La situazione in cui si è venuta a trovare nel mare indiano la scorta armata della nostra Marina Militare ad un bastimento di una società italiana, battente bandiera italiana, non ha precedenti.
Quanto viene riportato dalla stampa, con tutte le possibili omissioni dovute alla secretazione di alcuni passaggi, riproduce abbastanza chiaramente il clima in cui si svolge la vicenda.
Due Fanti di Marina, appartenenti ad un Corpo di élite, imbarcati sulla nave, hanno esploso colpi di arma da fuoco contro un’imbarcazione che, con atteggiamento sospetto, si stava avvicinando al cargo affidato alla loro tutela. L’azione ha comportato la morte di due cittadini indiani.
In punto di Diritto, abbandonata la cronaca e lasciando al loro lavoro tutti coloro –e sono tanti- che si stanno a vario titolo occupando dell’ incidente, desidero sottoporre alla Vostra attenzione, con alcune sintetiche osservazioni, ciò che emerge, a termini di diritto internazionale, nel caso.
Premesso che la nave è suolo italiano e che i due marinai, al pari degli altri loro colleghi su di essa imbarcati, operavano come “ agenti” per conto dello Stato italiano, ai fini
della responsabilità internazionale, occorre accertare – e da qui partire- dove sia avvenuto il fatto: acque internazionali o nazionali, per stabilire quale debba essere la giurisdizione e, di conseguenza, quale autorità giudiziaria – italiana o indiana – sia competente per la valutazione dei fatti.
Ammesso che ciò sia facile -ed è questa l’opera svolta in queste ore dai nostri diplomatici- è possibile prevedere ulteriori accadimenti, laddove l’incidente fosse dichiarato come avvenuto in acque territoriali indiane.
Mentre si deve dare per scontato un intenso e partecipato coinvolgimento delle parti italiane competenti -Ministeri Affari Esteri, Difesa, Giustizia-, qualora i nostri “agenti” venissero giudicati quali colpevoli dell’omicidio dei due cittadini indiani, lo Stato italiano potrebbe essere chiamato a rispondere per un atto internazionalmente illecito. Il comportamento dei Suoi organi, i due marinai, deve “essere considerato come condotta di un organo di uno Stato “ (CIG -Corte Internazionale di Giustizia- sentenza 19 dicembre 2005, Attività militari sul territorio del Congo c. Uganda, in Riv.dir. int. 2006, 145 ss par 21 3 ).
Quanto sopra, e concludo, serve a comprendere in quale grave situazione si è posta l’ Italia ed a quale gravissimo rischio sono esposti, oggi come in futuro, i nostri Militari impiegati in questo tipo di missioni, se è vero che la pena prevista per la fattispecie considerata dal Codice Penale indiano è la pena di morte.
Quando, qualche mese fa, su queste pagine, esprimevo, con i miei dubbi, il mio dissenso all’operazione, mi riferivo a queste problematiche che, purtroppo, non fanno presagire nulla di buono per l’immediato futuro.
Carlo Minchiotti (*)
(*) Professore a Contratto di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi del Molise.
leggedo i giornali di oggi apprendo che la Marina Militare aveva ordinato di non assecondare le richieste delle autorità locali e di non far scendere a terra i militari.
RispondiEliminaInvece la nave ha lasciato le acque internazionali per attraccare nel porto di Koch dove i militari sono stati fatti scendere e accompagnati dall'Addetto per la Difesa presso il posto di Polizia. Ora mi chiedo chi ha dato questo ordine e perchè il Comandante della nave ha lasciato le acque internazionali (i satelliti hanno confermato la presenza della nave in acque internazionali).
La Farnesina , forse, (o senza il forse) ha deciso di percorrere questa strada da cui non si vede, al momento, come uscirne. Eppure quello che Tu scrivi è talmente chiaro e inequivocabile che ho difficoltà a comprendere il comportamento del Governo.
Pierluigi
Bravo Carletto (Minchiotti, ovviamente), "Professore a contratto di Diritto Internazionale presso l'Università del Molise". Innanzi tutto complimenti! Questa è la dimostrazione - come probabilmente nel caso tuo - che si può sempre migliorare,( e notevolmente!) la propria preparazione (giuridica nel caso specifico) e che si può mettere a frutto, come opportunamente avrai fatto anche tu (essendo stato comandante della Regione Carabinieri del Molise) la propria permanenza nelle aree di servizio. Bravo ancora! Vorrei però che ti ricordassi quello che il buon MENGOZZI (se non erro il cognome) ci spiegava nella introduzione allo studio del Diritto Internazionale e cioè che: nel Diritto Internazionale " NON ESISTE UNA LEGGE, NON ESISTE UN GIUDICE, NON ESISTE UN GENDARME! " .- Premesso questo, sia quello che dice la Severino, sia ancor più quello che dici tu diverrebbe molto opinabile in quanto la situazione "di fatto potrebbe prevalere abbondantemente su quella "di diritto" (C.I.G. a parte) . Molti Ordinamenti peraltro, compreso il nostro ( Art. 10 e segg. C.P.) prevedono la propria competenza per i reati (gravi- qui siamo difronte ad un reato "possibile" di omicidio) pur se commessi all'estero quando il soggetto passivo (la vittima) sia un cittadino di quello Stato... La situazione è molto più ingarbugliata di quanto non sembri. A mio avviso bisogna vedere bene cosa prevede l'Ordinamento Indiano.. e sperare bene, confidando in una intelligente attività diplomatica. Un caro saluto. Carlo MORI
RispondiEliminaCaro Carlo Mori,
RispondiEliminaio sono Artigliere e non ho studiato Diritto. Prendo atto di quanto scritto da Carletto e da Te integrato, ricorrendo ai ricordi del passato quando un Vostro Professore vi diceva che nel Diritto Internazionale NON ESISTE UNA LEGGE, NON ESISTE UN GIUDICE, NON ESISTE UN GENDARME. E allora, ho ancora di più difficoltà a capire perchè la nave abbia lasciato le acque internazionali, perchè abbia attraccato al porto di Kochi, perchè i due militari siano stati fatti scendere quando erano al sicuro sulla nave che è considerata territorio italiano?
E sì, caro Pierluigi, una volta entrati nell' ambito dello spazio di competenza della sovranità indiana, si applica (secondo quanto si possa intuire) la legge di quel paese, anche se l'ipotetico reato sia stato precedentemente commesso in acque internazionali, o su una nave straniera o addirittura all'estero! Ciò sarebbe accaduto anche nel caso si fosse in Italia e si applicasse la legge italiana (tanto per esempio, se uno straniero commette all'estero un reato grave, punibile con l'ergastolo o la reclusione non inferiore ad un anno, a danno di un cittadino italiano, viene punito in base alla legge italiana, sempre che si trovi in territorio italiano.... Perchè la nave abbia attraccato al porto di Kochi e perchè i due marò siano stati fatti scendere? Probabilmente si è trattato di scelte politiche, per non incrinare i rapporti con il governo indiano (mercato importantissimo)o per altri motivi di opportunità politica. L'affermazione forse paradossale che nel
RispondiEliminadiritto internazionale non esiste una legge, non esiste un giudice, non esiste un gendarme... veniva
fatta dal nostro professore giusto per far evdenziare i LIMITI di efficacia delle convenzioni, degli accordi e delle decisioni delle strutture sovranazionali rispetto alle Sovranità degli Stati. Nel caso specifico la situazione appare ingarbugliata e solo una precisa volontà di superarla con l'aiuto
delle diplomazie potrà portare a qualche positiva soluzione. Credo che il trascorrere del tempo potrebbe favorire questa possibilità che, nonostante tutto, appare come l'unica via percorribile.
Ciao. Carlo MORI
Ringrazio, innanzi tutto, Carletto per questo spaccato di conoscenza che -grazie anche alle osservazioni di Carlino- fà fare un significativo salto di qualità al nostro Blog; inoltre, sommo le mie felicitazioni (con punte di "orgoglio di Corso") per il prestigioso e meritato incarico che ricopre nel mondo universitario.
RispondiEliminaSe Giggetto è Artigliere e non capisce, io che sono Fante cosa dovrei dire?!
Allora e sulla scia delle considerazioni del suddetto Artigliere, mi chiedo chi abbia autorizzato il Comandante della nave a virare verso il porto di Kochi e ad attraccarvi; e chi abbia ordinato (così sembra) all'Addetto per la Difesa italiano di salire a bordo insieme ai poliziotti indiani per "consegnare" loro i due marò sospettati!
Il primo dubbio è fugato dalla (giusta) prassi che vuole che nessun Comandante prenda decisioni di tale gravità senza aver ricevuto il benestare dalla propria Compagnia; se così è, allora perché la stessa Compagnia -proprio in ragione della gravità dei fatti (duplice omicidio!)- non ha sentito il bisogno di consultarsi con le Autorità italiane? Ed ancora: perché il "parere negativo" espresso dalla Marina Militare italiana non è stato tenuto in debito conto?
Restando sulla citata prassi, mi riesce difficile non fare un paragone con quanto accaduto al largo dell'isola del Giglio, in quanto non crederò mai che quella Compagnia non fosse a conoscenza dell'abitudine "dell'inchino" e, fatta la frittata, abbia poi tergiversato nell'ordinare il "abbandonare la nave", nella speranza di prendere tempo per accroccare una versione dei fatti che scaricasse le responsabilità e, soprattutto, riducesse gli oneri finanziari: riuscita operazione di cerchiobottismo puro!
Il secondo dubbio (quello dell'Addetto) e sempre che corrisponda a verità, è un tantinello più "grigio", dal momento che non credo proprio che si sia trattato di un motu proprio; che cioé, l'Ammiragllio sia partito da New Dheli, sia fatto migliaia di chilometri per prendere un'inziativa di tale portata internazionale senza avere avuto i dovuti placet: e lo affermo con cognizione di causa!
Certo è che ci siamo incartati e non vorrei che, anche in questa circostanza, dessimo il meglio di noi stessi in quanto a superficialità e pressappochismo.
Tuttavia, continuo a ritenere positive "missioni" del genere, non fosse altro per il fatto che ogni Nazione ha il diritto/dovere di salvaguardare l'incolumità dei propri connazionali, specie in Teatri ad alto rischio come quello in esame. E lo deve fare mettendo a disposizione le proprie forze istituzionali, così garantendo la legittimità di qualsiasi tipo di azione derivante; cosa che non sarebbe possibile né ricorrendo ai famosi o famigerati "contractors", né tanto meno facendo un carpiato temporale che ci riporti alla "politica delle cannoniere".
Un abbraccio a tutti,
Ettore.
Gli amici carabinieri hanno evidenziato i limiti del diritto internazionale che per il solo fatto di definirsi convenzionale ha la natura di "accordo fra le parti" e non certo di legge. Carlo Mori ha però rimarcato l'aspetto più drammatico della vicenda e cioè che per un evento dannoso a carico di un proprio cittadino, tutti gli Stati applicano la propria legislazione e se il reo, o presunto tale, viene preso, dovrà scontare la pena prevista da quella legislazione. Allora mi domando: "ma chi è stato l'ebete che ha riportato la nave italiana in territorio indiano e fatto scendere i due soldati?". Non so se i pescatori avessero o no armi e se i nostri militari si sono comportati male come avevano fatto anni fa gli aviatori americani con la funivia italiana; quel che è certo è che noi non siamo gli Stati Uniti e che esistono, purtroppo, grosse probabilità di uscirne con le ossa rotte. Con la speranza che qualche buontempone politico non dica che è tutta colpa del governo tecnico che non capisce nulla di politica internazionale o del precedente governo che non doveva fare quel tipo di contratto.
RispondiEliminaFrancesco
Carissimi "Carli" (Minchiotti & Mori), Pierluigi e,"last but not least" o "primus inter pares", Ettore da artigliere anch'io non so nulla di Diritto Internazionale, sia esso marittimo o terrestre o aereo, ma ho letto, non chiedetemi dove, perchè l'età è avara con la memoria, una teoria "alternativa" su questo caso. Partendo dal presupposto che in quell'area geografica la morte di due poveri pescatori vale meno di una storta all'anteriore sinistro di una vacca e che, invece, le lotte intestine in politica sono ben peggiori di quelle già stratosferiche italiane ecco che potrebbe essere accaduto che i "bravi" (in senso manzoniano...) italiani siano caduti come il cacio sui maccheroni nel bel mezzo della tenzone pre-elettorale. A breve, infatti, si svolgeranno in India le elezioni. Tra i candidati più in vista c'è una tal Sonia Ghandi attualmente Presidentessa dell' Indian National Congress. Tutti sapete chi è. E' nata in Italia, sull'Altopiano di Asiago per poi andare a vivere e crescere in Val di Susa. Nel 1968 sposò Rajiv Ghandi (la grande casata del Mahatma) che, militando nel Partito del Congresso, fu Primo Ministro poi assassinato nel 1991. Da quel momento anche Sonia entrò in politica sempre ostacolata dall'opposizione soprattutto per le sue origini; le difficoltà con la lingua hindi facevano il resto. Nei meandri della mentalità indo-orientale a noi quasi sconosciuti il poter oggi dimostrare platealmente che i "connazionali" della candidata sono "sanguinari assassini" può giocare un ruolo preponderante. L'importante è stato saper scegliere al momento giusto la nave giusta, della nazione giusta e madre di acquiescenti autorità ( "a" minuscolo voluto...) sia militari che politiche (a quanto pare anche in India ci conoscono bene!). Leggo che gli animi sono già ben surriscaldati e i giornali indiani, dall'"Hindu" (corrispettivo del nostro Corriere) all' "Indian Express", dal "Mumbai Mirror" al "Times of India", sono sommersi da lettere con commenti che possono essere tranquillamente definiti come oltraggiosi per la nostra povera Patria.
RispondiEliminaFrancamente non vorrei essere nei panni dei "marò", cui avrebbe giovato nascere inglesi o francesi o....a Voi la scelta, quasi abbandonati, temo, al loro destino. Voglio almeno sperare che tutto si risolva quando il caso avrà sollevato il "polverone" che l'India considererà soddisfacente per i suoi scopi.
Nei "nostri" passi diplomatici ho ben poca fiducia.
Se quanto Vi ho scritto pare "fantasia da artigliere pensionato" ricordo che nel 1983 (a quindici anni dal matrimonio) Sonia fu praticamente obbligata ad assumere la cittadinanza indiana per non ostacolare in maniera devastante le mire politiche del marito.
Ciao a TUTTI e "W il 150°"
Gabrio
Caro Carletto,
RispondiEliminadai quotidiani e dalla televisione apprndo che la polizia intende salire a bordo della nave per condurre una perquisizione e recuperare le armi dei due militari.
Tenuto conto che la nave è considerata territorio italiano, non capisco come ciò sia possibile a meno che non vi sia il consenso da parte italiana.
A noi frequentatori del blog riesce difficile -come Italiani e Militari- esprimersi sulla vicenda alla nostra attenzione, senza esprimere valutazioni personali che, per quanto oneste, non sono proprio serene.
RispondiEliminaCercherò, quindi, di rispondere alla domanda di Pierluigi, ricordando a me stesso che “l’incidente" ha avuto inizio allorquando la nave italiana ha aderito alla richiesta di attracco delle autorità indiane, consegnandosi nel loro dominio territoriale.
Quello che e' accaduto successivamente e' nella cronaca. Quanto avverrà d'ora in poi sarà oggetto di altre valutazioni, assai importanti per i risvolti diplomatici della vicenda, di mera informazione per le attività mediatiche.
Sotto il profilo del Diritto internazionale, la nave italiana -ancorché in acque territoriali indiane- mantiene la sua extraterritorialità e permane suolo nazionale .
Il Comandante del bastimento può opporsi all' ingresso dello " straniero". Questi -e qui e' il lato delicato - e' il padrone di casa, ha potere giudiziario e di polizia sulla terraferma e sulle acque marine, detiene, anche se in forma per ora edulcorata, due nostri militari.
Le norme del Diritto internazionale ci vedono - sotto ogni profilo - soccombenti.
E' possibile operare un rifiuto; si potrebbero dire e fare cose diverse, mostrando i muscoli e lasciando da parte la Diplomazia . Ma, allo stato delle cose, ritengo che il buon senso debba prevalere su quello che vorremmo che fosse oggi applicato: sia come Italiani che come Militari.
Un abbraccio a Tutti,
Carlo Minchiotti.
Spero di non sbagliarmi, ma, sia in punto di diritto, (e forse anche in punto di "rovescio") secondo i miei lontani, ma difficilmente fallaci ricordi, la nave italiana, in porti o in acque territoriali straniere (indiane nel caso specifico) NON mantiene per nulla la sua extraterritorialtà se è una nave mercantile (come nel caso specifico!). La mantiene, invece...SOLO se è una nave militare (non cioè nel caso specifico). Dunque, esimio "Professore ", il comandante, una volta nel porto, indiano nella fattispecie ( o in acque territoriali straniere)... nemmeno per il diritto internazionale ...potrebbe opporsi all'ingresso dello "straniero"(Autorità indiane competenti)...
RispondiEliminaUn cordiale saluto. Carlo MORI
Sono sorpreso dal tono formale del mio amico di lunga data Carlo da cui non traspare un minimo segno di indignazione sui fatti che immagino tutti conoscano. Come si può richiamare, dico a te mio caro Carlo, il codice internazionale marittimo quando la controparte indiana si è messa sotto i piedi il diritto di qualsiasi natura?
RispondiEliminaIn occasione del Cermiss noi italiani starnazzammo abbastanza per avere i due Marines davanti ad un tribunale italiano, a dispetto degli accordi internazionale che regolavano e- forse regolano ancora- l’uso e la giurisdizione delle basi americane in Italia. Noi avevamo ragione da vendere – come in questo caso – e ne facemmo una battaglia di giustizia e di diritto. Ciascuno a proprio modo si ergeva a paladino della sovranità italiana oltraggiata. A ragione naturalmente. Ma in quella circostanza era più facile ( forse per moda) reagire in quel modo, trattandosi dell’”odiato americano”.
Non mi pare di sentire oggi un uguale starnazzare, a meno di qualche nota giornalistica o servizio televisivo. Sulle prime mi sono posto il perché. Poi con il passare delle ore, osservando il silenzio di chi avrebbe dovuto usare le parole per manifestare solidarietà verso i due marò, ho purtroppo capito come ancora una volta abbiamo colto l’occasione di dimostrare la nostra atavica consuetudine a non schierarci, mistificando questa nostra debolezza con la prudenza o l’indispensabile diplomazia.
Ma sappiamo bene come la vera diplomazia sia quella sotterranea che non si vede e non si sente, non è sbandierata o decantata.
Mentre l’opinione pubblica è ben altro. E sono gli stessi indiani a darci una lezione sull’uso della migliore condotta politico-diplomatica.
Dal canto loro infatti le elezioni locali rappresentano una perfetta occasione per sfruttare le circostanze in argomento, in favore di una determinata parte politica. Noi certo non siamo alla vigilia di elezioni ma non siamo neanche paragonabili al tessuto sociale indiano. Fortunatamente direi! E’ comunque lungi da me il voler, sia pure lontanamente, pensare a forme di aperta contestazione nei confronti delle autorità indiane. Ci sarebbe subito qualche fesso che ne farebbe una battaglia contro le comunità indiane presenti in Italia. Me ne guardo bene, perché purtroppo la “mamma degli sciocchi è sempre incinta”.
Ma un comportamento più manifestamente volto a difendere i due italiani e a contestare l’azione di evidente prevaricazione esercitata dalle autorità indiane sarebbero state più consone ad un Paese che ha la pretesa di essere tra le otto Nazioni più industrializzate e l’ambizione di voler esercitare un ruolo da media potenza mondiale.
E’ mai possibile che noi debbiamo calare sempre le braghe?
Dov’è l’orgoglio nazionale? Un segno da parte dei nostri politici di appartenenza e di solidarietà nei confronti dei due militari? C’è stato più schiamazzo quando hanno sequestrato i nostri pescherecci – compresi di equipaggio - nel canale di Sicilia.
E i Vertici dove sono? In TV è apparso il Contrammiraglio, loro Comandante, in veste più di potenziale capro espiatore che di convinto sostenitore delle tesi italiane. Ammesso che toccasse a lui la funzione di portavoce della posizione italiana.
CONTINUA IN PARTE SECONDA…….
CONTINUA SECONDA PARTE
RispondiEliminaPer non parlare dell’imbarazzante acquiscenza con cui l’Armatore (sostenuto dal MAE ma con il parere contrario della Difesa) ha accettato l’ingiunzione di dirigere (muovendo dalle acque internazionali) in un porto indiano e di far arrestare i due marò. Ci sarebbe da capire poi come mai proprio quei due. Capisco il Comandante del Team, ma l’altro, sulla base di quale criterio? Chi l’ha indicato?
Non c’è da stupirci poi se all’interno del Governo ci siano punti di vista diversi, dove la Difesa ricopre come al solito il ruolo del “ventre molle”.
E concludo, per non tediarvi oltre, con una amara considerazione che discende dall’uso di personale con funzione di tutela a bordo delle navi mercantili italiane, forte dell’esperienza che ho fatto dall’interno della mia azienda che fornisce servizi di questo tipologia.
Una legge dell’anno scorso consente agli armatori italiani, che vogliono difendersi dagli attacchi sempre più frequenti dei pirati nell’Oceano Indiano, di impiegare o militari imbarcati o particolari guardie giurate.
E’ una legge che ora concede agli italiani la facoltà di difendere il naviglio mercantile nazionale invece di affidarlo, tacitamente e con complicati sotterfugi, a personale di altri agenzie di sicurezza di altri Paesi. E’ un fenomeno questo diffusissimo tra gli Armatori di tutto il mondo, il cui naviglio transita in quell’area. Anche i nostri armatori hanno fatto fino ad ora un ampio utilizzo di questo personale straniero.
Con un silenzio ipocrita da parte nostra. Solo l’Espresso ne ha parlato qualche tempo fa sull’onda dell’imminente varo della legge che ho citato.
Mi chiedo quindi, e chiudo, cosa sarebbe successo se al posto dei marò si fossero travati nelle medesime circostanze personale non militare?
Apriti cielo!!!!
Lascio a voi immaginarlo.
Giacomo Guarnera
I ricordi, soprattutto se nitidi e puntuali, costituiscono il punto di partenza da cui discende il proprio assetto culturale.
RispondiEliminaVi sono situazioni, invero, in cui le norme evolvono e vengono applicate in modo diverso a seguito di dinamiche aggiornate.
La nave mercantile straniera nelle acque del nostro Stato è soggetta alla legge penale italiana allorquando la violazione , con i conseguenti atti lesivi, commessa a bordo, interessa soggetti non appartenenti alla c.d. " comunità navale", sottoposta alla giurisdizione dello stato di cui la nave batte bandiera ( C., Sez IV, 2.5.2000; C., Sez IV, 15.1.2003).
In particolare si è ritenuto che la nave mercantile, essendo territorio fluttuante dello stato di cui batte bandiera,sia sottoposta alla sua sovranità,purchè le condotte tenute dal suo equipaggio non interferiscano con la comunità dello stato rivierasco o con il suo orine pubblico ai sensi dell'art. 1 19 Convenzione di Ginevra, 29.4.1958 sul mare territoriale e zona contigua( T. Venexia 21.6.1989;T. Agrigento 3.%.1985 ).
Per le navi da guerra, invece, nessuna novità, atteso che il principio del mare territoriale cede a quello di bandiera (C., Sez.I, 23.2.1951).
Se, nel caso in esame, si fosse fatto valere il principio che nessuno degli occupanti il cargo italiano aveva messo in atto comportamenti aggressivi, e quindi al di fuori delle sue leggi,verso lo stato rivierasco, il Comandante poteva far valere la suindicata condizione.
L'accesso a bordo e la perquisizione della nave, con consegna delle armi, forse ,proprio per quanto sopra ho detto e per le notizie in mio possesso, non sono stati ancora effettuati.
Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Questo è il dilemma che attanaglia le Diplomazie delle due nazioni, questo è il dramma che, non ce lo dimentichiamo, stanno vivendo due Fanti di Marina ed i loro Familiari.
Un abbraccio a Tutti
Carlo Minchiotti
Caro Carlo,
RispondiEliminaanche se in ritardo (forse è meglio che cambio il mio orologio!), Ti ringrazio per le esaustive e competenti spiegazioni che hai voluto dare alle mie domande, in una materia a me (come a tantissimi di Noi) ignota.
In particolare, nel prendere atto di quanto da Te esposto, ho molto apprezzato nei Tuoi interventi il lucido distacco con il quale inquadri i tristi eventi in una cornice di acclarata conoscenza, distacco che Ti ha consentito di non cedere alla tentazione di reagire con veemenza contro una gestione dei fatti, a quanto appare, inadeguata: e questo, sicuramente, grazie alla Tua veste di Militare che impone un certo stile di vita.
E’ un conflitto questo che ricorre anche nel mio animo vedendo come è gestita, ora dopo ora, questa vicenda. Il cuore mi porterebbe ad esprimermi in merito con toni forse un po’ troppo arditi, così come credo sia accaduto a Te che, nel continuare a mantenere fede al Giuramento prestato, non hai espresso pubblicamente alcuna critica né fatto amare considerazioni; Ti sei, saggiamente, limitato a mettere le Tue conoscenze al nostro servizio: Tu che eri quello che voleva “gridare!
E, così, anche io mi limito qui solo a ringraziarTi...senza esprimere alcun giudizio.
Un abbraccio,
Pierluigi.
Scusami Carlo (Minchiotti) ma l'ultima tua esposizione è tipica dei cultori del diritto la cui padronanza viene dimostrata dalla incomprensibile rappresentazione di un concetto che dovrebbe essere semplice. Su una nave mercantile italiana, in acque territoriali straniere, vale la legislazione italiana solo se non si commettono atti illeciti a danno di soggetti che non appartengano all'equipaggio di quella nave. Nella fattispecie, una volta che il mercantile si è trovato in acque indiane ed erano stati uccisi due cittadini indiani, presunti innocui pescatori, ciò che è successo è la logica e legittima conseguenza. Non serve essere militari per nutrire sgomento e angoscia per i nostri connazionali ma questa volta non c'entra la politica o la scarsa considerazione che il nostro Stato ha; si è trattatato solo di un gravissimo errore di valutazione da parte di colui che ha dato ordine alla nave di lasciare le acque internazionali per consegnarsi agli indiani.
RispondiEliminaFrancesco
Caro Francesco (Miredi), la tua precisazione è giustissima. E' proprio quello cui accennavo sopra.
RispondiEliminaCondivido, anche e soprattutto, le considerazioni, giuridicamente corrette, concrete e, come sempre, realistiche. Circa i motivi di lasciare le acque internazionali, come ho acccennato, si è trattato probabilmente anche di considerazioni politiche, tendenti a non irritare più di tanto il "colosso" indiano, i cui mercati fanno gola a tutti i paesi occidentali. Comunque, nonostante tutto, sono abbastanza fiducioso che, con il passare del tempo e con opportuni interventi diplomatici, la situazione possa man mano risolversi nel migliore dei modi. Un caro saluto. Carlo MORI
Cari ragazzi
RispondiEliminaForse è finita un'epoca di quando sulle navi mercantili c'erano dei "Comandanti".Non è per dire, ma se a bordo ci fosse stato un personaggio diverso e non un Domandante...probabilmente il caso non sarebbe nemmeno successo perchè la nave avrebbe continuato nella sua rotta, come sarebbe stato giusto che avesse fatto e come hanno fatto le altre due navi (di diversa bandiera)che incrociavano nella zona. Il problema è invece che là ci sono le elezioni e devono prendere qualsiasi cosa a pretesto per far vedere alla loro gente che sono affermatori di una legalità che però non riesce ad avere ragione di una piraterìa che si svolge anche alla luce del giorno:.."nelle loro acque territoriali o border line" come attestano le situazioni giornaliere rilevate via satellite e classificate quali attacco di pirateria : sia per modalità, tracciati e velocità dei mezzi che le effettuano. Spero solo che tutto finisca bene , non per le diplomazìe, non per gli interessi di questo o quello, ma per quei due ragazzi che , da quello che sappiamo, credo abbinno fatto bene il loro dovere rispettando le regole di ingaggio .