Caro Francesco,
tempo fa, mi facesti notare, con garbo ma anche con fermezza, che talune mie considerazioni su una certa parte della Magistratura italiana erano, se non proprio sballate, quantomeno ingenerose.
Io ne presi atto per rispetto, prima dell’Amico Francesco e poi dell’Avvocato Miredi che, in materia, ne sa senz’altro più di me.
Ora e con lo stesso rispetto, ti chiedo di fornirmi lumi su due avvenimenti che hanno invaso la nostra quotidianità, ancorché con valenze decisamente diverse e non certo paragonabili.
Il primo riguarda la vicenda che ha visto protagonista Del Turco che, nel giro di pochi anni, ha subito una metamorfosi a 180° gradi, incomprensibile ad un profano come me: da “demonio” a “quasi santo”!
Sia ben chiaro: io non ho nessuna stima né per il sindacalista né tantomeno per il “politico”. Però l’uomo, quello sì bisogna rispettarlo. Mi riesce difficile, infatti, comprendere come sia sufficiente l’azione di un dipendente statale seppur togato per sbattere il mostro in prima pagina senza avere la certezza, non dico assoluta, ma almeno più che ragionevole e dimostrata della sua colpevolezza.
Caro Francesco, i conti non mi tornano: o si è sbagliato allora o si sta sbagliando adesso. E nell’uno o nell’altro caso, non si tratta di una cosa bella.
Il secondo avvenimento riguarda i “fatti di Rosarno” che, nella loro violenta stupidità, hanno dato una bella mano alla nostra non già brillante immagine internazionale.
Non entro né voglio entrare in discussioni pseudo sociologiche circa il problema dell’immigrazione (se vuoi, potremo farlo in seguito), però quello che mi lascia perplesso è come mai “l’apparato dello Stato” si è accorto solo ora che migliaia di non-Italiani vivevano in condizioni subumane e venivano sfruttate in quel lontano lembo di terra calabra!
Possibile che nessun magistrato abbia sentito il dovere di “aprire un fascicolo” o di incaricare le Forze dell’Ordine di esperire indagini? Possibile che migliaia di persone con la pelle completamente diversa da quella degli indigeni abbia potuto continuare a fare le stesse cose per anni ed anni? Possibile che il “lavoro nero” abbia umiliato tanti ed arricchito pochi?
Francé, delle due l’una: o da quelle parti sono tutti mezzi cecati o c’è qualcos’altro!
Ed oggi, guarda caso, quegli stessi “dormienti” hanno ordinato una bella retata anti ‘ndrangheta, così tanto per far vedere che si sono svegliati; e magari, fra non molto, i “retati” di oggi verranno rimessi in libertà!
Scusami se mi sono lasciato andare, però per uno a cui, in ogni grado di responsabilità, è stato chiesto conto anche di quanta energia elettrica “pubblica” veniva consumata nelle infrastrutture di sua competenza, è molto ma molto difficile entrare nell’ottica che altri “servitori dello Stato” (peraltro strapagati!) possano o non possano assumere iniziative a loro insindacabile discrezionalità e le cui conseguenze hanno effetti dirompenti sia sui singoli, sia sulla comunità.
Dammi una risposta, Amico mio; ma dammela che sia comprensibile per uno come me: non fare il leguleio, insomma!
Un grazie con abbraccio, Ettore.
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e Francesco risponde
Carissimo Ettore
Pur avendo motivi, anche personali, di critica sull’operato di alcuni magistrati, confermo ogni mia considerazione sulla magistratura in generale e, parlando del caso Del Turco, cercherò di darne una motivazione comprensibile.
Come ben sai, nell’ambito del diritto penale, i magistrati sono divisi fra giudicanti ed inquirenti; i primi, i giudici per intenderci, decidono sulle accuse avanzate dai secondi, i pubblici ministeri, i quali entrano in azione dopo aver avuto una notizia di reato e aver svolto le opportune indagini attraverso gli organi di polizia giudiziaria.
Del Turco non ha ancora subito il processo vero e proprio perché non è stato rinviato a giudizio ma è finito in carcere sulla base di una richiesta della Procura (magistratura inquirente) considerata fondata dal giudice per le indagini preliminari (magistratura giudicante in uno stadio antecedente al processo penale che emana provvedimenti considerati urgenti). L’elemento predominante che ha indotto il GIP a convalidare l’arresto è stato un rapporto dei NAS, allegato al faldone d’inchiesta, con il quale i carabinieri avevano documentato “una serie di truffe ai danni della Regione all’interno delle cliniche convenzionate da Angelini”; reati così gravi da indurre l’Arma a consigliare la reclusione dei soggetti coinvolti, Angeli ed il politico che figurava come corrotto cioè Del Turco.
Non avendo visto questo rapporto non so se i p.m. incaricati, Trifuoggi, Bellelli e Di Florio (nessuno dei quali risulta associato a magistratura democratica) abbiano, su consiglio dei carabinieri, richiesto gli arresti anche di Angelini; sta di fatto che il GIP, dott.ssa Di Fine (anch’essa non appartenente a magistratura democratica) ha deciso gli arresti solo di Del Turco in quanto l’altro si era mostrato collaborativo.
Nella fattispecie, quindi, assumono importanza i seguenti elementi: 1) le indagini ed il rapporto dei carabinieri; 2) la norma legislativa che regola il criterio valutativo del giudice verso i pentiti; 3) la capacità di valutazione degli atti processuali del magistrato giudicante, atteso che, sulla base delle richieste avanzate dai carabinieri, i magistrati inquirenti non avrebbero potuto fare niente di diverso.
Quale di questi elementi abbia contribuito alla realizzazione di una ingiustizia (ammesso che così sia) lo sapremo solo leggendo i documenti di causa ma le dichiarazioni di Capezzone non hanno alcun senso logico se non quello di screditare la magistratura e di tentare “l’aggancio” di un altro esponente dell’opposizione come nel caso Mastella.
In questo caso ho molto più apprezzato il silenzio dell’altra parte che pure avrebbe potuto farla passare come azione politica contro l’opposizione.
Gli errori giudiziari ci sono stati e ci saranno sempre perché dipendono da fattori diversi che si possono sintetizzare in tre sottoinsiemi: le norme legislative; il lavoro dei pubblici dipendenti incaricati delle indagini; la capacità professionale dei magistrati; tutti fanno parte di quell’unico insieme che tu chiami “apparato statale”.
La normativa sui pentiti, per esempio, sotto molti aspetti crea ingiustizia ma ha permesso molti arresti e le ultime brillanti operazioni della Polizia non sono merito di Maroni (né di qualsiasi altro politico di destra o di sinistra) ma del buon funzionamento dell’insieme sopra indicato che, in quel caso, non ha commesso errori.
Questo discorso, fatto da uno che come me non si è mai espresso a favore della Lega e di Berlusconi, può apparire fazioso ma , come ho detto, vale per tutti i politici e dovrebbe essere facilmente condiviso da chi, come te, ha fatto parte dell’apparato statale.
In quale modo la maggioranza eletta nel parlamento può contribuire a far funzionare meglio l’apparato statale? La risposta è semplice: 1) facendo leggi adeguate; 2) stanziando fondi diretti al miglioramento delle strutture operative; 3) nominando dirigenti capaci. Un qualsiasi politico potrà, quindi, avocare a sé il merito di azioni fatte dall’apparato statale solo se ha inciso nel realizzare qualcuno di questi elementi.
Stesso discorso vale per i fatti di Rosarno; la Procura può intervenire solo quando ha notizia di reato non prima, altrimenti assumerebbe competenze di altri.
In questo caso, più che l’azione della magistratura diventa determinante l’opera dei politici sia regolando il flusso di immigrazione, sia emettendo norme che puniscano adeguatamente chi sfrutta il lavoro nero ed i bisogni di tanta povera gente (fatti che avvengono più al nord che al sud) ma, come tu dici, questo può essere altro argomento di conversazione. Spero di non aver fatto il leguleio.
Un caro abbraccio
Francesco
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e, così per curiosità, ....... leggetevi anche :
I magistrati sbagliano ma sono gli unici a non pagare mai.
di G. Cazzola
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Carissimo Francesco,
non posso non ringraziarti delle risposte che hai dato ai miei quesiti; risposte tecnicamente perfette ma che non includono l'aspetto deontologico legato alla figura del magistrato.
Senza voler apparire un asceta tutto idee e punto realismo, io sono convinto che deve esistere un rapporto biunivoco tra responsabilità e scrupolo professionale; e, quanto maggiore è il livello di responsabilità -specie se le proprie azioni possono avere ripercussioni su altre persone- , tanto maggiore deve essere lo scrupolo a base di quelle azioni.
Permettimi ma non mi accontento della spiegazione che un'azione giudiziaria - con le conseguenze devastanti che provoca sull'infelice, oggetto della stessa- possa essere intrapresa solo sulla base di un rapporto dei CC che, anche loro, possono essere soggetti ad errore come hai detto tu; mi rifiuto di pensare che un giudice inquirente possa dar corso all'azione senza avere verificato, al di là di ogni ragionevole dubbio, quello che gli è stato sottoposto.
E lo stesso ragionamento vale per "l'errore": certo che tutti possono sbagliare ma se il tuo errore può far del male, tu, da persona deontologicamente corretta, hai il dovere di fare in modo di ridurne al massimo il margine.
Senza voler fare paragoni azzardati, ti ricordo che anche noi, nel nostro piccolo, avevamo il potere di limitare la libertà personale dei nostri dipendenti (ancorché in termini molto ma molto meno traumatici), però ti posso assicurare che gli "energumeni della punizione" erano una ridottissima minoranza e, quando eccedevano in questa loro furia da tabella, venivano opportunamente richiamati all'ordine. Quando poi c'era da comminare punizioni di maggiore spessore, allora lo scrupolo assumeva toni quasi maniacali.
Diciamocela tutta, Vecchio mio: è facile distruggere, sapendo di agire in un contesto di quasi impunità, all'interno di una struttura corporativa autoreferenziale e sempre pronta a stracciarsi le vesti "indipendentistiche" quando ci si azzarda a solo ipotizzare di apportare dei correttivi.
Per quanto riguarda il buon Del Turco, permettimi di farti notare che il recente "silenzio" della sua parte politica che tu porti ad esempio di serietà è forse connesso all'abbandono totale di cui fu fatto oggetto da quella stessa parte politica, all'inizio della sua sciagurata vicenda: è difficile crederlo, però è possibile che anche in simile gente alberghi un briciolo di dignità!
Un abbraccione, Ettore.
Grazie Francesco,
RispondiEliminaancora una volta un intervento chiaro, equilibrato, illuminante.
Luigi
Mi associo al Grazie di Luigi
RispondiEliminaSeguo regolarmente tutte le vostre argomentazioni e vi ringrazio per il tempo che dedicate al Blog
A presto
Ringrazio Luigi e Massimo per le loro parole e il buon Ettore che mi "stuzzica" continuamente.
RispondiEliminaNon so cosa tu intenda per deontologia professionale; per me questa parola rappresenta congiuntamente l'onestà e la preparazione. Durante la mia vita professionale ho riscontrato queste qualità nella maggior parte dei magistrati che ho conosciuto.
Tu insisti, ed è questo che vuoi sentirti dire, che è una casta autoreferenziale ed inattaccabile che può permettersi di lavorare superficialmente in quanto non punibile.
Potrebbe anche essere così ma i magistrati sono dipendenti pubblici e il Parlamento può emettere norme che puniscano più severamente i dipendenti che sbagliano così come può limitare od ampliare le deleghe date.
Tu pensi che ci sarebbero cori di indignazione o, se anche ci fossero, che sarebbero ascoltati se Alfano imponesse che le udienze, penali o civili, si tengano anche il pomeriggio? o se, ai fini della responsabilità professionale, i Tribunali fossero equiparate alle Aziende Sanitarie?
Sino ad ora non ho mai sentito proposte che toccano questi argomenti perchè non è questo che interessa gli attuali politici.
Alla base di ogni nostra considerazione, sia pro che contro i magistrati, deve comunque esserci la convinzione sulla necessità di avere i tre poteri costituenti, altrimenti saremmo sì in un regime comunista.
Francesco
Ora sì che siamo d'accordo:e su tutta la linea!!!
RispondiEliminaAlla prossima, Ettore.