lunedì 21 novembre 2011

Etica militare e deontologia giudiziaria

La maggior parte dei fine settimana mi piace passarla sul lago di Garda, un po’ perché mi ricorda il mare, un po’ perché respiro aria pulita. Ieri ero rimasto a Milano perché compiva gli anni mia moglie e, per tutto il giorno, ho subito, piacevolmente, il via vai dei figli, degli amici, dei cani dei figli e degli amici etc. etc. etc.. Quando, verso sera, credevo stesse tornando la normalità, ho ricevuto una telefonata del buon Ettore il quale, previa cazziatura per una mia presunta latitanza, mi ha posto le seguenti due domande: "Ma tu che hai vissuto nei due diversi contesti, ritieni più pregnante l’etica militare o quella giudiziaria?”; “se è giusto che un Militare in servizio non si schieri a favore di una determinata fazione politica perché la stessa cosa

non deve valere per un Magistrato?”
. Se non fosse stato Ettore, avrei pensato: “ma questo, la sera della domenica, non ha niente di meno pesante a cui pensare” ma lui è l’anima della nostra ritrovata amicizia e la sua voglia di sentirsi parte attiva del mondo sociale, e non solo militare, che lo circonda è da me condivisa al cento per cento.
Quando fu pubblicata la legge, 11/06/1978, “Norme di principio sulla disciplina militare ed istituzione della rappresentanza militare” , ero ancora in servizio c/o il III btg. Trasmissioni di Milano e il mio comandante, sapendo che ero studente dell’ultimo anno presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano, mi chiese di commentare la Legge a tutti gli Ufficiali e Sottufficiali che ne fossero interessati. All’epoca, ero
meno pragmatico o cinico e ricordo che, al di là dell’interpretazione letterale, mi soffermavo molto sui richiami costituzionali, evidenziando che quella era una legge dettata dai moti politici/sociali del periodo ma che coloro che avevano scelto di essere Militari non avrebbero mai avuto, nonostante la Legge, tutti i diritti costituzionali riconosciuti agli altri cittadini. Il concetto che avevo e che ho mantenuto nel tempo si può così sintetizzare: “Chi sceglie di fare il Soldato acquisisce un potere di imperio che, in certe circostanze, può essere assoluto ed estremamente pericoloso per gli altri. Per questo deve mantenersi fedele non a uomini o a fazioni ma ad un modo di essere che si manifesta con il credere, in maniera assoluta, al giuramento fatto”. I Militari hanno un’etica dettata dalla tradizione e dal ceto al quale, nel passato appartenevano, ma i principi comportamentali che regolano il loro servizio non sono norme deontologiche bensì norme giuridiche. La differenza è sostanziale: le prime sono emanate dallo stesso organo di appartenenza e, a parte qualche sanzione disciplinare, non hanno potere coercitivo; le seconde sono emanate dall’organo legislativo dello Stato e hanno valore di legge. In sostanza il comportamento dei Militari in servizio non è regolato dalle Forze Armate bensì da quell’Organo supremo verso il quale hanno giurato e, a mio avviso, è giusto che sia sempre così.
Diversa è la situazione dei Magistrati. Essi non hanno norme comportamentali imposte dalla Legge, se non i principi generali del Diritto e della Costituzione, e, da sempre, tentano di generare, nel proprio interno, un complesso di norme deontologiche alle quali attenersi. Le ultime norme redatte ed emanate da ANM risalgono al 19 novembre del 2010 ed in esse, dopo anni di contrasti con la politica, traspare la volontà di apparire come una istituzione indipendente. In

realtà, nella formazione di queste norme, che ripeto non riportano comunque alcuna coercizione, è emersa, più che altro, una forte divisione nel loro interno e i punti che avrebbero dovuto affermare l’indipendenza e l’imparzialità rispetto alle fazioni sono stati più volte modificati e stravolti. Gli articoli di riferimento sono il 7 e l’8 e, quando è stato presentato un testo che sanciva l’impossibilità di candidarsi o di accettare cariche politiche da parte di Magistrati che avevano assunto importanti mansioni istituzionali, 12 rappresentanti su 20 hanno votato contro.
Come ho più volte ribadito, nella mia vita professionale, pur avendo subito gravi errori giudiziari, devo onestamente dire che la maggior parte dei Magistrati che ho conosciuto si comporta con onestà, imparzialità e professionalità ma, altrettanto onestamente, devo ammettere che la carenza di norme comportamentali emanate dal Legislatore genera, nella Magistratura, privilegi e immunità che non si addicono all’importanza istituzionale da essa rivestita ed ai compiti che gli stessi Magistrati hanno. Se il potere di imperio dei Militari è assoluto in tempo di guerra o in situazioni di emergenza o all’interno di una caserma, non lo è da meno il potere che i Magistrati hanno sempre ed in qualunque circostanza. Mi rifaccio, quindi, a quanto magistralmente affermato da Carlo Mori e, come lui, auspico la speranza che si possano avere dei Magistrati scelti sia in base alla preparazione che all’equilibrio psicologico; che entrino in Magistratura attraverso un percorso lungo e formativo e che facciano un Giuramento al quale dedicare la propria vita.
Voglio, però, chiudere con una domanda: “Perché il potere legislativo, pur avendone il potere, non emana norme comportamentali aventi forza di legge come ha fatto per i Militari?”.
Un abbraccio a tutti,
Francesco.

7 commenti:

  1. Superba spiegazione, Francesco: grazie!
    Il problema, indubbiamente, esiste ed ha delle ripercussioni gravissime sulla serenità della convivenza civile, soprattutto quando si parla di dipendenti dello Stato che hanno un potere enorme ed insidacabile come i Magistrati.
    Dovrebbero essere come "la moglie di Cesare"; dovrebbero essere immuni dal pur minimo sospetto di partigianeria ed, invece, ne abbiamo avuto appena uno che, partecipando ad una festa di partito (sic!), dichiara apertamente di essere "partigiano".
    E, logicamente, questa gravissima ed assurda affermazione non ha comportato conseguenze per il persomaggio, come era logico che fosse in un sistema ermetico (meglio "casta") dove sono gli stessi che se la suonano e se la cantano e, in teoria, devono rispondere ad un Organo che loro stessi eleggono.
    Se un Militare di un certo livello facesse affermazioni del genere, come minimo lo sbatterebbero a contare i pedalini e ci sarebbe sempre qualche prefica che griderebbe al "golpe"!
    In merito alla tua saggia domanda, non ho risposte: forse ma nemmeno tanto quel "potere" che tu gli attribuisci non ce l'ha proprio, ricattato e ricattabile com'è.
    Eppoi, sei sicuro che, nella lontana ipotesi che qualcuno si azzardasse a fare una proposta di legge in tal senso, non si comincerebbe a stracciarsi le vesti ed a gridare ai pericoli "per l'indipendenza della Magistratura"?
    Un abbraccio,
    Ettore.

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  2. Francesco Miredi22 nov 2011, 09:44:00

    Sulla seconda ipotesi non credo che possa esserci alcun dubbio; tutti quelli che non avrebbero presentato la proposta griderebbero allo scandalo e alla anticostituzionalità ma questo fa parte del gioco. Il vero problema è, a mio avviso, il punto da te sfiorato, la ricattabilità del sistema politico (oggi si parla anche della presunta corruzione di Casini) la cui origine, spesso e volentieri, non nasce da intrighi inventati bensì da condotte realmente illecite. Per questo, noi semplici cittadini, dovremmo, prima di tutto, imparare a valutare i fatti indipendentemente dal colore o dalle cariche degli autori e pretendere che tutti rispettino la legge. Può sembrare retorica ma, oggi, nel mondo intero, la questione morale è di fondamentale importanza per evitare quelle rivoluzioni di massa che in ogni epoca hanno stravolto il mondo socio/economico facendolo oscillare come un pendolo in cerca di un equilibrio che non si trova mai. Queste riflessioni non hanno, forse, molta attinenza con l'argomento in questione ma quella che, nel mondo intero, avrebbe dovuto essere una economia liberale basata sulla libera concorrenza in realtà si è trasformata in un mercato pilotato fra pochi imprenditori non onesti e tanti politici corruttibili. In un simile contesto la nostra magistratura ha avuto gioco facile nel sentirsi e nel rivestire le vesti del "salvatore" e nell'appropriarsi di un ruolo che altri poteri non possono e non vogliono contrastare.
    Francesco

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  3. Carlo Minchiotti22 nov 2011, 09:55:00

    Il sistema di governo del mondo militare risponde ovunque alle rigide regole della gerarchia e dell'obbedienza. I Valori, Quelli che noi siamo stati abituati a coltivare ed onorare, fanno parte dell' Etica che non è coltivata ed avvertita con la stessa sensibilità in altre parti del globo.
    Nel nostro Paese ogni organismo, privato o pubblico, ha regole più o meno ferree di comportamento, spesso non rispettate in strutture pubbliche sbracate ed abbandonate; per queste, comunque, la sostanza dell'imperio della legge o della norma può scattare in qualsiasi momento. E' normale vedere come si rispettino regole e consuetudini nelle banche, nelle aziende private, nelle strutture dove vi sia un capo che funziona e che tiene al bene di quanto gli è stato affidato. Altrettanto succede in ambiti professionali in cui lo stile , oltre che la capacità , fanno premio sulla sciatta e superficiale abitudine di lasciar perdere quei " condizionamenti" che sostengono che sia vecchio ciò che , invece, è solo ordinato ed onesto. In tali contesti, penso ai liberi professionisti, ai professori universitari, ai tanti che non hanno un capo incombente, presente e pressante, esiste la Coscienza dell essere individualmente responsabile delle proprie azioni. Non è, questo, uno stato di grazia ma solo l'essenza dell'autodeterminazione, frutto di valori raccolti nell'educazione familiare ed in quella della formazione. Di essa non ne sono privi i tantissimi magistrati che compiono meticolosamente, e non senza sacrifici, il loro lavoro. Mancando quei condizionamenti che li rendono assolutamente liberi di decidere secondo legge, essi si autodeterminano per l'affermazione di quella Giustizia che alcuni loro colleghi, pochi ma dalle decisioni assordanti, pensano di poter piegare alle proprie personali opinioni.
    In questi casi si avverte la mancanza di una norma coraggiosa ed innovativa che , senza vincolare le decisioni, lasciando cioè liberi i magistrati di assumerle nll' ambito di ciò che la legge stabilisce, imponga stili di vita che limitino le esternazioni, la partecipazione a manifestazioni di partito o di consorteria, che rendano meno aperto all' espressione di pensiero coloro che sono chiamati al delicato compito di sostenere l' accusa e di giudicare.
    Non credo che un governo tecnico possa affrontare un simile tema che, per l'importanza rivestita, non potrà però essere rinviato alloquando la primazia della politica e della democrazia si riapproprierà di quanto è stato oggi delegato.
    Vi abbraccio Tutti
    Carlo Minchiotti

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  4. E' la problematica che avevo sollevato e che Ettore aveva bollata come un attacco alla Magistratura.
    L’escussione di Miredi è stata chiara ed esaustiva.
    Perché non si prendono provvedimenti è altrettanto chiaro: la classe politica è ricattabile e la magistratura non vuole limiti al proprio potere. Tanto che i vari interventi fanno trasparire un certo timore a trattare il problema. Sono altrettanto convinto che la maggior parte dei magistrati svolge onestamente il proprio lavoro con grandi sacrifici. Tuttavia, il comportamento di pochi delegittima l’intero “universo” e il Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbe intervenire, ma chi lo elegge?
    Lettura consigliata: Magistrati l’ultracasta, di Stefano LIVADIOTTI, Giornalista de “ L’ espresso” – Editore Bompiani.
    Saluti Suff

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  5. Come dice Suffoletta anch'io consiglio, giusto per farsi un'idea, la lettura del libro di LIVIADOTTI (peraltro di sx). Quando si ha a che fare con questi baciati dalla fortuna per aver vinto un concorso che li esonera (praticamente)
    da qualsiasi responsabilità (e che di contro garantisce loro grandi privilegi) bisogna sperare di incappare in quelli fra loro più obiettivi e responsabili e che, grazie a Dio, ce ne sono... se no...dobbiamo rimetterci al loro buon cuore e sperare (sempre) in Dio, o in qualche giusta assoluzione o archiviazione che arriverà, comunque, dopo molto tempo, quando il malcapitato di turno è stato ormai irrimediabilmente distrutto. Un caro saluto Carlo MORI - P.S. Mettete anche i cognomi, se no si fa confusione!

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  6. Giovanni Bernardi27 nov 2011, 15:21:00

    Sembra quasi che il presidente Napolitano abbia letto questi post. Il 25 novembre, infatti, alla cerimonia di insediamento del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura ha detto che "...serve un valido codice deontologico per affermare il necessario rigore nel costume e nei comportamenti di giudici e pm". Insomma, il problema esiste ed è serio, ma temo che l'Ultracasta da quell'orecchio non ci senta, anche se l'ammonimento viene dal presidente della Repubblica.

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  7. Altro che codice deontologico ci vuole! Devono esserci precise norme di legge che riconoscano
    il diritto ad essere risarciti quando i Magistrati sbagliano anche per colpa,(non solo per dolo o colpa grave), come succede in tutte le Nazioni più evolute.Risarcimento, ben si intenda, a carico dei magistrati stessi, e non dello Stato (Ministero di G. e Giustizia- cioè la collettività-Noi!). C'è stato peraltro un recentissimo richiamo nel senso all'Italia da parte della Corte Europea di Giustizia! Ed un referendum proposto (dai radicali) e vinto nel lontano 1987 (se ben ricordo) sulla responsabilità civile dei Magistrati (totalmente disapplicato!). Che dire? E' veramente una Categoria molto potente che a mio modesto avviso ha preso il sopravvento sugli altri poteri dello Stato. Altro che ammonimenti e richiami deontologici! Un abbraccio. Carlo MORI

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