mercoledì 16 novembre 2011

Fantamilitaria?!

Tutti gli Uffici Operazioni di tutti gli SM del mondo, si sa, sono il cuore, il cervello, l’anima dei rispettivi Eserciti e quello dello SME non fa eccezione; solo i meglio dei meglio possono ardire ad entrare a farvi parte; sono richieste doti non comuni, quali l’elevata propensione a tacere (per la tutela del segreto!), l’assoluta dedizione al servizio ed un sistema di timpani semplicemente extra per resistere alle urla beluine.
Ma il “cuore” di questo cuore è rappresentato dalla Sala Operativa, dotata dei più avanzati e costosi sistemi di comunicazione, di aggiornamento dati, di ricerca automatizzata di archivio; qui l’accesso è permesso solo agli unti ed il suo Capo, più unto di tutti gli unti, si può fregiare dell’appellativo di inclito.
Quel giorno di marzo di un anno degli anni ’70 (quando imperava la Serie 700, quella della risposta massiccia e del posto scoglio), la mattinata era trascorsa come tante altre: la solita decina di arresti comminati a pioggia, i soliti problemi di collegamento con la “periferia”, il solito urlo delle 1035; l’unico diversivo fu il leggero trauma celebrale riportato da un Sezionario che non era stato abbastanza rapido nello schivare la solita cartella lanciata dal Capo Reparto.
L’inclito si apprestava a ricevere i soliti rapportini dalla “periferia”, con tanto di chiedenti visita e di ricoverati in infermeria, di militari in licenza e di mancati rientri, di ammessi al rancio e di automezzi fuori uso: diciamo una grossa fureria a livello nazionale!
Mentre l’inclito stava redigendo di suo pugno il rapportino riepilogativo, una lucetta gialla, indicante Verona, cominciò a lampeggiare; l’inclito, forte delle esperienze e dei cazziatoni precedenti, non ci fece caso più di tanto, imputando il fenomeno al solito malfunzionamento; ma la lucetta continuava a lampeggiare insolente, tanto che l’inclito cominciò ad avere qualche sospetto.
Meravigliandosi non poco della propria audacia, si scoprì a ragionare in maniera autonoma, tanto da collegare il lampeggio con la sede che indicava nientepopodimeno che West Star: altro “cuore, cervello ed anima” ma di dimensioni inimmaginabili. Basti pensare che, già da allora, la sede era collegata con SHAPE, addirittura con un “tunnel”, dove –in assenza dei neutrini che non erano stati ancora scoperti- si “accelerava” l’aria
fritta
, con risultati a dir poco stupefacenti: il grado di friggimento, infatti, raggiungeva livelli di raffinatezza talmente elevati che, alla fine del processo, l’aria sembrava quasi quella del Cervino, tanta era la sua purezza!
Oramai lanciato sull’onda di un insospettato decisionismo, non si mise lì a buttare giù un Appunto per il Capo Ufficio, bensì, risoluto, schiacciò il pulsante dell’audio (la videoconferenza non era stata ancora inventata) ed attese di sentire la voce del suo omologo; per sua fortuna, era Italiano, così si evitò di buttare giù una serie di Appunti per chiedere al SottoCapo che autorizzasse l’arrivo di un Ufficiale italiano che parlasse inglese e che prestasse servizio a West Star.
“Ascolta –disse l’uomo di WS- ti risulta per caso che ci siano dei “movimenti” dalle parti di Lubiana?!”
“No –rispose l’inclito-, però se aspetti un attimo, butto giù un appuntino da coordinare con “Movimenti e Trasporti” e vediamo cosa ne sanno loro”.
“Ma che hai capito?! – ribatté l’altro, alquanto stizzito. Io stavo parlando di “movimenti” di truppe, di Reparti, di Divisioni, di Armate, di Fronti, in direzione della “Soglia”.
L’inclito non resse al quesito; ecco la giusta punizione per la sua temerarietà nell’aver voluto rispondere direttamente alla chiamata, senza aver seguito la via gerarchica!
E mò chi glielo andava a dire al Capo Ufficio che stava già fremendo perché il Capo Reparto era in attesa di conoscere il numero dei chiedenti visita?! Lui, l’inclito, bene o male si ricordava che nell’aula “Martinat” ogni tanto si parlava di Lubiana e di “Soglia”, però non riusciva a vedere il nesso tra questo ed il suo incarico.
Già grondante di sudore, intimò gli arresti al SU. dattilografo (gli serviva per scaricarsi) e gli dettò una breve Nota per il Capo Ufficio, in cui, tra un “si dice” un “sembra” ed un “appare”, si riportava l’accaduto “per informazione”; firmò la Nota, rischiaffò dentro il SU. dattilografo che aveva osato sospirare senza autorizzazione e, indossata la giacca con gli alamari, si avviò verso l’ufficio del Capo.
Dieci metri prima della porta, assunse progressivamente e con movimenti sincronizzati ed oramai collaudati la posizione a 90° mentre gli altri colleghi correvano a rintanarsi nelle rispettive stanze, per evitare il rischio di essere coinvolti nella prevedibile, inevitabile reazione. Dopo aver incaricato un segretario di verificare con il teodolite l’esattezza della posizione, bussò rispettosamente, trattenendo il fiato, per poter cogliere ogni minimo, flebile rumore che provenisse dall’ interno.
Un “AVANTI” di quelli che non lasciano scampo fu la risposta; l’inclito, sempre in posizione a 90°, si sistemò il nodo della cravatta, controllò se le stringhe delle scarpe fossero allacciate con la stessa lunghezza, mise in bocca un pezzettino di liquirizia (retaggio di un regalo di un compagno di plotone somalo) e, rassegnato, abbassò la maniglia ed entrò.
Il Capo era assiso dietro la sua scrivania di otto metri quadrati, sulla quale troneggiavano un centinaio di cartelle, ciascuna contenete un foglio. “Era ora che arrivassero questi dati sui chiedenti visita –disse solenne-; il Capo Reparto deve infornarne al più presto il SottoCapo”.
“Veramente, Signor Colonnello, avrei una comunicazione che ardirei definire urgente –ribatté l’inclito con un filo di voce e sempre in posizione piegata.
“Ma cosa vuole ardire Lei !!!–abbaiò l’altro. Cosa ci può essere di più urgente che conoscere il numero dei chiedenti visita della Forza Armata?! Forse solo una possibile minaccia alla “Soglia”!
A quella parola, l’inclito si rincuorò, osò riassumere senza autorizzazione la posizione eretta e, con un’audacia che non si riconosceva, si avvicinò alla scrivania porgendo la Nota. Il Capo lesse, sgranò gli occhi, rilesse, risgranò gli occhi e, quasi in apnea, si avviò verso la cassaforte che conteneva i documenti SS; l’inclito sbiancò, deglutì con forza dimenticandosi il pezzettino di liquirizia che aveva ancora in bocca e si mise ad attendere gli eventi.
Dopo una serie calendariale di bestemmie, il Capo riuscì finalmente a trovare la combinazione giusta; spingendo con forza la porta che faticava non poco a girare sui cardini arrugginiti emettendo un cigolio sinistro, il Capo cominciò a tirare fuori volumoni su volumoni, fintando che non trovò quello che cercava; rimise a posto tutti gli altri, richiuse la cassaforte sulle note del cigolio, aprì un armadio corazzato per prendere una borsa con combinazione e catenella, ci mise dentro il volumone, si assicurò al polso la manetta della catenella, controllò il nodo alla cravatta, le stringhe delle scarpe, mise in bocca una mentina, aprì la porta, assunse gradualmente la posizione a 90° e si avviò verso l’ufficio del Capo Reparto, seguito dall’inclito che, invece, procedeva a passo del leopardo.
La scena si ripeté uguale, con la variante che il Capo Reparto, per par condicio, fu costretto a lanciare ben dieci cartelle al posto del volumone; dopo un colloquio di circa un’ora, durante il quale fu decretato di chiudere anche le persiane per impedire che qualcuno vedesse oltre che ascoltasse, fu deciso di informarne subito il SottoCapo, mediante una Nota su tre pagine più dieci allegati.
I due reggitori dei destini operativi del Paese, presero un ascensore privato, scortati da quattro Carabinieri in tenuta anti-sommossa; nell’anticamera, assunsero la posizione a 90° “ranturcinata” (una variante solo per le Eccellenze), si fecero annunciare e, dopo aver controllato il nodo alla cravatta, la lunghezza delle stringhe e la reciproca freschezza dell’alito, entrarono al cospetto di Lui che troneggiava dietro una scrivania di sedici metri quadri, tutti rigorosamente occupati da cartelle multicolori.
Lui lesse con cipiglio crescente; chiese che gli fosse indicata sulla carta geografica la posizione reciproca tra la “Soglia” e Lubiana; si informò se, per caso, anche noi avevamo dei Reparti militari o delle Divisioni nei paraggi; chiese di verificare l’efficienza operativa alla luce dei chiedenti visita e dei mancati rientri; ordinò che un Ufficiale italiano che prestava servizio a WS venisse a Roma per fargli da interprete con il suo omologo e....si accinsero ad aspettarne l’arrivo.
“Impiego”, dopo un giorno trascorso a fare “cavallucci” interni tra Capi e Sezionari, avviò la trafila di un Appunto al SottoCapo per essere autorizzato a far venire a Roma un Ufficiale italiano che prestava servizio a WS, come il SottoCapo aveva disposto.
Il Capo Reparto si barricò nel suo ufficio, protetto da tre cavalli di frisia ed un plotone di Carabinieri; il Capo Ufficio, passò il tempo a mettere vasellina sotto la manetta della catenella; l’inclito non schiodò mai lo sguardo da quella lucetta gialla che continuava a lampeggiare; che continuasse pure: finché non arrivava l’Ufficiale italiano di WS poteva cascare pure il mondo ma.....
Nel frattempo, l’Appunto di “Impiego”, al termine della consueta “manovra delle virgole”, arrivò sulla scrivania del SottoCapo quattro giorni lavorativi dopo; il SottoCapo andò su tutte le furie (le sue urla provocarono pericolose lesioni al cornicione del Palazzo, lato Via Napoli) perché, tra i requisiti che doveva avere l’Ufficiale di WS, non era specificato il colore degli occhi. L’Appunto ritornò su ad “Impiego” e subì una vera e propria alluvione di “cavallucci”.
L’inclito che, per tutto il tempo aveva continuato a contemplare la lucetta lampeggiante, sentì il bisogno di andare a cambiare l’acqua; andò dal CC all’ingresso, compilò la richiesta in tre copie ed ottenne la chiave del WC. Era, questo, un locale dotato di ogni confort (tanto che anche il cilicio d’ordinanza aveva le punte arrotondate) ed offriva una vista panoramica mozzafiato: l’inclito si scaricò (era una settimana che si tratteneva!), si sgrullò (ma con discrezione), si lavò le mani e, mentre se le stava asciugando, lanciò lo sguardo oltre la finestra aperta.
Lì per lì non ci aveva fatto troppa attenzione ma, rimettendosi in contemplazione della lucetta lampeggiante, ripensò ad un particolare che aveva visto: avevano sostituito le bandiere al Vittoriano con altre tutte rosse e con una macchiolina gialla ad uno spigolo, che strano!!!
In un’altra stanza dello stesso piano, l’Appunto tornava ad “Impiego” con un cazziatone terrificante perché lo stesso era “per le decisioni”: “decidere” e quando mai?!
Ciao a tutti
Ettore.

3 commenti:

  1. Bellissima e per niente fantasiosa. Ho un piccolo esempio di vita vissuta: Torino - Scuola di Applicazione - mese di settembre.
    Distribuzione di due sinossi al corso di Fanteria (circa 80 Uffciali Allievi).
    Il Capo Sezione responsabile della fototipolitografia della scuola predispone un ordine interno per definire le modalità esecutive.
    Il Capo di Stato Maggiore, cui spetta la firma del fondamentale ordine di operazioni, modifica per tre volte la prima stesura di quell'ordine fondamentale per la vita della Scuola, aggiungendo alinee, togliendo virgole, correggendo i congiuntivi; poi nel dubbio di prendere una decisione troppo avventata, decide di porre il problema al Generale Comandante (Generale di Corpo d'Armata). Fa quindi predisporre un apposito appunto corredato di numeri, statistiche, grafici.
    Il Generale Comandante, noto per la sua elasticità mentale, smette per alcuni minuti di controllare se le autovetture che entravano nel cortile dell'Arsenale rispettavano il segnale di stop e modifica per quattro volte quel documento fondamentale che, dopo essere transitato a più riprese nella veranda di Santa Barbara (protettrice del Comandante) ha finalmente una veste definitiva: un appunto, sette versioni diverse per giungere ad una lettera che era esattamente uguale alla prima versione compilata dal povero Capo Sezione.
    Le sinossi sono state distribuite sette giorni dopo la stampa!

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  2. Ettore, grande descrizione! se avessi capacità di regia, potremmo girare un cortometraggio di sicuro successo!

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  3. Ettore, fantastico!
    Purtroppo,maledettamente vero(simile)e tu hai davvero una "bella penna"!
    Sandro Pompegnani

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