua ultima Finanziaria ha ridotto le uscite e questo è un dato innegabile perché ha tagliato molti fondi ma ha anche detto che ora lavorerà sulla crescita puntando su tre direttrici principali: la liberalizzazione delle arti e delle professioni; il piano casa; la valorizzazione, nel sud, della banda larga.
La liberalizzazione delle arti e delle professioni è anche un pallino della sinistra la quale ne reclama la paternità affermando che quella della destra è solo una facciata in quanto Alfano avrebbe già detto che le relative procedure saranno realizzate con l’accordo degli Ordini professionali (se ci mette il becco l’organizzazione che tende a proteggere se stessa che liberalizzazione è); ma quali sarebbero gli effetti migliorativi della crescita? L’aumento indiscriminato dei bar, dei negozi, delle farmacie, degli avvocati, dei commercialisti (voglio vedere chi va a toccare i notai) etc, etc, etc, porterà allo Stato un maggior gettito fiscale o una diminuzione della spesa per ammortizzatori sociali? non ci crederei neanche se me lo dicesse Nostradamus.
Il piano casa, a livello urbanistico o finanziario, potrebbe incidere sulla migliore commerciabilità di questo tipo di bene e su un aumento di lavoro delle imprese operanti nel settore ma si sa che l’incremento di questo mercato è sempre stato caratterizzato da una volatilità degli altri tipi di investimento e da un più facile accesso all’indebitamento bancario; elementi questi non riscontrabili in questo momento. I benefici pubblici che potrebbero derivare da questo tipo di bene, sarebbero, poi, con l’avvento del federalismo fiscale, ad esclusivo appannaggio degli Enti territoriali e non porterebbero alcun vantaggio nel bilancio dello Stato.
L’incremento che potrebbe dare la valorizzazione, al sud, della banda larga mi è, infine, del tutto sconosciuto e sono convinto che difficilmente lo capiranno anche i miei ex compaesani ai quali, sono certo, saranno propinate tante partite di calcio di prima e seconda divisione.
Sapete però cosa mi demoralizza ancor più; il fatto che nessuno, neanche dalla parte opposta, parli in maniera chiara, usando magari il pallottoliere al posto dei dati demo, ……. o sono io che non capisco!?.
Francesco
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Caro Francesco,
RispondiEliminala tua analisi è, come al solito, lucida, puntuale, inoppugnabile; ha un solo difetto: è fatta con onestà intellettuale, in un dominio ove il termine non trova allocazione.
A seguito delle mie scorribande su questo meraviglioso Blog, mi sono sentito dare del "pessimista", del "brontolone" del "rompi..." e, probabilmente, le mie elucubrazioni hanno indotto simili affermazioni.
Le tue parole, però, mi sono di conforto perché sono lo specchio dello "smarrimento" in cui versa la maggior parte dell'italico popolo, almeno quello che usa con prevalenza il cervello piuttosto che l'apparato uro-genitale.
Tu, giustamente, lamenti l'assenza dimessaggi "chiari", di non importa quale parte politica; ma ti sei mai posto questa semplice domanda:ma chi riuscierebbe ad apprezzare questa chiarezza?!
Forse i milioni di telespettatori che abbocano all'esca che tette e culi siano sinonimi di italiche melodie? o forse quelli che scambiano "case" ed "isole" per realtà degne di essere vissute? o forse quelli che considerano le loro figlie veicolo preferenziale per "sistemarsi"? o forse.......?
Il tuo "non capire", caro Francesco, non deriva da una tua tara, bensì dal fatto che "loro" non parlano più la tua stessa lingua!
Sursum corda,
Ettore.
Caro Ettore, proprio per questo bisogna continuare a parlarne con tutti coloro che hanno voglia di ascoltare; anche quando si rischia di diventare noiosi e pesanti.
RispondiEliminaTi abbraccio
Francesco