Non so se avete avuto la stessa sensazione ma io, da sempre, mi sento avvolto da un’aura di crisi: quando ero piccolo, c’era quella post-bellica; quando ero giovincello, c’era quella della ricostruzione; quando sono arrivato al Reparto, ce n’era da tutte le parti; poi ci sono state quelle senza fine legate al petrolio, al deficit pubblico, alla svalutazione della lira, all’instabilità governativa; ora che ho imboccato il viale del tramonto, il sostantivo “crisi” è accompagnato da una serie interminabile di aggettivi.
Certo non è il caso di addentrarsi in questo caleidoscopio di negatività che abbraccia e condiziona l’intera società, però l’aggettivo che sembra tener banco è quello “economico”, forse perché è quello di più immediata presa sulle masse: mutui che non si riesce ad onorare; figli bamboccioni che sono condannati a restar tali per decenni perché non guadagnano; prezzi che viaggiano per conto proprio, fregandosene del potere di acquisto delle famiglie....e chi più ne ha più ne metta.
Ma , se tutto questo è vero come è vero, è altrettanto vero che, secondo me, la vera “Crisi” ha connotati ben diversi, è di più difficile soluzione e l’aggettivo annesso è morale.
Un aggettivo che non lascia scampo, perché, se una fase economica congiunturale, per quanto grave, può essere superata anche a prezzo di molti sacrifici, quando si investe la sfera dei Valori allora sono dolori, perché di soluzioni ne esistono ben poche, quando non esistono affatto, specie in una società che straripa di cattivi maestri.
Non sono né voglio essere un “moralista”, però mi riesce difficile ipotizzare soluzioni per una società che trasuda marciume e superficialità da tutti i pori, in assenza totale di punti di riferimento appena fermi.
Ma cosa ci si può aspettare se si ha una classe “politica” scaturita da “listoni” di atavica memoria? o se si vive nella quasi certezza dell’impunità o, comunque, di un periodo biblico per la definizione di qualsivoglia causa giudiziaria? o se i nuovi idoli sono poveracci, rinchiusi in una casa o sparpagliati su un’ isola che hanno abdicato alla propria dignità? o se ci si sente quasi dei “vuoti a perdere” se non si hanno almeno un paio di cellulari che squillano in continuazione? o se il termine “famiglia” è stato declassato da “Valore” a “impiccio?
E allora, per piacere, non meravigliamoci se chi abbiamo eletto (a qualsiasi livello) salta da uno schieramento all’altro, sparandone di allucinanti e solo per giustificare la propria esistenza; o se un disgraziato che ha avuto la sventura di entrare nella linea di mira di qualche magistrato deve aspettare quasi vent’anni per venirne fuori ma con la vita distrutta; o se un programma per aumentare gli ascolti manda in giro le proprie inviate a strizzare le palle ai calciatori; o se i giovani ignorano
Né meravigliamoci che sia scomparso ogni senso religioso (non parlo del bigottismo ecclesiale!) o che il Tricolore entri nei cuori solo se sventolato sugli spalti di uno stadio o che, come ho sentito in alcune trasmissioni “d’opinione”, l’Amore è quello che si vive giorno per giorno e non sempre con la stessa persona!!!
Non meravigliamoci, ragazzi: ma riflettiamo!
Riflettiamo sulla deriva dei nostri concittadini, per me, irrimediabilmente destinati ad essere gli ultimi in un’ipotetica scala mondiale di quell’insieme astratto ma cogente che va sotto il nome di Etica o, se preferite, di “sistema di Valori”.
Tempo fa ne parlavo con il buon Oliviero e lui, da buon provocatore qual’è , mi disse: “perché non fai un parallelismo con quello che provocarono i barbari sul decadente Impero romano?”.
Io penso che questo parallelismo esista, nella considerazione che i barbari si limitarono a dare una spallata ad un edificio marcio il cui collante, l’Etica dei padri appunto, non esisteva più.
E voi che ne pensate?!
Un abbraccio a tutti, Ettore.
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