mercoledì 9 novembre 2011

Risposte ad Oliviero e...non solo!

Caro Oliviero,
le domande che poni, dopo più di 30 anni dal giorno in cui hai appeso l'Uniforme nell’armadio, richiedono pagine e pagine di parole per poiaccorgerti che hai dimenticato qualcosa: qualcosa di veramente importante.
La stragrande maggioranza di noi del 150° “Montello” ha lasciato da anni (da 4 a 6) il servizio attivo, dopo una vita trascorsa a far si che quella Guerra Fredda che aveva come unico scopo la conservazione di un equilibrio strategico mediante la contrapposizione dei due blocchi, Nato e Patto di Varsavia, non si tramutasse in un vero conflitto.
La nostra preparazione di base, il nostro addestramento, i nostri sistemi d’arma, tutto era in funzione di quel compito da assolvere. Lo abbiamo assolto bene, anzi benissimo contribuendo, con la caduta del Muro di Berlino, al ritorno della Libertà e della Democrazia in tutta l'Europa.
Ora, i tempi sono cambiati (di questo ne abbiamo già abbondantemente parlato) e questi cambiamenti sono intervenuti anche nelle F.A. che oggi hanno compiti ben diversi da quelli dei nostri giorni in armi.
La Globalizzazione e la politica della Globalizzazione hanno portato i nostri soldati in aree di cui avevamo sentito solo parlare quando andavamo a scuola.
Questo ha comportato un cambio di strategia nella preparazione dei soldati del 2000, nell’addestramento e nei sistemi d’arma in servizio unitamente alla presa di coscienza dell’elevato rischio di perdite di vite umane.
Ti ho fatto questa breve premessa perché alle tue domande io posso dare risposta sulla base di quella che è stata la mia esperienza di vita nel contesto militare di quegli anni. E poiché, dalla fine del mio servizio attivo sono passati quasi 5 anni, probabilmente alcune (forse molte) delle mie risposte non saranno rispondenti a quella che è la realtà della vita militare di oggi nelle sue varie componenti.


E’ vero che i Militari sono stanchi di vivere una situazione interna di incertezza e di perenne ristrutturazione?
Fino a qualche anno fa, la politica della F.A. era gestita in prima persona dal Capo di S.M.E
che, con le assegnazioni dei fondi del bilancio della Difesa, doveva far fronte alle esigenze addestrative, all’impiego, al mantenimento ed al rinnovamento della F.A. stessa.
Quindi decideva, dove, come, quanto e quando spendere.
Poteva costituire, sciogliere e trasferire unità, definire gli approvvigionamenti, decidere sui sistemi d’arma, quali e quanti, avviare programmi di cooperazione in ambito internazionale, etc……
Il Capo di S.M.E rimaneva in carica, normalmente, due anni. Veniva nominato tra i Gen. C. A. più anziani e ormai prossimi al termine della carriera militare.
Va da sé che questa breve “APPARIZIONE” del Capo di S.M.E sul “palcoscenico” della F.A. lasciava il segno. E che segno!!!
Dopo due anni veniva nominato il nuovo Capo di S.M.E e…………la musica ricominciava.
Nuovo Capo di SME? Nuove idee, nuova policy, nuovi sistemi d’arma, nuovi………di tutto e di più.
Per fortuna, non sono stati tutti sempre così rivoluzionari. Ma certamente la continuità tra l’uno e l’altro è stata abbastanza difficile da mantenere con conseguenze talvolta economicamente pesanti per il bilancio della F.A..
Credo che due aree di grande importanza -quali l’Impiego del Personale e l’attività di Ricerca e Sviluppo- siano state in modo particolare quelle che hanno risentito maggiormente di questi continui cambiamenti di policy.
Unità che, fino a qualche mese prima nessuno si sognava di sciogliere, all’improvviso venivano trasformate o sciolte oppure trasferite di sede, con conseguente trasferimento di tutto il personale che, dopo anni di servizio in quella sede, faceva di tutto per non muoversi e, spesso, ci riusciva.
Famiglie divise, figli cresciuti senza padre, rapporti inter familiari rovinati; per non parlare dei comportamenti di certi Comandanti che mettevano “parere negativo” su qualsiasi domanda di trasferimento solo per la libidine di avere tutto il personale presente in caserma e proteggersi, così, le riverite terga.
Programmi di Ricerca e Sviluppo avviati e, dopo pochi anni, cancellati solo perché il nuovo Capo di S.M.E aveva altre idee in merito.
Ma la ciliegina è rappresentata dall’impareggiabile impresa di dar vita ad un gruppo di lavoro presieduto da uno straniero per studiare la ristrutturazione della F.A. come se tra i nostri Generali non ci fossero state menti in grado di……..far meglio.
Ovviamente il Dott. SARAGOZA non ha lavorato gratis. E con quale risultato?
Questi sono solo alcuni esempi. Peraltro tu hai vissuto sulla tua pelle questa incredibile politica del personale che, prendendoti in giro per due anni, ti ha poi costretto a prendere la decisione di lasciare il servizio.
Oggi qualcosa dovrebbe essere cambiato. Lo Stato Maggiore della Difesa gestisce il bilancio della Difesa e definisce la policy per tutte e 4 le F.A. Funziona cosi? Dipende!...............

Se è vero, dove e quando nasce una tale situazione?
Questa situazione si trascina da sempre, si perpetua nel tempo: non ha inizio e non so se avrà mai fine!






Se pensiamo che dal 1900 al 2011 ci sono stati 50 Capi di S.M.E (un Capo di S.M.E ogni 26 mesi!) come si può pensare che qualcosa possa essere cambiata.
Non c’è mai stato il tempo per un’ azione duratura nei vari settori/aree. Non c’è mai stata una policy………..neanche negli anni più recenti!.
E’ un Esercito, il nostro, che nasce nel 1861 con il nome di Regio Esercito italiano, nome che assunse per decreto l’Armata Sarda unificata con molti altri eserciti operativi prima dell’ Unità d’Italia.
Il primo grande impiego dell’Esercito Italiano nella I Guerra Mondiale mette subito in evidenza un inesistente sentimento di amor di Patria, con conseguenti tentativi di diserzione, allontanamento, rifiuto di obbedienza non disgiunto dall’incapacità dei Comandanti dovuta ad una pavida e discutibile azione di comando e da una cronica carenza e obsolescenza di armamenti.

Tratti dal libro - "La follia e la fuga. Nevrosi di guerra, diserzione e disobbedienza nell’esercito italiano 1915-1918", Bulzoni, Roma 2001, alcuni momenti di vita vissuta durante la Grande Guerra che ci fanno intravvedere come svariati comportamenti dell’epoca si sono poi tramandati immutati, o quasi, nel tempo




………………….La recente acquisizione del grado, il desiderio di distinguersi e di fare carriera determinarono comportamenti alteri e boriosi in molti ufficiali, insuperbiti dal nuovo smalto sociale acquisito con la divisa. A questi ufficiali, rapidamente investiti di funzioni di comando, mancavano modelli di comportamento verso i loro sottoposti; i corsi affrettati che si tenevano all’accademia di Modena non offrivano al giovane aspirante alcuna indicazione che lo aiutasse a rapportarsi ai bisogni dei soldati e la capacità di comando veniva identificata con le doti di energia, inflessibilità, risolutezza. Semplici certezze gerarchiche e preoccupazioni di ordine sociale definirono una struttura di comando rigida e centralizzata, accentuarono la distanza e l’incomunicabilità con i soldati.

………………………. Anche l’alterigia e il senso di superiorità di classe di tanti ufficiali suscitava le reazioni sprezzanti dei soldati



………………. I soldati, d’altra parte, esprimevano la propria insofferenza verso la disciplina e la gerarchia militare e il fastidio per la retorica di guerra con la passività e la scarsa solerzia nell’obbedire alle ingiunzioni di deferenza, quali il saluto alla bandiera o l’assumere posizioni irrigidite sull’attenti di fronte al superiore.



………………………… Se gli ufficiali accusati di abuso di autorità furono in maggioranza assolti, le mancanze dei soldati furono punite, al contrario, con grande severità. Di fronte al supremo dovere di mantenere la disciplina, la dignità del soldato perdeva ogni valore, mentre l’offesa a un ufficiale trascendeva sempre la sua persona per divenire offesa al grado.

E nella II Guerra Mondiale?

Anche qui alcuni momenti di vita militare vissuta tratti dal libro “L'Italia del 1940” di M. Innocenti





………………….La tecnologia condanna a morte l'improvvisazione, le guerre sono già vinte o perse prima di battersi. Tutto nelle nostre forze armate (quadri, armamenti, logistica, strategia) è carente e costringe a combattere una guerra moderna con un'organizzazione vecchia

………………….Le divise, con poco gusto ''trasformano un atleta in salame'' ma soprattutto con poca lana, non resisteranno al vento gelido che perfora la stoffa e fischia attorno alle ginocchia, le scarpe, buone per la libera uscita, si sfasceranno in Grecia e in Russia, il mitragliatore Breda si incepperà troppo spesso nei momenti cruciali e il '91, anche con le modifiche '39, farà il solletico ai mitra nemici.

………………..'' Che cosa gli tiriamo se entriamo in guerra, dei limoni?'' La battuta, attribuita al maresciallo Caviglia, riassume il quadro desolante di un'Italia meno e peggio armata dell'Italietta del 1915, con l'esercito più impreparato tra quelli che scendono in campo. La colpa, ovviamente, non è di nessuno, oppure è degli altri. E nessuno si dimette: democrazia o fascismo, l'istituto delle dimissioni non ha corso legale in Italia.

…………………..I suoi generali, con qualche lodevole eccezione, sono caricaturali, dalle pance vistose, flaccidi, obesi, con gli occhiali. Hanno una preparazione arretrata, formalistica, ostile a ogni novità. I generali intelligenti sono mosche bianche, gli altri sono come Bastico, che sostiene: ''Quante storie. La fanteria deve battersi all'antica: baionette e bombe a mano''.

Mi fermo qui.
Credo di aver dato un quadro abbastanza chiaro, anche se con pochi ma ben precisi riferimenti storici, per spiegare da dove nasce questa situazione che si tramanda nella storia.
Il nostro non è mai stato, e non tutt’ora, un popolo fatto di "difensori della Patria", intesi come combattenti pronti a donare la propria vita per un ideale. Noi, per contro, siamo un popolo di navigatori, di artisti, di poeti, di musicisti e…….. anche di Santi.
Comunque, molto negli anni successivi è stato fatto, cambiamenti epocali hanno trasformato un apparente esercito in un esercito reale e al passo con i tempi.
Ma, c’è sempre un Ma. E questo Ma è rivolto a porre in dubbio la rispondenza dei Valori che ci hanno portato ad indossare l’Uniforme con il successivo comportamento nella vita di tutti i giorni.
Arroganza, maleducazione, interesse solo per la carriera, corsa sfrenata alli ……..mejio posti, incapacità di comandare, paura della propria ombra, servilismo nei confronti dei superiori, sono, o forse dovrebbero essere, solo un ricordo di un Esercito del passato. FORSE!
Meglio di come s’è fatto fin d’ora non credo possibile. Non è possibile perché si dovrebbe cambiare la mentalità e questo appare impossibile da realizzare.

Quali sono stati i disagi più profondi che avete incontrato nella Vostra vita militare ?
L’ arroganza, la maleducazione, la mancanza di rispetto, il desiderio di primeggiare, la gestione di quel potere che il comando ti dà e che mostri comandando solo con i gradi sulle spalle ma senza quel minimo di sentimento e di amor proprio che porterebbero i tuoi collaboratori a dare tutto se stessi per il bene dell’Istituzione.
Comandanti senza palle. Incapaci di prendere decisioni e, principalmente, di assumersi responsabilità. L’importante era “sfangare” l’anno di Comando e uscirne senza problemi al fine di non compromettere la carriera.
La maleducazione, l’arroganza e il sentirsi un “padre eterno ” era insito in molti "Signori Ufficiali" con incarichi di prestigio ai vari livelli ordinativi.
Vivere in un contesto del genere per anni crea un tale disagio e una tale amarezza che porta poi molti ad allontanarsi da tutto ciò che ricorda quella vita, una volta appesa l'Uniforme al chiodo.

Il quasi dogma “Anzianità fa grado” si può considerare ancora valido ed attuale?
La vita militare non può prescindere dal dogma dell’Anzianità. Anzianità è maggior esperienza che si concreta in profonda conoscenza della Forza Armata e quindi in possibilità di costituire sicura guida per i più giovani.

La nomina del Gen. Graziano la si può ritenere un evento positivo o negativo per la FA?
e, se SI’ , perché ?


Il Gen. Graziano ha una vasta esperienza in ambito internazionale di circa 10 anni dove ha dimostrato elevate capacità in particolare al comando di operazioni militari; anche se di critiche a livello politico ne ha avute tante sia in ambito Nazionale che Internazionale durante il comando UNIFIL per la sua apparente e mai accertata disponibilità nei confronti degli Hezbollah.
Ad una eccellente capacità di gestione delle problematiche in ambito internazionale fa da contrappeso una non così vasta e profonda conoscenza delle diverse aree e componenti della F.A..
Pur avendo ricoperto l’incarico di Capo Ufficio Pianificazione dello S.M.E negli anni 1997-2000 (?) posizione questa che gli consente di avere una profonda e dettagliata conoscenza dello strumento, è bene ricordare che da allora sono trascorsi 12 anni e di cambiamenti ce ne sono stati un’infinità.
Le sue doti le dovrà subito evidenziare nel riuscire a sfruttare a suo vantaggio (non ha bisogno di consigli) la situazione che si è creata con la sua nomina a Capo di S.M.E scavalcando ben 19 Gen. più anziani di lui.
Se non ci riuscirà si troverà a dover affrontare una situazione che, come già accaduto in passato, non sarà facile da gestire perché i 19 gli creeranno non poche difficoltà.


La nomina del Gen. Graziano è solo un atto politico. Una scelta fatta dal Ministro che non ha tenuto nella minima considerazione la presenza di Generali più anziani, con maggiore esperienza e più profonda conoscenza dello strumento militare.
Il Gen. Graziano è stato promosso Gen. C.A. nel gennaio del 2010 (ha 5 encomi solenni e 9 encomi semplici!) e, solo dopo meno di due anni, è stato nominato Capo di SME.
Se riuscirà a modificare quella mentalità che ancora oggi aleggia tra molti in uniforme (vedi precedenti risposte), i suoi 5 anni di Comando diverranno parte fondamentale della storia del nostro Esercito e, anche il Ministro della Difesa passerà alla storia come colui che aveva nominato quel giocane Generale, perché aveva capito che era necessario dare nel tempo continuità all’azione di Comando e ringiovanire una stanca e delusa Forza Armata.
Il Ministro aveva capito tutto questo? Incredibile! Mah!!!

Conclusioni
Alcune di queste risposte sono frutto della mia esperienza di vita. Ovviamente non tutti avranno identica visione, avendo vissuto in modo diverso, in positivo e/o in negativo.
Nella mia vita ho incontrato anche Ufficiali eccellenti ed intelligenti, Ufficiali con i quali è stato un piacere lavorare e, perché no, sacrificare più ore della giornata, togliendole alla famiglia: ne ho conosciuti e sono fiero di aver lavorato con loro!
Ma la massa è come io l’ho descritta perché così io l’ho conosciuta nella mia vita.
Spero che qualcosa sia cambiato ma………………ho i miei dubbi e nessuno mi può convincere del contrario.
Ci sarebbe da dire ancora tanto; io, però, mi fermo qua, perché comunque, facendo la somma algebrica della mia vita militare, il risultato ha il segno più!
Ciao
Pierluigi

3 commenti:

  1. Carlo Minchiotti9 nov 2011, 17:58:00

    Grazie! Grazie a Pierluigi: La Sua risposta ad Oliviero è calibrata, equilibrata, completa:
    sicuramente si può discutere, ragionandone, su di una scelta che ha fatto male a molti ed in particolare al nostro Corso ma, al di là delle emozioni, Egli ha fornito ai lettori del Blog un sereno excursus di un percorso " obbligato " dalle consuetudini; queste, diversamente dalle tradizioni, devono essere di tanto in tanto modificate allo scopo di evitare incrostazioni ed appesantimenti, anche culturali.
    Per quanto mi riguarda, il Suo scritto mi ha fornito ossigeno e mi ha fatto ricordare che il mio passato militare, tra l'avere ed il dare, è
    ampiamente positivo e che l' avere , ancora nel tempo presente,non mi fa sentire in credito con l'Istituzione che, per fortuna, non sempre si immedesima negli uomini di ieri, di oggi e del
    futuro.
    Un abbraccio a Tutti
    Carlo Minchiotti

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  2. Francesco Miredi10 nov 2011, 09:20:00

    Caro Pierluigi mi complimento per la chiarezza e l'equilibrio dimostrato nelle tue risposte. Personalmente ho vissuto lo stesso percorso militare di Oliviero anche se ho lasciato l'esercito per motivi diversi da lui. Se mi consenti, però, non posso fare a meno di esternare la mia difficoltà nel comprendere come si possa vivere bene in un contesto estremamente specifico e "chiuso", come quello delle Forze Armate, quando si dà alla maggior parte degli ufficiali il giudizio che tu hai dato. Io penso che si debba distinguere la vita militare operativa dalla funzione di comando di vertice che, in qualsiasi Ente, assume una vesta politica/amministrativa. Nella prima, credo che lo spirito di iniziativa, di abnegazione e di capacità di comando vengano sempre premiati perchè sono riconosciuti sia dagli esecutori degli ordini, sia dai comandanti che si avvantaggiano degli effetti derivanti dagli stessi ordini. Al contrario, quando si arriva a candidarsi per raggiungere il vertice, bisogna necessariamente adeguarsi ai desideri di chi ha il potere di determinare la scelta e a quel punto diventa fondamentale ciò che si vuol far apparire non ciò che si è. Questo è un dogma che vale in qualsiasi contesto non solo per le Forze Armate; così come non è mai stato isolato alle sole Forze Armate il problema del bilancio e dei fondi posti a disposizione. Ciò che non sapevo e che veramente mi sembra assurdo è che venisse dato un simile potere ad un Capo di S.M.E. che durava in carica solo due anni perchè questo generava senza dubbio uno spreco delle risorse.
    Ti abbraccio
    Francesco

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  3. Carissimi,
    non si può che plaudire a quanto scritto da Giggetto, con tanta, insuperabile, genuina maestria: è uno spaccato di vita vissuta da ciascuno di noi, pur con le dovute eccezioni.
    Bisogna riconoscere, in tutta onestà e tanto piacere, che Giggetto ha fin qui scritto poco ma quando scrive gli dà giù che è un piacere!
    Personalmente, ho avuto la fortuna di incontare molte più persone di medio/alto profilo che quaquaraqua giggettiani; ne ricordo con profondo disprezzo solo due, entrambi miei Comandanti di Brigata, che facevano (non solo a me) del male per il semplice gusto di fare del male.
    Ciò detto, avrei qualcosa da ribattere a Francesco quando afferma che, arrivati a certe quote, ci si deve assoggettare al dogma del "ciò che si vuol far apparire non ciò che si è".
    Sarà pure così, sarà che io credo ancora nelle favole, sarà che io, a cete quote, non ci sono arrivato, sarà tutto quello che Vi pare, però io, in tale affermazione , ci leggo un certo cinismo che, sempre nella mia beata ingenuità, ritengo (o spero?) non alberghi nell'animo di un Militare.
    Non è che, con questo, voglio affermare che le FA siano popolate da soli "Poverelli di Assisi", tutti umiltà, povertà e gaiezza:
    siamo uomini come gli altri, con i nostri pregi ed i nostri difetti.
    Però e proprio in virtù della mia esperienza, posso affermare che, tra i tanti che ho conosciuto specie Superiori, ho avuto la fortuna di incontare persone che facevano -e bene- il loro mestiere, sulla base di quello che erano realmente e non per quello che volevano apparire.
    Quelli che, invece, seguivano il "dogma" in questione, si sono rivelati pessimi Capi ed ancor peggiori Comandanti.
    Il magnifico ricordo -che non è senile nostalgia!- della "mia" vita militare mi è di conforto e di orgoglio; e sono contento che anche Giggetto e Carletto la pensino come me.
    Un abbraccio a Tutti,
    Ettore.

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