Solo un inguaribile ottimista avrebbe potuto catalogare come bella quella giornata.
Una nebbiolina umida ed invadente aggiungeva tristezza e malinconia ad un cielo plumbeo ed immobile.
La luce -che da qualche parte doveva pur esserci- lottava disperatamente per farsi largo in quella coltre spessa e compatta; una lotta lunga, estenuante, quasi impari: l’eterna lotta tra la luce e le tenebre.
No, non pioveva, però gli abiti erano ugualmente quasi bagnati, permeati com’erano di quell’umidità stagnante ed invadente che non lascia scampo.
Eppure erano già le otto di una domenica mattina dell’inizio di un ottobre che, a latitudini appena appena inferiori, accoglieva i viventi con un sole ancora tiepido e radioso.
Ma la piccola folla che stazionava davanti a quel cancello in Corso Canalgrande sembrava non essere turbata, come se l’attesa di quello che di lì a poco sarebbe avvenuto fosse il prezzo da pagare per ogni disagio, per ogni rinunzia, per ogni sacrificio.
Erano quasi tutte donne coloro che costituivano quella piccola folla; erano tutte donne tra i quaranta ed i cinquanta; alcune erano anche piacenti ma cercavano di nascondere la loro femminilità con abiti quasi dimessi, senza accenno di trucco, con l’espressione solenne di chi ha una missione da compiere.
Non erano solo donne coloro che costituivano quella piccola folla: erano mamme.
Erano tutte lì, tutte uguali, tutte con un unico pensiero nella mente, tutte con le loro valigie o i loro borsoni pieni di ogni ben di dio, di ogni cosa che potesse lenire le immani sofferenze dell’amato bene.
Erano tutte mamme quelle che costituivano quella piccola folla che aumentava continuamente con l’arrivo di altre mamme, quelle che avevano viaggiato tutta la notte pur di potersi accaparrare una posizione nelle prime file.
Sì perché è fondamentale poter essere avanti, poter gettare lo sguardo il più lontano possibile senza avere ostacoli alla vista: non doveva esserci nulla che impedisse di scorgere lui fin dai primi movimenti che sarebbero avvenuti solo di lì a cinque ore.
Ma che sono cinque ore di attesa, pure in quel clima infame, a confronto della sublimazione di un abbraccio?
Cosa sono cinque ore di attesa a confronto dei pochi momenti di rinnovata intimità, quasi a riallacciare un cordone ombelicale, forse mai reciso.
E le mamme sono lì, imperterrite, profondamente convinte della giustezza del loro operato; non si muovono per non perdere la posizione; ogni tanto scambiano qualche parola tra di loro, sempre per glorificare i meriti dell’amato e per esprimere ribrezzo per le angherie che sta subendo, logicamente, tutte ingiustificate.
Le ore scorrono lentamente; anche la luce è riuscita a guadagnarsi un po’ di spazio e quasi si riesce a vedere oltre una decina di metri, in quella profondità che sarà percorsa da lui.
Gli abitanti locali passano intorno alla piccola folla di mamme, con le loro biciclette; ci sono abituati a quelle scene ma lanciano lo stesso sguardi carichi di incredulità e di umana pietà; qualche donna locale si avvicina per chiedere se serve qualcosa ma riceve solo dinieghi, gentili ma pur sempre dinieghi: è vietato distrarsi!
Il tempo sembra non passare mai e costringe le mamme a pensare; pensano che lui deve svegliarsi ad orari impossibili, che deve rifarsi pure il letto, che deve riassettarsi la stanza, che deve rispettare orari pazzeschi, che deve indossare camicie quasi urticanti per la sua pelle delicata, che deve mangiare chissà quali schifezze, quando lei non era mai uscita a fare la spesa se prima lui non le avesse detto cosa avrebbe gradito mangiare.
Ci siamo; sono le tredici e quindici: le ante del cancello si aprono e lasciano libero il passo carraio; solo un quarto d’ora e poi il viale si animerà di tanti lui.
Le mamme, per nulla stanche, cominciano ad agitarsi, a cercare una posizione ancora migliore; il cielo è sempre cupo e la nebbiolina umida del mattino ha lasciato il posto ad una pioggerellina insistente e compatta, quella che a Roma chiamano gnagnarella. Ma le mamme non se ne accorgono nemmeno, anzi cominciano a preparare gli ombrelli tascabili; ma non li aprono: devono essere solo per lui.
Ecco, in lontananza si vede un gruppo di figure avanzare; sembrano tutti uguali nelle loro belle uniformi; l’ansia accumulata durante la lunga attesa sta per glorificarsi in gioia.
Il gruppo delle figure avanza compatto, a passo spedito, intonando un inno che riempie e sovrasta il silenzio circostante; la distanza si accorcia sempre più; le mamme si alzano sulle punte dei piedi per guadagnare spazio visivo; guardano, scrutano; qualcuna è sicura di aver già riconosciuto il suo lui ed agita il braccio per farsi individuare meglio; la pioggia si fa più fitta ma le mamme non la sentono nemmeno: pensano solo al povero lui che si bagnerà tutto e. magari, si prenderà pure un malanno.
Il gruppo supera la soglia carraia e tutti i lui sono fuori; le mamme avanzano tutte insieme; la calca impedisce qualsiasi visuale; ma loro, le mamme, non hanno bisogno di vedere: è l’istinto che le guida.
Ed arriva finalmente il momento tanto atteso e bramato; le braccia si propendono, poi si stringono intorno ai corpi ansimanti di affetto; le mamme baciano le guance, le fronti, le mani; accarezzano i volti con la tenerezza riservata ad un reduce; gli occhi scrutano, verificano, compatiscono, offrono aiuto: bell’e mammà come sei sciupato, cosa ti hanno fatto?!
Gli ombrelli tascabili si aprono per proteggere il pupo che si fa proteggere, fregandosene se la mamma continua a bagnarsi; vuoi mettere la salute di un pupo, per di più AU, con quella di una mamma!!!
Poi la piccola folla si dirada; ogni coppia sceglie una direzione diversa, alla ricerca di un briciolo di intimità.
Trovato un riparo, le mamme prendono in grembo il pupo; aprono le valigie, i borsoni e gli mostrano, felici, le loro premure: maglie di lana, calze pesanti, camicie di seta, il libro richiesto per telefono, un assortimento di detersivi, ricostituenti e sciroppi, contenitori di plastica con leccornie di ogni genere, le caramelle che gli piacciono tanto; sembra che ci sia proprio tutto: sì ,ci deve essere proprio tutto, perché una mamma non può dimenticare nulla che faccia il bene del suo pupo.
Sono felici, le mamme; sono orgogliose le mamme: anche questa missione settimanale è compiuta!
Il pupo guarda , accenna pure ad un sorriso; non c’è gratitudine nel suo sguardo perché a lui tutto è dovuto; poi, guarda meglio, spariglia tutto, sembra che cerchi qualcosa di particolare; infine, con il tono acido di chi si sente quasi tradito, rimprovera la mamma facendole notare che aveva dimenticato di portargli quello che le aveva chiesto nel corso della trentaduesima telefonata quotidiana di un certo giorno: il biberon con la tettarella a buchi larghi.
Fine della prima scena del feuilleton Ufficiale e bamboccione.
Ciao a tutti,
Ettore.
domenica 31 ottobre 2010
domenica 24 ottobre 2010
giovedì 21 ottobre 2010
PACS : il seguito !!!!! BIM BUM BAM , dopo tante esercitazioni in bianco finalmente una a fuoco!!!
Caro Francesco,
i commenti al tuo post sono stati totalmente incentrati sulla sacralità del matrimonio tralasciando quelle che sono oggi una delle realtà della vita matrimoniale; la separazione ed il divorzio, da cui nasce, il più delle volte, la convivenza.
Tralascio di parlare delle prime due anche se, in una persona adulta della mia età, lasciano il “sapore amaro” della sconfitta. Una sconfitta che si scontra con gli insegnamenti cristiani avuti nell’infanzia e che hanno fatto da pilastro portante nella mia vita.
Dico hanno fatto, perché oggi qualcosa è cambiato.
Dopo un lungo periodo di vita matrimoniale il divorzio ha aperto una nuova strada nella mia vita. Mai e poi mai avrei potuto immaginare di vivere una tale esperienza. Ma la vita deve continuare.
E così, dopo un lungo periodo trascorso nella totale solitudine a riflettere su ciò che mi era accaduto, ho trovato un nuovo Amore. E con l’Amore anche la convivenza, la convivenza che si crea tra persone mature (non anagraficamente) e consapevoli del percorso che stanno intraprendendo .
Dai commenti al tuo post, Francesco, capisco che è difficile pensare che possa esserci nella vita la possibilità di una seconda chance per persone che hanno già avuto esperienze matrimoniali e/o per coloro che intendono avviare una vita in comune seguendo un iter diverso da quello del matrimonio.
Se partiamo dal concetto che “nel matrimonio religioso l’impegno viene preso davanti a Dio pronunciando il “si” “ (Gino), che “ se vuoi che il tuo legame abbia delle tutele accettando anche gli oneri conseguenti? Firma il contratto matrimoniale. Vuoi mantenerti libero? Convivi.” (Luigi- Giggione) e che “ ogni altra forma di codificazione delle unioni è un surrogato che nulla ha a che vedere con i sentimenti, ma mira esclusivamente a regolamentare gli aspetti pratici e materiali “ (Gino) possiamo anche chiudere qualsiasi discussione ancor prima di aprirla.
Come si fa a dire che la convivenza è un surrogato che nulla ha a che vedere con i sentimenti?
Non si può Amare anche senza prendere l’impegno davanti a Dio? E non si può convivere anche senza una firma davanti al Sacerdote?
Anche nella convivenza Amare vuol dire donare; donare se stesso per la felicità e la gioia dell’altra persona. Vuol dire sacrificarsi per Lei, vuol dire soffrire in silenzio e in solitudine davanti ad una sala operatoria per 9 ore senza mai allontanarsi pregando nella speranza di una soluzione positiva.
Vuol dire condividere il grande dolore e la lunga sofferenza senza fuggire solo perché non sei sposato.
Vuol dire accettare la presenza nella tua vita di un figlio/a non tuo e far si che anche l’altra parte accetti nella sua vita la presenza di un tuo figlio/a.
Vuol dire tornare a casa dopo una giornata di lavoro e litigare e/o gioire così come avviene in tante famiglie.
Vuol dire avere problemi di bilancio familiare e unire le forze dell’uno con quelle dell’altro anche se non si è pronunciato il “si” davanti al sacerdote.
Dov’è quindi la differenza tra l’Amore che unisce i coniugi e quello che unisce i conviventi??
Tutto ciò che vivo oggi, in termini affettivi, da convivente l’ho vissuto da sposato.
Sono gli stessi sentimenti e le stesse emozioni che voi, cari amici, seguitate a vivere dal giorno del vostro matrimonio.
Nell’ordinamento italiano non si riconoscono i diritti e i doveri discendenti dal rapporto di convivenza.
In particolare, all’atto del decesso di un convivente non sono riconosciuti al convivente superstite sia i diritti di successione e il trattamento pensionistico.
Oltre a questi pochi diritti, che ho accennato solo a titolo di esempio, vi sono dei doveri che dovrebbero essere riconosciuti quali l’obbligo reciproco di assistenza materiale e morale (così come avviene nel matrimonio) e l’obbligo di un assegno alimentare al coniuge più debole nel caso della fine della convivenza.
I diritti e i doveri sono tanti, tanti quanto quelli che ricadono sui coniugi che hanno contratto matrimonio.
Anche in questo caso, mi chiedo dov’è la differenza tra un matrimonio e una convivenza?
Lo so, Francesco, forse mi sono fatto prendere un po’ la mano nello scrivere ma, credimi, certe esperienze vanno vissute per essere veramente comprese nella loro entità.
Ciò non vuol dire che chi non ha vissuto esperienze simili non sia in grado di giudicare con obiettività e senza preconcetti.
Le unioni civili sono una realtà dalla quale non ci si può più sottrarre. Devono essere affrontate anche qui in Italia dal Governo così come è già stato fatto in molti Paesi europei.
Le unioni civili devono essere regolamentate e, come primo atto, deve essere definito un numero minimo di anni per poter considerare “stabile” la convivenza e dar così la possibilità di accedere a tutti quei diritti tipici di una unione matrimoniale.
Nel 2006 un tentativo in tal senso fu fatto dal Governo Prodi ma, purtroppo, senza successo.
Da allora il silenzio regna sul riconoscimento delle unioni civili.
Inoltre, in Italia, un ruolo non indifferente, anzi, determinante per evitare la ricerca della soluzione del problema della convivenza lo gioca la Chiesa che, da sempre, si è dichiarata contraria alla istituzione di “una specie di matrimonio”. Così definisce la convivenza,
E’ vero, la convivenza non è un matrimonio ne una specie di matrimonio ma l’Amore posto alla base di una seria convivenza non la rende poi tanto diversa da un matrimonio.
Concludo questo scritto con due precisazioni che ritengo importanti al fine di evitare errate valutazioni sulla mia persona.
La convivenza che ho qui descritto è quella tra due persone che si amano e che desiderano, vuoi per libera scelta, vuoi per costrizione da parte delle vigenti leggi, convivere nel segno dell’Amore e nel rispetto reciproco e non quel tipo di convivenza di cui si sente oggi troppo spesso parlare, di persone che si uniscono e che si lasciano davanti alla prima difficoltà della vita o che spariscono seguendo un nuovo e più affascinante lato B.
Ancora una precisazione. Per me la convivenza è sempre e solo quella riferita a coppie eterosessuali. Sarà questa una discriminazione ma non posso assolutamente accettare situazioni di convivenza diverse.
Gigetto.
Nota: Il titolo è un'invenzione di uno del Blog.
40° Stelletta Carabinieri .
Il 16 ottobre e' arrivato! Giorno importante, questo per i baldi frequentatori del 150° ( 25° ) Corso di Accademia che hanno voluto festeggiare il 40° anniversario dal conseguimento della stelletta. La scelta della Sede della cerimonia, la Scuola di applicazione da essi frequentata , in via Garibaldi , 41 , è stata molto felice. Il ricordo è andato subito ai lontani giorni in cui, con orgoglio ed intima soddisfazione sono stati indossati i tanto desiderati alamari e vestita l'uniforme nera. Il ricordo è andato, irrimediabilmente, ai Loro Genitori che quel momento hanno fortemente auspicato, accompagnando i Loro figli nella continuazione di un cammino che li proiettava nella Società.
Il ricordo è andato ad un mondo completamente diverso, nel quale, dopo i due anni trascorsi a Modena, essi si erano affacciati con le speranze, l' entusiasmo, la voglia di affermare quei Valori in cui credevano. Ma .... il ricordo!
Il 16 ottobre, uniti più che mai nello spirito di quei venti anni che non ci sono più , a trionfare è' stata l'intelligenza delle idee, l’affermazione della coesione che , al di là dei personalismi e delle diverse vicende di vita, continua ad unirli.
Erano presenti :
- M. Carnevali; E. Garelli; M. Maione; G.F. Massaro; A. Montana; M. Scivicco; E. Sticchi; C. Minchiotti; M. Mor; C. Mori; A. Ferrari; G.F. Scanu; P.Pona; R. Scuzzarello; N. Raggetti; R. Laghezza; T. Meli;
tutti obbedienti ai comandi imperiosi di R. Barsuola.
A coronare la Festa c' erano i carissimi compagni di Corso delle Armi e dei Corpi A. Santini, E. Magliocchetti, U. Caparro, P.L. Genta, B. Cingoli, M. Coltrinari con Signora, A. Piemontese e Consorte.
Clicca su Discorso per leggere quanto esposto da Rienzi Barsuola
Diamo altresì atto della splendida ospitalità offertaci dal Gen. C. A. Stefano Orlando C.te Interregionale Podgora e dai Suoi collaboratori Ten. Col. Carusone e Cap. Pinto.
domenica 17 ottobre 2010
A proposito di osservatori e di vasetti .
Ettore, la tua descrizione della Scuola di Tiro è bellissima!!!
Me ne hai voluto far dono il giorno del mio compleanno ed io l’ho subito inserita tra le cose più care della mia vita militare.
Racconti con sapiente dovizia di particolari la vita vissuta presso un Osservatorio dove l’elevata capacità artiglieresca del quadro permanente dell’Unità ha permesso il conseguimento di eccellenti risultati sia nel tiro sia nella meno importante vita di pubbliche relazioni.
I “vasetti” ai nostri tempi erano molto frequenti in tutte le Unità, in particolare, in occasione delle visite delle SS.AA.
La solita telefonata dal Comando superiore che preannunciava la visita del Sig. Generale, metteva in agitazione l’intera Unità che, in una corsa frenetica contro il tempo, cercava di porre rimedio alle carenze che avrebbero scatenato l’ira del Superiore.
Si costituivano squadre di soldati che avviavano la raccolta delle foglie ingiallite che la natura, inconsapevole del danno che causava alla carriera del Comandante dell’Unità, lasciava cadere improvvisamente e per lungo tempo dagli alberi.
Si correva a sturare quei servizi igienici che da tempo non rendevano più il servizio per cui erano stati creati.
E come dimenticare il “povero” Sottufficiale addetto al minuto mantenimento che si precipitava a sostituire il vetro di quella finestra che da tempo consentiva nella camerata il ricambio d’aria continuo anche se chiusa?
I vasetti sono sempre esistiti.
Per noi Artiglieri il vasetto è stato sempre una specie di incubo perché, essendo bravi e capaci quando dirigevamo il tiro, ottenevamo eccellenti risultati che molto spesso venivano considerati frutto di vasetti specie da certi “profani” (peggio se mortaisti!!), che….. invidiavano, per loro incomprensibili, le capacità degli Artiglieri.
Le Capacità ( con la C maiuscola!!!) erano parte integrante di molti di noi.
A tal proposito ti presento questo scritto che ho trovato su Facebook,
“Maggio 1979, una splendida giornata di sole, io ero con l'M113 capo squadra all'osservatorio con il Cap. Genta, il Generale (il nome non lo ricordo) un tipo molto alto con i capelli bianchissimi e il suo bel cappello alpino, ci assegna il bersaglio: un M57 (se non ricordo male) nel bel mezzo del poligono.
Il Capitano sale sul 113, io sono alla radio che aspetto, prende la tavoletta ... rapidi calcoli ...scrive velocemente ... mi passa il foglio e dice "Trasmetti" e io trasmetto e comincio (azz... ancora ricordo!!): <<>>.
Passa poco tempo e la radio dice PEZZO PRONTO, io guardo il Nostro Comandante e lui mi fa FUOCO ed io PEZZO PRONTO PEZZO FUOCO .. Aspettiamo in silenzio ed ecco che da lontano arriva il brontolio della granata ... tutti a guardare ... esplosione .... polverone e poi?
Ma l'M57 che fine ha fatto? colpito in pieno dal primo colpo, altro che aggiustamento ....
Il Generale si alza in piedi e rivolto al nostro Comandante di batteria:
<<>>- e, il Capitano per nulla intimorito ma garbatamente e scherzosamente fa notare che la fortuna poco centra e chiede un altro bersaglio ......
Viene accontentato: una grande lettera A e, se la memoria non mi tradisce, viene anche messa in palio una cena: se l'impresa sarà ripetuta pagherà il Generale altrimenti toccherà al Capitano Genta.... andata!!.
Il Comandante la 3^ batteria si rimette all'opera, io lo guardo incredulo e, lui, mi fulmina con la coda dell'occhio .... mi da il foglio e mi dice trasmetti e stai a vedere .... ed io trasmetto .... PEZZO PRONTO ... dai il fuoco ed io PEZZO FUOCO. Secondo voi come andò a finire? eh già la lettera fece la stessa fine dell'M57...
eh he he......
non so se il Generale pagò la cena, ma qualche sera dopo io ero alla radio e il nostro Comandante a passarmi gli ordini per il tiro notturno (compreso lancio illuminante e fuoco di gruppo.. che libidine) con parecchi civili a godersi lo spettacolo.
Eh già Mauro mi sa proprio che hai ragione, siamo stati i migliori a Monteromano nel Maggio 1979.
Li avete visti i nuovi PZH2000? Quanto mi piacerebbe farci una corsa ... e magari due tiri con il Generale Genta che dà le coordinate .... con un po' di addestramento secondo me faremo ancora bella figura ....
AVISIO!!!
Ps : scusa se mi sono dilungato ma avevo voglia di condividere questo ricordo, non volermene.
Forse in qualche particolare la memoria può avermi tradito, ma ti garantisco che la sostanza fu questa.”
Come hai potuto constatare dalle parole di questo ex Artigliere del 10° gr.a.cam. smv.”AVISIO”
Caro Ettore, so bene che con il tuo scritto hai voluto…..prendere in giro noi Artiglieri e, nello stesso tempo, farci capire ancora una volta che il tuo desiderio di diventare Artigliere è sempre vivo in Te oggi come allora.
Pierluigi Genta
giovedì 14 ottobre 2010
Ridare il saluto, il sorriso ad un bambino martoriato dalla guerra vale sicuramente il sacrificio di un soldato italiano.
Un'estate intera è passata all'insegna di case, cucine, affitti, viaggi all'estero.
Per non farci mancare nulla, siamo stati deliziati anche da un eloquio da taverna, millantato per spiritosaggine.
Una ridda insaziabile di protagonismo di cosiddetti "politici" non ha lesinato carriolate di ignozie dentro e fuori dalle aule parlamentari, privilegiando la ribalta televisiva.
Poi il dramma: quattro Militari italiani cadono in Afghanistan, compiendo il loro dovere.
Di nuovo, altre vagonate di idiozie, di paroloni, di frasi fatte, di aria fritta, pronunciate senza ritegno ed a cui ha ritenuto opportuno contribuire anche un ex Vertice dell'Esercito.
Arriva il dibattito in Aula ma, dibattito non c'è; i nobili scranni destinati ad ospitare ancor più nobili sederi sono vuoti: squallidamente e miseramente vuoti!
L'incontro è rinviato a data da destinarsi per mancanza di partecipanti.
Che vuoi che siano le vite di quattro Italiani (per di più, in uniforme) in confronto alla libidine di un pettegolezzo da lavandaie?
Un abbraccio a tutti,
Ettore.
P.S. Se veramente vogliamo fare qualcosa per questo povero Esercito, facciamo
nostre le amare e sacrosante parole pronunciate dall'On. Paglia.
sabato 9 ottobre 2010
M E R A V I G L I O S O !!!!
Non resisto !!!
Ve lo devo raccontare !!!
Sembrava una scena di uno spot pubblicitario, ma invece era vero!
Location: Ore 11.55 - Zona pedonale di Via Taglio, laterale di Via Farini (ricordate?) , a pochi metri dall'Accademia Militare.
Lei : belllissssssima!!! giovane, alta e bionda con dei fuseau attilattissimi azzurri e top bianco, corpo stupendo, sulla punta di un piede e con l'altra gamba piegata all'insù come nei film. Aggrappata e con lo sguardo adorante negli occhi di lui ........ e bacio appassionato.
Lui: Giovane, alto, aitante e bellissimmo ........ nella sua divisa storica estiva da Cadetto del 2° anno.
Mi sono fermato, .... li ho guardati durante tutto il loro lungo bacio e poi li ho invidiati!!
Li ho invdiati per la loro gioventù, la loro bellezza ma sopratutto per il loro lungo, appassionato, ardente bacio.
Oliviero
Commenti :
1) Povero Ten. Lorenzetti, chissà cosa direbbe!!!
2) Il fortunato Cadetto, tra 40 anni, poveretto , penserà se è il caso o no di iscriversi a qualche partito politico????
3) "Carpe Diem !" e lascia che sparlino gli invidiosi !!!!
Amore, religione e PACS
Sono un Cristiano convinto e, in quanto tale, credo nel matrimonio come sacramento e come atto necessario per dare sacralità ad una unione spirituale e materiale anche se, l’evoluzione societaria e la mia stessa esperienza di vita (ho convissuto tre anni prima di sposarmi perché “non avevo l’età”) mi portano ad affermare che, il più delle volte, ciò che spinge ad una convivenza stabile è lo stesso amore che porta al matrimonio.
In cosa consiste, quindi, la linea di demarcazione che divide le due diverse situazioni?!; perché i gruppi sociali, etnici e culturali, sono così divisi nel giudicarli?!; perché il mondo cattolico, che pure agevola ed incoraggia le comunità spirituali, continua a non riconoscere il divorzio salvo poi arrivare ad annullare il matrimonio con motivazioni assurde?! quanto pesa l’ipocrisia umana nel giudicare collettivamente sentimenti che dovrebbero essere intimi ed individuali?!.
In Italia, la percentuale di coppie di fatto rispetto a quelle regolarmente sposate è di circa il 30% (in Svezia dell’80%) ed è destinata a salire sia per una deleteria convinzione di temporaneità che le nuove generazioni danno a tutte le manifestazioni di vita, comprese le unioni sentimentali, sia perché i matrimoni e, ancor più, le separazioni costano.
Non è mia intenzione intrattenervi su questioni di carattere giuridico ma l’Italia è l’unica nazione occidentale che non ha una legislazione seria sulle coppie che vivono una convivenza more uxorio e la mancanza di norme porta, ineluttabilmente, alla mancanza di protezioni; e’ giusto questo?!; è giusto che una donna possa vivere anni accanto ad un uomo dandogli tutto ciò che una moglie può dare e ritrovarsi un giorno priva di sostentamento e cacciata di casa perché il compagno si è stancato?!.
Qualcuno potrebbe affermare che è una scelta di vita contraria ai principi religiosi e costituzionali dello Stato di appartenenza e, come tale, va presa con tutti i rischi connessi ma questo è un ragionamento pragmatico e l’amore non è razionalità.
Al contrario, la separazione non addebitabile nel matrimonio è caratterizzata da una serie di diritti per la persona più debole economicamente che spesso, colei (è quasi sempre lei) che viene abbandonata è come se avesse vinto un terno al lotto.
L’argomento mi sembra interessante e mi piacerebbe, più che affrontarlo con il mio personale parere, sentire ciò che voi ne pensate, non tanto per esperienze personali (anche se ci possono ancora stare) ma guardando il ristretto mondo che vi circonda.
Un caro salute a tutti e a Marco e Qdb, smettetela altrimenti finisco col sentirmi un personaggio da libro cuore mentre mi si addice di più la veste del Savonarola rompi coglioni.
Francesco
In cosa consiste, quindi, la linea di demarcazione che divide le due diverse situazioni?!; perché i gruppi sociali, etnici e culturali, sono così divisi nel giudicarli?!; perché il mondo cattolico, che pure agevola ed incoraggia le comunità spirituali, continua a non riconoscere il divorzio salvo poi arrivare ad annullare il matrimonio con motivazioni assurde?! quanto pesa l’ipocrisia umana nel giudicare collettivamente sentimenti che dovrebbero essere intimi ed individuali?!.
In Italia, la percentuale di coppie di fatto rispetto a quelle regolarmente sposate è di circa il 30% (in Svezia dell’80%) ed è destinata a salire sia per una deleteria convinzione di temporaneità che le nuove generazioni danno a tutte le manifestazioni di vita, comprese le unioni sentimentali, sia perché i matrimoni e, ancor più, le separazioni costano.
Non è mia intenzione intrattenervi su questioni di carattere giuridico ma l’Italia è l’unica nazione occidentale che non ha una legislazione seria sulle coppie che vivono una convivenza more uxorio e la mancanza di norme porta, ineluttabilmente, alla mancanza di protezioni; e’ giusto questo?!; è giusto che una donna possa vivere anni accanto ad un uomo dandogli tutto ciò che una moglie può dare e ritrovarsi un giorno priva di sostentamento e cacciata di casa perché il compagno si è stancato?!.
Qualcuno potrebbe affermare che è una scelta di vita contraria ai principi religiosi e costituzionali dello Stato di appartenenza e, come tale, va presa con tutti i rischi connessi ma questo è un ragionamento pragmatico e l’amore non è razionalità.
Al contrario, la separazione non addebitabile nel matrimonio è caratterizzata da una serie di diritti per la persona più debole economicamente che spesso, colei (è quasi sempre lei) che viene abbandonata è come se avesse vinto un terno al lotto.
L’argomento mi sembra interessante e mi piacerebbe, più che affrontarlo con il mio personale parere, sentire ciò che voi ne pensate, non tanto per esperienze personali (anche se ci possono ancora stare) ma guardando il ristretto mondo che vi circonda.
Un caro salute a tutti e a Marco e Qdb, smettetela altrimenti finisco col sentirmi un personaggio da libro cuore mentre mi si addice di più la veste del Savonarola rompi coglioni.
Francesco
venerdì 8 ottobre 2010
Grazie MARCO. Grazie FRANCESCO.
Francesco, ancora una volta mi hai commosso, stupito, meravigliato, incantato: ma come fai ad essere così bravo e buono con uno che non ti ha quasi parlato per 35 anni?! Mi sento indegno della tua disponibilità verso mia figlia (e quindi verso di me) e degnissimo di appartenere al 150° corso, di cui tu fai parte. GRAZIE, di cuore, al di là di qualsiasi risultato.
Per i colleghi di corso si sappia che il grande Avvocato di Milano ha, in prima battuta, senza sollecitazione alcuna,aiutato un'avvocatina di provincia, senza alcun ...utile!!!>
Altro che far pulizie esterne: tu, Francesco ci hai pulito... l'anima con la tua generosità !!!
Mandami un flacone del detersivo che usi. grazie.
MARCO PERANI
Abbiamo dato vita a questo Blog quasi per gioco; quasi per perpetuare nel tempo i sentimenti di indelebile Amicizia nati più di quaranta anni fa.
Ora tu , Amico Marco, hai utilizzato queste pagine per far entrare i lettori nella tua intimità e renderli partecipi della gioia, della gratitudine, dell'emozione che hai provato in virtù di quanto ha fatto l'Amico Francesco.
Con queste tue semplici parole che sprizzano sincerità ad ogni sillaba, hai gratificato il nostro impegno, per noi è stato come ricevere il Pulitzer, ci hai spinti a continuare a profondere energie per far crescere quello che abbiamo fatto nascere, ci hai stimolati a non perdere mai l'entusiasmo, hai elevato questo nostro, piccolo, caro Blog alla dignità di casa comune per noi tutti del 150°.
(Q.d.B.)
mercoledì 6 ottobre 2010
martedì 5 ottobre 2010
Una giornata in rappresentanza nazionale.
L'osservatorio.
Da che mondo è mondo, si sa, tutte le cose cui viene attribuito un significato particolare da parte di una certa comunità, sono regolate da una precisa liturgia che ne disciplina ogni aspetto, ogni gesto, ogni parola; e questa liturgia diventa sempre più complessa, man mano che quel significato sale nella gerarchia dei valori di quella comunità, fino a lambire il tetto stesso della sacralità.
I protagonisti –sacerdoti ed iniziati- si muovono, parlano, ascoltano, si confrontano immersi in un’atmosfera surreale; recitano formule magiche quasi per esorcizzare la realtà; con il passare del tempo, si esaltano, si eccitano , sfiorano la trance, autoconvincendosi che quel rito abbia o possa avere un effetto salvifico delle loro colpe.
Non vi preoccupate, Ragazzi, non voglio raccontarvi di un sabba in cui si compiono sacrifici umani; voglio solo riportarvi alla mente (o raccontare, per chi non ha avuto la ventura di assistervi mai) l’esperienza vissuta da “esterno” ad una Scuola Tiro di Artiglieria.
Cominciamo col dire che, perché una Scuola Tiro possa definirsi tale, devono sussistere quattro elementi fondamentali: un Osservatorio allestito su almeno due curve di livello; un panorama da “osservare” in cui abbondino gli alberi a palla e siano privi di campanili (poi capirete il perché!); decine di migliaia di ciottoli a grandezza variabile, tutti rigorosamente pittati di bianco, per delimitare viottoli, parcheggi, WC, tende varie; uno schizzo panoramico (sono tollerati anche quelli fotografici).
Tutto ha inizio, un paio di mesi prima, con l’emanazione di pacchetti d’ordini successivi, redatti nella più scrupolosa osservanza delle librette, in cui tutto è codificato e niente lasciato al caso od all’iniziativa individuale: dalla grandezza dei ciottoli a seconda della destinazione d’uso, alla tipologia dei pennelli per pittarli, alla definizione dell’apposita squadra incaricata di rendere a palla eventuali alberi che non lo fossero.
Finalmente arriva il gran giorno! Tutto il reggimento è mobilitato: vengono posizionati i movieri uno ogni 10 metri, intervallati con la segnaletica Stanag del Reparto; vengono apportati gli ultimi ritocchi ai ciottoli con pennellini di alta precisione; si allestiscono i tavoli per i Vip con binocoli, cartelle, bussole matite, telefoni da campo; si piazzano il goniometro ed il cornuto; si dà un’ultima lucidatina alle ruote dei mezzi ed agli anfibi; una spolveratina fugace all’erba e....tutto è pronto!
Tralascio l’arrivo della “massima autorità” (quasi sempre intorno alle dieci) per non annoiarvi con scene della malavita con la stesura di veri e propri tappeti umani, genuflessioni fantozziane, immancabili “arresti” distribuiti con salomonica disinvoltura; così come tralascio di raccontarvi l’inquadramento topografico che dura mediamente tra l’ora e l’ora e mezza, è recitato a memoria (guai a leggere!) da un poveraccio reduce da tre mesi di isolamento, parte dalla descrizione di tutte ma proprio tutte le formazioni geologiche ed è “animato” da un bacchettaro che indica regolarmente la parte opposta di quella che viene citata.
E siamo arrivati intorno a mezzogiorno e qualcuno comincia a chiedersi se non sia il caso di incominciare a sparare. Ecco allora che viene chiamato al cospetto della citata “massima autorità” l’Ufficiale Osservatore, normalmente un Subalterno che “osserva” da un anfratto scavato a mano nella roccia e ricoperto da strati sovrapposti di reti mimetiche.
Il poveretto, uscito indenne da un groviglio di reti e di centine, scala di corsa le curve di livello, si irrigidisce, saluta, si presenta e si becca subito un liscio e busso per una decina di granellini di polvere presenti sugli anfibi, altrimenti immacolati. Poi, il poveretto, viene invitato a voltarsi per ricevere l’indicazione del segno in una girandola vertiginosa di alberi a palla, roccioni bianchi, lingue di bosco e campi arati; il dramma, il primo, si compie quando il poveretto deve controindicare, in evidente penuria dei suddetti elementi di riferimento.
Il poveretto torna nel suo angusto antro e comincia ad applicare formule magiche (quasi, esoteriche) per trasformare vegetazione e rocce in coordinate UTM, mentre i Vip si abbandonano a disquisizioni di alto profilo che, non di rado, attengono anche al “sesso degli angeli”. Il tempo scorre inesorabile e già si avvertono i primi segni di cedimento tra i movieri che sono lì, fermi, dalle tre e tre quarti del mattino.
Quasi per incanto, l’impianto di amplificazione diffonde un orgoglioso Bice pronta; gli sguardi soddisfatti si incrociano; le bocche si atteggiano in sorrisi compiaciuti; decine di artiglieri piazzati sugli alberi sparano altrettanti razzi Very rossi; con la solennità del caso, viene impartito l’ordine di fuoco; il diffusore riecheggia colpo partito; si trattiene il fiato, mentre si contano i secondi; decine di binocoli sono puntati verso il segno; la tensione si potrebbe tagliare con l’accetta; solo la “massima autorità” ostenta la calma che è propria dei più.
Finalmente (sono quasi le due del pomeriggio), un fracasso sordo avverte che qualcosa è esploso sul terreno ma....non proprio dalla parti del segno.
La “massima autorità” è una sfinge; tutti gli altri roteano gli occhi in cerca di uno sguardo di conforto; viene convocato il poveretto che, datasi una lucidatina agli anfibi, risale le curve di livello, si irrigidisce, saluta, si presenta, si becca gli arresti perché il bordo del basco è di due decimi di grado non parallelo al sopracciglio ed è pronto per la domanda fatidica: come giudica lei questo colpo?!
Il poveretto irrigidito tenta di abbozzare una risposta ma viene zittito dalla “massima autorità” che apre il dibattito per conoscere l’opinione di tutti i presenti aventi titolo a parlare; e qui, Ragazzi, inizia il festival della sega al fagiano, in un ranturcinarsi di rose corte e di rose lunghe,di colpi corti e di colpi lunghi, di velocità e direzione del vento, di pendenza del terreno, di umidità dell’aria, qualcuno consiglia pure di verificare le effemeridi
E siamo quasi alle tre del pomeriggio; vi risparmio le scene successive che sono tutte uguali e vi porto, verso le sei sei e mezzo, a quando vengono sparati una decina di razzi Very verdi: è finita, o quasi!
La “massima autorità” fa il suo commento, soffermandosi però più sul bianco quasi accecante dei ciottoli che sull’andamento del tiro. Poi, raccogliendo l’invito del Comandante, si avvia, con incedere para-regale , verso la tenda-buffet seguito dalla torma di tutti coloro che hanno titolo a mangiare.
E’ qui, Ragazzi, che si svolge la vera Scuola Tiro; è qui che si fanno o si stroncano carriere più o meno promettenti!
Tappeti, tavoli con tovaglie di lino ricamate a mano, bicchieri di cristallo, patti di porcellana, posate d’argento, decine di inservienti in livrea e guanti bianchi, illuminazione garantita da artiglieri-ignifori che reggono torce profumate e.....leccornie di ogni specie, natura e sapore.
Ora sì che e finita sul serio!
Ah ! dimenticavo, il povero U.O, ovviamente sempre rigorosamente sugli attenti, è ancora davanti alla Tenda Vip, perché nessuno gli aveva detto che il suo compito era finito. Talvolta è successo che siano passati diversi giorni prima che qualcuno andasse a recuperarlo.
Ancora : l’assenza rigorosa di campanili è dovuta al fatto, sembra, che questi attirino magneticamente sempre qualche colpo, e successivamente , si fa sempre una fatica improba a spiegare al prevosto che “Non l’ abbiamo mica fatto apposta!”.
Con la speranza di avervi fatto sorridere un po’ e di farlo ancora , un caro abbraccio a tutti .
Nota : Tutte le fotografie riportate sono state effettuate grazie a quel "tesoro di Amico" che è Arduino.
Ettore
Clicca sulle foto per ingrandirle.
I protagonisti –sacerdoti ed iniziati- si muovono, parlano, ascoltano, si confrontano immersi in un’atmosfera surreale; recitano formule magiche quasi per esorcizzare la realtà; con il passare del tempo, si esaltano, si eccitano , sfiorano la trance, autoconvincendosi che quel rito abbia o possa avere un effetto salvifico delle loro colpe.
Non vi preoccupate, Ragazzi, non voglio raccontarvi di un sabba in cui si compiono sacrifici umani; voglio solo riportarvi alla mente (o raccontare, per chi non ha avuto la ventura di assistervi mai) l’esperienza vissuta da “esterno” ad una Scuola Tiro di Artiglieria.
Cominciamo col dire che, perché una Scuola Tiro possa definirsi tale, devono sussistere quattro elementi fondamentali: un Osservatorio allestito su almeno due curve di livello; un panorama da “osservare” in cui abbondino gli alberi a palla e siano privi di campanili (poi capirete il perché!); decine di migliaia di ciottoli a grandezza variabile, tutti rigorosamente pittati di bianco, per delimitare viottoli, parcheggi, WC, tende varie; uno schizzo panoramico (sono tollerati anche quelli fotografici).
Tutto ha inizio, un paio di mesi prima, con l’emanazione di pacchetti d’ordini successivi, redatti nella più scrupolosa osservanza delle librette, in cui tutto è codificato e niente lasciato al caso od all’iniziativa individuale: dalla grandezza dei ciottoli a seconda della destinazione d’uso, alla tipologia dei pennelli per pittarli, alla definizione dell’apposita squadra incaricata di rendere a palla eventuali alberi che non lo fossero.
Finalmente arriva il gran giorno! Tutto il reggimento è mobilitato: vengono posizionati i movieri uno ogni 10 metri, intervallati con la segnaletica Stanag del Reparto; vengono apportati gli ultimi ritocchi ai ciottoli con pennellini di alta precisione; si allestiscono i tavoli per i Vip con binocoli, cartelle, bussole matite, telefoni da campo; si piazzano il goniometro ed il cornuto; si dà un’ultima lucidatina alle ruote dei mezzi ed agli anfibi; una spolveratina fugace all’erba e....tutto è pronto!
Tralascio l’arrivo della “massima autorità” (quasi sempre intorno alle dieci) per non annoiarvi con scene della malavita con la stesura di veri e propri tappeti umani, genuflessioni fantozziane, immancabili “arresti” distribuiti con salomonica disinvoltura; così come tralascio di raccontarvi l’inquadramento topografico che dura mediamente tra l’ora e l’ora e mezza, è recitato a memoria (guai a leggere!) da un poveraccio reduce da tre mesi di isolamento, parte dalla descrizione di tutte ma proprio tutte le formazioni geologiche ed è “animato” da un bacchettaro che indica regolarmente la parte opposta di quella che viene citata.
E siamo arrivati intorno a mezzogiorno e qualcuno comincia a chiedersi se non sia il caso di incominciare a sparare. Ecco allora che viene chiamato al cospetto della citata “massima autorità” l’Ufficiale Osservatore, normalmente un Subalterno che “osserva” da un anfratto scavato a mano nella roccia e ricoperto da strati sovrapposti di reti mimetiche.
Il poveretto, uscito indenne da un groviglio di reti e di centine, scala di corsa le curve di livello, si irrigidisce, saluta, si presenta e si becca subito un liscio e busso per una decina di granellini di polvere presenti sugli anfibi, altrimenti immacolati. Poi, il poveretto, viene invitato a voltarsi per ricevere l’indicazione del segno in una girandola vertiginosa di alberi a palla, roccioni bianchi, lingue di bosco e campi arati; il dramma, il primo, si compie quando il poveretto deve controindicare, in evidente penuria dei suddetti elementi di riferimento.
Il poveretto torna nel suo angusto antro e comincia ad applicare formule magiche (quasi, esoteriche) per trasformare vegetazione e rocce in coordinate UTM, mentre i Vip si abbandonano a disquisizioni di alto profilo che, non di rado, attengono anche al “sesso degli angeli”. Il tempo scorre inesorabile e già si avvertono i primi segni di cedimento tra i movieri che sono lì, fermi, dalle tre e tre quarti del mattino.
Quasi per incanto, l’impianto di amplificazione diffonde un orgoglioso Bice pronta; gli sguardi soddisfatti si incrociano; le bocche si atteggiano in sorrisi compiaciuti; decine di artiglieri piazzati sugli alberi sparano altrettanti razzi Very rossi; con la solennità del caso, viene impartito l’ordine di fuoco; il diffusore riecheggia colpo partito; si trattiene il fiato, mentre si contano i secondi; decine di binocoli sono puntati verso il segno; la tensione si potrebbe tagliare con l’accetta; solo la “massima autorità” ostenta la calma che è propria dei più.
Finalmente (sono quasi le due del pomeriggio), un fracasso sordo avverte che qualcosa è esploso sul terreno ma....non proprio dalla parti del segno.
La “massima autorità” è una sfinge; tutti gli altri roteano gli occhi in cerca di uno sguardo di conforto; viene convocato il poveretto che, datasi una lucidatina agli anfibi, risale le curve di livello, si irrigidisce, saluta, si presenta, si becca gli arresti perché il bordo del basco è di due decimi di grado non parallelo al sopracciglio ed è pronto per la domanda fatidica: come giudica lei questo colpo?!
Il poveretto irrigidito tenta di abbozzare una risposta ma viene zittito dalla “massima autorità” che apre il dibattito per conoscere l’opinione di tutti i presenti aventi titolo a parlare; e qui, Ragazzi, inizia il festival della sega al fagiano, in un ranturcinarsi di rose corte e di rose lunghe,di colpi corti e di colpi lunghi, di velocità e direzione del vento, di pendenza del terreno, di umidità dell’aria, qualcuno consiglia pure di verificare le effemeridi
E siamo quasi alle tre del pomeriggio; vi risparmio le scene successive che sono tutte uguali e vi porto, verso le sei sei e mezzo, a quando vengono sparati una decina di razzi Very verdi: è finita, o quasi!
La “massima autorità” fa il suo commento, soffermandosi però più sul bianco quasi accecante dei ciottoli che sull’andamento del tiro. Poi, raccogliendo l’invito del Comandante, si avvia, con incedere para-regale , verso la tenda-buffet seguito dalla torma di tutti coloro che hanno titolo a mangiare.
E’ qui, Ragazzi, che si svolge la vera Scuola Tiro; è qui che si fanno o si stroncano carriere più o meno promettenti!
Tappeti, tavoli con tovaglie di lino ricamate a mano, bicchieri di cristallo, patti di porcellana, posate d’argento, decine di inservienti in livrea e guanti bianchi, illuminazione garantita da artiglieri-ignifori che reggono torce profumate e.....leccornie di ogni specie, natura e sapore.
Ora sì che e finita sul serio!
Ah ! dimenticavo, il povero U.O, ovviamente sempre rigorosamente sugli attenti, è ancora davanti alla Tenda Vip, perché nessuno gli aveva detto che il suo compito era finito. Talvolta è successo che siano passati diversi giorni prima che qualcuno andasse a recuperarlo.
Ancora : l’assenza rigorosa di campanili è dovuta al fatto, sembra, che questi attirino magneticamente sempre qualche colpo, e successivamente , si fa sempre una fatica improba a spiegare al prevosto che “Non l’ abbiamo mica fatto apposta!”.
Con la speranza di avervi fatto sorridere un po’ e di farlo ancora , un caro abbraccio a tutti .
Nota : Tutte le fotografie riportate sono state effettuate grazie a quel "tesoro di Amico" che è Arduino.
Ettore
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venerdì 1 ottobre 2010
2 Ottobre .
Auguri a tutte le Nonne e i Nonni del 150° Corso.
Auguri anche ai nipoti che li dovranno obbligatoriamente ascoltare e sopportare quando cominceranno a raccontare “Quando io ….”.
Auguri anche a quelli che nonni (Specialisti Black & Deker) non sono ancora, che però vanno ad imbiancare le pareti o a tentare di aggiustare (prima di chiamare i veri specialisti per i danni che hanno prodotto !!) i piccoli guasti degli appartamenti dei figli.
Auguri (e tanti!!) anche alle mamme/nonne che lavano, stirano, puliscono e riempiono il frigorifero dei figli con i manicaretti della “mamma” e fanno il cambio di stagione negli armadi.
Auguri anche (ancor di più!!) alle nonne/mamme che lavano, stirano e lucidano nelle case delle figlie.
Queste, vere specialiste della pulizia, vanno a casa delle figlie, all’insaputa dei generi, con bauli roller, con tanto di manico per il trasporto su ruote , sempre pronti e pieni di :
- Sgrassatori ,
- Detersivi ,
- Spugne abrasive e non,
- Spugnette colorate ,
- Panni assorbenti in microfibra,
- Rotoli di carta industriali con tanto di supporto in acciaio,
- Panni in cotone,
- Panni di lana,
- Pagine di giornale ,
- Spruzzatori di alcool,
- Spruzzatori con prodotti per i vetri,
- Spruzzatori con miscugli fatti in casa – tramandati da generazione in generazione : acqua e ammoniaca, acqua e alcool, acqua e sapone, acqua e limone, acqua e aceto, acqua e acido muriatico, acqua e mistura segreta, etc… , etc… - se ne manca qualcuno ditemelo che lo rendo pubblico,
- Cera per i mobili,
- Cera per i pavimenti,;
- Lava e incera,
- Crema per le poltrone/divani in pelle,
- Fazzoletti di carta,
- Fazzoletti di carta imbevuti di cere, profumi, deodoranti,
- Scopine smontabili con manico telescopico,
- Scope con carta intercambiabile,
- Mocio con manico pieghevole,
- Spazzettone con stracci,
- Spray per non far attaccare la polvere,
- Straccetti antistatici,
- Piumini per spolverare normali,
- Piumini con l’attira polvere,
- Sacchetti di plastica normali,
- Sacchetti di plastica per cappotti , giacche , pantaloni, vestiti , gonne e altri contenitori in plastica,
- Ultima novità : aspirapolvere mini,
- ……
- ……
- E qualche busta anonima – la più apprezzata !!-, nascosta nel mobiletto dei trucchi, con dentro qualche 100/200 €. (tanto i padri, cogl.., non se ne accorgono !!) per le piccole spese.
E auguri anche a me che, quando la Loretta si accorgerà di quello che ho scritto, me ne dirà di tutti i colori per settimane e settimane.
Oliviero
Nota per le Signore: se mi sono dimenticato qualcosa nell’elenco segnalatelo nei “Commenti” , provvederò immediatamente ad inserirlo, non sia mai detto che qualcuna di voi non sia subito informata.
IMPORTANTISSIMO : Sono aperte le iscrizioni !!!
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