sabato 12 novembre 2011
Ma anche lo Stato, quando ci si mette....
La lettera di Carlo (Minchiotti) ci ha fatto riflettere sull'evasione fiscale e ci ha dato utili suggerimenti su come agire nell'ambito della società civile perché professionisti, commercianti, piccole imprese, artigiani siano “costretti” a rilasciarci gli scontrini, regolari fatture ecc.
La risposta di Francesco (Miredi) ci ha anche fatto riflettere sulla necessità che lo Stato individui degli strumenti che consentano al cittadino di "scaricare" tutte le spese sostenute, così da “costringerci” a chiedere le fatture nel nostro interesse diretto.
Fermo restando che pagare le tasse non è mai un “piacere” ma sempre e solo un dovere, a me farebbe piacere avere sempre fiducia nella giustizia, correttezza e moralità dello Stato non solo quando opera attraverso i suoi istituti dell'Agenzia delle Entrate e di Equitalia, ma anche e soprattutto quando scrive norme e disposizioni in base alle quali il cittadino “perbene” si sente vessato ed è costretto a pagare tasse ingiustificate o tassi da “usura” per avere, ad esempio commesso un errore nella compilazione del 730.
Queste “vessazioni” e forzature diventano ancora più indigeste se paragonate al lassismo con cui lo stesso Stato non combatte efficacemente l'evasione parziale o totale.
Passiamo ai fatti, tutti personali e relativi alla mia famiglia.
1. Nel 2009, L'Agenzia delle Entrate "estrae" me mia moglie tra i cittadini meritevoli di controllo fiscale per l'anno 2006. Veniamo ricevuti da un funzionario che prima di esaminare le carte e le “pezze” giustificative per ciascuna spesa detratta, con fare “minaccioso” ci ammonisce per oltre mezz'ora sulle detrazioni indebite (quasi un tintinnare di manette!). Dopo aver esaminato tutte le ricevute, in particolare quelle delle farmacie per i medicinali e degli ottici per le lenti a contatto (di mia moglie e di mia figlia), si rivolge a me con fare sarcastico: sua moglie indossa 4 paia di lenti giornalieri al giorno? i conti non tornano! Lo sapevo!. Gli rispondo sorridendo che due occhi appartengono a mia moglie e due a mia figlia e che i conti tornano. Trova da ridire su tutto, dubita di ogni spesa regolarmente detratta, controlla 2/3 volte la documentazione ed alla fine dai suoi calcoli risulta che, documenti alla mano, avremmo dovuto chiedere 470 euro di detrazioni in più! Il funzionario dell'agenzia delle Entrate ci dice a bassa voce che abbiamo sbagliato in buona fede e a nostro danno. Ci congeda dicendoci che tutto è a posto e che purtroppo non ci spetta nessun rimborso. Confesso che non me ne fregava niente dei rimborsi e che mi sentivo sollevato dall'aver passato indenne il controllo. Anche se siamo persone per bene (o forse proprio per questo), entriamo in apprensione per paura dell'autorità!
2. L'anno dopo, l'Agenzia delle Entrate ci estrae di nuovo tra i cittadini meritevoli del controllo fiscale per l'anno 2007. Nuovo funzionario ma stessa solfa con ammonizioni preventive su eventuali documenti irregolari e false dichiarazioni. Esamina tutta la documentazione da noi presentata e, dopo una settimana, ci convoca per comunicarci che avevamo commesso una irregolarità nel detrarre le spese per il canone di locazione sostenute dalle mie figlie, studentesse universitarie fuori sede. Le mie figlie studiavano a Bologna e pagavano un canone di affitto (con contratto regolarmente registrato) di 1040 euro al mese (12.480 Euro all'anno). La norma recita che, ai fini della detrazione in esame, i canoni pagati in ciascun periodo di imposta rilevano fino a concorrenza di un importo massimo pari a 2.633,00 euro; la detrazione massima risulta quindi pari a 500,00 euro.
In effetti il funzionario ci contestava che io e mia moglie avevamo entrambi detratto (ciascuno nella propria dichiarazione) l'importo di 2633 euro, mentre la norma prevedeva (e prevede) che 2633 euro è il limite massimo di deducibilità (io e mia moglie avremmo dovuto detrarne metà ciascuno). Da buoni cittadini ci dichiariamo immediatamente pronti a restituire i 500 euro indebitamente da noi ricevuti nel rimborso avvenuto nel mese di agosto 2008. Troppo facile! Con un sorriso sornione, il funzionario ci comunica che l'importo dovuto è, tra tasse, interessi e mora, 785 euro. Col pagamento di bassissimi interessi possiamo però ci concede di pagarlo in 4 comode rate da 198 euro. La penultima rata scadeva il 15 agosto. Me ne sono dimenticato (secondo tragico errore) e ahimè l'ho pagata 10 giorni dopo. Puntualmente, ad ottobre, mi è arrivata la sanzione di 234 euro (30% dell'intera sanzione)! Credo che il funzionario, al di là della mia personale simpatia o antipatia ( la seconda che ho detto), si sia limitato ad applicare in maniera molto burocratica e senza doversi porre alcuno scrupolo, norme che lo Stato ha scritto. Ma queste sono proprio giuste?
Sono un uomo semplice e traggo la seguente morale: se chiedi meno detrazioni di quante te ne spettano, peggio per te; se ne chiedi di più, peggio per te due volte. E se per un altro errore paghi in ritardo peggio per te tre volte. Per aver ricevuto 500 euro in più ne ho pagati più di 1000! Ma non è usura?
Secondo episodio. Nel 2007, Mia moglie , sua sorella e suoi cugini decidono di alienare una casa di famiglia di cui sono coeredi e proprietari. Dopo due anni di inutili tentativi di vendita e dopo una buona riduzione del prezzo di vendita (nel 2007 chiedevano 600.000 euro), finalmente nel 2009 riescono a venderla al prezzo di 500.000. Vanno dal notaio che naturalmente redige un atto pubblico. Sembra tutto a posto, ma pochi mesi dopo mia moglie, sua sorella e tutti i cugini ricevono una lettera dall'Agenzia delle Entrate che li invita pagare 27000 euro di tasse. Perché? Secondo l'Agenzia, l'immobile ha un valore di 620.000 euro e pertanto esige il pagamento delle tasse per tale importo, fermo restando il diritto dei proprietari di venderlo al prezzo che vogliono. A questa lettera è seguita, 3 settimane dopo, l'ingiunzione immediata di pagamento da parte di Equitalia.
Naturalmente non hanno ancora pagato niente, salvo le spese legali ad un avvocato tributarista che ha fatto ricorso, ottenuto la sospensiva ecc.
Scusate l'ignoranza: ma davvero il Legislatore ha fatto una norma di questo genere?
Pierfranco Faedda
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Caro Pierfranco, la risposta nel primo caso è si; nel secondo no perchè la legge prevede che l'atto di compravendita (scrittura privata autenticata e non atto pubblico) debba contenere un corrispettivo di vendita non inferiore al valore catastale che non sarà certamente di 620.000,00. Alcuni funzionari si inventano questi tipi di accertamenti per evasione di imposta determinata dalla mancata dichiarazione del vero importo solo per tentare di lucrarci e, quindi, i tuoi affini hanno fatto bene ad opporsi.
RispondiEliminaFrancesco
A me pare che nei contratti di compravendita immobiliare le imposte siano solo a carico del compratore di conseguenza l'obiettivo del controllo fiscale dovrebbe essere l'acquirente ..o no ? Un saluto Giovanni
RispondiEliminaNon sempre; se l'immobile genera una plusvalenza e per il venditore è un bene strumentale o, in ogni caso, è inserito in un'impresa, il venditore paga la relativa imposta. Nel caso di Pierfranco, la presunta evasione potrebbe essere relativa alla tassa di registro che, normalmente, viene posta a carico dell'acquirente ma, se è determinata in misura minore perchè è stato dichiarato poco sull'atto di vendita è evidente che l'atto illecito è stato commesso da entrambe le parti e, conseguentemente, l'accertamento fiscale viene fatto a carico di entrambe. Altro aspetto, anch'esso penalmente rilevante è determinato dal fatto che se si dichiara meno di quello che si percepisce, si incassa "del nero".
RispondiEliminaFrancesco
Grazie, continuo ad essere perplesso. Infatti la cifra indicata nell'atto pubblico(500.000) è superiore al valore catastale (458.000 euro) ed è ESATTAMENTE quanto i miei parenti hanno percepito dall'acquirente. Poiché mi mancano le competenze, ma non mi manca sicuramente il senso dell'umorismo, ho scritto una lettera al Direttore dell'agenzia delle Entrate di Sassari, chiedendogli di aprire, all'interno della sua organizzazione, un'agenzia immobiliare e nello stesso tempo di annullare l'atto di vendita stipulato. Poiché l'immobile ha un valore di 620.000 euro, mia moglie e suoi cugini si accontentano sempre di riceverne 500.000. In questo modo lo Stato incassa 120.000 euro, che è ben di più di quanto l'Agenzia delle Entrate sta chiedendo agli eredi. In seconda battuta aprire un'agenzia investigativa per vedere se da parte dei venditori e del compratore c'è stato un comportamento fraudolento. Ho dato la disponibilità piena da parte di mia moglie e di tutti i parenti a collaborare in questa indagine.
RispondiEliminaLa risposta è degna della pagina 10 della Settimana enigmistica (Risate a denti stetti). Mi ha detto che lui non può, a norma di legge, aprire nuovi uffici/agenzie senza l'autorizzazione del Ministero delle Finanze (?) e che la nostra migliore forma di collaborazione è rinunciare alle polemiche(!) e pagare quanto richiesto.